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La pratica di shakubuku - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:30

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La pratica di shakubuku

Corso nazionale 1-3 dicembre

Durante il corso nazionale tenutosi a Tivoli dall’1 al 3 dicembre si sono svolte tre sessioni in cui sono stati approfonditi tre temi: la pratica di shakubuku, la missione sociale della Soka Gakkai, costruire una Soka Gakkai giovane. In questo articolo un report della prima sessione con un intervento di studio e una tavola rotonda

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Per questo corso nazionale è stato previsto un format innovativo: tre sessioni su tre temi specifici, ognuna delle quali ha previsto un approfondimento di studio e una tavola rotonda, oltre a diverse esperienze di fede.
In questo articolo pubblichiamo il report della prima sessione sul tema della pratica di shakubuku, e in particolare:

Durante il corso Giulia Cesaroni, segretaria nazionale donne, e Luca Fiorato, viceresponsabile nazionale dei giovani uomini, hanno approfondito il tema dello shakubuku, uno dei capisaldi della pratica buddista

di Giulia Cesaroni, segretaria nazionale donne

Perché il primo tema che affrontiamo in questo corso così importante è proprio lo shakubuku? Perché è la base della nostra pratica.
Due volte al giorno durante Gongyo noi ripetiamo:


«Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla Via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?» (SDLPE, 319)

Sensei Ikeda commenta così:

«Riferendosi a questo passo, il mio maestro Josei Toda dichiarò che il desiderio di condurre tutte le persone alla felicità è il pensiero costante che noi membri della Soka Gakkai condividiamo con Nichiren Daishonin, il Budda dell’Ultimo giorno della Legge» (BS, 238)

Questo è il nostro voto. E allora dobbiamo ricordarlo e riconfermarlo ogni giorno. Sono sicura che ognuno di noi ha sperimentato sulla propria pelle la gioia immensa che si prova nel trasmettere a qualcuno questa pratica e nel vedere poi questa persona trasformare la sua vita.
Abbiamo fatto shakubuku in tutte le occasioni, in uno stato di gioia o di sofferenza.
A volte abbiamo pensato che per fare shakubuku ci fosse bisogno di vittorie da mostrare, ma non è necessariamente così. Io stessa mi sono stupita di quanto shakubuku sono riuscita a fare nel periodo più triste della mia vita e ho capito quanto sia importante, più che una vittoria in sé, la nostra lotta davanti al Gohonzon, cioè quanto ci sforziamo di utilizzarlo.
Abbiamo imparato, incoraggiati da Sensei, che sia che il nostro interlocutore inizi a praticare, sia che non cominci, i benefici per noi sono gli stessi.
Abbiamo imparato ad aspettare, perché alcuni cominciano solo dopo decenni, e va bene lo stesso!
Abbiamo avuto tantissimi benefici e provato il desiderio di aiutare gli altri ad averne altrettanti e anche di più.
E allora, potremmo domandarci: perché non realizziamo almeno uno shakubuku per ogni anno della nostra pratica?
Forse perché ogni tanto ci scordiamo il nostro voto, e allora dobbiamo ricordarcelo, come leggiamo mattina e sera: “Mai ji sa ze nen. I ga ryo shujo. Toku nyu mu-jo do. Soku joju busshin”.
Se penso a tutti i benefici che ho avuto da questa pratica, veramente dovrei aver accompagnato più di cento persone a ricevere il Gohonzon!
L’unica cosa che posso fare adesso è agire per il presente e il futuro, cominciando con l’utilizzare il Daimoku per aumentare la mia compassione, perché lo shakubuku è la massima espressione della compassione del Budda.
Nel volume 30 de La nuova rivoluzione umana Sensei racconta di quando, a 21 anni, partecipò a una riunione di zadankai con cinque persone nuove e le incoraggiò con tutto se stesso riportando i consigli del suo maestro Toda. A questo proposito scrive:

«Non sono solamente le ricche esperienze di vita a permettere di propagare il Buddismo, ma anche la convinzione nel potere del Gohonzon e il sincero desiderio della felicità delle altre persone. Anche se si è giovani, le parole piene di convinzione e di preoccupazione per gli altri echeggiano e risuonano profondamente nei cuori delle persone» (NRU, 30, 50)

Quindi, un aspetto necessario dello shakubuku è la convinzione, la convinzione assoluta nel potere del Gohonzon. D’altra parte, ogni volta che parliamo della pratica buddista a una persona e quella persona fa un’esperienza di fede, la nostra stessa convinzione si rafforza enormemente. È come se fossimo noi stessi a fare quell’esperienza. Sensei scrive:

«Niente è più stimolante che vedere le persone che abbiamo incoraggiato abbracciare la fede con nuova determinazione, sfidare e superare gli ostacoli karmici che bloccano il loro percorso e ottenere una vittoria senza precedenti nella vita» (Ibidem, pag 159)

L’altro aspetto è la compassione. In tutti questi anni, per ogni persona a cui ho fatto shakubuku e che poi ha cominciato a praticare ho dovuto sinceramente desiderare la sua felicità e fare un pezzo della mia rivoluzione umana. Ho dovuto abbandonare paure, affrontare difficoltà, recitare finché il mio desiderio della sua felicità è diventato cristallino. Ho dovuto credere fermamente nella sua natura di Budda.
È un esercizio così profondo, che per ognuno di loro ho dovuto fare io stessa un percorso importante.
È interessante approfondire la relazione tra coraggio e compassione. La compassione è la massima virtù del Budda e non è scontato manifestarla. Ma se provare un sentimento di sincera compassione è difficile, il coraggio è presente in ogni essere umano e occorre semplicemente farlo emergere, senza metodi particolari. Il coraggio ha il potere di condurci a manifestare la compassione. Sviluppando il coraggio, di cui ogni persona è dotata, si rafforza la compassione, che è una virtù del Budda. Questa visione del legame tra coraggio e compassione è un grande incoraggiamento per affrontare con forza le prove della vita. Tutti noi abbiamo sperimentato quanto, dopo aver affrontato con coraggio una grande difficoltà, sia aumentata la nostra capacità di comprendere profondamente gli altri.
Quindi ci occorrono convinzione, coraggio e compassione.

Un altro aspetto fondamentale, ora più che mai, è raccogliere l’eredità del nostro maestro.
Il presidente Ikeda, parlando del “Budda Soka Gakkai”, spiega quali sono i requisiti per garantirne lo sviluppo nell’eterno futuro. Scrive:

«Il primo è che ogni membro dedichi la sua esistenza al grande voto di kosen-rufu; ciò significa risvegliarsi profondamente alla consapevolezza che kosen-rufu è lo scopo fondamentale della vita e, facendo nostre le sofferenze di chi ci sta intorno, sforzarsi di mettere in pratica le parole del Daishonin: “Insegna agli altri, come meglio puoi, anche una sola frase o un solo verso”.
Il secondo requisito è percorrere fino alla fine il sentiero di non dualità di maestro e discepolo. Ereditando lo spirito del maestro e il suo esempio di dedizione altruistica alla propagazione della Legge, i discepoli devono studiare a fondo i suoi insegnamenti e considerarli un punto di riferimento su cui basare le proprie azioni e comportamenti. Il compito quotidiano dei discepoli è sfidare se stessi nella vita e per kosen-rufu, impegnandosi in un perenne dialogo interiore con il maestro, per cercare di comprendere cosa farebbe lui se si trovasse nella loro situazione.
Il terzo requisito è lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”. Nichiren Daishonin scrive: “Che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, […] questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita”. L’eredità della fede scorre vitale quando i membri nutrono lo stesso scopo e manifestano il loro pieno potenziale per l’avanzamento di kosen-rufu”» (Ibidem, pag. 92)

Quindi, il primo requisito è condividere il voto di Nichiren Daishonin e fare shakubuku. Il secondo è, grazie alla relazione con il maestro, basare le proprie azioni e comportamenti sulla saggezza del Budda. Il terzo requisito è l’unità. Sensei parla dell’unità anche nel suo messaggio per i corsi autunnali (NR, 830), citando il Gosho Itai Doshin:

«Sebbene Nichiren e i suoi discepoli siano pochi in numero, poiché hanno lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, realizzeranno sicuramente la loro grande missione di propagare ampiamente il Sutra del Loto» (RSND, 1, 550)

Il principio di itai doshin è quindi fondamentale per la propagazione. Ora il momento che stiamo vivendo è talmente cruciale che ognuno di noi è chiamato a decidere con ogni grammo del suo essere. Bisogna approfondire questi tre punti e portare avanti il desiderio del maestro.
Nell’ultima puntata del volume 30 de La nuova rivoluzione umana, Sensei dichiara che la questione cruciale è se esistano veri discepoli:

«Il mio desiderio è che voi, miei giovani amici, portiate avanti e trasmettiate il nobile spirito dei primi tre presidenti della Soka Gakkai, che sono uniti in eterno dal legame tra maestro e discepolo. Chi di voi riuscirà a fare questo sarà un vincitore assoluto. Questa è anche la via fondamentale per assicurare l’eterno successo della Soka Gakkai nel ventunesimo secolo. È il modo in cui adempiere al grande voto di kosen-rufu e creare una pace mondiale duratura» (pag. 834)

di Luca Fiorato, vice responsabile nazionale giovani uomini

Vorrei iniziare citando una famosa affermazione di Toda:

«Credo che si possa paragonare il Gohonzon a una macchina che genera la felicità, il cui funzionamento è molto semplice. Si tratta solo di osservare con assiduità il rito quotidiano di Gongyo e di convertire dieci persone nel corso di un anno» (RU, 7, 216)

Per molto tempo ho riflettuto su questa frase, perché mi sembrava troppo semplicistica: con il tempo e l’esperienza ho scoperto che racchiude una profondità assoluta, a dispetto della sua semplicità – esattamente come un oggetto di altissima tecnologia funziona nella maniera più semplice, anche se non ne conosciamo le componenti elettroniche.
Nel corso della mia esperienza ho trovato per molto tempo difficile abbracciare il desiderio del mio maestro e, pur sforzandomi, non lo sentivo comunque parte della mia vita. Poi, studiando e facendo esperienza, mi sono reso conto che non si trattava di fare sforzi, poiché questo “grande voto” era già mio.
Nel Gosho Nichiren sottolinea che il flusso di kosen-rufu ha origine dal “grande desiderio” di un’ampia propagazione. A questo proposito, ne Il mondo del Gosho leggiamo:

«È il desiderio immenso generato dall’illuminazione del Budda, il “desiderio originario della vita” […] “Risvegliarsi” significa ricordare questo desiderio originario» (MDG, pag. 9)

E nella spiegazione del Gosho L’eredità della legge fondamentale della vita, Sensei scrive:

«Impegnarsi a realizzare il voto di guidare tutte le persone sulla strada dell’illuminazione è la dimostrazione che stiamo seguendo il sentiero di nascita e morte nella condizione vitale della Buddità. Questo nobile voto è la nostra vera essenza. Dimenticarsi di questo voto e non ricercare la verità ultima è la causa fondamentale dell’illusione. […] Soltanto quando ci rendiamo conto che siamo entità che attraversano nascita e morte nel regno della Buddità si può dire che stiamo praticando veramente il Buddismo del Daishonin» (L’eredità della legge fondamentale della vita, Esperia, 64)

Quindi, questo grande voto non è un desiderio che dobbiamo fare nostro, ma semplicemente dobbiamo farlo emergere, ricordarcelo. Dal momento in cui abbiamo abbracciato il Gohonzon, noi attraversiamo vita e morte già nella condizione di Buddità. Noi siamo già ora dei Budda, anche in questo istante. La realtà è che siamo nati con il solo scopo di far conoscere la Legge mistica: anche chi non pratica è nato con questo scopo, anche se, semplicemente, ancora non lo sa.
La prova è che tutte le volte che realizzo qualcosa o sono soddisfatto di me stesso, fare shakubuku diventa una necessità naturale, quasi incontenibile.
Sensei scrive:

«Siamo nati ora con la missione di far conoscere la Legge mistica. Non esistono Bodhisattva della terra schiacciati dalla sofferenza o sconfitti dalle difficoltà. Una volta compresa la causa – cioè che abbiamo scelto di nascere con i problemi attuali per dimostrare la validità del Buddismo – la vittoria è certa» (I capitoli Hoben e Juryo, 49)

In questo senso ogni singola sofferenza che sperimentiamo, ogni scopo che abbiamo ha un’importanza fondamentale all’interno del flusso di kosen-rufu: ogni tipo di sofferenza è degna del massimo rispetto, a prescindere dal giudizio che ne diamo, noi o gli altri.
Ne La saggezza del Sutra del Loto troviamo questo passo:

«Considerare semplicemente le nostre sofferenze come karma significa guardare indietro. Il nostro atteggiamento dovrebbe essere piuttosto: “Queste sono le sofferenze che ho scelto per realizzare la mia missione. Ho giurato di superare questi problemi attraverso la fede”.
Quando comprendiamo il significato dell’espressione “creare deliberatamente il karma appropriato”, la nostra percezione della vita cambia: ciò che avevamo precedentemente considerato come destino, cominciamo a vederlo come missione e, senza alcun dubbio, riusciremo a superare il destino che noi stessi abbiamo scelto» (SSDL, 1, 421)

Spesso ci capita di giudicare i nostri limiti e anche questo equivale a offendere la Legge. Dovremmo smetterla di giudicare le nostre sofferenze. Nel Sutra del Loto troviamo un passo che recita:

«Al cospetto delle moltitudini sembrano preda dei tre veleni o manifestare i segni di visioni distorte: così i miei discepoli fanno uso di espedienti per salvare gli esseri viventi» (Ibidem, 124)

Considerando tutto questo, mettersi un chiaro obiettivo di shakubuku e “utilizzare la propria vita” per realizzarlo ci permette di comprendere il senso della nostra esistenza nell’accezione più profonda e vasta del termine.
Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è solo e unicamente una determinazione incrollabile.
Josei Toda diceva:

«Sei veramente una persona di forte fede se sei radicalmente convinto che, poiché hai il Gohonzon, tutto andrà bene. Sai che non ti devi angustiare per decidere se fare questo o quello, o per come le cose si metteranno: tu hai fede nel Gohonzon, questa mattina hai recitato di fronte al Gohonzon e ora mantieni la tua fede nel Gohonzon. Se hai la convinzione che la tua vita andrà bene, sarà certamente così. Da oggi in poi adotta questo atteggiamento e non c’è il minimo dubbio che diventerai felice» (BS, 161)

Il maestro Toda e il maestro Ikeda ci incoraggiano a realizzare vite piene e soddisfacenti: questo è il mezzo per mostrare la prova concreta del potere del Gohonzon.
Ma la nostra preghiera non può essere schiava della prova concreta: ancora prima di avere realizzato, ciò che incoraggia le persone è la nostra lotta, il nostro atteggiamento nel pieno delle difficoltà. Quindi, se da una parte è fondamentale realizzare tutti i nostri scopi basandoci su una preghiera risoluta, dall’altra non dovremmo minimamente preoccuparci della nostra situazione, e dedicarci allo shakubuku con la gratitudine di avere già risolto tutto. Una profonda convinzione si manifesta nel coraggio di un leone all’attacco, e permette al potere del Gohonzon di manifestarsi liberamente nella nostra vita. Questa è la causa della vittoria e della prova concreta.

Come Bodhisattva della Terra quali siamo, dobbiamo preoccuparci solo di avere una fede incrollabile nel Gohonzon. Allo stesso modo, per noi, fare shakubuku è un atto di convinzione incrollabile nella natura di Budda insita nella vita. Ne La nuova rivoluzione umana Sensei Ikeda scrive:

«Il Bodhisattva Mai Sprezzante non interruppe mai la pratica di inchinarsi di fronte agli altri pronunciando parole di elogio. Simili azioni sono possibili soltanto se sostenute da una convinzione assoluta. Se siamo rigorosi nel rispettare al Legge possiamo avere fede negli altri. Soltanto così è possibile un’autentica tolleranza nei confronti del nostro prossimo» (NRU, 3, 108)

Ne La Nuova rivoluzione umana c’è un episodio in cui un giovane uomo, colpito dalla naturalezza con la quale Sensei Ikeda parlava di Buddismo, gli chiede come facesse ad essere così spontaneo, e lui risponde:

«Fondamentalmente, la società, i fenomeni, gli avvenimenti… tutto è Buddismo. È per questo che se discuto di storia o politica o se parlo della vita in generale, non posso fare a meno di esprimere il punto di vista buddista, il modo di pensare buddista. Se tu fai della fede buddista la base della tua vita e te ne senti orgoglioso, allora le tue discussioni inevitabilmente diventeranno delle conversazioni sul Buddismo. Se non ne sei capace è perché nella tua mente, in qualche modo, hai costruito una specie di muro di cinta intorno al Buddismo; significa che il Buddismo non permea ogni aspetto della tua vita e ogni pensiero. Se ogni volta che parli del Buddismo ti metti sulla difensiva, apparirai teso e le persone non saranno ricettive alle tue parole. Per noi il dialogo sul Buddismo deve essere espressione spontanea della nostra umanità» (NRU,6, 82)

