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Siamo Budda adesso - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:15

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Siamo Budda adesso

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PER LE RIUNIONI DONNE DI MAGGIO IL MATERIALE DI RIFERIMENTO È IL QUINTO CAPITOLO DE IL MONDO DEL GOSHO INTITOLATO “SIAMO BUDDA ADESSO”

Di seguito una sintesi dei punti principali del quinto capitolo:

  • La sintesi dell’insegnamento del Daishonin è il conseguimento della Buddità in questa esistenza.
  • Essere un Budda significa avere una condizione vitale libera dalle preoccupazioni e dalla confusione, come dimostra lo stesso Nichiren Daishonin durante l’esilio di Sado.
  • Anche Josei Toda fa suo il grande desiderio del Daishonin, realizzando il voto di 750.000 famiglie di praticanti. Poco dopo stabilisce le prime tre guide eterne della Soka Gakkai: “Fede per una famiglia armoniosa”, “Fede per diventare felici” e “Fede per superare le avversità”.
  • Il desiderio di diventare felici insieme agli altri è il pensiero costante del Budda eterno di cui si parla nel sedicesimo capitolo del Sutra del Loto.
  • Il Daishonin rivela il Gohonzon per permettere a ogni persona di basare la propria vita sulla Legge mistica e per poter propagare ampiamente la Legge. Perciò descrive il Gohonzon come il “vessillo della propagazione del Sutra del Loto”.
Manifestare la nostra Buddità attraverso la prova concreta

Roberta Aramu, vice responsabile nazionale donne, e Barbara Nieddu, responsabile donne della regione Sardegna, dialogano insieme su alcuni brani del quinto capitolo de Il Mondo del Gosho.

Roberta: Vorrei iniziare il nostro dialogo da questa frase de Il mondo del Gosho in cui Sensei scrive:

«Qual è lo scopo della vita? Il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, basandosi sulla teoria del valore del suo predecessore, Tsunesaburo Makiguchi, affermò: “Uno dei peggiori difetti della società moderna è la mancanza di uno scopo. Per cosa vivono gli esseri umani? O meglio, noi, per che cosa viviamo?”» (MDG, pag. 131)

Mi sono ritrovata completamente in queste parole di Sensei, mi hanno ricordato il vuoto esistenziale che provavo durante l’adolescenza e che cercavo di colmare attraverso la lettura di testi spirituali e filosofici, cercando uno scopo nella vita. Per mia fortuna, a diciotto anni ho incontrato il Buddismo e ho trovato tutte le risposte che cercavo, riempiendo definitivamente quel vuoto che sentivo dentro.

Barbara: Mi fai pensare agli inizi della mia pratica buddista, quando ho provato per la prima volta quella meravigliosa sensazione di avere una direzione, uno scopo. È un amore, quello per la vita, che sento di dover sempre approfondire e quando lo faccio, grazie allo studio del Buddismo e alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, sperimento il potere del Gohonzon che esiste dentro di me.

Roberta: Proseguendo il discorso, il presidente Ikeda dà una profonda definizione di questo scopo:

«Lo scopo dell’esistenza è il conseguimento della Buddità in questa vita. È di questo che vogliamo discutere oggi» (MDG, 132)

Ho sempre trovato affascinante il concetto di conseguire la Buddità. Anche quando non avevo un’idea precisa di cosa significasse percepivo l’esistenza di un potenziale immenso e positivo a cui chiunque poteva accedere: questo mi entusiasmava e mi dava fiducia sulla possibilità di superare le mie fragilità e scoprire nuovi lati positivi di me stessa.

Barbara: Quando ho letto questa parte de Il mondo del Gosho ho sentito il bisogno di mettere a fuoco il significato di “conseguire la Buddità”, proprio come se lo leggessi per la prima volta, lasciandomi guidare dalle parole del maestro Ikeda che ho trovato nelle pagine successive.

Roberta: Sensei afferma che non è facile spiegare la Buddità e ci incoraggia a manifestarla in modo visibile attraverso la prova concreta. 
Ovviamente la vittoria finale è fondamentale, ma anche l’atteggiamento e lo spirito con cui affrontiamo le difficoltà è molto importante, ed è anche questa una manifestazione visibile del nostro stato vitale. 
Molte persone rimangono colpite dal modo in cui affrontiamo i problemi, dalla nostra perseveranza nella preghiera, dalla capacità di sorridere anche nel bel mezzo delle lotte più dure. Quando poi alla fine superiamo il problema e realizziamo una vittoria non possono fare a meno di cogliere il collegamento tra il modo in cui abbiamo lottato e il beneficio che abbiamo ottenuto. È un esempio molto concreto che incoraggia a sfidarsi con fiducia e con la determinazione di vincere.

