Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Qual è il significato del juzu? Perché quando pratichiamo lo teniamo tra le mani? - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 08:11

842

Stampa

Qual è il significato del juzu? Perché quando pratichiamo lo teniamo tra le mani?

Risposta a cura della redazione

Dimensione del testo AA

All’inizio della pratica buddista tutti noi ci siamo chiesti cosa rappresenti quel filo di perline chiamato juzu, uno degli accessori della nostra pratica quotidiana. 
Il significato letterale dei due ideogrammi giapponesi è “numero di grani”. In pratica questo oggetto veniva usato per contare il numero dei Daimoku recitati. Nella tradizione buddista a seconda delle scuole si trovano juzu di varie forme e diverso numero di grani. 
Le sue origini sono da rintracciare nel Sutra Mokugenshi, dove si narra che una volta un re di nome Haruri chiese aiuto a Shakyamuni perché il suo paese era devastato da carestia ed epidemie. Allora il Budda chiese che i suoi fedeli portassero un rosario di 108 sfere ricavate dal legno dell’albero mokugenshi allo scopo di aiutare gli abitanti del paese a esprimere la profonda devozione ai tre tesori (il tesoro del Budda, della Legge e della comunità dei credenti, o samgha). 
Nel Buddismo di Nichiren Daishonin si utilizza un juzu formato da 108 grani uguali, più altri quattro più piccoli. Secondo un antico insegnamento, 108 è il numero dei desideri terreni. Dunque, tenere tra le mani il juzu durante la preghiera ha il significato di trasformare i desideri terreni in Illuminazione e manifestare la propria saggezza. 
I quattro grani più piccoli rappresentano le quattro guide dei Bodhisattva della Terra che appaiono nel capitolo Emergere dalla terra del Sutra del Loto: Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate, Pratiche Pure e Pratiche Salde. Essi rappresentano le manifestazioni delle quattro virtù del Budda: vero io, purezza, eternità e felicità. E in un senso più ampio indicano le qualità che vengono lucidate nella nostra vita attraverso la pratica buddista. Il maestro Ikeda scrive:

«Ognuno di questi quattro grandi bodhisattva è connesso a dei profondi significati. […] La vera identità del bodhisattva Pratiche Superiori è Nichiren Daishonin. I quattro bodhisattva rappresentano il potere che per l’eternità è al servizio della felicità di tutto il genere umano. Il juzu quindi esprime simbolicamente il fatto che recitando Daimoku e facendo Gongyo davanti al Gohonzon tutti i problemi e le sofferenze possono essere trasformati nel propellente necessario per spingerci verso la felicità» (Preghiera e azione, Esperia, pag. 33)

Come si tiene il juzu?

In genere il juzu si tiene attorno al dito medio di entrambe le mani, i tre fiocchi verso destra e i due fiocchi verso sinistra, girandolo in maniera da formare una specie di “otto” che si incrocia in mezzo alle due mani giunte.
Uniamo le mani in preghiera perché questo rappresenta la fusione di realtà soggettiva e realtà oggettiva, così come le dieci dita unite indicano il mutuo possesso dei dieci mondi: ciò sta a indicare che la vita individuale è un tutt’uno con la Legge mistica e in ogni istante siamo in grado di manifestare la condizione vitale della Buddità. Nichiren afferma:

«Realtà è la vera natura di tutti i fenomeni e saggezza significa illuminare e manifestare questa vera natura. Quando il letto del fiume della realtà è infinitamente largo e profondo, l’acqua della saggezza vi scorre incessantemente. Quando realtà e saggezza si fondono, si ottiene la Buddità nella propria forma presente» (Gli elementi essenziali per conseguire la Buddità, RSND, 1, 662) 

Se si solleva il juzu si può vedere stilizzata la figura di un essere umano: i tre fiocchi sono la testa e le braccia, il punto incrociato del cerchio di grani è l’ombelico e i due fiocchi in fondo rappresentano le gambe. 
Usare il juzu è chiaramente un fatto simbolico che può servire a ricordare la ragione per cui si pratica. Tuttavia, è importante non lasciarsi distrarre dal simbolismo del juzu durante la recitazione di Gongyo e Daimoku: l’elemento più importante durante la preghiera è il Gohonzon, l’oggetto di culto che grazie alla fede ci permette di manifestare la natura illuminata della nostra vita. Come scrive il maestro Ikeda:

«Dovremmo in ogni caso comprendere e ricordare che cose come il juzu, l’incenso e le candele non sono che l’aspetto rituale della fede. Si tratta di gesti e oggetti di tipo formale, soggetti a cambiamento, per motivi di tempo e di spazio, il più delle volte ampiamente comprensibili. 
La fede è la cosa più importante: la nostra è una pratica basata su due aspetti fondamentali, la pratica per sé e la pratica per gli altri, due aspetti che non cambieranno mai. In sostanza la pratica per sé è costituita dalla recitazione di Daimoku e Gongyo con fede nel Gohonzon, la pratica per gli altri consiste nell’insegnare loro la Legge mistica e incoraggiarli a coltivare la fede» (Preghiera e azione, Esperia, pag. 34)

Per approfondire
NR 349, 15 aprile 2006

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata