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“Donna, vita, libertà” - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:34

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“Donna, vita, libertà”

Sury, Foligno

Pur vivendo in Italia da molti anni Sury è sempre rimasta legata all’Iran, dove è nata. Nell’ultimo periodo, con l’aggravarsi delle condizioni sociali del suo paese di origine, ha determinato con ancora più forza di dare il suo contributo a partire dal luogo in cui si trova ora

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Pur vivendo in Italia da molti anni Sury è sempre rimasta legata all’Iran, dove è nata. Nell’ultimo periodo, con l’aggravarsi delle condizioni sociali del suo paese di origine, ha determinato con ancora più forza di dare il suo contributo a partire dal luogo in cui si trova ora

Vivo in Italia da quarantatré anni, sono partita dall’Iran nel 1978, periodo della rivoluzione iraniana con la caduta dello Scià e della nascita della repubblica islamica.
Io non mi riconoscevo in nessuna delle due forme di governo.
Avevo lasciato dietro di me una situazione angosciosa di mancanza di libertà, ma come sappiamo il nostro karma ci segue indipendentemente dall’ambiente e in Italia mi legai a un uomo che si dimostrò geloso e violento. Mi ritrovai così nella stessa situazione di non libertà. Riuscii a chiudere la relazione dopo sette anni e rimasi con mio figlio di sei anni, senza lavoro e senza nessun appoggio. Mi iscrissi alla facoltà di Scienze infermieristiche, mi laureai e iniziai a lavorare e nell’ambiente di lavoro incontrai il Buddismo.
Mi invitarono a uno zadankai e sentii che era quel qualcosa che andavo cercando da sempre, così cominciai subito con una pratica costante e in meno di un anno ho ricevuto il Gohonzon. Sentivo che la mia vita stava cambiando e vivevo una situazione di pace. Anche gli altri si accorgevano del mio cambiamento e mi proposero subito di diventare responsabile di gruppo. Il primo obiettivo raggiunto fu un lavoro di ruolo dopo cinque anni di precariato. Continuavo a lottare con i problemi della vita, ma il mio atteggiamento era cambiato. Una frase mi ha sempre accompagnato in questo percorso: «Quando c’è da soffrire, soffri; quando c’è da gioire, gioisci. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia, e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Come potrebbe non essere questa la gioia senza limiti della Legge?» (RSND, 1, 607).
Grazie al Buddismo avevo superato la diffidenza verso le persone perché avevo capito che erano il “mio ambiente”, il riflesso di me stessa, ed era su di me che potevo lavorare giorno per giorno. Mi impegnavo tantissimo per gli altri e dopo un po’ di anni diventai responsabile di settore; mi dedicai insieme ai miei compagni di fede a creare armonia e a far crescere i gruppi al punto che riuscimmo a dividere il settore. Sono sempre rimasta legata con il cuore al mio paese e alla parte della mia famiglia rimasta lì, seguivo gli avvenimenti politici, sapevo della repressione che subivano le persone, specialmente le donne, che reclamavano i propri diritti.
In questi anni ci sono state manifestazioni antigovernative con conseguente repressione e con arresti, violenze e vittime, ma da più di un mese a questa parte, dopo la morte di una ragazza di ventidue anni che era stata arrestata dalla “polizia morale”, le donne hanno dato vita a una nuova rivoluzione popolare con lo slogan “DONNA, VITA, LIBERTÀ’” con la partecipazione anche di numerosi uomini e sono stati indetti scioperi nelle fabbriche, nelle università e nelle scuole.
Questa rivolta non è rimasta circoscritta all’Iran perché il mondo si è accorto di tanta violenza e ingiustizia e ha dato il suo appoggio con manifestazioni in tanti paesi, con il sostegno di numerose personalità della politica e della cultura.
All’inizio ho vissuto questa situazione con una sofferenza profonda, riuscivo solo a piangere e a chiudermi in me stessa.
Malgrado le notizie delle repressioni fossero sempre più dure e io sentivo senso di impotenza e dolore, continuando la mia pratica davanti al Gohonzon, qualcosa è scattato in me e ho capito che anche se lontana dal mio paese potevo fare qualcosa. Ho pensato che si parte dal Daimoku, ma poi deve seguire l’azione. Così ho iniziato a partecipare alle manifestazioni e a rilasciare interviste, vivendo questa situazione non più passivamente ma in modo attivo.
Sono determinata a condividere la mia esperienza con i miei compagni di fede e con le persone intorno a me, per sottolineare l’importanza della pratica buddista per la pace e la felicità di tutte le persone, dando così il mio contributo affinché il mondo diventi sempre di più un luogo dove la libertà e la dignità della vita siano rispettati.

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