Ikudo Minemura, una rappresentante del Gruppo donne giapponese, ha raccontato la sua esperienza durante la trentanovesima riunione di centro
Nell’aprile del 2016 mi è stata diagnosticata una malattia incurabile di cui non si conosce la causa (polmonite organizzata criptogenetica), e sono stata ricoverata in isolamento, senza poter ricevere visite.
Da quel momento, ogni giorno ritagliavo le puntate de La nuova rivoluzione umana pubblicate sul Seikyo Shimbun e scrivevo i miei pensieri su un quaderno che intitolai “Diario della grande vittoria”. Per me questo era un diario condiviso con il presidente Ikeda, come se lo stessimo scrivendo insieme. Una mattina, dopo aver dormito solo due ore a causa degli effetti collaterali dei farmaci, ho trovato ne La nuova rivoluzione umana questa frase: «Aspettiamo con ansia che tu, sconfitto risolutamente il demone della malattia, possa ritornare magnificamente a dimostrare il tuo valore insieme a noi nel meraviglioso “giardino” della Soka» (vol. 29, cap. 2, “Corsa impetuosa”, p.ta 14). Queste parole mi hanno molto sostenuta perché, come responsabile di hombu, mi sentivo fortemente mortificata nei confronti dei membri, non potendo fare attività con loro.
Di seguito sensei scrive: «Una volta che ti hanno diagnosticato una malattia, devi pensare dentro al tuo cuore: “Grazie a questo potrò fare una nuova esperienza di fede. Potrò aggiungere un altro tesoro che dimostri a tutti il potere del Buddismo”» (Ibidem, p.ta 15). Piangendo di commozione scrissi nel mio diario: «Proprio adesso è il momento di imprimere questi incoraggiamenti del maestro nella mia vita. Proprio adesso è il momento di ricercare il suo cuore».
La mia stanza di ospedale dominava il meraviglioso altopiano di Sugadaira, un luogo dove sensei fece una sosta durante la sua visita nella prefettura di Nagano.
«Sensei aspetta la mia vittoria»: pensando così emergeva il coraggio di non lasciarmi sconfiggere dalla malattia. Tuttavia, la depressione e l’insonnia causate dai medicinali scatenavano in me angoscia e paura, contro cui dovevo lottare ogni sera.
Un giorno scrissi nel diario: «Ieri sera, verso le otto, mi sono sentita soffocare improvvisamente e ho sentito un dolore al petto. Il dolore diventa sempre più forte. Che cos’è quest’ansia? Non riesco a fermare le lacrime».
Poco dopo trovai ne La nuova rivoluzione umana questo passo, come se sensei avesse letto nella mia mente: «Non accadrà mai che il Gohonzon e le funzioni protettrici della vita e dell’ambiente non ti proteggano, tu che hai lottato fino in fondo. Adesso è importante che ti dedichi esclusivamente alla tua guarigione» (Ibidem, p.ta 30).
Non mi sarei mai lasciata sconfiggere, nel mio cuore è sorto il sole di questa convinzione.
In seguito mi sono stati somministrati dei farmaci appropriati che pian piano mi hanno liberata dalle sofferenze. E così, contro ogni aspettativa, dopo quarantacinque giorni sono uscita dall’ospedale!
Una volta tornata a casa continuavo a non sentirmi bene a causa degli effetti collaterali, ma il “diario condiviso con sensei” era la mia forza motrice. Ho determinato di riuscire a diminuire le medicine e dopo due anni e mezzo di forte preghiera, oggi non ho più bisogno di assumere farmaci! Nel mio diario ho scritto: «Grazie alla malattia, ho creato un importante punto d’origine nella fede. Ho realizzato che, se non ci basiamo sulla relazione di maestro e discepolo, la pratica buddista non manifesterà tutto il suo potere. Era questo il senso della mia malattia».
Condividendo questa mia esperienza con gli altri, mi sto dedicando a dialogare con gli amici e a incoraggiare i membri, e poco prima del 18 novembre una mia vicina di casa ha ricevuto il Gohonzon, frutto di tanti anni di dialoghi!
La mia rivoluzione umana è appena iniziata.
D’ora in avanti continuerò a impegnarmi per trasmettere lo spirito di sensei nella mia comunità e alle generazioni future.