Siete state da poco nominate referenti dell’attività dei Giovani gigli bianchi. Quali sono i vostri obiettivi per questa attività, e come si svolgerà concretamente? Qual è secondo voi la missione specifica dei Giovani gigli bianchi all’interno del Gruppo donne?
Claudia: Appena abbiamo saputo di questa nomina abbiamo deciso di scrivere le nostre determinazioni a Sensei, promettendogli di costruire le fondamenta dell’attività dei Giovani gigli bianchi in Italia, una solida rete di donne unite che approfondiscono la fede e il legame con il maestro attraverso lo studio de La nuova rivoluzione umana. Inoltre abbiamo determinato che i Giovani gigli bianchi diventino campionesse di shakubuku, per essere il pilastro delle donne Soka nel 2030. E che ognuna di noi trionfi nella propria vita e si senta fiera di far parte della Soka Gakkai! Il nostro scopo è di allenarci nella fede per essere veramente ancorate al cuore del maestro, in modo da tornare ogni volta al punto d’origine, al nostro voto.
Un altro obiettivo è sicuramente di portare un’ondata di gioia nel Gruppo donne e anche di “scovare”, passatemi il termine, coloro che si sono un po’ allontanate dalle nostre attività, a volte anche a causa del passaggio dal Gruppo giovani donne a quello delle donne.
Stefania F: Il nostro obiettivo rispetto allo shakubuku naturalmente rispecchia quello nazionale, ma come Giovani gigli bianchi abbiamo rilanciato determinando di accompagnare a ricevere il Gohonzon due persone, di cui una giovane. Penso che la nostra missione specifica sia quella di contribuire a rendere l’attività donne più dinamica e di diffondere ondate di freschezza, di gioia, a ritmo con il cuore del maestro.
Sepideh: Penso che la missione specifica dei giovani Gigli bianchi all’interno del Gruppo donne sia quella di unirsi in una sinergia circolare di condivisione, fiducia, dialogo e confronto sulla base della relazione con il maestro, lo studio de La nuova rivoluzione umana e le nostre vittorie nello shakubuku.
Il nostro desiderio è di ampliare questa rete gioiosa in modo sempre più capillare e trasversale, creando un’attività armoniosa, gioiosa e rivitalizzante per tutti.
Su quale materiale di studio si basano le riunioni dei Giovani gigli bianchi? E che significato ha per voi mettere al centro lo studio de La nuova rivoluzione umana?
Claudia: Come Giovani gigli bianchi abbiamo deciso di basarci sul volume 25 e sul volume 30 de La nuova rivoluzione umana.
Stefania C: Studiare il volume 30 de La nuova rivoluzione umana è fondamentale perché, oltre a tutti gli incoraggiamenti che troviamo per affrontare le questioni personali e di attività, conoscere le azioni che Sensei ha intrapreso per espandere il nostro movimento per me è fonte di orgoglio e incoraggiamento costante a sfidare i miei limiti. Ad esempio, in una situazione complicata nell’attività con alcune donne, studiare il volume 30 mi ha dato una nuova visione, la chiave per poterla superare.
Stefania F: Per me La nuova rivoluzione umana è ossigeno, è il mezzo per approfondire il legame con il maestro attingendo sempre alla sua fonte, e questo è bellissimo!
C’è dentro la risposta a qualsiasi nostro problema, anche semplicemente perché leggendo La nuova rivoluzione umana lo stato vitale cambia.
Mi piace conoscere le storie dei pionieri di kosen-rufu in tutto il mondo, le difficoltà che hanno affrontato all’inizio… Per me è molto incoraggiante, perché io mi lamento per molto, molto meno!
Claudia: Il volume 30 de La nuova rivoluzione umana è come il “testamento” che Sensei ha scritto per tutti noi, e quindi vorremmo che ogni sua parola, ogni incoraggiamento restasse scolpito nel nostro cuore.
Quando leggo La nuova rivoluzione umana sento Sensei fisicamente vicino a me, e nei momenti di difficoltà mi viene naturale domandarmi cosa farebbe lui.
Leggere La nuova rivoluzione umana ci permette di andare direttamente verso il cuore del maestro che è un cuore che crede, sempre. Il nostro scopo è che ognuna di noi costruisca questo forte legame con il maestro, come base per la fede di tutta la vita.
Sepideh: Studiare La nuova rivoluzione umana significa approfondire sempre di più la fede dialogando con Sensei ognuna nel proprio cuore, ogni giorno. Significa incidere e sperimentare nella propria vita la testimonianza del voto del maestro affidato ai discepoli.
Nichiren Daishonin scrive a una discepola di trentatré anni: «Il sole si apre un varco nella più nera oscurità» (RSND, 1, 279), e il maestro Ikeda commenta: «Una donna giovane che abbraccia e sostiene il Buddismo del sole manifesta la stessa condizione vitale del sole che sorge» (NR, 700, 6).
Cosa significa per voi questa affermazione?
Claudia: Questa è una delle mie frasi preferite, mi colpisce profondamente! Perché il sole c’è sempre, nonostante le nuvole, nonostante la pioggia il sole sorge sempre. Quindi anche da parte nostra questa decisione va presa ogni giorno, ogni mattina, di sorgere come il sole! Inoltre il sole scalda e illumina tutti, non discrimina e non fa distinzioni. Ogni volta cerco di ricordarmi che voglio essere quel tipo di donna coraggiosa che riscalda il cuore di ogni persona che incontra!
Stefania F: Nel volume 5 de La nuova rivoluzione umana (capitolo “Vittoria”) Sensei riporta le parole di una scrittrice giapponese, la quale afferma che la donna al principio era il sole e poi è diventata la luna. Sensei commenta che la luna rappresenta una donna che cerca la felicità all’esterno, quindi è dipendente, ad esempio dal matrimonio, dal lavoro ecc. Invece noi donne Soka siamo dei “soli” proprio perché non ricerchiamo questa felicità all’esterno.
Quindi questo sole di cui parla Sensei, che illumina tutto, per me è il principio di liberazione delle donne, la rottura del piccolo io che aspetta sempre la luce del riconoscimento da fuori…
Stefania C: Ricordo una guida in cui Sensei ci incoraggia ad avere lo stesso spirito del sole delle 8 del mattino. A volte è una sfida difficile avere questo stato vitale che va oltre ciò che accade nella vita e nel mondo, e quando riesco a mettere in pratica questo incoraggiamento mi sento forte della mia umanità.

Sensei esprime grandi aspettative nei confronti dei Giovani gigli bianchi.
Ad esempio scrive: «Ciascuna compagna di fede della generazione dei Giovani gigli bianchi, rimanendo sempre fedele a se stessa, sta continuando a creare valore con allegria, vitalità, orgoglio, fiducia in se stessa e senso di unità. Sono fermamente convinto che questa loro danza della “creazione della primavera” aprirà il sipario di un nuovo secolo delle donne» (NR, 700, 7).
Che tipo di responsabilità sentite rispetto alle prossime generazioni?
Cosa significa per voi “aprire il sipario di un nuovo secolo delle donne”?
Stefania F: La responsabilità che sento rispetto alle generazioni future, considerando che sono anche insegnante, è proprio quella di dare speranza e fiducia ai giovani, e soprattutto di dar loro ascolto perché vedo che gli adulti non hanno voglia di ascoltare questi ragazzi, di sintonizzarsi e di ascoltare quello che c’è oltre le parole, nei loro gesti, nei loro atteggiamenti.
E poi, ovviamente, è fondamentale essere d’esempio, se vogliamo ispirarli in qualche modo, possiamo fare tanti bei discorsi ma loro guardano come sei, come ti comporti.
Riguardo al “secolo delle donne”, per me è un secolo in cui non ci sono discriminazioni e di conseguenza neanche violenze. Un secolo in cui ogni bambina possa crescere e svilupparsi con una consapevolezza naturale del proprio valore, come essere umano e come persona. Un mondo in cui le donne si impegnano a diffondere una cultura del rispetto per la dignità della vita e ricoprono quei posti dai quali fino ad ora sono state escluse… e le vedo portare avanti con cuore illuminato una cultura di pace e di rispetto.
Sepideh: Penso che come Giovani gigli bianchi abbiamo la responsabilità di costruire un ponte di passaggio accogliente, sicuro, dove ogni giovane si senta incoraggiato e mai giudicato dagli adulti e possa forgiare una fede indipendente, sostenuto dagli adulti come punti di riferimento.
