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La strada della mia missione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:16

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La strada della mia missione

Carla Celani, Civitavecchia

In questi trent’anni, il Gohonzon è stato «una lanterna nell’oscurità» che mi ha indicato la strada da percorrere, facendomi tirare fuori il coraggio per andare avanti nonostante il buio della sofferenza e della sfiducia

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In questi trent’anni, il Gohonzon è stato «una lanterna nell’oscurità» che mi ha indicato la strada da percorrere, facendomi tirare fuori il coraggio per andare avanti nonostante il buio della sofferenza e della sfiducia

È difficile dire cosa avrei fatto se non avessi incontrato il Buddismo, ma so per certo che la mia vita è migliorata. Con pazienza ho imparato a costruirla mattone dopo mattone. Daimoku, Gongyo, studio, gli incoraggiamenti del presidente Ikeda, i legami con i compagni di fede: tutto ha contribuito a far emergere capacità che non pensavo di avere.
Nel 1987 ero a Genova per lavoro e avevo la sensazione di vivere nel buio, mi stavo separando dopo un matrimonio brevissimo. Tra gli attori della compagnia teatrale dove lavoravo c’era Paola, una ragazza buddista a cui chiesi di parlarmi della sua religione. Da allora ho iniziato un cammino meraviglioso.
Recitando Daimoku capii che non volevo fare l’attrice. Ricevetti il Gohonzon ed emerse il desiderio di studiare la lingua giapponese.
Tornata a Roma, ripresi anche l’università che avevo interrotto. Per mantenermi trovai lavoro in una società giapponese. Poi decisi di dedicare più tempo allo studio e mi licenziai. In quegli anni facevo attività nella Soka Gakkai occupandomi delle giovani donne del settore in cui vivevo.
Avevo pochi soldi, per mantenermi facevo diversi lavoretti, ancora non sapevo quale fosse la mia strada. Ma rientrando a casa la sera dopo le attività provavo sempre una grande gioia, che mi faceva superare ogni difficoltà.
Poi un giorno un’amica buddista mi disse: «Sai che ti vedo bene come insegnante?». Fu un’intuizione su cui iniziai a recitare Daimoku.
Nel frattempo la società giapponese presso cui avevo lavorato mi offrì di andare in Giappone per tre mesi. Recitando Daimoku, la paura di partire da sola si trasformava pian piano in azioni piene di entusiasmo. Partii per Tokyo e lì incontrai il maestro Ikeda per la prima volta. Ho sentito che lo conoscevo da sempre, era una persona che si prendeva cura di me e lo avrebbe fatto anche in futuro. Mi sono commossa, perché ho sentito quella familiarità che non avevo mai avuto con mio padre e che tanto desideravo. In seguito lo incontrai a Firenze nel 1992 e nel 1994, e ancora a Bologna quando tenne la sua Lectio Magistralis.
Tornata in Italia decisi che mi sarei laureata al più presto. Mi mancavano otto esami e li sostenni tutti in un anno, impegnandomi contemporaneamente nel Gruppo studenti. Erano i primi anni ’90 ed era tutto da costruire!
Ottenni una borsa di studio Erasmus e partii per sei mesi per Amsterdam, dove oltre a preparare la tesi partecipavo alle attività per kosen-rufu.
Nel 1994 mi sono laureata in Lingue e letterature straniere con 110 e lode. Decisi quindi di candidarmi al concorso per l’insegnamento.
Studiando per superarlo capii l’importanza, la bellezza e il valore di essere un’insegnante.
Il giorno prima del concorso mi sfidai per partecipare a un’attività studenti, aprendo la mia vita e resistendo al pensiero di chiudermi nello studio. Quando uscirono i risultati, davanti al mio nome c’era il numero 8: sono arrivata ottava su non so quanti candidati… un’infinità! In quel periodo ho affrontato anche la morte di mio padre. Durante la sua malattia il nostro rapporto è cambiato completamente: mi sono occupata totalmente di lui, lo accudivo, avevamo tempo per parlare, c’era molta tenerezza. Abbiamo recitato insieme Daimoku e siamo anche andati a zadankai.
Dopo aver lavorato nella scuola elementare per alcuni anni, iniziai a studiare per l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole superiori e ottenni il passaggio.
Nel 2001 si ammalò anche mia madre: tumore al pancreas. Fortunatamente fu preso in tempo e un chirurgo decise di operarla.
Credo che questo sia stato un beneficio della tanta attività che stavo facendo: recitavo Nam-myoho-renge-kyo sempre e condividevo con gioia il Buddismo, più che potevo. Dopo tre mesi di convalescenza, mia madre recuperò le forze e ha vissuto per altri quindici anni.
Nel 2007 festeggiai vent’anni di pratica. Facendo una breve panoramica, vivevo a Civitavecchia in un appartamento che avevo comprato e insegnavo in una scuola superiore. Ero serena e realizzata. Una mia amica mi fece però notare che mi “rintanavo troppo in casa”. Allora mi iscrissi a un corso di salsa! Una sera ho incontrato Graziano, persona gentile, e oggi sono più di undici anni che ballo e vivo con lui. Insieme recitiamo anche Daimoku perché, dopo il nostro incontro, ha iniziato subito a praticare.
Nel 2013 il Comune di Civitavecchia mi ha chiesto di occuparmi di “Gemellaggi e Relazioni Internazionali”. È stato lo stimolo per iscrivermi alla Facoltà di Relazioni Internazionali.
Mi occupavo di mia madre, lavoravo a scuola, studiavo di notte: il mio desiderio era che gli studenti comprendessero che c’è sempre tempo per lo studio e che non si finisce mai d’imparare.
Nel 2018, a cinquantasette anni, mi sono laureata per la seconda volta, con 110 e lode.
Poco dopo mi sono casualmente imbattuta in un bando per trentacinque posti del Ministero della Pubblica Istruzione. Ho partecipato alla selezione, anche se mi fu consigliato di non farlo perché per vincere serviva una forte raccomandazione. Io, al contrario, pensai che mi sarei affidata al Gohonzon. Ho fatto Daimoku tutta l’estate piena di gratitudine. Sono arrivata trentaquattresima!
In questi trent’anni il Gohonzon, per me che sono una persona paurosa, è stato veramente «una lanterna nell’oscurità» (RSND, 1, 738) che mi ha indicato la strada da percorrere facendomi tirare fuori il coraggio per andare avanti nonostante il buio della sofferenza e della sfiducia.
È stato «un forte braccio» (Ibidem) al quale mi sono sostenuta quando mi sentivo sola. E mi ha protetto sempre, ovunque sia andata.
Ora lavoro al Ministero e ho subito incontrato due persone che praticano il Buddismo. Insieme condividiamo obiettivi e ci incoraggiamo a vicenda. Che gioia!
E non è finita: il 16 dicembre 2018 ho presentato il mio primo libro, tratto dalla tesi di Laurea. In esso, trattando di problematiche ambientali e disarmo, parlo della filosofia umanistica del presidente Ikeda. È un modo per dirgli grazie con tutto il mio cuore.

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