Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Per essere felici bisogna essere forti - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:41

772

Stampa

Per essere felici bisogna essere forti

Adriana Fermanelli, Roma

Superando i sentimenti di rabbia e fallimento grazie alla pratica buddista, Adriana ha riacceso il “motore” della sua vita trasformando in pochissimo tempo l’impossibile in possibile, a partire dal luogo di lavoro. Senza farsi sconfiggere dalle difficoltà familiari e dalla fibromialgia, ha preso in mano la sua vita creando tante amicizie di valore e uno stato di felicità che non dipende più dalle circostanze

Dimensione del testo AA

Superando i sentimenti di rabbia e fallimento grazie alla pratica buddista, Adriana ha riacceso il “motore” della sua vita trasformando in pochissimo tempo l’impossibile in possibile, a partire dal luogo di lavoro. Senza farsi sconfiggere dalle difficoltà familiari e dalla fibromialgia, ha preso in mano la sua vita creando tante amicizie di valore e uno stato di felicità che non dipende più dalle circostanze

Ho incontrato il Buddismo in un momento in cui ero veramente sprofondata in quello che, a posteriori, ho riconosciuto chiaramente come il “mondo d’inferno”.
Il mio bambino in affido, Emanuele, scaduti i termini di legge di due anni era andato via come previsto, ma la famiglia a cui venne successivamente affidato mi negò qualunque possibilità di mantenere una continuità affettiva, impedendomi di vederlo o di sentirlo anche solo ogni tanto. Invece di affrontare con me questo dolore, mio marito, dopo quasi quarant’anni insieme, se ne andò via, e così anche i nostri amici. Gli assistenti sociali scomparsi. La mia vita era rasa al suolo. Sentivo di aver fallito in tutto, come mamma, come moglie e come donna.
Ho vissuto per anni come congelata e quando ho trovato la pratica buddista mi ci sono buttata come la mia unica salvezza, con la sensazione di riaccendere il motore della mia vita.
Mi rincuorò tantissimo scoprire che dal punto di vista del Buddismo ognuno di noi va bene così com’è, mentre io mi ero sempre sentita inadeguata, invisibile al mondo e piena di sensi di colpa.
Nel 2016 ho ricevuto il Gohonzon, con la consapevolezza di prendere finalmente in mano la mia vita.
Dopo poco ho iniziato l’attività nello staff Corallo al Centro culturale. Lì ho costruito legami solidi e ho sentito il valore immenso della famiglia Soka.
Ho capito che era possibile liberarmi da quel senso di solitudine e di abbandono quasi uterino che mi accompagnava da sempre. Diventare parte di una rete di legami umani per me è stato dirompente.
All’inizio del mio percorso con il Buddismo non capivo e quasi mi ribellavo all’idea di provare gratitudine nei confronti dei miei genitori. Mi sembrava un paradosso, dopo aver trascorso l’infanzia affidata ai nonni e alla tata per sopperire alla loro assenza.
Per di più, i miei genitori, a mia insaputa, avevano cominciato a vivere molto al di sopra delle loro possibilità economiche, accumulando tantissimi debiti, finché erano stati costretti a mettermene a conoscenza. Nonostante la delusione e la rabbia, decisi di aiutarli e in tre anni riuscii a ripagare tutti i loro debiti.
Quando mio padre venne a mancare, però, mi ritrovai da sola con mia madre che continuava a condurre uno stile di vita sconsiderato in una casa enorme con tante spese, e così ripiombai io stessa in uno stato di difficoltà economiche per sostenerla.
In quel periodo, partecipando a una lezione del responsabile del Dipartimento di studio Masaaki Morinaka proprio sul tema “Fede per una famiglia armoniosa”, scoprii la figura del Bodhisattva Mai Sprezzante che non solo riconosceva in tutti la natura di Budda, ma si metteva al riparo per evitare le pietre che gli venivano lanciate.
Ho capito che dovevo smettere di assecondare le tendenze di mia madre e che dovevo iniziare a tutelare lei, ma anche me stessa, da una sicura rovina.
Come indole non sono mai stata una “guerriera”, ma grazie al Daimoku ho trovato il coraggio di affrontare di petto la situazione mettendo in vendita la casa di mia madre in nuda proprietà e, pur in periodo di post pandemia, la prima persona che l’ha vista l’ha comprata. Qualcosa che sembrava impossibile si è realizzato in tempi rapidissimi!
Questo risultato mi ha permesso di sostenere le spese dell’assistenza continua di mia madre che intanto stava perdendo rapidamente la sua autonomia.
Nel frattempo, poco prima dell’inizio del lockdown mi è stata proposta la responsabilità di gruppo.
Io e Anna Maria, l’altra responsabile del gruppo, abbiamo stabilito un legame fortissimo, ci siamo sostenute a vicenda, sempre più unite per incoraggiare le persone in un periodo così difficile di attività online.
Intanto un dolore al piede che durava da tempo stava aumentando, insieme ai disturbi del sonno e a una stanchezza cronica. Il beneficio è stato che grazie a una collega che aveva già fatto il mio percorso, siamo arrivati velocemente alla diagnosi: fibromialgia, una malattia invalidante ma “invisibile” e socialmente non riconosciuta, e quindi particolarmente difficile da diagnosticare e da curare.
All’inizio non accettavo il fatto di non essere più in grado di fare le cose che facevo prima. Per alleviare il dolore prendevo molti medicinali che davano pesanti effetti collaterali perché rallentavano il mio corpo, procurandomi tremori che mi impedivano quasi di scrivere.
In quel periodo, nonostante la stanchezza e le difficoltà, tutti i giorni alle sei di mattina recitavo un’ora di Daimoku prima di andare al lavoro, con l’obiettivo di vincere la malattia e risolvere quella situazione.
Grazie a questo sforzo costante sono riuscita ad alzare la soglia del dolore e a tirare fuori il coraggio di chiedere al medico di ridurre progressivamente la maggior parte dei farmaci. Adesso il mio protocollo di cura è fatto di pochi farmaci, tanti integratori e moltissima fisioterapia. Ho avuto la grande buona fortuna di trovare le persone giuste, con degli operatori con cui si è stabilito un legame umano fortissimo.
Quando i miei amici mi hanno rivisto dopo tanto tempo senza più tremori sono scoppiati in lacrime!
Ho accettato di non essere più la persona che ero prima, ma adesso posso prendermi cura consapevolmente di me stessa.
Inoltre, la pandemia mi ha permesso di lavorare da casa in smart working, evitando quegli spostamenti che erano diventati così pesanti per me. Ho recitato tanto Daimoku affidandomi totalmente al Gohonzon e ho fatto tutte le azioni possibili con il desiderio di proteggere la mia vita, perché ritornare in ufficio sarebbe stato deleterio per la mia salute: ad aprile, alla fine dell’emergenza sanitaria, ho ottenuto un accordo di telelavoro da casa – unico caso nel mio Ente – con lo stesso stipendio che avevo prima della pandemia!
Ciò che desidero adesso è di allenarmi con costanza alla felicità a prescindere dalle circostanze.
Ho sempre nel mio cuore un incoraggiamento del presidente Ikeda che vorrei condividere: «Per essere felici bisogna essere forti, la debolezza porta all’infelicità. Desidero che siate donne dal cuore indomito, dotate di una grande forza interiore» (Mappa della felicità, Esperia, 25 agosto).

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata