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Una meravigliosa prova concreta - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:19

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Una meravigliosa prova concreta

Antonio Schingaro, Bari

Mettendo sempre al centro l’attività per kosen-rufu e pregando per poter mostrare una meravigliosa prova concreta, Antonio riesce a vincere una causa legale con un polo ospedaliero e a superare le conseguenze di un grave incidente stradale. Perseverando nello shakubuku anche nei momenti più drammatici, trasforma ogni difficoltà in un’occasione per temprare la sua fede ed espandere lo stato vitale

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Mettendo sempre al centro l’attività per kosen-rufu e pregando per poter mostrare una meravigliosa prova concreta, Antonio riesce a vincere una causa legale con un polo ospedaliero e a superare le conseguenze di un grave incidente stradale. Perseverando nello shakubuku anche nei momenti più drammatici, trasforma ogni difficoltà in un’occasione per temprare la sua fede ed espandere lo stato vitale

Ho ricevuto il Gohonzon nel 1996 e mi sono subito buttato a capofitto nella recitazione del Daimoku, nello studio del Buddismo e nello shakubuku. Nichiren Daishonin, i maestri Makiguchi, Toda e Ikeda sono diventati le mie guide. Nonostante tante dure prove, tra le quali l’essere preso in ostaggio durante una rapina in banca, essere stato rapito in Ungheria e l’incendio doloso del mio studio, non ho mai indietreggiato nella fede, realizzando tutti i miei sogni. Ho imparato a non lesinare la mia vita, a ricercare sempre nuove sfide e ad andare fino in fondo, con fiducia e speranza, con pazienza e coraggio. Ho approfondito lo spirito dell’offerta, vincendo il mio attaccamento al denaro, e ho scoperto qualità che non pensavo di avere.
Quando tutto sembrava andare a gonfie vele, il 4 gennaio 2012 mia madre, dopo un esame di routine, ha subito un’anossia con arresto cardiaco causato da manovre errate e dall’utilizzo di una doppia dose di anestetico. In reparto non c’era un rianimatore e lei, la mia leonessa, è entrata in coma per trentuno lunghissimi mesi, per poi addormentarsi definitivamente.
Nella convinzione che mia madre meritasse giustizia, decisi di iniziare una procedura legale contro il polo ospedaliero. Nel timore di compromettere la propria carriera nessun medico legale era disposto ad andare contro il polo ospedaliero, che nel frattempo aveva assoldato i migliori avvocati del foro di Milano.
Dopo nove lunghi anni di udienze e rinvii, un tecnico legale fuori territorio infine ha accettato l’incarico e, in pieno lockdown, ha redatto una relazione che evidenziava tutti gli errori medici commessi. Il primo marzo 2021 determinai davanti al Gohonzon che questa storia doveva risolversi entro il 16 marzo. Dopo solo un paio d’ore, una telefonata inattesa dell’avvocato mi annunciava la vittoria: l’ospedale ammetteva le sue colpe e la sua responsabilità. Giustizia era stata fatta e, grazie a una forte preghiera, sentivo di aver utilizzato quelle circostanze per temprarmi nella fede e tirare fuori il meglio di me.
Dopo un anno, il 5 marzo, proprio quando sentivo di avere conquistato una stabilità economica e il pieno controllo della mia vita, accadde qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la mia esistenza. Ero in tangenziale, a due passi da casa, quando ho perso il controllo della mia auto, mi sono fermato in corsia di emergenza e ho contattato mia moglie e il carro attrezzi per spostare il mezzo. Dopo quaranta minuti di attesa è sopraggiunta un’auto che, a sua volta, ha perso il controllo schiacciandomi contro la mia vettura davanti agli occhi terrorizzati di mia moglie. Ero disteso sull’asfalto, non sentivo più le gambe.
In quel momento mi ha assalito una disperazione senza precedenti, piangevo e gridavo Nam-myoho-renge-kyo. Arrivato al pronto soccorso, un infermiere membro della Soka Gakkai mi è stato vicino accompagnandomi in quelle prime ore travagliate.
I medici mi consideravano un miracolato: i sopravvissuti a un impatto del genere sono davvero rari. Quella stessa notte ho sperimentato il significato di hosshaku kempon: quel giorno è morto Antonio ed è nato “Antonio devoto del Sutra del Loto”.
La vita mi stava dando una seconda chance e non potevo sprecarla. In sala operatoria mi sono sentito accolto come un re, c’era un’altra infermiera compagna di fede alla quale, finito l’intervento, ho chiesto subito l’ora per capire se fossi in tempo per partecipare a un incontro online per simpatizzanti. «Sono le 19.50» mi ha risposto lei stupita e gioiosa, e io: «Bene! Allora posso partecipare!». L’intervento è stato un successo. In ospedale ho continuato a fare attività online e shakubuku a pazienti e infermieri, che mi hanno offerto a loro volta grande sostegno. Tuttavia in seguito, una forma di rigetto dei materiali di sintesi utilizzati per riparare le fratture mi ha spinto a recitare molte ore di Daimoku ogni giorno con la paura di non riuscire più a camminare.
Sentivo il sostegno di tutti i compagni di fede. Il balzo in avanti in questa lotta l’ho potuto fare grazie a queste parole di Sensei: «Non bisogna assolutamente lasciarsi sconfiggere dal demone della malattia. Devi ritornare presto in salute perché la nobile missione di kosen-rufu […] poggia proprio sulle tue spalle. Anche le malattie, una volta superate, servono a dimostrare la grandezza della fede. Il karma che abbiamo accumulato serve a questo […]. È necessario il Daimoku. È necessario pregare fino in fondo il Gohonzon per poter mostrare una meravigliosa prova concreta» (NRU, 29, p.te 20 e 21).
Ho compreso che stavo rifiutando la mia nuova condizione fisica e che per vincere dovevo accettarmi così com’ero: dopo due mesi, grazie al Daimoku, è cessato il rigetto. Con uno stato vitale da leone, senza mai smettere di fare attività, dopo solo settanta giorni ho abbandonato la sedia a rotelle per iniziare la riabilitazione. Ho chiuso la mia attività lavorativa senza rimpianti perché avevo dimostrato a me stesso di essere una persona capace.
Ho compreso con la mia vita cosa significa “trasformare il karma in missione” per incoraggiare tante persone.
Oggi sono pronto a ricominciare, con la consapevolezza di essere un Budda e di avere un’infinita potenzialità. Il mio maestro afferma: «La malattia non porta necessariamente alla morte.
Nichiren Daishonin scrisse: “La malattia stimola lo spirito di ricerca della via”. La malattia può costringerci a esaminare noi stessi e la nostra esistenza, può essere una motivazione preziosa e molto importante. Qualcuno ha detto che una persona che non è mai stata malata comprende la vita solo a metà. La lotta contro la malattia ci porta a capire pienamente la vita e forgia in noi uno spirito indomito (D. Ikeda, Cos’è la rivoluzione umana, pag. 93).
Sono profondamente grato al Gohonzon e sono pronto a impegnarmi ancora di più per realizzare il sogno del mio maestro.

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