Il nostro amato maestro, che con la sua immensa compassione continuerà a guidarci per l’eternità, afferma che per chi pratica il Buddismo è fondamentale diventare persone capaci di apprezzare, lodare e gioire della propria vita, preziosa e insostituibile (cfr. Cos’è la rivoluzione umana, 124).
Sensei definisce questo comportamento fondamentale. Pertanto, vorrei chiudere augurando a tutti noi di poter godere della bellezza e perfezione delle nostre vite tramite la pratica di shakubuku!


Durante il corso nazionale dell’1-3 dicembre si sono svolte tre tavole rotonde, ognuna delle quali ha approfondito un tema specifico. La prima di queste si è incentrata sullo shakubuku, con la condivisione di esperienze e incoraggiamenti. Moderatore è stato Luca Riccioni, viceresponsabile dei giovani uomini e hanno partecipato Anna Conti, vice presidente della Soka Gakkai italiana, Michele Giuseppone, responsabile nazionale giovani, e Valeria Proietti Semproni, responsabile giovani donne della regione Lazio 4

Luca Riccioni. Diamo il via a questa tavola rotonda sul tema dello shakubuku. Comincerei chiedendo a Valeria di raccontarci una sua esperienza legata allo shakubuku.

Valeria Proietti Semproni. Ora più che mai per noi è importante porre al centro la pratica dello shakubuku e credere che aprirsi al cuore delle persone sia la chiave per trasformare la sofferenza in gioia.
Oggi, la sfida che sto affrontando è proprio di trasmettere questa mia esperienza ai giovani con cui interagisco nelle attività o che cerco di incoraggiare. Se, nonostante la sofferenza, apriamo il cuore al Gohonzon e agli altri, la nostra sofferenza diventa un’opportunità per creare un valore inestimabile.
Riflettendo, mi rendo conto che approfondire lo spirito di shakubuku, approfondire il legame col maestro, è una ricerca che progredisce parallelamente alla profondità della nostra preghiera davanti al Gohonzon.
I periodi in cui mi sono sfidata maggiormente nello shakubuku sono stati quelli in cui stavo soffrendo di più. Rinnovare il mio impegno per kosen-rufu nonostante la sofferenza è ciò che mi ha permesso di accompagnare le persone a decidere di abbracciare il Gohonzon e, dunque, a formulare a loro volta il voto per kosen-rufu.
A tal proposito vorrei raccontarvi un’esperienza. Era il 2017, un periodo particolarmente difficile: avevo chiuso una convivenza ed ero stata allontanata dalle scuole di danza in cui insegnavo, mentre stavo per iniziare a frequentare l’Accademia Nazionale di Danza. Ogni mattina recitavo un’ora di Daimoku con l’obiettivo di fare almeno uno shakubuku.
L’Accademia è un ambiente impegnativo, come spesso accade in ambiti artistici l’ego può prevalere e far emergere dinamiche oscure. Il mio desiderio era creare una controtendenza, affinché almeno la mia classe diventasse un esempio di come le cose possano essere differenti, di come tutto dipenda dalla forza delle persone. In questo contesto, ho sostenuto i miei compagni di classe, costruendo amicizie e legami. La nostra classe si distingueva per la forte coesione e il divertimento condiviso. In quell’anno in cui non persi mai il focus sullo shakubuku, due compagne di classe, una giovane studentessa del triennio e un professore dell’Accademia ricevettero il Gohonzon. Successivamente, insieme a questi amici ci sfidammo nel fare ancora shakubuku.
Sensei afferma che quando lottiamo per diffondere gli insegnamenti del Daishonin di fronte alle persecuzioni, riusciamo a far risplendere il mondo di Buddità nella nostra vita. E grazie a questo processo coltiviamo il nostro supremo potenziale come esseri umani.

Luca. Mi ha molto colpito quello che hai detto, in particolare che lo shakubuku è un’azione che apre la vita e che sia lo shakubuku che la relazione con il maestro sono strettamente collegate al fatto di approfondire la nostra preghiera davanti al Gohonzon. Vorrei chiedere a Michele di condividere una sua esperienza su questo tema.

