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"Grida di vittoria", puntate 10-18 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:28

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“Grida di vittoria”, puntate 10-18

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CONTESTO STORICO – Nel novembre 1981 Shin’ichi Yamamoto si reca nello Shikoku, nel corso di un’intensa attività in tutto il Giappone. In queste puntate racconta di come, insieme ai giovani, ha dato vita alla famosa canzone Kurenai no-uta (Canzone color cremisi) ancora oggi cantata in tutto il mondo

Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su
www.sgi-italia.org/riviste/nr/

Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto

[10] Il pomeriggio del 9 novembre Shin’ichi era partito in aereo da Osaka e, appena atterrato all’aeroporto di Tokushima, si era diretto all’omonimo Auditorium e aveva presenziato alla cerimonia di Gongyo per celebrare il completamento della costruzione dell’edificio.
Dopo aver guidato Gongyo, diede una guida ai membri in tono colloquiale esortandoli con forza: «Abbiate la convinzione che l’inverno si trasforma sempre in primavera, e sviluppate una fede coraggiosa!».
Tutti rinnovarono la loro determinazione. I loro visi brillavano di un sorriso solare.
Shin’ichi si recò poi per la prima volta al Centro culturale di Tokushima (successivamente denominato Centro per la pace di Tokushima), a venti chilometri d’auto, e in serata tornò all’Auditorium per partecipare a una cerimonia di Gongyo.
Anche in quell’occasione infuse tutte le sue energie nell’incoraggiare i membri, li ringraziò per i loro sforzi, poi si diresse al pianoforte con il desiderio che alzassero il sipario su una nuova era di Tokushima, e suonò sette brani, tra cui I tre martiri di Atsuhara. La cerimonia fu allietata dai cori gioiosi delle giovani donne (Coro Uzushio o Mulinelli d’acqua) e delle donne (Coro Wakakusa o Nuove erbe).
In particolare, le donne cantarono l’Inno alla gioia della Nona sinfonia di Beethoven, di cui la prima e la seconda strofa in giapponese, e la terza in tedesco.
La Nona sinfonia fu eseguita integralmente in Asia per la prima volta in un luogo ora incluso nella città di Naruto, nella prefettura di Tokushima.
Durante la Prima guerra mondiale l’esercito giapponese conquistò la città di Qingdao, in Cina, allora sotto l’amministrazione della Germania imperiale. I soldati tedeschi presi prigionieri vennero trasferiti in Giappone, e un migliaio di loro fu rinchiuso nel campo di prigionia Bando Furyo, nella prefettura di Tokushima.
Toyohisa Matsue, direttore del campo, faceva del suo meglio per trattarli con cordialità e benevolenza, considerandoli dei soldati valorosi che avevano lealmente combattuto per la patria, e cercava di offrire un ambiente in cui potessero sentirsi a proprio agio.
Anche gli abitanti della zona, che avevano l’abitudine di prendersi cura dei visitatori, strinsero amicizia con i soldati tedeschi e li accolsero con gentilezza. Per ricambiare, i soldati insegnavano loro come cuocere il pane e i dolci, e come coltivare i pomodori, insieme ad alcune tecniche di allevamento del bestiame e alcuni sport, come il calcio.
A prescindere dall’epoca, il principale requisito di una persona cosmopolita è avere uno spirito aperto.
Un’autentica internazionalizzazione può avere inizio quando si è convinti che tutti gli individui devono essere rispettati allo stesso modo e si coltiva lo spirito di promuovere ampiamente l’amicizia.

[11] Nel giugno del 1918, presso il campo di prigionia Bando Furyo si tenne un concerto dei soldati tedeschi detenuti che eseguirono la Nona sinfonia di Beethoven.
Beethoven introdusse una parte cantata nel quarto movimento della sinfonia, utilizzando le parole dell’Inno alla gioia del poeta Friedrich Schiller.
Dalla terra di Tokushima risuonarono melodie di lode all’umanità, armonie di amicizia intorno al tema della Nona sinfonia, ovvero la fratellanza di tutti gli esseri umani.
Durante la cerimonia le donne Soka intonavano a voce spiegata quella parte dell’inno.

