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Il più grande potere di cui disponiamo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:45

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Il più grande potere di cui disponiamo

Francesco Sangregorio, Roma

Ogni puntata della serie “Il Gosho nella mia vita” si concentra su un passo degli scritti di Nichiren Daishonin e racconta come è stato messo in pratica, diventando il fulcro di una grande trasformazione nella vita quotidiana e nella società

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Non c’è vera felicità se non quella di avere fede nel Sutra del Loto. Questo si intende con «pace e sicurezza nell’esistenza presente e nasceranno in circostanze favorevoli nelle successive». Non permettere mai che le avversità della vita ti preoccupino, nemmeno i santi o i saggi possono evitarle. Recita Nam-myoho-renge-kyo e bevi sakè solo a casa con tua moglie. Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è da gioire, gioisci. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myohorenge-kyo. Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge? Rafforza il potere della tua fede più che mai.
Nichiren Daishonin, Felicità in questo mondo (RSND, 1, 607)

Nichiren Daishonin scrisse questo Gosho nel 1276, da Minobu, indirizzandolo a Shijo Kingo, un samurai che era stato tra i primi suoi seguaci, il quale stava affrontando il momento più difficile e pericoloso di tutta la sua vita.
Felicità in questo mondo mi accompagna fin da quando ho cominciato a praticare, è stato uno dei primissimi Gosho che ho studiato in maniera più approfondita, grazie al quale sono riuscito a fare le prime esperienze di fede e a realizzare incredibili vittorie, soprattutto in ambito familiare, dove la situazione era davvero disperata, paragonabile al delicatissimo momento che Shijo Kingo stava attraversando.
Per questo è uno dei Gosho ai quali ritorno nei momenti più difficili perché nella sua brevità, semplicità e chiarezza sono condensati tanti punti chiave del Buddismo di Nichiren Daishonin.
A proposito del passo iniziale, nella spiegazione del Gosho il presidente Ikeda afferma:

«Del resto la fede serve prima di tutto a noi stessi. È vero che pratichiamo il Buddismo per noi e per gli altri, ma in definitiva siamo noi i primi a trarre vantaggio da ogni sforzo fatto in questo senso. Ogni cosa esiste per il nostro sviluppo, ogni cosa contribuisce a migliorare la nostra vita e a stabilire in noi il mondo della Buddità. Quando si pratica il Buddismo con questa determinazione, tutte le lamentele scompaiono e il mondo della Buddità, che prima era rimasto coperto sotto la polvere dei lamenti, comincia a risplendere» (BS, 222, 36)

Tornare ad approfondire questo brano mi ha sempre incoraggiato a non lasciarmi abbattere dal dolore, anche se grande, della situazione che stavo affrontando e, anzi, a percepirmi “salvo e illeso” così com’ero, pur se circondato da violenza e sofferenza reali.
Lo studio di questo Gosho mi aiuta inoltre a ricordare che le avversità e i problemi nella vita sono inevitabili; anzi, di più, che una vita priva di sofferenze è una vita non reale, mentre la realtà consiste nel fatto che, continuando a recitare Nam-myoho-renge-kyo ogni giorno di fronte al Gohonzon, qualunque condizione contingente stiamo affrontando, possiamo sperimentare “pace e sicurezza nell’esistenza presente”.
Allora ogni giorno diventa un vero nuovo giorno, indipendentemente da quello che è successo anche soltanto fino all’istante precedente, imparando a godere a pieno sia dei momenti di sofferenza che di quelli di pura gioia.

«Non conta ciò che abbiamo fatto in passato, quello che importa è cosa facciamo da questo momento in poi. Ogni cosa dipende da quanto è forte la fede, il più grande potere di cui gli esseri umani dispongano. Noi attiviamo il potere del Budda e quello della Legge, materializzati nel Gohonzon, a seconda dei nostri poteri della fede e della pratica. La fede è “l’arte segreta” per infondere nella vita quotidiana la forza dell’universo» (Ibidem, 41)

Ciò che fa la differenza, quindi, ed è anche l’aspetto più difficile da mettere in pratica, è il fatto di continuare a sforzarsi di rendere più forte la propria fede e, d’altra parte, sentire che non si è mai soli in questa lotta, perché abbiamo la fortuna di poter condividere liberamente sia la sofferenza che la gioia con il nostro maestro e con i compagni e le compagne di fede.

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