Il Monte Fuji quel giorno era ben visibile e sembrava dire: “Non avete niente da temere! Non perdete mai lo spirito della verità e della giustizia!”.
Innalzandosi con forza nel cielo sotto una coltre scintillante di neve, la sua vetta era l’immagine valorosa di un campione eternamente vittorioso.
Questo era il Monte Fuji che contemplavo il 2 gennaio del 2004, dal Makiguchi Memorial Hall di Hachioji, a Tokyo. Quel giorno era il mio settantaseiesimo compleanno. Da giovane ero sempre malato e il mio desiderio costante era di diventare forte come il Monte Fuji. Adesso avevo superato i tre quarti di secolo.
In effetti, i benefici della Legge mistica sono incommensurabili.
Ora il viaggio di un nuovo anno è iniziato, e nel mio cuore arde uno spirito combattivo inestinguibile.
Ammirando insieme il Monte Fuji,
uniti nello spirito,
ci avviamo verso la vittoria certa
Come dev’essere meravigliosamente pura l’acqua lassù, e quanto limpida e rinfrescante l’aria!
Un filosofo una volta disse che coloro che si dedicano alla verità e alla giustizia dovrebbero costantemente volgere lo sguardo al Monte Fuji. La sua vetta imponente sembra gridare eternamente, eppure silenziosamente, a chi la osserva: “Tieni sempre a mente la verità e la giustizia! Denuncia severamente il male e l’ingiustizia!”.
Una volta, a Capodanno, il presidente Toda e io, maestro e discepolo, stavamo ammirando insieme il Monte Fuji dal cortile della vecchia sede centrale della Soka Gakkai [a Shinanomachi].
Indicando quella montagna maestosa, Toda affermò con convinzione:
«La Soka Gakkai è la regina del mondo religioso. La paladina che si batte per la pace mondiale. Giovani, sforzatevi al massimo di realizzare la vostra mirabile missione! Non lasciatevi sconfiggere! Con gli occhi puntati su quell’impareggiabile vetta di saggezza che è il Monte Fuji, continuate a parlare alle altre persone della nostra causa!».
Nel marzo del 1954, Toda mi affidò personalmente una nuova responsabilità:
«È giunto per te il momento di agire, Daisaku. Accetta l’incarico di responsabile di staff del Gruppo giovani. Io comincio a essere un po’ stanco. Lascio tutto a te»
Erano passati quasi tre anni da quando Toda, alla guida di circa tremila membri, era diventato secondo presidente della Soka Gakkai e aveva dato inizio a un nuovo coraggioso progresso nel nostro movimento per diffondere ampiamente il Buddismo del Daishonin.
Da lui era partito ogni progetto, ogni idea per kosen-rufu, e un’ondata di propagazione aveva portato il numero dei nostri membri a quasi 100.000.
Eppure, non si poteva dire che fosse ancora un enorme passo avanti.
A quel tempo, la Gakkai poggiava unicamente sulle spalle del presidente Toda, che guidava ogni aspetto del nostro movimento in prima persona, dalle guide personali alle lezioni di Gosho, facendo crescere i giovani e facendo progredire attivamente kosen-rufu nelle varie regioni del Giappone.
Se paragoniamo la Gakkai a una nave, Toda ne costituiva sia l’elica sia il capitano. Il motore della fede dei membri, basata sul Gohonzon, stava accelerando. Solo quando quella potenza fosse stata interamente trasmessa all’elica e indirizzata correttamente, la nave avrebbe potuto avanzare attraverso i flutti che si infrangevano sulla sua prua. Toda voleva creare una nuova elica e così decise di allenare me, assegnandomi un ruolo in cui avessi la piena responsabilità di kosen-rufu.