Barbara: A proposito di esperienze, Sensei cita le prime tre guide eterne, “Fede per una famiglia armoniosa”, “fede per diventare felici” e “fede per superare ogni ostacolo”: leggendole ho percepito un grande incoraggiamento a realizzare una “fede concreta”. Infatti scrive:

«Costruire una famiglia armoniosa, una vita felice e un forte io in grado di superare qualsiasi difficoltà è senza dubbio lo scopo della nostra fede. Lottando per realizzare questi obiettivi possiamo realizzare la nostra rivoluzione umana e conseguire la Buddità in questa vita» (MDG, pag. 141)

Rispetto al modo in cui possiamo affrontare i problemi, mi ha fatto riflettere il passaggio in cui il presidente Ikeda dice che, pur avendo una vita costellata di problemi, «nello stato vitale di Nichiren non c’era alcuno spazio per la confusione o la preoccupazione» (MDG, pag. 139).
Sensei spiega chiaramente che poiché la sua vita era dedicata al voto di kosen-rufu egli manifestava pienamente lo stato vitale della Buddità.
Il presidente Toda riassume questo stato vitale di Nichiren con una parola, “speranza”; trovo sia una parola bellissima e ricca di significato, mi incoraggia a ripartire dalla consapevolezza della Buddità che è dentro di me, dalla forza della preghiera che permette di manifestarla e dal rinnovare costantemente la promessa di dedicarmi a kosen-rufu. Infatti Sensei scrive:

«Teniamo i piedi ben piantati a terra e viviamo con intensa speranza. Allo stesso tempo aiutiamo anche gli altri a ottenere la stessa solida base che consenta loro di vivere con luminosa speranza»(MDG, pag. 141)

Roberta: Tenere bene i piedi in terra e avere speranza potrebbero sembrare concetti contraddittori, ma spiegano la sottile differenza tra una saggia preoccupazione e vivere, invece, dominati dalla paura.
Sono convinta che ciò che influisce sulla qualità della nostra vita non siano i problemi che incontriamo ma il senso di impotenza che ci schiaccia. Essermi liberata dalla paura e avere sempre speranza è davvero un beneficio incommensurabile che racconto frequentemente agli zadankai, specialmente alle persone nuove.

Barbara: Un altro aspetto che può stimolarci ulteriormente ad attivare in noi la condizione vitale della Buddità, qui e ora, è quello della compassione.
Chi di noi non ha accanto una o più persone che vorrebbe vedere felici, che vorrebbe incoraggiare con tutto il cuore ma non sa come fare, chi di noi non ha bisogno di provare anche verso di sé questa infinita compassione?
Sensei afferma che il Budda percepisce che la sua vita è Myoho-renge-kyo, così come anche la vita di tutti gli esseri viventi, e coloro che non lo hanno compreso soffrono.

Roberta: Infatti! La nostra felicità è collegata a quella di tutti gli altri… Comprendere questo punto è cruciale.
Se non avessi abbracciato un grande scopo non avrei potuto aprire la mia vita né uscire dal guscio del mio piccolo io.
Ogni volta che ho condiviso le mie lotte assieme ai compagni di fede è sparita l’angoscia di vivere, ho visto la forza della mia preghiera amplificarsi e la gioia è diventata ancora più grande, perché è una gioia condivisa con gli altri.
Mi è capitato, nei periodi più difficili, di condividere la mia sfida durante lo zadankai, raccontando ogni passo avanti che stavo facendo, anche se piccolo. Sentivo profondamente che incoraggiare gli altri, qualunque fosse la situazione, era una causa che mi avrebbe portato a vincere. 
Inoltre le persone, vedendo che condividevo la mia lotta con loro, cominciavano spontaneamente a sostenermi. Alla fine la vittoria non era più solo mia ma di tutto il gruppo.

