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Due domande sulla pace e sulla guerra - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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Due domande sulla pace e sulla guerra

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In questo momento è difficile credere che si possa realizzare un mondo pacifico. Cosa posso fare io per contribuire alla costruzione della pace? (Simone C.)

Risponde Andrea Ciccorelli, responsabile nazionale giovani uomini

Da quando è iniziata questa assurda escalation, in tanti ci poniamo questa domanda: “Cosa posso fare io per contribuire alla costruzione della pace?”.
Quando una domanda di questo tipo mi assilla, io ho la tendenza immediata a ricercare ovunque risposte su cosa poter fare.
La verità purtroppo è che non c’è “motore di ricerca” che tenga, in una situazione simile.
Le informazioni sono tante, le opinioni altrettante, e noi siamo chiamati sempre ad avere un pensiero chiaro. Ma oltre alle opinioni, cosa rimane? Rimane un senso di impotenza, di vuoto.
Se decidiamo di convivere con tutte le guerre che sono in questo momento nel mondo ci inaridiamo interiormente. Se decidiamo di intervenire non sappiamo da dove cominciare. Sensei scrive: «La pace è una sfida tra la speranza e la disperazione, tra la perseveranza e la rassegnazione. Più l’impotenza attecchisce nella coscienza delle persone, maggiore è la tendenza a ricorrere alla forza. L’impotenza genera la violenza» (La speranza è una scelta, Esperia, pag. 94).
Nichiren Daishonin ci spiega che: «questo mondo è il dominio del re demone del sesto cielo» (RSND, 1, 440). Per vincere questo senso di impotenza, per vincere la rassegnazione, io inizio dalla preghiera. Recito Nam-myoho-renge-kyo con tutto me stesso, perché la lotta tra il Budda e le forze demoniache avviene nel mio cuore, come nel cuore e nella mente di ogni individuo; e proprio in virtù di questo, nell’assurdità di questa situazione, penso alla persona che ho davanti a me.
Come posso trasmetterle coraggio e darle gli strumenti per vincere questa lotta che sta combattendo sicuramente dentro di sé? Io ho sperimentato che l’unico modo per vincere questa lotta è recitare Daimoku ed espandere kosen-rufu. Avrò il coraggio per passare questo strumento alla persona che ho davanti a me? Devo rispondermi di sì. C’è uno slogan che abbiamo adottato da qualche anno che recita: “Pensare globalmente, cambiare interiormente, agire localmente”.
L’azione locale spesso è invisibile. A volte sottovalutata. Ma racchiude un potere di costruzione enorme, imponente, per il quale spesso non si riconoscono particolari meriti, non si ricevono parole di lode. Ma sono sicuro che ognuno di noi sforzandosi di agire in questo senso, non può non avere sperimentato la pienezza, la resilienza e la gioia che accompagnano ogni azione animata da questo lavoro interiore.
“Cosa posso fare io”, quindi? Mentre prego per la pace nel mondo, prego per vincere nel mio cuore, non mi tiro indietro dalla criticità della realtà attuale, ricerco risposte nell’insegnamento buddista, nella vita e negli scritti di Sensei e agisco, agisco in prima persona dove capisco che posso dare una mano. E agisco in prima persona per diffondere il Daimoku, lo strumento per vincere questa lotta interiore e far sì che nessuno si senta impotente di fronte all’avanzata delle “forze demoniache”, per diffondere il rispetto per la sacralità della vita, elevare lo stato vitale di tutta l’umanità e costruire un’alleanza volta al bene dialogando con più persone possibile.

Nel Gosho leggiamo che “nessuna preghiera del devoto del Sutra del Loto rimarrà senza risposta”. In questo momento storico come si può percepire il potere del Daimoku visto che la guerra in Ucraina sembra qualcosa di più grande di noi? In che modo posso pregare e che direzione posso dare al mio Daimoku? (Livia M.)

Risponde Jasmina Cipriani, responsabile nazionale giovani donne

Questo tipo di preghiera è veramente nobile. In tale situazione drammatica, recitare Daimoku con l’obiettivo che la guerra cessi immediatamente rappresenta la più elevata manifestazione della nostra umanità.
Inoltre la convinzione con cui recitiamo Nam-myoho-renge-kyo per avere risposta alle nostre preghiere è ciò che ci rende delle persone forti.
Nel terzo volume della Saggezza del Sutra del Loto, il presidente Ikeda fa un’analisi accurata del perché le nostre preghiere ottengono risposta, affermando che la Legge mistica è ciò che permette ai meccanismi del microcosmo dell’io di integrarsi perfettamente in quelli del macrocosmo.
Aggiunge inoltre che, se ogni nostra preghiera si avverasse istantaneamente, la fede non sarebbe diversa dalla magia: «La nostra vita è come un fiore che si schiude quando agiamo per kosen-rufu. Limitarsi a pregare è come cercare di coltivare un fiore nell’acqua senza la luce del sole: non ci sarà nessuna vera fioritura dell’io. Quando ci sforziamo per kosen-rufu godiamo della protezione dell’universo» (pagg. 306-320).
La sfida di affrontare la realtà, per quanto dura essa sia, è ciò che ci permette di creare valore. Anche la grande sfida della pace mondiale inizia dalla rivoluzione umana di ogni singola persona.
Il fatto che la Soka Gakkai si sia sviluppata come un movimento religioso mondiale è l’effetto della preghiera e dell’impegno del maestro Ikeda in tutti questi anni. Questa è la prova concreta che non esiste preghiera senza risposta.
Nel volume trenta del romanzo La nuova rivoluzione umana si legge: «Non potrete cambiare niente se rinunciate all’azione perché ritenete che qualcosa sia impossibile. Decidete di trovare un modo per realizzare ciò che avete in mente, poi riflettete e ragionate per trovare la strada, sfidando voi stessi e perseverando attraverso i fallimenti e gli errori. Continuando a sfidarvi con passione, trasformerete la vostra epoca. Questa è la missione dei giovani» (pag. 591).
Per quanto difficile sia la situazione, è la nostra occasione come giovani di impegnarci per far sì che la parola “guerra” venga bandita per sempre. Perseveriamo nella sfida di portare la luce della speranza nel mondo con forza ed entusiasmo!
Nel volume 11 de La nuova rivoluzione umana, il presidente Ikeda racconta gli anni della guerra in Vietnam, di come incoraggiava i giovani dell’epoca e riporta esperienze significative dei membri che hanno vissuto quel periodo. Un giovane arruolato come cannoniere, era preoccupatissimo di essere ucciso o dover uccidere qualcuno. Sensei lo incoraggiò a fare un’esperienza basata sulla preghiera e a recitare Daimoku in qualunque circostanza. Alla guida della corazzata egli ricevette l’ordine di sparare ma si verificò un mal funzionamento del cannone e fortunatamente non uccise nessuno (cfr. pag. 242).
Questa esperienza ci insegna che anche in situazioni tragiche continuare a basarci sulla preghiera per trasformare l’impossibile in possibile è la nostra arma strategica che supera qualsiasi cosa.

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«Nichiren Daishonin afferma: “Non c’è dubbio che tutti, dal re all’uomo del popolo, si rallegrino della stabilità del paese e della pace nel mondo e le desiderino ardentemente” (RSND, 1, 24).
Uniamoci nella preghiera, con i cuori come se fossero uno solo, e preghiamo per la felicità delle persone di tutto il mondo. Ora è il momento di creare una rete solidale di pace!»
Daisaku Ikeda, Ai miei amici, 26 febbraio 2022

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