Michele Giuseppone. Nel prepararmi a questo incontro, non ho potuto fare a meno di ricordare alcuni momenti fondamentali in cui la relazione con Sensei è stato per me il punto di partenza nella fede per vincere nello shakubuku.
Nell’agosto del 2015 partii per un viaggio in Corea del Sud per accompagnare un caro amico che ha una disabilità importante: lo scopo del suo viaggio era partecipare a una conferenza e io l’avrei dovuto aiutare nelle faccende pratiche. Poi avremmo condiviso un pezzo del viaggio come pura vacanza. Siamo amici dai tempi delle elementari e avendo io cominciato a praticare da molto giovane, negli anni era capitato più volte che gli parlassi della pratica e lo invitassi a zadankai, ma fino a quel viaggio lui non aveva manifestato alcun interesse concreto.
Un giorno avendo del tempo libero decisi di visitare il Centro culturale di Seoul e lui venne con me: in quella visita, abbiamo potuto partecipare a un tour guidato di una mostra sui viaggi di Sensei nel mondo, e il mio amico per la prima volta ha potuto “incontrare” il presidente Ikeda!
Dal giorno seguente, colpito dalla grande visione del nostro maestro, ha iniziato a praticare insieme a me in hotel. Dopo qualche mese, 26 anni dopo aver conosciuto me e la Soka Gakkai, ha deciso di ricevere il Gohonzon e a oggi casa sua è uno dei centri in cui si svolgono le attività della zona.
Questa esperienza mi insegna che se alla base di ogni nostra azione c’è il desiderio di trasmettere il cuore del maestro alle altre persone, si sprigiona un potenziale che nemmeno possiamo immaginare. Aprendo la nostra vita e dedicandoci a far conoscere Sensei alle altre persone emergono in noi forza e capacità in grado di rompere qualunque barriera nel cuore delle persone. Da quel momento ho determinato che quella sarebbe stata la mia missione!

Luca. A volte pensiamo che shakubuku sia un’opera di convincimento degli altri, quando invece il punto essenziale è che siamo noi a dover essere convinti della validità dell’insegnamento. Vorrei chiedere ad Anna di parlarci del legame maestro-discepolo e se c’è qualche guida del maestro Ikeda legata allo shakubuku a lei particolarmente cara.

Anna Conti. Pensando al nostro maestro si alternano tante emozioni dentro di me: dalla tristezza al senso di vuoto, ma il sentimento che prevale su tutti è un’immensa gratitudine per tutto ciò che ha realizzato per il movimento di kosen-rufu. E sento un forte desiderio di rispondere alle aspettative di Sensei e ripagare questo debito di gratitudine. Come possiamo ripagarlo? Sicuramente l’azione di fare shakubuku è fondamentale. In questi giorni ripensavo alla frase che disse a Guam, quando fu fondata la SGI nel 1975:

«Vi prego di piantare i semi della Legge mistica nel cuore di ogni persona. Io farò lo stesso!»

Oggi vorrei dire a Sensei che noi seguiremo il suo esempio: allargheremo la cerchia delle nostre amicizie e pianteremo i semi della Legge mistica in tutto il mondo, proprio come ci ha incoraggiato a fare lui.
Nel messaggio per la sedicesima riunione dei responsabili di centro del 1° novembre, Sensei scrive (NR, 835):

«Nei sette anni che precedono il nostro centenario, nel 2030, attingiamo a una saggezza ancora più profonda per aiutare gli altri a creare un legame con il Buddismo di Nichiren!
Facciamo sì che un numero sempre maggiore di persone in tutto il mondo si risvegli alla propria natura di Budda! E accompagniamo con gioia e coraggio molti nuovi amici a unirsi a noi nel castello della felicità dove, insieme, potremo risplendere di saggezza e compassione!
In conclusione vorrei citare il seguente brano del Gosho: “La vita è limitata, non dobbiamo lesinarla. Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è la terra del Budda” (RSND, 1, 187).
Interpretando queste parole come “Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è kosen-rufu e la pace nel mondo”, incidiamo con forza questo messaggio di Nichiren Daishonin nel profondo dei nostri cuori!»

Luca. Vorrei passare ora la parola a Valeria e poi a Michele, chiedendo loro di raccontarci altre esperienze personali legate allo shakubuku.