Barbara: È davvero incoraggiante poter condividere le nostre sfide! C’è un’altra frase del maestro Ikeda che mi stimola tantissimo a rinnovare con gioia il mio voto per kosen-rufu:

«Spiegare questo insegnamento alle persone della nostra epoca non è un compito facile. Ma se non ci sforziamo di trovare un modo di diffondere questo insegnamento nel mondo attuale, kosen-rufu non progredirà» (MDG, pag.134)

Fare shakubuku per diffondere l’insegnamento di Nichiren Daishonin è sempre stata una grande sfida per me, però ho continuato a impegnarmi per superare la timidezza e la forte insicurezza che provavo. 
Nella maggior parte dei casi le persone a cui parlavo del Buddismo non iniziavano a praticare e col passar del tempo ho cominciato a pensare: “Ma perché quasi nessuno inizia?”. Tuttavia ho continuato a piantare i semi della Legge mistica, anche quando ero un po’ demoralizzata. Questa azione tenace ha lucidato il mio cuore aiutandomi a superare tanti impedimenti, tant’è che i miei “mostri” interiori sono stati domati e oggi, nella mia famiglia, tre persone hanno ricevuto il Gohonzon mentre altre ogni tanto partecipano alle attività. 
Molte persone alle quali ho parlato del Buddismo rispettano e apprezzano il nostro movimento; sono convinta che anche questa sia una prova visibile e concreta della Buddità. Vivere per realizzare questo voto di diffondere la Legge mistica è proprio ciò che desidero continuare a realizzare!

DI SEGUITO ALCUNI BRANI TRATTI DAL QUINTO CAPITOLO “SIAMO BUDDA ADESSO”, CHE POSSONO ESSERE UTILI PER LA RIUNIONE DONNE CHE SI TERRÀ NELLA SETTIMANA CHE VA DAL 15 AL 21 MAGGIO.
PER COLORO CHE DESIDERANO APPROFONDIRE L’INTERO CAPITOLO È DISPONIBILE IL LIBRO EDITO DA ESPERIA

Da Il mondo del Gosho, pagg. 131-136

IKEDA: Qual è lo scopo della vita? Il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, basandosi sulla teoria del valore del suo predecessore, Makiguchi, affermò: «Uno dei peggiori difetti della società moderna è la mancanza di uno scopo. Per cosa vivono gli esseri umani? O meglio, noi, per che cosa viviamo? Per esempio, nella nostra vita quotidiana, se sappiamo dove vogliamo andare possiamo chiedere indicazioni a un vigile, sulla strada da seguire. Ma se non sappiamo il nome della destinazione e chiediamo al vigile: “Dove dovrei andare?” probabilmente riderà di noi. Per questo è strano e incomprensibile che, nel viaggio della vita, le persone vivano senza uno scopo. Proprio in ciò risiede la causa fondamentale del disorientamento e del malessere che turbano la società». 
E disse anche: «È essenziale cercare a fondo se esista o meno uno scopo supremo in grado di integrare tutte le sfere dell’attività umana, dalla politica all’economia, all’educazione, alla cultura.
Un simile scopo dovrebbe dimostrare di essere l’obiettivo supremo in grado di dare una salda disciplina alla nostra esistenza, diversamente dalle mere teorie come l’idea di un paradiso ultraterreno. Se è così e se nello sforzo di raggiungerlo riusciamo a dimostrare risultati concreti nella nostra vita, in maniera inconfutabile e continuativa, allora è veramente lo scopo che tutta l’umanità sta cercando». 
Il presidente Toda aveva veramente colto la radice del caos che affligge la società moderna. Il Buddismo di Nichiren Daishonin insegna che lo scopo dell’esistenza è il conseguimento della Buddità in questa vita. È di questo che vogliamo discutere oggi.

SAITO: All’interno di Dialoghi, l’uomo deve scegliere Toynbee osserva, a proposito della domanda «Cos’è la religione?»:«Per religione intendo una concezione della vita che permetta all’uomo di fronteggiare le difficoltà che caratterizzano la condizione umana, dando risposte spirituali soddisfacenti ai quesiti fondamentali circa il mistero dell’universo e il ruolo dell’uomo in esso, e dando anche precetti pratici per vivere».

IKEDA: Quello che la religione dovrebbe insegnare è davvero una «concezione della vita». Indubbiamente è difficile vivere con vera dignità umana. La vita cambia, continuamente.
Niente è costante. Le quattro sofferenze di nascita, invecchiamento, malattia e morte sono una realtà eterna cui nessuno può sfuggire. Il grande scrittore francese Victor Hugo (1802-85) disse: «Anche la vita dell’uomo più facoltoso in realtà è sempre più triste che allegra».
In mezzo a questa dura realtà le persone anelano dal profondo del loro essere a vivere con dignità, a dare significato alla propria esistenza e compiono sforzi in tal senso. La risposta a queste preghiere dell’essere umano è la religione. La religione nasce dalla preghiera. Qual è la risposta del Daishonin a queste preghiere? Che atteggiamento verso la vita ci insegna?
La risposta è contenuta in sintesi nel principio del conseguimento della Buddità in questa esistenza.

