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Riguardo la malattia, la mia preghiera può influire sulla guarigione di un mio familiare o amico? - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Riguardo la malattia, la mia preghiera può influire sulla guarigione di un mio familiare o amico?

Domanda di Marco G.

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Risponde Mauro Ciullo, membro del comitato nazionale di studio

Trattando l’argomento della malattia, il maestro Ikeda scrive: «Perfino per gli adulti è difficile fare Gongyo e recitare Daimoku quando sono in ospedale o hanno una malattia grave. A volte l’unica possibilità è praticare in silenzio nel proprio cuore. Ma il ruggito del leone di Nam-myoho-renge-kyo recitato dai familiari e dai compagni di fede raggiungerà e permeerà sicuramente la vita di chi è malato» (Verso un secolo di salute, Esperia, pag. 12).
Egli aggiunge inoltre: «Quando qualcuno si ammala, tutta la sua famiglia lotta. […] Vi prego di mantenere la convinzione che il Gohonzon vede ogni vostro sforzo e che tutta la vostra famiglia è protetta dal potere della Legge mistica. I vostri cari saranno immancabilmente protetti dai Budda e dai bodhisattva delle dieci direzioni e delle tre esistenze» (Ibidem, pag. 30).
Dunque, alla luce delle parole del maestro Ikeda la risposta a questa domanda è assolutamente sì. Naturalmente, come per ogni preghiera rivolta al Gohonzon, questo non significa che realizzeremo ciò per cui stiamo pregando immediatamente, o senza alcuno sforzo. Ma anche se le nostre preghiere non hanno una risposta immediata, se continuiamo a recitare Daimoku, saremo in grado di creare le cause per trasformare anche la sofferenza che la malattia di una persona cara ci potrebbe provocare. Riusciremo allora a manifestare la nostra natura di Budda, creando valore per noi e per gli altri. Anche il “veleno” della circostanza più difficile, si trasformerà in “medicina”, ovvero in gioia e felicità.
Il presidente Ikeda scrive: «Dobbiamo pregare con una determinazione tale da stimolare ogni singola cellula del nostro corpo a rinnovarsi. Dobbiamo spronare all’azione tutti i sessanta trilioni di cellule che formano il nostro corpo. Da giovane mi venne detto che sarei vissuto solo fino ai trent’anni, ma io mi sono sforzato con tutto me stesso per kosen-rufu e, come risultato, ho allungato la mia vita. […] Da un certo punto di vista, si potrebbe dire che il Buddismo insegni qual è la forza vitale necessaria per allungare la vita e cosa sia la vera salute» (La saggezza del Sutra del Loto, Esperia, vol. 3, pag. 233).
Possiamo dire con sicurezza che queste parole del nostro maestro non sono valide solo quando stiamo pregando per la nostra salute, ma lo sono anche quando queste preghiere sono rivolte al benessere e alla salute di qualcun altro. La nostra convinzione nella fede e nell’assoluto potere del Gohonzon è dunque fondamentale.
Nel saggio già citato, egli infatti afferma: «“Quale malattia può quindi essere un ostacolo?” scrive il Daishonin. Dobbiamo essere profondamente convinti delle sue parole!» (Verso un secolo di salute, pag. 12). La nostra rivoluzione umana e la nostra preghiera piena di convinzione per la salute dei nostri familiari e dei compagni di fede possono rappresentare dunque un’inesauribile fonte di incoraggiamento e di speranza per queste persone, sostenendole nel loro percorso.
Questo era anche lo spirito del Daishonin. Quando Nanjo Tokimitsu si ammalò gravemente, Nichiren rimproverò severamente le funzioni demoniache che stavano colpendo il suo discepolo dicendo: «Voi, demoni, facendo soffrire quest’uomo, state cercando di ingoiare una spada dalla punta, o di abbracciare un gran fuoco, o di diventare acerrimi nemici dei Budda delle dieci direzioni e delle tre esistenze?» (RSND, 1, 984). Tokimitsu, incoraggiato dal fiero ruggito del leone del Daishonin, riuscì a sconfiggere del tutto il demone della malattia e visse una vita lunga.

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