Di fronte alle sfide che il mondo si trova ad affrontare, il maestro Ikeda sottolinea l’urgenza di sviluppare uno spirito di compassione e solidarietà sempre più vasta in ogni paese del mondo, e a tal proposito cita una parabola buddista che rappresenta la passione e la forza dei giovani come forza trainante per creare un secolo di pace e di speranza
Il mondo sta affrontando una serie di gravi difficoltà, dai problemi economici a quelli legati al cambiamento climatico, come testimonia l’allarmante susseguirsi di eventi metereologici estremi. Per affrontare e risolvere tali questioni, che tipo di visione ci occorre e come possiamo rafforzare la nostra solidarietà?
A tal proposito ricordo le parole condivise con me da John Kenneth Galbraith (1908-2006), celebre economista e ambasciatore degli Stati Uniti in India dal 1961 al 1963, che visse in prima persona numerose crisi globali e fu testimone diretto delle ferite che avevano lasciato nella vita delle persone. Ne fu talmente colpito da arrivare a mettere in discussione non solo l’ordine economico, ma l’organizzazione stessa della società.
Quando gli domandai che tipo di assetto avremmo dovuto dare al mondo del ventunesimo secolo, rispose che avremmo dovuto mirare a creare un secolo in cui le persone potessero dire: “Mi piace vivere in questo mondo!”.
Discutemmo insieme anche della visione buddista della vita espressa nella frase: «E là gli esseri viventi sono felici e a proprio agio» (SDL, pag. 318) contenuta nel Sutra del Loto, quintessenza del Buddismo Mahayana, secondo cui nasciamo in questa vita per assaporare la gioia.
Il punto importante di questa visione consiste nel comprendere che la felicità e la dignità delle persone non possono sbocciare nell’isolamento, e che gli individui possono assaporare la vera gioia della vita solo attraverso i legami del cuore, aiutandosi e sostenendosi a vicenda nei momenti di avversità.
Il Sutra del Loto offre una descrizione vivida e realistica di questa gioia profonda utilizzando queste analogie: «Come un fuoco per chi ha freddo, […] una barca per attraversare l’acqua, […] una lampada nell’oscurità» (SDLPE, 392).
Non esiste un’unica soluzione per la vasta gamma di problemi che le persone si trovano ad affrontare. In tal senso la domanda cruciale da porci è come ciascuno e ciascuna di noi possa diventare una mano protesa verso chi si trova ad affrontare difficoltà, e come rafforzare il tipo di relazioni in cui condividere la gioia reciproca di aver superato un’esperienza dolorosa.
Nel Sutra Vimalakirti si trova una scena impressionante che illustra il significato e l’importanza delle azioni di ogni singolo individuo: cinquecento giovani sono riuniti intorno a Shakyamuni, ognuno con il proprio parasole ingioiellato, con lo spirito di lavorare per la felicità delle persone. A un certo punto l’ombrello di ciascun giovane si unisce a quello degli altri creando un unico “baldacchino ingioiellato”, così vasto da coprire il mondo intero. La gioia riempie il cuore di coloro che vedono apparire quel magnifico baldacchino.
I rispettivi ombrelli, quindi, non servono più solo a proteggere individualmente i giovani dal vento e dalla pioggia o dai raggi cocenti del sole. Piuttosto, ogni individuo con il suo personale percorso di vita si eleva al di là delle differenze abbracciando un’unica determinazione condivisa, e ciò dà vita a quell’immenso baldacchino protettivo.
Mi sembra una bellissima metafora delle possibilità illimitate della solidarietà umana.
Oggi, i giovani che si impegnano concretamente per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico e dalla pandemia stanno generando una solidarietà sempre più vasta in ogni paese del mondo. Sono convinto che la passione e la determinazione dei giovani saranno la forza trainante per creare un secolo di pace e di speranza.