Mi affidò la nuova responsabilità il 30 marzo, e quel giorno scrissi nel mio diario:
«Mi sto avvicinando passo dopo passo al nucleo essenziale dello spirito della Gakkai, e cioè essere responsabile del progresso di kosen-rufu. Questa è la mia missione personale. I fiori e l’erba vivono gli uni accanto all’altra, eppure solo i fiori sbocciano, perché quella è la loro missione. Per quanto mi riguarda, devo realizzare la propagazione della Legge mistica. Questa è la mia missione» (Diario giovanile, Esperia, pag. 268)
E, determinato ad alzarmi e a unirmi alla grande battaglia del Budda contro le funzioni demoniache, annotai un passo del Gosho:
«In definitiva, a meno che non riusciamo a dimostrare che questo è l’insegnamento supremo, i disastri e le calamità continueranno inesorabilmente» (RSND, 1, 989)
In definitiva, il Buddismo è una lotta in cui si vince o si perde, e io ho inciso nel mio cuore che la mia missione è vincere.

In quel gennaio di cinquant’anni fa (1954) il presidente Toda partecipò a una riunione di responsabili del Gruppo giovani e pronunciò questa appassionata dichiarazione:
«Affido il futuro della Soka Gakkai ai giovani!»
A quel tempo continuavo le lezioni mattutine con il mio maestro e, nel suo spingermi sempre di più a studiare, avvertivo una particolare intensità, come se mi stesse comunicando le sue ultime volontà. Fu in questo contesto che venni nominato responsabile di staff del Gruppo giovani, una delle posizioni di responsabilità più centrali nella Soka Gakkai.
Determinai che la mia crescita avrebbe portato alla crescita del Gruppo giovani, anzi, alla crescita di tutta la Gakkai.
Qualsiasi cosa fosse accaduta ero determinato a continuare ad avanzare, anche solo di uno o due passi, con incrollabile tenacia e perseveranza. Ogni giorno, appena avevo un momento libero, leggevo il Gosho. Cercavo anche di leggere libri su un’ampia varietà di argomenti. Assumendomi la piena responsabilità sia del mio lavoro sia delle attività della Gakkai, lavoravo e correvo senza posa. Ogni giorno era un’ardua lotta in cui vincere o perdere.
Questo intenso programma giornaliero mi portò a un esaurimento fisico che mise a dura prova la mia già debole costituzione. Avevo una febbriciattola costante e la mia salute era così compromessa che avrei potuto collassare in qualsiasi momento. Ma il maestro Toda mi esortò severamente a sconfiggere le funzioni negative della mia vita:
«Quella che stai affrontando è una battaglia contro i tre ostacoli e i quattro demoni. Non puoi fare altro che portare tutto il tuo dolore e la tua sofferenza direttamente davanti al Gohonzon e recitare Daimoku con tutto il cuore per vincere su questa situazione. Diventa forte! Alzati con forza! Vivi con forza!»
Deciso a trasformare radicalmente il mio karma fisico e mentale, affrontai intrepido le onde impetuose che si abbattevano su di me.
Dopo avermi nominato responsabile di staff del Gruppo giovani, il presidente Toda non mi fornì mai istruzioni specifiche. Questo era il suo modo di allenare i giovani a pensare con la propria testa assumendosi la piena responsabilità di ogni cosa.
Quando si venne a sapere che una scuola buddista tradizionale stava ostacolando le attività di propagazione in una regione nel Giappone, immediatamente il Gruppo giovani si recò in quel luogo. Recarsi sul posto per vedere direttamente cosa sta succedendo è essenziale. Poi, agendo con rapidità fulminea e sempre con un occhio allo sviluppo del movimento a lungo termine, presi misure immediate per affrontare ogni area problematica in modo da impedire che i membri soffrissero e consentire loro di portare avanti liberamente le loro attività nella Gakkai.
Non ci si può limitare a fantasticare progetti standosene comodamente seduti dietro una scrivania; occorre andare personalmente in prima linea e lavorare più duramente di chiunque altro, raccogliere tutta la propria saggezza e trovare il modo di risolvere i problemi che ci sono.
Nel trasmettermi quella che è una delle regole auree della leadership, Toda mi disse:
«Non puoi diventare la fonte di un potente slancio in avanti se non ti sforzi sempre di essere severo con te stesso e pieno di compassione e di larghe vedute con gli altri»
Spesso in quel periodo Toda mi rimproverava, se per esempio ero lento nel comunicargli qualche nuovo sviluppo, o per le misure che avevo preso in risposta a una certa situazione.