Valeria. Grazie Luca. Anche questa è un’esperienza legata a una giornata di intensa sofferenza. Era il 4 giugno e presi la decisione di superare completamente il dolore dedicandomi alle attività per il giorno dell’Ikeda Kayo-kai. Trascorsi l’intera giornata partecipando a riunioni e offrendo il mio sostegno in particolare a una giovane donna che stava attraversando un periodo molto difficile. Rientrando a casa, quella sera, portavo con me una profonda gioia nel cuore. La sofferenza era sfumata. Ma non è tutto.
Nel frattempo, mio padre si trovava a San Diego, in California, dove mia sorella risiede da molti anni. Nonostante mia sorella non praticasse ancora il Buddismo, conosceva bene questa religione e aveva partecipato sporadicamente a qualche riunione. Quella sera, dopo aver recitato Gongyo, mi arrivò un messaggino di mio padre dalla California: «Francesca ha ricevuto il Gohonzon». La mia prima reazione fu: «Francesca chi?». Poi mi resi conto che si riferiva a mia sorella!
Nel momento in cui, immersa nella sofferenza, stavo prendendo la decisione di vincere dedicandomi all’attività per kosen-rufu, dalla parte opposta del mondo mia sorella decideva di ricevere il Gohonzon! In modo estemporaneo, per fare da traduttrice a mio padre, lo aveva accompagnato a una riunione buddista. E lì aveva ascoltato l’esperienza di un giovane uomo che raccontava del suo legame con il presidente Ikeda e che in virtù di questo legame aveva deciso di riceve il Gohonzon. Toccata da questa esperienza, anche mia sorella aveva preso la decisione di ricevere il Gohonzon!

Michele. Grazie mille Valeria per questa esperienza bellissima!
Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutti i giovani che stanno sostenendo il nostro grandissimo obiettivo di 100.000 membri felici.
Negli ultimi anni, anche io ho portato avanti grandi sforzi nello shakubuku, sforzi che hanno richiesto diverso tempo per concretizzarsi. Quest’estate, dopo un anno di impegno nel dialogo, una mia amica ha deciso di ricevere il Gohonzon. Subito dopo aver provato una grande sensazione di vittoria, l’oscurità si è fatta avanti. Infatti, a distanza di un mese è sopraggiunta per lei una problematica di salute molto importante. Non sapevo come comportarmi, ho cercato insieme ad altre persone di sostenerla, ma la sua situazione mi impediva di dialogare in modo costruttivo. In seguito a un ricovero ospedaliero ricordo di averle chiesto di cosa avesse bisogno, e lei mi ha risposto: tutti i libri di Sensei che ho a casa!
Mi sono commosso perché non mi sarei mai immaginato una risposta del genere. Le avevo continuamente parlato di Sensei nel corso del tempo, regalandole diversi libri per far sì che creasse un legame con lui, ma non avevo mai compreso che questo legame lei lo aveva già dentro di sé, a un livello così profondo che nel momento di emergenza è stata l’unica cosa che mi ha chiesto di fare, portarle i suoi libri.
Grazie a questa esperienza recente e soprattutto in questo momento, ho percepito una nuova speranza e forza: ora che il nostro maestro non è più fisicamente con noi, la sua forza e la sua determinazione permeano ancora di più la nostra vita e il mondo intero, senza più confini. Non c’è veramente più bisogno di incontrarlo fisicamente, come lui ci ha sempre detto. Oggi però l’ho compreso in una maniera nuova e l’unica cosa che ho determinato per diffondere ancora di più la Legge mistica è di dialogare sempre di più con lui in maniera personale, riportargli le mie vittorie e attendere con pazienza e gioia che grazie al legame con Sensei questo seme germogli nella vita di tutti i miei amici.
Concludo con uno degli ultimi Incoraggiamenti delle quattro stagioni che ci ha lasciato Sensei (NR, 833):

 «La fede si manifesta nell’azione.
Il Buddismo si manifesta nella società.
Realizzare kosen-rufu nella realtà quotidiana
non è altro che far risplendere ogni persona
come un faro nella comunità locale.
Come “persone ricche di allegria”,
come “persone ricche della fiducia degli altri”,
adornate con orgoglio la vostra vita
mentre fate di ogni persona
una vostra alleata
ed espandete la vostra rete di amicizia»

Luca. Queste esperienze ci confermano che il legame con il maestro è un legame eterno. Per concludere vorrei chiedere ad Anna come i nostri maestri hanno trasmesso la linfa vitale dello shakubuku nella Soka Gakkai.

