a cura di Sole Becagli
Per esprimere il valore dell’unicità di ciascun essere vivente e il principio di rivelare la propria natura intrinseca, gli insegnamenti buddisti portano l’esempio degli alberi come il ciliegio, il susino, il pesco e il prugno selvatico che fioriscono e fruttificano ciascuno nel modo che gli è proprio, secondo tempistiche e modalità diverse.
Utilizzando questa metafora, il Buddismo di Nichiren Daishonin insegna che ogni essere vivente ha un carattere, un’individualità e uno scopo unico al mondo. Così come siamo, nel luogo in cui ci troviamo e con tutte le sfide che stiamo affrontando in questo momento, possiamo far emergere la natura illuminata che ognuno di noi possiede – la Buddità – e vivere una vita di massima libertà e felicità.
Come possiamo far risplendere la nostra individualità e scoprire qual è la nostra missione unica e insostituibile?
Troppo spesso quello che riteniamo essere il nostro modo di esprimere la nostra individualità lo abbiamo copiato o mutuato dagli altri. Oppure possiamo pensare che ciò che siamo in questo momento sia tutto ciò che possiamo essere. Ma c’è una differenza tra “essere quello che si è” e “rimanere così come si è”. Il maestro Ikeda scrive:
«La vostra individualità inizia a risplendere davvero solo quando vi impegnate con tutte le forze e vi sfidate al massimo delle vostre capacità. Non accadrà niente se non crescete. La vostra unicità risplenderà solo grazie agli sforzi profusi per migliorarvi e svilupparvi, proprio come una spada viene forgiata nelle fiamme» (Cos’è la rivoluzione umana, Esperia, pag. 126)
Non riusciremo a trovare la nostra missione rimanendo fermi e aspettando che si manifesti davanti a noi. Ciò che conta è sfidarci in qualcosa, intraprendere una strada, percorrerla con coraggio e impegnarci fino in fondo in qualsiasi situazione si presenti.
Non importa se non otteniamo dei risultati immediati, continuiamo a sviluppare l’attitudine a sfidarci al massimo e scaliamo la vetta che ci troviamo davanti: così il nostro talento, la nostra preziosa missione, emergerà chiara di fronte a noi.
Questa è, prima di tutto, una sfida con noi stessi e con le nostre debolezze.
Ognuno di noi ha il proprio modo di vivere e il proprio carattere. Tuttavia, attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo possiamo aprire nuove possibilità nella vostra vita, contrastando gli aspetti negativi della nostra personalità e facendo emergere quelli positivi. Ad esempio, il maestro Ikeda spiega:
«Le persone che vanno facilmente in collera sono appassionate per natura, e solitamente vivono con un forte senso di verità e giustizia. Se tali persone si sforzano diligentemente nella fede, non si arrabbieranno più per cose banali ma riusciranno a dirigere la loro collera lottando contro la corruzione e l’ingiustizia» (Ibidem, 119)
Allo stesso modo, una persona timida può risultare debole e questo può causarle sofferenza, mentre trasformando questa indole in gentilezza, potrà manifestare forza e cura verso gli altri. Il processo di far emergere gli aspetti positivi delle nostre tendenze è chiamato “rivoluzione umana”.
E ancora:
«Ripetersi, per esempio: “Non sono bravo a parlare, quindi rimarrò in ombra”, non è vivere fedeli alla propria identità. Supponete invece di sfidarvi con lo spirito di diventare un tipo di persona che, sebbene non sia un grande oratore, può parlare con coraggio per fermare un’azione di bullismo o dire quello che è giusto in un momento cruciale. Allora, grazie a quello sforzo, il vostro carattere unico risplenderà in una maniera diversa rispetto a quello di una persona che è già naturalmente brava a parlare. Quella sarà la vostra unicità» (Ibidem, 125)
In questo processo di scoperta della propria individualità è fondamentale inoltre non cercare di assomigliare o paragonarsi ad altri. Si tratta della nostra vita, e ciò che veramente conta è cosa sentiamo nella profondità del nostro essere, senza tradire i nostri valori e rimanendo fedeli a noi stessi.
Così possiamo manifestare la nostra vera natura e farla emergere per illuminare tutto ciò che ci circonda, sostenendo e incoraggiando gli altri a fare lo stesso. Come sottolinea il maestro Ikeda:
«Chi si è impegnato per sviluppare la propria identità è felice di vedere gli altri sviluppare al massimo la propria, li sostiene e li incoraggia negli sforzi, gioisce dei loro successi e opera per il loro benessere e la loro felicità» (Ibidem, 126)
L’altro aspetto complementare espresso dal principio del ciliegio, del susino, del pesco e del prugno selvatico, è il valore della diversità.
Mary Catherine Bateson, celebre antropologa americana, ha constatato che un fattore importante per condurre una vita all’insegna della libertà e della gioia consiste nel rendersi conto che «la diversità, cioè la propria unicità, può essere una fonte di forza, piuttosto che una debolezza»[1].
Proprio perché ciascuno di noi è unico, siamo tutti diversi. Ma siamo tutti esseri umani, ed è questo ciò che conta davvero. Ciascuno ha diritto a esprimersi, a rivelare il proprio potenziale di essere umano e a realizzare la propria missione in questo mondo.
Possiamo sviluppare le nostre peculiari capacità per contribuire a costruire un mondo basato sul rispetto per le differenze e sull’uguaglianza di tutti gli esseri umani, in cui le diversità tra persone e culture siano considerate una ricchezza e possano esprimersi armoniosamente:
«Come indica il concetto di “rivelare la propria natura intrinseca”, la missione fondamentale del Buddismo è permettere a ogni individuo di manifestare a pieno il proprio potenziale.
La realizzazione individuale non si può tuttavia raggiungere entrando in conflitto con gli altri o a loro spese. Bisogna saper apprezzare in maniera attiva l’unicità e la differenza, perché questi sono i variegati colori che insieme danno vita ai giardini fioriti della vita» (Ibidem, 133)
[1] MCB, Composing a Life, Grove Press, NY, 2001, pag. 94