Stefania C: Trattare i giovani come ci ha insegnato Sensei, con grande rispetto, significa ripagare il debito di gratitudine nei suoi confronti. Quando dimostri fiducia e apprezzamento, i giovani iniziano a tirare fuori caratteristiche che fino a quel momento non avevano espresso. Credo che questo sia un aspetto importante della missione dei Giovani gigli bianchi, fare del nostro meglio affinché i giovani possano sentirsi sicuri e fieri di se stessi.
Per quanto riguarda il “secolo delle donne”, aprire questo sipario per me significa che ognuna di noi possa creare valore lì dove si trova. Una donna determinata trasforma ogni tipo di situazione, e ogni donna ha il diritto di brillare della propria unicità.
E forse proprio questo è il momento di iniziare veramente a risplendere come non abbiamo mai fatto!
Claudia: Vedo che intorno a me, nella società e nella vita di tutti i giorni, ci sono tante persone che non hanno fiducia nei giovani. Per questo motivo, come Giovani gigli bianchi, abbiamo condiviso lo scopo di consegnare due Gohonzon quest’anno, di cui almeno uno a un giovane. Io quando ho iniziato a praticare ero giovanissima, mi ricordo ancora che ho guardato la persona che mi faceva shakubuku e ho pensato: “Ecco qualcuno che la pensa come me”, e ho sentito una gran voglia di realizzare.
Recentemente ho parlato del Buddismo a una ginnasta che alleno, che è molto giovane e sempre scontrosa. A un certo punto lei si è aperta con me e alla fine abbiamo fatto dieci minuti di Daimoku. Il giorno dopo mi ha detto che aveva parlato del Buddismo alla mamma, al papà, alla zia, e in seguito ha portato tutti a riunione!
Mi son detta che i giovani hanno un potere veramente infinito e quindi la nostra responsabilità come donne è andare incontro ai giovani, riuscire a dialogare con loro cercando quel canale di comunicazione che ci permette di incoraggiarli profondamente. Credo che tutto ciò abbia molto a che fare con “aprire il sipario del nuovo secolo delle donne”.
“Aprire il sipario” vuol dire mettere in scena lo spettacolo della nostra rivoluzione umana diventando donne che hanno questa fiducia in se stesse e vanno naturalmente verso gli altri, tenendosi per mano.
Quali sono i vostri obiettivi verso il 2030?
Claudia: Il primo obiettivo è rafforzare la mia fede. Perché a volte do per scontato che da qui al 2030 continuerò a praticare e sarò felice, ma in realtà questa è una decisione quotidiana e io da oggi al 2030 voglio costruire una condizione vitale di fiducia assoluta di fronte alle avversità, per essere la “vera” discepola che realizza i sogni del maestro. E costruire un castello di donne veramente solido.
Stefania C: Da quando ho iniziato a praticare per me è stato chiaro che questo è un percorso per il mio miglioramento personale e quindi ogni anno, da qui al 2030, determino di migliorare come persona, in ogni aspetto, e di continuare a rafforzare la mia fede: sono certa che ciò influenzerà ogni aspetto della mia vita.
Sensei ha dato tre linee guida per la generazione dei Giovani gigli bianchi.
La prima è: «Espandete la vostra condizione vitale con la preghiera basata sul voto!».
La seconda: «Diffondete la felicità attraverso la vostra rete di incoraggiamento!».
La terza: «Esibitevi in una danza di creazione della primavera in cui ciascuna risplenda delle proprie caratteristiche uniche, in accordo con il principio buddista del “ciliegio, susino, pesco, prugno selvatico”» (vedi BS, 124, 47).
Che significato hanno per voi queste tre guide? Volete condividere una breve esperienza a riguardo?
Stefania F: La prima guida è fondamentale perché riguarda il voto: il nostro stato vitale cambia quando la nostra preghiera è basata sul voto. Io sento che quando prego senza basarmi sul voto, in qualche modo mi sto consolando… Ma per vincere c’è bisogno del voto, questa è la differenza fondamentale.
La guida sulla “rete di incoraggiamento” mi ricorda che kosen-rufu è fatto di piccoli gesti concreti, quotidiani, del dialogo con una collega, con la vicina di casa, con un familiare, o di una visita a casa. Incoraggiare significa ispirare un’altra persona ad alzarsi da sola, per me questo è un punto importante.
E poi l’ultima guida mi colpisce perché sono una ballerina e so che per danzare bisogna essere libere e sincere, soprattutto con se stesse, e si può fiorire ognuna con il suo profumo e il suo colore.