Anna. Ripensando alle origini e alla storia della Soka Gakkai, vediamo che i tre presidenti fondatori, i nostri eterni maestri, sono stati esempi meravigliosi nella pratica di shakubuku.
Tsunesaburo Makiguchi cominciò a praticare nel 1928 e subito cominciò a fare shakubuku. Così è nata e così si è sviluppata la Soka Gakkai.
Nel capitolo “Luce di felicità” del volume 25 de La nuova rivoluzione umana, si racconta di quando Makiguchi viaggiava per ore sul treno per andare a fare shakubuku nel nord del Giappone, per incontrare anche una sola persona. E persino quando era in prigione, poco prima di morire, fece shakubuku ai suoi carcerieri. Makiguchi era un letterato che comprese l’essenza del Buddismo e lo mise subito in pratica.
Quando Josei Toda uscì dal carcere non restava più niente, i tremila membri che c’erano avevano smesso quasi tutti di praticare mentre lui e Makiguchi si trovavano in prigione. In mezzo alla devastazione del dopoguerra, Toda si alzò da solo e ricostruì la Soka Gakkai partendo dalla propagazione. E nel 1951, nel suo discorso alla cerimonia della sua nomina a secondo presidente, lanciò lo scopo di realizzare 750.000 famiglie di praticanti prima della sua morte. Mi commuovo sempre quando penso a quel momento. I partecipanti pensarono che si fosse sbagliato, che Toda volesse dire 75.000, e persino sul Seikyo Shimbun questo obiettivo non fu riportato… Nessuno ci credette, tranne il giovane Daisaku Ikeda, che era lì a quella riunione con un suo shakubuku, il primo dei 750.000!

E poi conosciamo le campagne che Sensei portò avanti per realizzare il sogno di Toda: a Kamata, a Bunkyo, a Osaka, a Yamaguchi… Toda gli chiedeva di andare nei posti più difficili, per rivitalizzarli. La cosa che mi colpisce è l’atteggiamento che aveva Sensei. Ad esempio, quando arrivò a Kamata, fece una sola riunione per dare inizio alle attività e poi andò a trovare tutti i membri, singolarmente, tanto che lo chiamavano “il sommergibile”, perché non lo si vedeva mai.
La cosa che mi ha sempre affascinato è vedere come Sensei si comportava in queste campagne di shakubuku.
Non delegava a nessuno ma agiva in prima persona, dava l’esempio con le sue azioni, con il suo comportamento. E con una convinzione assoluta!
Partiva dalle visite a casa, dall’incoraggiamento a ogni persona, per risvegliare ognuno alla missione di Bodhisattva della Terra.
E andava a fare shakubuku insieme agli altri membri, che spesso gli chiedevano di accompagnarli. La sua cura nei confronti di ogni singola persona faceva nascere in loro la determinazione di propagare il Buddismo per trasformare il proprio karma e il karma dell’umanità. Per concludere vorrei leggere questo brano bellissimo dal capitolo “Determinazione” del volume 10 de La rivoluzione umana:

«Quando Shin’ichi seppe ciò che Toda si aspettava da lui per la campagna di Kansai, rispose al desiderio del maestro senza un attimo di esitazione. Naturalmente era consapevole del fatto che l’obiettivo poteva considerarsi praticamente irrealizzabile, e sulle prime sprofondò nella disperazione. Non aveva nessuno con cui condividere il tormento che provava, la preoccupazione per le sorti della campagna. Non sapeva neanche da dove cominciare. Avrebbe voluto mettersi a urlare. Poi, uno dopo l’altro, come nuvole nel cielo, cominciarono ad apparire nella sua mente alcuni passi del Gosho. Passi che mettevano chiaramente in evidenza come si potesse trasformare ciò che apparentemente era impossibile in una cosa possibile.
[…] Non affermava forse il Gosho: “Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra”? Shin’ichi adesso comprendeva pienamente che le uniche cose sulle quali poteva contare erano il Gohonzon e il Gosho» (RU, 10, 8)

Sensei ci ha lasciato tutto nei suoi scritti, oltre ai dodici volumi de La rivoluzione umana e i trenta volumi de La nuova rivoluzione umana. Abbiamo un patrimonio immenso. Sono convinta che questo per noi può essere un momento di rinascita nella fede, basandoci sulle guide del nostro maestro!


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