Oh nuvole che fluttuate nel cielo azzurro,
gli uccellini cinguettano nei boschi,
nelle foreste…

Mentre lodava il coro con un grande applauso, Shin’ichi aveva l’impressione di udire le grida di vittoria dei compagni di Tokushima che respingevano l’oppressione dei preti della Nichiren Shoshu. Il fatto stesso che nel cuore dei compagni ardesse la fiamma della gioia di vivere fino in fondo per la missione di kosen-rufu, era senza dubbio testimonianza di una grande vittoria.
Il giorno successivo, il 10 novembre, Shin’ichi condusse la cerimonia di messa a dimora di un albero per commemorare il completamento della costruzione dell’Auditorium di Tokushima, si fece scattare delle foto ricordo con alcuni staff e altri membri, e partecipò ad alcune recitazioni aperte a tutti.
«Nichiren Daishonin afferma: “Myo significa rivitalizzare, rivitalizzare significa ritornare a vivere” (RSND, 1, 132). Quindi, noi che abbiamo sempre continuato ad abbracciare la Legge mistica, non ci troveremo mai a un punto morto. In qualunque situazione critica potremo sempre aprirci un varco e sormontare le difficoltà facendo erompere una fresca, impetuosa forza vitale, e aprendo un nuovo cammino. Ecco perché non ci abbandoniamo mai alla rassegnazione e alla disperazione. Noi siamo in origine supremi Budda. Esserne convinti è il punto cruciale della fede. Credete in voi stessi, vivete con fiducia per la causa di kosen-rufu e diffondete nelle vostre comunità la luce di felicità della Legge mistica».
Quel giorno Shin’ichi doveva recarsi nella prefettura di Kagawa, ma fino al momento della partenza si intrattenne a Tokushima per incoraggiare i rappresentanti dei membri. Lottare seriamente significa infondere in ogni istante tutte le proprie energie.
Poi aggiunse: «Tokushima è un magnifico nome per una prefettura, perché toku significa “benefici”, e anche “virtù”. Perciò vuol dire che è un’isola con tanti benefici, dove si riuniscono persone di grandi virtù. Sollevate un vento nuovo per realizzare kosen-rufu nello Shikoku, a partire da Tokushima!».

[12] Shin’ichi partì intorno alle 14.30 dall’Auditorium di Tokushima.
Mentre si dirigeva in macchina verso il Training center dello Shikoku, ad Aji-cho, nella prefettura di Kagawa, dopo circa un’ora di viaggio fece sosta presso un caffè per permettere all’autista di riposarsi.
In quell’occasione Okimitsu Owada, il responsabile dei giovani dello Shikoku che accompagnava Shin’ichi, disse: «Maestro, le vorrei chiedere di trovare il tempo per un incontro con i responsabili giovani dello Shikoku».
Shin’ichi rispose immediatamente: «Ho capito, facciamolo!». Desiderava rispondere con tutta la sincerità possibile a quei giovani che si rivolgevano a lui in modo così schietto. L’incontro venne fissato per la sera del 12 novembre.
Shin’ichi riponeva grandi aspettative nel fiero spirito combattivo dei giovani dello Shikoku.
Ad agosto di quello stesso anno Owada, che si era recato presso il Training center di Nagano per incontrare Shin’ichi, aveva espresso la sua intenzione di suscitare nello Shikoku un vento nuovo nella lotta per kosen-rufu.
«Vorrei parlarle molto francamente» aveva detto Owada. «Maestro, visto il perdurare della situazione attuale in cui non le viene permesso di apparire sui giornali, credo sia fondamentale, più che mai, lo spirito di maestro e discepolo. Stiamo pensando di allestire nello Shikoku uno spazio espositivo che mostri a tutti le opere e le attività da lei compiute in nome della pace».
Nonostante la voce titubante, il suo era un appello appassionato.
Volendo dare importanza allo spirito da lui mostrato, Shin’ichi rispose: «Capisco perfettamente lo spirito che vi anima. Vi prego quindi di riflettere attentamente su come riuscire a infondere speranza ai vostri compagni, e di consultarvi al meglio con i responsabili adulti dello Shikoku».
I giovani dello Shikoku iniziarono subito la loro ricerca delle testimonianze sulle attività compiute da Shin’ichi per la pace nel mondo.
A partire dalla storica Proposta per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche sino-giapponesi avanzata nel 1968 con lo scopo di non isolare la Cina dal resto del mondo, all’impegno profuso nelle sue continue visite in Cina e in Unione Sovietica – in piena Guerra Fredda – per creare ponti di amicizia e scongiurare la minaccia di una guerra tra Cina e Unione Sovietica. Da questa ricerca emergeva chiaramente come Shin’ichi avesse continuato negli anni ad agire a prescindere da ogni ideologia, come dimostrato ad esempio dai dialoghi alla ricerca di una strada per la pace con il segretario di Stato americano Henry Kissinger e con il segretario generale delle Nazioni Unite.
«Diffondiamo con fierezza il cammino per la pace portato avanti dal nostro maestro»: questi giovani concretizzarono il loro proposito nella mostra Attività per la pace allestita presso il Training center dello Shikoku.
I visitatori della mostra, inaugurata il 3 ottobre e conclusasi il 3 novembre, furono più di sessantunomila.

[13] La mostra Attività per la pace, interamente pianificata e portata avanti dai giovani dello Shikoku, fu un lampo di luce capace di illuminare e indicare una nuova via per kosen-rufu.
Non è possibile aprire la strada al futuro seguendo solamente delle direttive. La strada per la creazione di qualcosa di nuovo passa attraverso un’analisi attenta di ciò che ostacola il progresso e delle problematiche che la società si trova ad affrontare in quest’epoca, intraprendendo continue sfide volte alla soluzione.
Il poeta Masaoka Shiki, vanto dello Shikoku – terra della poesia – afferma: «Una rivoluzione o qualsiasi miglioramento sono senza dubbio l’opera affidata ai giovani che hanno appena fatto la loro comparsa nel mondo».
Poco dopo le cinque di pomeriggio del 10 novembre Shin’ichi giunse al Training center dello Shikoku, dove la sera partecipò alla riunione dei responsabili per celebrare il giorno di Kagawa (10 novembre).
Shin’ichi entrò nella sala accolto da grandi applausi, e si andò a sedere.
I compagni di fede erano tutti in gran forma. Pur avendo sofferto per il terribile trattamento riservato loro da preti meschini che avevano cercato di spezzare il legame tra maestro e discepolo Soka, questi membri avevano meravigliosamente superato ogni cosa e adesso si trovavano riuniti insieme in un clima di grande gioia.
Era finalmente giunto il momento di una nuova partenza, accompagnata da grida di trionfo che risuonavano ovunque.
Nel suo saluto Shin’ichi dichiarò a gran voce: «Assumerò di nuovo la guida del nostro movimento! Non voglio darvi ulteriori preoccupazioni. Coloro che hanno compreso il mio cuore, lottino insieme a me!». Era il ruggito di un leone che aveva finalmente spezzato le catene di ferro che lo tenevano legato. Scrosciò un applauso che sembrava non finire più.
«Se il legame che unisce maestro e discepolo è forte – proseguì Shin’ichi – esso è in grado di sconfiggere qualunque male. Non possiamo più permettere che la dispotica autorità del clero ostacoli lo sviluppo della Gakkai, l’organizzazione per kosen-rufu fedele al mandato del Budda. Adesso è il momento di passare al contrattacco!».
Questo era il fermo giuramento che ardeva nel cuore di Shin’ichi.
Qualsiasi cosa accada, non bisogna in alcun modo permettere che lo spirito di maestro e discepolo Soka si estingua, perché ciò equivarrebbe a sbarrare definitivamente le porte a kosen-rufu. Naturalmente, per gestire l’organizzazione sarebbe stato necessario procedere con decisioni collegiali coordinate dal presidente Eisuke Akitsuki.
Con le sue azioni Shin’ichi desiderava mostrare, per il bene dei giovani successori, quale fosse la strada di maestro e discepolo Soka, che è il fondamento di ogni cosa.

[14] Dopo aver partecipato alla riunione dei responsabili che celebrava il “giorno di Kagawa” presso il Training center dello Shikoku, Shin’ichi Yamamoto ebbe dei colloqui con i responsabili centrali della prefettura. Anche il giorno successivo continuò a muoversi ininterrottamente, senza mai fermarsi. Incoraggiò i membri che si erano riuniti al Centro e si recò presso il cantiere dove procedevano i lavori per la costruzione del nuovo Centro culturale dello Shikoku, a Chokushi-cho, nella cittadina di Takamatsu. Presso l’Auditorium di Takamatsu, che sorgeva accanto al cantiere, fece Gongyo insieme ad alcuni compagni di fede che vivevano nelle vicinanze ed erano accorsi per incontrarlo, e li incoraggiò suonando dei brani al pianoforte.
Una volta fatto ritorno al Training center, lo attendevano altri incontri con i dipendenti e i responsabili centrali dello Shikoku.
«Nello Shikoku – disse Shin’ichi – ho dichiarato solennemente la mia intenzione di riprendere la guida di kosen-rufu come intrepido leone Soka. Da qui alzeremo il sipario su una nuova epoca della costruzione del nostro movimento. Questo perché lo Shikoku è la meravigliosa terra pioniera di kosen-rufu. Vi prego di non dimenticare mai la magnifica storia che andremo a scrivere. Ciò che compiremo qui acquisterà un significato sempre più profondo con il passare del tempo».
Le parole di Shin’ichi erano pervase da un’ardente determinazione e convinzione.
La sera dell’11 novembre, presso il Training center si riunirono i responsabili giovani e giovani uomini di tutte le aree dello Shikoku, in vista dell’incontro con Shin’ichi del giorno successivo.
Durante la riunione emerse questa proposta: «Nell’incontro di domani con il maestro Yamamoto mostriamogli tutto l’entusiasmo dei giovani dello Shikoku, in modo tale da poterlo rassicurare sul futuro del movimento di kosen-rufu nella nostra terra. Perché non componiamo una canzone che esprima tutta la nostra determinazione ed entusiasmo e la facciamo ascoltare al nostro maestro? Che ne dite?».
Il consenso fu unanime. «Ciò che conta è che tutti uniscano le loro forze per realizzare questa canzone. Pregherei quindi ognuno di voi di proporre le parole che desiderate inserire nel testo».
Tutti iniziarono a scrivere su una lavagna bianca le espressioni che venivano in mente spontanee, quali “il sudore versato in gioventù”, o “questa strada”…
Intorno a queste parole, la stesura del testo andò avanti fino all’alba, e così vide la luce la canzone dei giovani uomini dello Shikoku, in tre strofe di quattro versi ciascuna. Erano tutti profondamente determinati.
Il fascino della gioventù risiede nella tenacia di abbattere le barriere dell’impossibile e aprire nuove strade.

[15] Il 12 novembre avrebbe finalmente avuto luogo l’incontro tra Shin’ichi Yamamoto e i responsabili giovani dello Shikoku.
La mattina giunse al Centro culturale Tomohiro Suginuma, membro dell’orchestra dello Shikoku, che si sarebbe occupato delle musiche della canzone. Era il giovane che aveva curato le melodie di diverse canzoni, tra cui La nostra amata terra, la canzone dello Shikoku e Colui che corre per la giustizia, la canzone degli studenti delle scuole superiori.
Appena vide il testo, Suginuma propose di modificarne l’impianto da quattro strofe iniziali a sei strofe, per dare un’immagine nuova.
Anche i membri che avevano preparato il testo pensavano di non essere riusciti a esprimere appieno il loro stato d’animo con quelle parole. Si passò quindi al lavoro di riscrittura del testo, che fu più arduo del previsto. Nel pomeriggio comunque il testo fu completato, e in serata anche la musica venne terminata.
Il pomeriggio del 12 novembre, presso il Training center dello Shikoku, Shin’ichi partecipò alla riunione dei responsabili che celebrava l’11 novembre, giorno di Ehime.
In quell’occasione si soffermò sul principio di zuiki (“la gioia che nasce dall’aver udito la Legge”) descritto nel Sutra del Loto.
«Zuiki significa gioia. Per noi è la gioia, l’immensa gioia che emerge dall’aver udito il supremo insegnamento di Nam-myoho-renge-kyo. Nichiren Daishonin afferma che questa gioia, espressa col termine zuiki, è la fede, e la fede è questa gioia.
Grazie a questa Legge, siamo in grado di superare qualsiasi sofferenza, di conseguire la Buddità in questa esistenza e di erigere nelle nostre vite la suprema condizione vitale di felicità. Siamo inoltre in grado di condurre alla felicità tutte le persone per l’eterno futuro. Se siamo davvero convinti di questo, come possiamo trattenere l’immensa gratitudine e la suprema gioia che sgorga nelle nostre vite per il fatto di aver potuto incontrare la Legge mistica? Si può considerare lo stato vitale pervaso da questa gioia e da questo slancio vitale come lo stato vitale di felicità assoluta. Una volta che si riesce a sentire questa gioia non si può fare a meno di provare il desiderio di condividere la Legge mistica con gli altri, perciò inizia spontaneamente l’azione di shakubuku e di propagazione della Legge. Questa azione ci permette di accumulare grandi benefici. Diffondere questa gioia significa kosen-rufu. La propagazione è un gesto naturale che nasce dalla gioia della pratica. Vi prego di imprimere fortemente nel vostro cuore che è possibile far emergere questa gioia attraverso un Daimoku determinato e un atteggiamento attivo, con il proposito di voler assumere con coraggio la missione di kosen-rufu sulle proprie spalle».

[16] Shin’ichi Yamamoto voleva ribadire a tutti che la Soka Gakkai è una gioiosa e salda compagine di persone comuni e che la fonte delle attività della Soka Gakkai è la gioia di ciascuno dei suoi membri.
Egli concluse il suo intervento lanciando questo appello: «Diamo quindi inizio, tutti insieme, a una grande e gioiosa marcia sorretti dal motto “La fede è la gioia che deriva dall’aver udito la Legge”».
Poco prima delle sei del pomeriggio ebbe inizio l’incontro con Shin’ichi presso il Training center dello Shikoku, a cui parteciparono, oltre a un’ottantina di responsabili giovani dello Shikoku, anche una decina di responsabili della prefettura di Ehime.
Il colloquio si soffermò sulle attività portate avanti dai giovani, e quando il discorso si era più o meno concluso, Okimitsu Owada si alzò in piedi dicendo: «Sensei! Abbiamo composto la canzone dei giovani uomini dello Shikoku. La prego di ascoltarla».
Gli occhi della maggior parte dei responsabili, a partire da quelli di Owada, erano gonfi e arrossati. “Devono essere rimasti tutta la notte in piedi per comporla” pensò Shin’ichi, e rispose: «Ho capito. Qual è il titolo?».
«L’alba» rispose Okimitsu.
Shin’ichi accennò un sorriso e disse scherzando: «Vi avverto che versi troppo espliciti come “è giunta l’alba” mancherebbero di originalità. Così l’alba sarebbe, al contrario, lontana…».
Venne subito portato a Shin’ichi il testo della canzone e da un mangianastri scorreva la melodia della canzone.

Ahh… è giunta l’alba
Adesso come pionieri corriamo

«Come immaginavo. Vedo che la frase “è giunta l’alba” l’avete inserita nel testo…» disse Shin’ichi. La sua battuta suscitò una risata fragorosa in sala.
Shin’ichi lesse attentamente le parole del testo.
«È una bella canzone, ma dà ancora l’impressione di una semplice raccolta di “belle parole”», disse con un pizzico di ironia.
I giovani sorrisero con un po’ di amarezza, perché sembrò loro che Shin’ichi avesse compreso perfettamente l’iter che aveva portato alla stesura del testo.
Il responsabile dei giovani uomini dello Shikoku, Shinji Takahata, disse a gran voce: «Sensei! La prego di imprimere la sua anima in questa canzone aggiungendo le sue parole».
Il suo sguardo era serio e determinato.
Shin’ichi percepì l’entusiasmo dei giovani che scaturisce dalla loro ferma volontà di voler aprire assolutamente le porte a una nuova epoca.
Lo Shikoku era anche una terra pervasa da una ferma volontà.

[17] Guardando i giovani Shin’ichi disse: «Se lo desiderate, vi aiuterò anch’io. Posso fare qualche correzione?».
«Sì!» risposero tutti.
«Scriviamo allora tutti insieme una magnifica canzone che possa continuare a essere cantata per sempre».
Shin’ichi si mise così a esaminare il testo.
«Prima di tutto, la parola “alba” della frase iniziale Ah… è giunta l’alba, è già stata usata frequentemente sia nelle canzoni della Gakkai sia nelle canzoni scritte dagli studenti.
L’inizio di una canzone è fondamentale. La prima frase è decisiva. Ci vuole l’immagine di un colore vivace e intenso, come la luce del sole o della luna che si diffonde tutt’a un tratto. Questa canzone dà l’immagine del color rosso vivo o cremisi. Che ne pensate di iniziare con “Ah … di color cremisi“?
Il titolo diventerebbe Kurenai no uta (Canzone color cremisi).
Mi piacerebbe creare una melodia allegra e incisiva al tempo stesso, che cantandola appaia come un qualcosa di assolutamente nuovo. Ad esempio, che ne dite di questa?».
Shin’ichi cominciò a canticchiare a bocca chiusa.
Tomohiro Suginuma che si occupava della composizione della musica, la scrisse lì per lì sullo spartito. Così fu decisa l’immagine generale della canzone.
«Desidero che si creino delle musiche che pur considerando quelle composte finora, abbiano un carattere nuovo e originale ponendosi all’avanguardia rispetto alle altre, e che ascoltandole tutti possano pensare: “Ma che bella musica!”. Parlando sinceramente, mi piacerebbe creare non tanto una musica che suoni “indaffarata” o “agitata”, ma che dia l’impressione di serenità e solennità. E poi cerchiamo di non scrivere canzoni che trasmettono un senso di costrizione, ma che facciano venire a tutti la voglia di cantare».
Così la riunione si focalizzò sulla composizione e scrittura della canzone.
«Cerchiamo di migliorare anche l’espressione “una tempesta di ostacoli e demoni”. Che ne dite di “ostacoli e demoni, con la vostra arroganza”? Nei testi delle canzoni è importante non limitarsi a espressioni stereotipate utilizzate finora, ma ricercare sempre l’originalità e la freschezza. Anche nei nostri obiettivi, che sono kosen-rufu nel mondo e l’ideale di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”, ci sono aspetti che non si possono spiegare attraverso le concezioni generalmente accettate finora, perché sono obiettivi completamente nuovi, senza precedenti. Inevitabilmente, si rendono necessari nuovi modi di esprimerli».

[18] Dialogando con i giovani, Shin’ichi correggeva il testo della canzone.
Attraverso il lavoro di scrittura e composizione, egli cercava di trasmettere ai giovani lo spirito della Gakkai e di coltivare in loro la consapevolezza di essere i successori Soka.
«Nella terza strofa sostituiamo l’espressione “la vasta propagazione del Buddismo, un movimento edificato dai padri e dalle madri” con “le anziane madri che hanno edificato…”: in questo modo appare un’immagine molto più concreta, vero?
La parola “madri” include tutte le persone che hanno dato origine alla fase pionieristica della Gakkai, anche i padri. Questo è un punto molto importante.
Ora nella Gakkai abbiamo magnifici Training center e splendidi Centri culturali dislocati in varie località. La Gakkai è di fatto diventata la prima organizzazione religiosa in Giappone. Ma per giungere a questo risultato, i vostri padri e le vostre madri, così come numerosi compagni più “anziani” nella fede, hanno dovuto lottare disperatamente, diventando protagonisti di storie commoventi. Benché disprezzati e considerati un gruppo di poveri e malati, e benché costretti a lottare contro pregiudizi e calunnie nate da vari fraintendimenti, senza retrocedere di un solo passo si sono dedicati con tutte le forze, pieni di entusiasmo, alla propagazione del Buddismo del Daishonin.
In qualsiasi situazione, per quanto amara o dolorosa, questi compagni erano sempre pieni di speranza poiché avevano la convinzione che i loro bambini, ovvero tutti voi, i loro successori, sarebbero cresciuti magnificamente, diventando fieri leader di kosen-rufu e nella società. Per questo hanno resistito pensando “Aspettate e vedrete!”, “Noi non cederemo mai!”. Cercate di non tradire per nessuna ragione le aspettative dei vostri padri e delle vostre madri. Chi tradisce la loro fiducia è un ingrato. Diventate tutti delle persone di cui si possa dire: “Uno dopo l’altro, sono cresciuti dei nobili successori. Essi rappresentano il nostro più grande orgoglio!”».
Shin’ichi fece delle correzioni dalla prima alla terza strofa, in più di trenta punti.
«Ci rifletterò ancora. Voglio lasciare ai giovani una magnifica canzone che possa essere cantata per l’eternità. Completiamo dunque una canzone che diventi la dichiarazione del nostro passaggio “dalla difensiva all’offensiva” per il conseguimento di kosen-rufu».
Quel giorno Shin’ichi lavorò fino a tarda notte per perfezionare il testo. Continuò a rifletterci infondendo il suo spirito in ogni parola.

(continua)

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