Era solito rimproverarmi anche per cose estranee ai miei doveri. Ma tutto ciò era una forma di incoraggiamento, motivato dal suo affetto e dalla sua preoccupazione severi; era il suo modo di insegnare ai giovani come assumersi la piena responsabilità di kosen-rufu.
L’unico modo in cui il discepolo può rispondere alle profonde aspettative del maestro è essere fermamente deciso ad avanzare con lo spirito di alzarsi da solo.
Anche voi, miei compagni del Gruppo giovani, alzatevi risolutamente e assumetevi la piena responsabilità di vincere nelle lotte per kosen-rufu nel luogo in cui vi trovate adesso!
Correte ad aiutare i vostri amici nelle zone che stanno affrontando maggiori difficoltà per il bene della Legge e impegnatevi a trovare un modo di ribaltare la situazione e vincere!
Con questo spirito, da giovane mi sono dedicato con tutto il cuore ad aprire nuove frontiere, deciso a diventare un esempio per gli altri. Ed è così che sono riuscito a sollevare una nuova, potente ondata di vittoria ed espansione.

Nel maggio 1954, un mese dopo aver assunto la nuova responsabilità, si tenne una riunione di 5.000 membri del Gruppo giovani. Solo sei mesi dopo riuscii a raddoppiare quel numero tenendo una riunione di 10.000 giovani.
L’anno seguente, il 1955, trionfammo nel dibattito di Otaru con la scuola Minobu (la Nichiren Shu) e in una successiva campagna estiva da me guidata raggiungemmo un nuovo record nazionale di propagazione a Sapporo, in Hokkaido.
Durante la Campagna di Osaka, nel 1956, stabilimmo il record di 11.111 nuove famiglie di membri in un solo capitolo. Anche il mio viaggio di guide per far conoscere il movimento di kosen-rufu nella prefettura di Yamaguchi fu un successo straordinario. Realizzai anche una vittoria decisiva riguardo l’incidente del Sindacato dei minatori di carbone di Yubari, in Hokkaido, dove i capi del sindacato avevano cercato di cacciare i membri della Gakkai violandone la libertà religiosa.
Nel 1961, l’anno dopo essere diventato terzo presidente della Soka Gakkai, organizzammo una riunione di 100.000 membri del Gruppo giovani uomini che riempì lo Stadio nazionale di Sendagaya, a Tokyo. La portata di quell’evento sorprese tutta la nazione e numerosi giornalisti vennero per darne notizia. Avevo deciso che sarebbe stato il mio risultato finale come responsabile di staff del Gruppo giovani e sollevai fiero il vessillo della vittoria in modo che il mondo intero potesse vederlo.
Nessuna di queste imprese fu facile; ognuna è stata un’ardua lotta, considerata da tutti molto difficile, se non impossibile. Ma come discepolo di un grande maestro ero deciso a non essere sconfitto. Ognuna era una sfida per abbattere il muro degli ostacoli; una lotta per sconfiggere l’ingiustizia e la corruzione; uno sforzo per affermare la verità e la giustizia; una battaglia per dimostrare pienamente la missione e la forza della Soka.
Ora è il momento per voi, miei amati discepoli del Gruppo giovani, di alzarvi con fierezza. Giovani eroi! Nella lotta per kosen-rufu diventate vittoriosi responsabili di staff del Gruppo giovani nei vostri capitoli e nei vostri settori!
Il Monte Fuji infonde un senso di fiducia e pace interiore in coloro che lo guardano. Ci incoraggia e ci dà vigore. Quando entriamo in contatto con il Monte Fuji ci sentiamo sollevati e ispirati. Prego e mi auguro sinceramente che i miei nobili compagni nella lotta per kosen-rufu diventino ognuno una presenza come il Monte Fuji per tutte le persone che li circondano.
In questo nuovo anno spero che tutti voi, nessuno escluso, farete progressi meravigliosi, senza rimpianti, nel luogo in cui svolgete la vostra missione e sul palcoscenico della vostra vita. Avvolti dalla luce del sole della gioia, vi prego di stabilire il record di una completa vittoria: una vittoria magnifica come il Monte Fuji, una vittoria nella profondità delle vostre vaste, sconfinate vite.
(Seikyo Shimbun, 6 gennaio 2004)
