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Vincere per kosen-rufu - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:22

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Vincere per kosen-rufu

Nicola Sorcinelli, Roma

Nicola Sorcinelli è un giovane regista, trentaquattro anni, già vincitore di un Nastro d’Argento. Ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Giovani autori”, ha all’attivo un centinaio di importanti riconoscimenti internazionali grazie ai suoi corti di successo. Nel 2016 ha vinto il premio come miglior regista rivelazione al Festival del Cinema Europeo, nel 2017 il Nastro D’argento con il cortometraggio Moby Dick. È inserito nella classifica dei 100 nuovi giovani orgogli italiani. Dal 22 febbraio si trova in Puglia per le riprese di Briganti, un crime-western in 6 episodi di Netflix che sarà disponibile sulla piattaforma streaming dal 2023

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Nicola Sorcinelli è un giovane regista, trentaquattro anni, già vincitore di un Nastro d’Argento. Ha partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Giovani autori”, ha all’attivo un centinaio di importanti riconoscimenti internazionali grazie ai suoi corti di successo. Nel 2016 ha vinto il premio come miglior regista rivelazione al Festival del Cinema Europeo, nel 2017 il Nastro D’argento con il cortometraggio Moby Dick. È inserito nella classifica dei 100 nuovi giovani orgogli italiani. Dal 22 febbraio si trova in Puglia per le riprese di Briganti, un crime-western in 6 episodi di Netflix che sarà disponibile sulla piattaforma streaming dal 2023

Sono da poco iniziate le riprese di Briganti, una serie di Netflix di cui ti è stata affidata la regia, insieme a due noti cineasti. Come è nata questa avventura?

All’inizio del 2021 mi trovavo in un momento di stasi, volevo realizzare una grande svolta nel mio lavoro. Ho sempre avuto le idee molto chiare: fin da piccolo volevo fare il regista e giravo per il mio paese d’origine, nelle Marche, con una videocamera avuta in prestito da un vicino.
Ho ricevuto il Gohonzon nel 2016 e da allora mi sono sempre sentito molto protetto. Nel mio percorso artistico ho avuto varie soddisfazioni, ma tendenzialmente sono piuttosto pigro. Faccio persino un incubo ricorrente a riguardo: sogno di dormire sapendo che al piano di sotto c’è il grande regista Spielberg, ma io non riesco ad alzarmi dal letto!
Anche nella pratica buddista mi limitavo a fare il minimo indispensabile, come un compitino. Ma a gennaio di quest’anno ho sentito di voler decollare in modo diverso e così mi sono impegnato nella pratica con questo “super obiettivo”.
Ho aumentato il Daimoku e ho iniziato a pregare con una grinta mai avuta prima. È stata una dura lotta con me stesso, per non distrarmi davanti al Gohonzon, una lotta con la mia tendenza a rimandare, a trovare scuse. Mi sono rimboccato le maniche, ho fatto l’abbonamento alle nostre riviste, ho iniziato a studiare come non mai e a sostenere il mio gruppo. La risposta è stata immediata. Anzitutto in famiglia, dove ho notato che il mio nuovo stato vitale in qualche modo portava sollievo a tutti.

Qual è stata la chiave del cambiamento, il momento di svolta?

A un certo punto, recitando tanto Daimoku, ho cambiato punto di vista sul mio obiettivo e ho sentito che il mio lavoro era un mezzo per realizzare kosen-rufu.
Sono una persona timida e ho sempre avuto difficoltà a condividere il Buddismo.
In quel momento, davanti al Gohonzon ho sentito che se fossi riuscito a fare una grande esperienza nel lavoro avrei potuto incoraggiare tantissime persone. Non era più per la mia soddisfazione personale, volevo trasmettere agli altri la forza del Buddismo.
Quando ho allargato il mio punto di vista e ho messo quest’obiettivo chiaro davanti al Gohonzon, si è sbloccato tutto!

E dopo cosa è successo?

Mi ha chiamato un produttore importante per chiedermi di candidarmi per la regia di Briganti: una serie ambientata nell’Ottocento, con grandi ricostruzioni e scene d’azione. Era il mio sogno di sempre: fare film storici!
Ho subito capito che era un’occasione stupenda dal punto di vista lavorativo, ma soprattutto dal punto di vista della fede. Una sfida con pochissime probabilità di vittoria per me, un esordiente che passa di colpo dal cortometraggio a una serie internazionale…
Per di più avrei dovuto incontrare i responsabili di Netflix in America, un ostacolo insormontabile per via della lingua. In un altro momento avrei mollato, ma avevo uno stato vitale così alto che mi sono lanciato nella sfida.
Il presidente Ikeda scrive: «La preghiera è la ferma convinzione: “Ce la farò sicuramente!”. È la certezza assoluta: “Non mi lascerò mai sconfiggere!”. È il coraggio supremo: “Lotterò e vincerò assolutamente!”, per abbattere il muro della sfiducia in noi stessi che ci fa credere che qualcosa sia impossibile» (NR, 687, 5).
Mi sono rimesso davanti al Gohonzon, volevo vincere. Ho combattuto con me stesso, con la mia sfiducia. Mi sono ritrovato a piangere davanti al Gohonzon.
Poi ho fatto un grande scatto: io con questa esperienza posso incoraggiare gli altri, posso fare shakubuku per diffondere il Buddismo.
Ho iniziato a studiare come un matto, avevo una settimana di tempo. Studiavo e aprivo il Gohonzon… Alla fine sono arrivato così carico che la responsabile di Netflix ha subito esclamato: “Wow, che energia!”.
Dopo il colloquio, per settimane non ho saputo più nulla. Naturalmente sono stato assalito dai dubbi, ma non ho mollato.
Una compagna di fede mi ha incoraggiato a pregare con gratitudine, come se avessi già vinto.
Inoltre, nonostante le difficoltà di quel periodo, mi sono sfidato facendo l’offerta per kosen-rufu. Non ci crederete, ma proprio il giorno dopo mi hanno chiamato per affidarmi la regia di Briganti!
È la serie più ambiziosa realizzata da Netflix in Italia e verrà trasmessa in tanti paesi del mondo.
È l’apoteosi di tutto ciò che ho sempre desiderato fare, per me è un beneficio enorme, incredibile!

Che meraviglia! Ci racconti come hai conosciuto il Buddismo?

Ho sempre lavorato con una costumista, Maria Letizia, che mi colpiva per la serenità del suo atteggiamento sul set, finché un giorno mi ha detto che praticava il Buddismo. In seguito ci siamo trovati a fare un viaggio in macchina e mi ha raccontato la sua esperienza. Così ho iniziato anch’io.
Il mio primo beneficio è stato riuscire a sganciarmi da una relazione veramente tossica, e poco dopo ho realizzato Moby Dick.

Moby Dick e Ape regina sono entrambi cortometraggi sul tema dei migranti…

Naturalmente c’erano già diversi corti su questo tema, ma io volevo parlarne in modo diverso.
Moby Dick racconta il viaggio in mare di due donne, una migrante e una scafista, le cui storie si intrecciano. Solo alla fine si scopre che sono sulla stessa barca.
Le riprese si sono svolte in tre notti di pioggia in mare aperto, grazie al prezioso supporto dei centri di accoglienza. Ape regina invece è la storia di un’apicultrice che trova un ragazzo nascosto nella sua stalla. Anche qui il protagonista veniva realmente da un centro di accoglienza.
Sul set c’era un clima di grande rispetto e collaborazione, entrambe sono state esperienze molto toccanti dal punto di vista umano.
Nel cinema incontri tante vite, ognuno cerca di dare il massimo per un obiettivo comune. Sul set di Briganti, ad esempio, ci sono centotrenta persone, basta una scintilla che gli animi si infiammano, ma il compito del regista è creare armonia, fare in modo che ognuno possa tirare fuori il meglio di sé. Io recito Nam-myoho-renge-kyo ogni giorno con questo obiettivo.

Quali sono le tue determinazioni per il futuro?

Un grande obiettivo, quando Briganti sarà terminata, è realizzare il primo lungometraggio tutto mio. Un altro obiettivo è la crescita dei giovani nel mio settore.
La responsabilità nella Soka Gakkai è arrivata insieme a Briganti. Nonostante i tanti impegni, sento che una responsabilità può rafforzare l’altra, aiutandomi ad approfondire la fiducia in me stesso.
Dopo questi due anni di pandemia voglio veder ripartire le nostre attività con entusiasmo, ancora più di prima!

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