Claudia: Rispetto alla guida sul voto, ogni volta che cerco di realizzare qualcosa solo per me stessa, alla fine mi fermo. Ma quando mi dedico a incoraggiare gli altri, per dimostrare il potere del Buddismo, allora lì si spalancano le porte, si spalanca una condizione vitale che mi fa sperimentare, provare, agire e realizzare.
Questa “espansione” della condizione vitale è in tutte le direzioni e abbraccia tutti. Quindi si tratta di riuscire veramente ad aprire il nostro cuore agli altri.
Personalmente poi sono molto affezionata alla guida sulla “danza di primavera”, perché anch’io sono stata ballerina e alleno ballerine e ginnaste, e penso che questo fatto di “sbocciare” sia una decisione.
Per creare la primavera dobbiamo sbocciare ognuna nel suo modo unico, e sbocciare è un processo meraviglioso che richiede uno sforzo quotidiano. Ogni giorno mi rendo conto che questa “creazione della primavera” nasce dalla mia decisione davanti al Gohonzon di non soccombere all’oscurità che mi impedisce di credere, che mi fa sentire che l’inverno è freddissimo e non finirà mai, mentre invece la gemma è già lì e quindi io continuo a innaffiare, continuo perché ho fiducia e così riesco già a vederla, la primavera.
Perciò mi metto come scopo quotidiano di aprirmi e fare shakubuku, soprattutto quando la mia condizione vitale è chiusa… e quindi è proprio uno sforzo.
Ogni volta che mi chiudo rientro nelle mie dinamiche, ma ogni volta che mi sfido e dedico la mia vita a kosen-rufu vinco io e vincono gli altri insieme a me.
Spesso il passaggio dall’attività giovani donne al Gruppo donne è un momento delicato, alcune tendono a restare un po’ in disparte… Come pensate di coinvolgere quelle donne giovani che attualmente non stanno partecipando all’attività?
Claudia: Nella mia zona ci sono alcune ex giovani donne che si erano allontanate e grazie all’attività dei Giovani gigli bianchi hanno ritrovato la gioia di fare attività. Per alcune persone in questo periodo è subentrata la stanchezza, è naturale, e forse rivedere delle persone con cui avevano creato legami nell’attività giovani, può essere una nuova partenza!
Sepideh: La chiave è mantenere i legami di amicizia, perché loro nel mio cuore, nel mio Daimoku, ci sono e ci saranno sempre. La mia determinazione è che si sentano attratte, ispirate da questa nuova ondata di entusiasmo, di leggerezza. Qualcuna che era rimasta in disparte con i Giovani gigli bianchi è ritornata, come diceva Claudia.
Fin dal primo momento in cui sono passata all’attività donne, il mio obiettivo è stato sostenere i giovani, accoglierli e incoraggiarli.
Sicuramente la vicinanza di età ci facilita in questo. L’altro giorno una giovane donna che sta per passare al Gruppo donne mi ha chiesto cosa sono i Giovani gigli bianchi e quando le ho spiegato lei si è sentita rincuorata. Mi ha detto: «Grazie, erano giorni che stavo recitando Daimoku e sapere che c’è questa attività che fa da ponte mi solleva tanto».
Quindi io penso che veramente abbiamo una grande missione, preparare questo terreno fertile anche per le giovani donne che vivono con ansia questo passaggio, o che per un motivo o per l’altro si sono allontanate…
Io sono passata da due anni nel Gruppo donne e sento molto l’importanza di questa funzione di creare armonia, un po’ come quando in famiglia c’è una persona che riesce a creare una comunicazione o quel passaggio che manca… E forse con i Giovani gigli bianchi Sensei ci sta offrendo questa occasione.
Stefania C: Con alcune donne referenti di territorio abbiamo creato un tipo di collaborazione per cui ogni volta che una giovane donna passa nel Gruppo donne andiamo a trovarla insieme, la incoraggiamo, cerchiamo subito di coinvolgerla e sostenerla. Penso che il nostro ruolo sia quello di cercare di comprendere bene come poter accogliere ognuna in modo che si senta a proprio agio.
Stefania F: Nella prospettiva di mirare al 2030, penso che dovremmo fare più attività con le giovani donne, insieme. Perché quando c’è questa collaborazione tra donne e giovani donne le cose vanno in un altro modo, non si perde nessuna. Bisogna cercare di fare insieme, lasciando spazio alle giovani, pregando di più e parlando di meno.