MORINAKA: In altre parole egli ci insegna come possiamo diventare Budda in questa vita.

IKEDA: Esatto. Paragonando l’illuminazione al raccolto del riso, il Daishonin osserva che, anche se ci sono differenze fra le varie qualità di riso, per cui qualcuna matura prima e altre più tardi, qualsiasi seme piantato produrrà un raccolto entro l’anno. Allo stesso modo egli afferma che tutte le persone sono intrinsecamente Tathagata e anche se può esserci differenza nella velocità con cui conseguono la Buddità, tutte possono riuscirci senza alcun dubbio nella loro vita presente. In altri termini, questa vita esiste proprio per poter conseguire la Buddità.

SAITO: L’idea che ognuno di noi possa concretamente conseguire la Buddità in questa vita è rivoluzionaria. Ci permette di apprezzare il significato della nostra vita a un livello più profondo. A questo punto le domande più urgenti diventano: «Cosa significa conseguire la Buddità?» e «Cosa significa esattamente Buddità e che modo di vivere richiede?».

MORINAKA: Penso che oggigiorno per molte persone quest’idea di conseguire la Buddità sia qualcosa di estremamente lontano dalla loro realtà di vita. In Giappone il concetto di Buddità è ancora comunemente associato ai defunti. Perciò quando parliamo di una persona vivente che consegue la Buddità, spesso le nostre parole suscitano sguardi attoniti o perfino collera!

IKEDA: Il Daishonin dice: «Il mondo di Budda è il più difficile da dimostrare». È così, e spiegare questo insegnamento alle persone della nostra epoca non è un compito facile.
Ma se non ci sforziamo di trovare un modo di diffondere questo insegnamento nel mondo attuale, kosen rufu non progredirà. Quando comunichiamo con parole facilmente comprensibili, kosen rufu avanza sempre più velocemente. Anche questa è una delle funzioni importanti dello studio buddista.

SAITO: Nella Soka Gakkai siamo fortunati ad avere una tradizione di studi buddisti di tipo moderno basata sull’intuizione del presidente Toda che «il Budda è la vita stessa». 
E abbiamo anche il patrimonio di studio, pratica e prova concreta di innumerevoli membri della Soka Gakkai. Questa ricchezza di sapere e di esperienza è un prezioso capitale iniziale dal quale sviluppare lo studio del Buddismo.
Ovviamente per i membri della Soka Gakkai il comportamento del Daishonin è il modello per conseguire la Buddità. La sua condotta all’epoca della persecuzione di Tatsunokuchi e del successivo esilio a Sado è la più grande testimonianza della Buddità.

IKEDA: Anche il presidente Toda aveva molto da dire su questo punto: «Non pensate forse che essere un Budda significhi considerare la vita stessa una gioia assoluta? Aver acquisito la condizione vitale del Daishonin significa questo. Egli non era minimamente turbato dalla minaccia della pena capitale.
Chiunque di noi al suo posto sarebbe precipitato nel panico più assoluto. Mentre era in esilio a Sado egli trasmise molti insegnamenti ai suoi discepoli e scrisse diversi importanti trattati fra cui L’apertura degli occhi e L’oggetto di culto per l’osservazione della mente. Senza la pace della mente non sarebbe certo stato in grado di farlo». 
Egli affermava anche: «Quella della Buddità è una condizione di felicità assoluta, che non può essere turbata da niente e che non teme niente. Una vita così in ogni momento è come un grande oceano perfettamente calmo o un cielo perfettamente limpido. Tale era senza dubbio la condizione vitale che il Daishonin manifestò mentre era in esilio a Sado». 
Nel Gosho L’apertura degli occhi, il Daishonin scrive: «Attualmente l’uomo più ricco di tutto il Giappone sono io, Nichiren». E nel Vero aspetto di tutti i fenomeni afferma: «Provo una gioia senza limiti anche se adesso sono in esilio».
Mentre sopportava le conseguenze sociali dell’esilio, nelle peggiori condizioni ambientali possibili e rischiando la vita, il Daishonin si definiva la persona più ricca di tutto il Giappone. Questo è estremamente significativo».

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