Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
Lo spirito del 16 marzo vive nei nostri dialoghi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:28

750

Stampa

Lo spirito del 16 marzo vive nei nostri dialoghi

16 marzo. In questo giorno, nel 1958, il maestro Toda lasciò il testimone di kosen-rufu in eredità ai giovani, guidati da Daisaku Ikeda. Da allora questa data è il momento in cui i discepoli si alzano per rinnovare la promessa di realizzare kosen-rufu (vedi NR, 749, 15). Una promessa che vive negli sforzi di ognuno di noi per dialogare, apparentemente invisibili, ma che creano il tempo della pace e sono la strada per la felicità nostra e degli altri

Dimensione del testo AA

16 marzo. In questo giorno, nel 1958, il maestro Toda lasciò il testimone di kosen-rufu in eredità ai giovani, guidati da Daisaku Ikeda. Da allora questa data è il momento in cui i discepoli si alzano per rinnovare la promessa di realizzare kosen-rufu (vedi NR, 749, 15). Una promessa che vive negli sforzi di ognuno di noi per dialogare, spazi apparentemente invisibili, ma che creano il tempo della pace e sono la strada per la felicità nostra e degli altri

Il presidente Ikeda racconta: «Durante la cerimonia del 16 marzo ho ereditato dal presidente Toda la cosa più importante: il testimone di kosen-rufu, la nobile missione di realizzare la pace mondiale.
Nella staffetta, nel momento in cui un corridore passa il testimone al compagno successivo, entrambi devono correre alla massima velocità. Allo stesso modo, in quanto discepoli, non dovremmo semplicemente aspettare che il testimone ci venga consegnato. Dobbiamo essere decisi e correre alla massima velocità mentre riceviamo il testimone dal nostro maestro» (NR, 698, 2).

In occasione di questo 16 marzo pubblichiamo alcuni incoraggiamenti del maestro Ikeda sul tema dello shakubuku, la pratica di condividere il Buddismo con gli altri, con il desiderio di “correre alla massima velocità”, ricevere il testimone della pace mondiale e trasmetterlo ai nostri amici

Con lo stesso cuore del Budda

«Mi ricordo che una volta, mentre studiavamo il Gosho, una giovane donna mi pose questa domanda: «Non riesco a fare shakubuku, come posso fare?». Preoccuparsi per lo shakubuku: questo cuore, questo sentimento è esattamente quello del Budda. Lodandola con tutto me stesso, le risposi: «Lo spirito di shakubuku, in sostanza, è il desiderio, l’ichinen di volere il bene dell’altro. Salviamo una persona infelice! La vita di una singola persona ha un peso maggiore di tutta la Terra» (NR, 568, 17).

“Io ci riesco”

«Quando ero giovane anch’io soffrivo tanto perché non riuscivo a realizzare degli shakubuku. In quel periodo decisi in cuor mio: “Toda è il maestro dello shakubuku dell’Ultimo giorno della Legge. Io sono suo discepolo, perciò non è possibile che non riesca a farlo”. Quando si tratta di fare shakubuku è necessario decidere prima di tutto: “Io ci riesco”. Condividere l’insegnamento buddista con una persona significa condurla verso l’orbita dell’eterna felicità: questo è il comportamento più nobile che possa avere un essere umano» (NR, 568, 17).

Accendere la fiamma dell’incoraggiamento

«Negli insegnamenti del Buddismo troviamo queste parole: “Se si accende un fuoco per gli altri, si illuminerà anche la propria strada” (RSND, 2, 996). Le azioni intraprese per illuminare la dignità degli altri generano la luce che rivela i nostri aspetti più nobili. Per quanto sia difficile la nostra situazione o profonda la nostra angoscia, conserviamo sempre la capacità di accendere la fiamma dell’incoraggiamento: questa luce disperde non solo l’oscurità della sofferenza altrui, ma anche quella che avvolge il nostro cuore. Questo è un messaggio essenziale del Buddismo» (BS, 164, 17).

Come posso parlare del Buddismo come incoraggia Sensei?

«Un giovane si rivolse verso Shin’ichi: “Ovunque lei sia e a chiunque parli, l’argomento del Buddismo viene sempre fuori in maniera naturale. Invece, quando io cerco di parlare della Soka Gakkai, tendo a stare sulla difensiva e finisco per apparire innaturale. Come posso arrivare a parlare del Buddismo proprio come fa lei?”.
“Fondamentalmente – rispose Shin’ichi – la società, i fenomeni, gli avvenimenti… tutto è Buddismo. È per questo che se discuto di storia o politica o se parlo della vita in generale, non posso fare a meno di esprimere il punto di vista buddista, il modo di pensare buddista. Se tu fai della fede buddista la base della tua vita e te ne senti orgoglioso, allora i tuoi dialoghi inevitabilmente diventeranno delle conversazioni sul Buddismo.
Se non ne sei capace è perché nella tua mente, in qualche modo, hai costruito una specie di muro di cinta intorno al Buddismo; significa che il Buddismo non permea ogni aspetto della tua vita e ogni pensiero. Se ogni volta che parli del Buddismo ti metti sulla difensiva, apparirai teso e le persone non saranno ricettive alle tue parole.
Per noi il dialogo sul Buddismo deve essere espressione spontanea della nostra umanità”» (cfr. NRU, 6, 82).

• • •

In prima persona

Prendermi cura delle persone: la felicità più grande!

di Gabriele Mariani

Se penso alla mia esperienza nel condividere il Buddismo con gli altri, è stato come un giro sulle montagne russe!
Pratico da tredici anni e fin dall’adolescenza sapevo di avere difficoltà espressive legate alla mia insicurezza. Questo mi creava molta sofferenza e credevo di non essere in grado di riuscire a spiegare bene i benefici del Buddismo.
Per sopperire a questo disagio iniziai a studiare gli scritti di Nichiren Daishonin e di Daisaku Ikeda. Ci fu un sostanziale miglioramento perché nelle riviste dell’Istituto e nei libri riuscii a trovare semplici frasi che semplificavano anche concetti complessi!
Ma non ero ancora soddisfatto perché spesso i dialoghi che affrontavo con i miei conoscenti si focalizzavano sulla teoria e non sulla pratica di questo insegnamento. Il punto di svolta ci fu quando raccontai a una mia amica come stavo affrontando le mie sfide più grandi, cosa sentivo dentro e come stavo trasformando tutto grazie alla recitazione costante di Nam-myoho-renge-kyo. Non solo le mie difficoltà espressive erano magicamente sparite, ma l’avevo davvero incoraggiata! Avevo deciso di aprire la mia vita e raccontare la mia esperienza con il cuore.
In quel momento presi una forte decisione: avrei continuato a mettere al centro il Gohonzon nella mia vita e nelle mie relazioni, per realizzare esperienze di fede, come dice Sensei.
Grazie a questa decisione ho superato un passo alla volta le mie insicurezze e le mie esperienze cominciarono a essere il pane quotidiano per fare shakubuku. Anche mia moglie, dopo sette anni dal nostro primo incontro, decise di ricevere il Gohonzon dopo aver visto il coraggio con cui affrontavo le grandi e piccole sfide della vita. È stata la mia felicità più grande!
C’è una frase di Sensei che mi sprona a rilanciare e a impegnarmi sempre di più nei dialoghi sul Buddismo: «Il Buddismo di Nichiren è la “religione di kosen-rufu”. Senza la decisione di diffondere la Legge mistica e gli sforzi pratici per metterla in atto, gli insegnamenti del Daishonin rimangono parole vuote» (Il mondo del Gosho, pag. 77).
Sulla base di questo incoraggiamento, la decisione che ho messo alla base del 2022 è che questo sarà per me l’anno della rivoluzione interiore, delle relazioni e dello shakubuku.
Con la determinazione di mettere in pratica lo spirito del 16 marzo, desidero prendermi cura delle persone che entrano in contatto con me e parlare loro di questo magnifico insegnamento!

I nostri dialoghi cambiano la società e uniscono il mondo

di Sara Falconi

Sin da quando ho iniziato a praticare il Buddismo, ho sempre fatto molto shakubuku per via del mio carattere espansivo. Inoltre ho da subito desiderato sperimentare l’incoraggiamento del maestro Ikeda ad aprire la nostra vita, soprattutto nei momenti di sofferenza, dedicandoci alla felicità degli altri.
Dal 2020, con l’inizio della pandemia è diventato sempre più difficile incontrare le persone.
Tuttavia durante il lockdown le mie due coinquiline hanno iniziato a recitare Daimoku insieme a me. Questo mi ha dato la forza per affrontare con gioia anche un momento così difficile.Con il protrarsi delle restrizioni nel 2021 continuava però anche la difficoltà di avere occasioni per parlare con le persone del Buddismo e il mio stato vitale ne ha risentito.
Queste parole del presidente Ikeda mi hanno incoraggiata a non arrendermi: «I nostri dialoghi sono battaglie per far rivivere il potere degli esseri umani. I nostri dialoghi cambiano la società, uniscono il mondo e determinano il futuro. I nostri dialoghi infondono speranza. Hanno il potere di rivitalizzare le altre persone e risvegliarle al loro potenziale interiore, e contengono il coraggio, la convinzione e la causa per la vittoria. I nostri dialoghi per “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese” costruiranno un’epoca della gente comune attraverso il potere della fede nell’essere umano» (BS, 218, 41).
Il 2022 è l’Anno dei giovani e del progresso dinamico e ho quindi determinato davanti al Gohonzon di rilanciare la mia vita ripartendo proprio dai dialoghi e dallo shakubuku.
Una volta presa questa decisione, un mio caro amico al quale avevo parlato del Buddismo in passato mi ha telefonato per chiedermi di pregare per i suoi genitori ricoverati in ospedale per Covid. L’ho invitato a fare Daimoku insieme e a porci l’obiettivo di una loro pronta guarigione.
A fine febbraio i genitori hanno lasciato l’ospedale e ora stanno bene, e il mio amico ha espresso il desiderio di continuare a recitare Daimoku, ringraziandomi per il grande sostegno percepito anche a distanza. Sono davvero felice.
In occasione di questo 16 marzo il mio desiderio è di contribuire più che mai alla realizzazione dell’ideale di “adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese”.

«“Gioia” significa che se stessi e gli altri insieme provano gioia»

di Simone Chiomenti

Fin da quando ho iniziato a praticare, il Buddismo mi ha permesso di trasformare tante paure e insicurezze nel relazionarmi con gli altri, e di riflettere sul senso della mia vita. Ma lo shakubuku proprio non volevo farlo.
Col tempo iniziai ad acquisire una consapevolezza diversa del mio valore come individuo in relazione al prossimo. Ma ogni volta che mi convincevo a sfidarmi nel condividere il Buddismo con gli altri, sorgevano in me le resistenze più disparate: “Non voglio sentirmi un venditore porta a porta”; “Lui è troppo diverso, non gli interessa davvero”; “Non ho lo stato vitale giusto per parlarne adesso”, ecc. Anche l’essere consapevole che si trattasse di illusioni non mi aiutava molto.
Per fortuna la vita è lunga e furono diverse le occasioni in cui, invece di concentrarmi su questa azione che non riuscivo a fare, decisi di partire dalla preghiera davanti al Gohonzon per orientare il mio cuore verso la felicità di qualcuno. Così, in modo naturale, alcuni miei amici, familiari e conoscenti iniziarono a praticare il Buddismo, a fare piccole esperienze e a frequentare le riunioni. Ma, a un certo punto, per i motivi più disparati, tutti smettevano di praticare. Ogni volta cresceva in me la profonda sofferenza di sentirmi inadeguato e di non aver fatto abbastanza per sostenerli.
Per risolvere questo punto mi confrontai con i compagni di fede con più esperienza. Iniziai a riconoscere la mia arroganza nel voler decidere per la vita degli altri, e decisi di trasformare il mio senso di colpa a suon di Daimoku.
Dopo diversi mesi, organizzando un cena con amici, chiamai un ragazzo, Giulio, e scoprii che stava molto male per problemi di salute. Sentii profondamente che non se lo meritava e che dovevo fare un’azione concreta per sostenerlo. Il giorno dopo viaggiai diverse ore per andare a trovarlo fuori città. Gli parlai del Buddismo, lo feci ridere, gli diedi una copia de Il Nuovo Rinascimento e recitammo Daimoku insieme dieci minuti.
Già pochi minuti dopo iniziai ad andare nel panico perché sapevo che per via dei miei impegni nei mesi seguenti non sarei più riuscito a viaggiare per sostenerlo di persona.
Anche al telefono ci sentivamo di rado, eppure ogni volta diceva che aveva recitato Daimoku o che si era letto degli incoraggiamenti, e che la sua condizione di salute stava migliorando. Decisi di pregare per manifestare fiducia, in lui ma soprattutto in me stesso.
All’inizio del 2020 Giulio si trasferì a Roma, iniziammo a vederci di persona e ogni volta passava da me a praticare.
Lo portai a qualche riunione nella sua zona. Fu una lotta contro la mia oscurità: ogni volta che ci vedevamo pensavo sempre di non averlo incoraggiato nel modo giusto, e invece poi lui manifestava una curiosità e un entusiasmo che mi scaldavano il cuore. Pensavo di doverlo incoraggiare nella fede, ma in realtà era lui che stava incoraggiando me.
Con la pandemia iniziammo a frequentare insieme le riunioni online, a studiare e a imparare Gongyo insieme ad altri giovani. In quel periodo, verso la fine del primo lockdown, iniziai a recitare due ore di Daimoku al giorno per manifestare gioia a prescindere dalle avversità che stavo vivendo. In quei giorni sviluppai la certezza che avrei vinto su qualsiasi difficoltà.
Di lì a poco ricevetti un’importante promozione a lavoro, ma soprattutto Giulio decise di ricevere il Gohonzon in una delle prime cerimonie dopo la riapertura dei Centri culturali.
È stata la prima volta che una persone a cui ho parlato del Buddismo ha ricevuto il Gohonzon e queste parole del maestro esprimono perfettamente quello che ho provato: «Ne La raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daishonin esamina l’espressione “rispondere con gioia” che appare nel diciottesimo capitolo del Sutra del Loto, I benefici di chi risponde con gioia: “Gioia significa che se stessi e gli altri insieme provano gioia”. Questa gioia condivisa con gli altri, afferma, è la vera gioia e la vera felicità» (BS, 118, 50).

• • •

La più nobile forma di pratica buddista

Nel suo discorso d’investitura del 3 maggio 1951, Josei Toda disse: «Se la nostra mente è la stessa del Budda e noi desideriamo dedicarci sinceramente alla causa di kosen-rufu, spinti da un amore sincero per gli esseri umani, dobbiamo necessariamente sviluppare l’azione di shakubuku, la via migliore per realizzare la felicità individuale e contemporaneamente dare un contributo alla prosperità della nazione. Ritengo che lo shakubuku sia la più nobile forma di pratica buddista.
Dato che lo shakubuku è dedicato alla felicità di tutti gli esseri umani e rappresenta il concetto buddista della salvezza, manifesta la condizione vitale del Budda.
Coloro che si dedicano a questa attività non dovrebbero mai dimenticare che la loro azione è un atto di compassione.
Shakubuku non equivale a sostenere un dibattito religioso, né mira ad accrescere il numero dei seguaci in modo strumentale.
È invece il modo più diretto per mettere in pratica la compassione del Budda originale, Nichiren Daishonin, e ci consente di agire esattamente come fece lui, come persone che dal Budda hanno ricevuto un compito. Non bisogna mai dimenticare questo atteggiamento essenziale» (D. Ikeda, Il mondo del Gosho, Esperia pag. 41).

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata