Durante la riunione Alice, appena nominata responsabile nazionale delle studentesse, ha raccontato le sua esperienza
Ho iniziato a praticare il Buddismo nel 2014 grazie a mia madre. In quel periodo stavo affrontando la prima sessione degli esami della triennale in Biotecnologie. Mia madre mi parlò della pratica buddista per aiutarmi a superare i momenti di forte stress e l’ansia che provavo in particolare di fronte al primo esame all’università, che riflettevano una tendenza presente in altri aspetti della mia vita. Nonostante sapessi di essere capace, la mia oscurità prendeva il sopravvento fino a indebolire ogni mia energia e capacità di concentrazione.
L’aver visto mia madre notevolmente più serena da quando frequentava gli zadankai mi diede la fiducia necessaria per provare a praticare.
In seguito partecipai alle riunioni e man mano che leggevo le guide del presidente Ikeda, mi accorsi che la mia ansia era legata al fatto di concentrarmi fortemente su me stessa, creando una sorta di scudo che non mi permetteva di percepire la vita delle persone intorno a me. Per questo, quando lessi una guida del presidente Ikeda sull’importanza di imparare ad aprirci e sostenere la vita di un’altra persona quando siamo tristi, trovai la chiave per trasformare quella tendenza e per espandere la mia vita.
Mi resi conto di essere così concentrata su me stessa che trattavo con scarsa considerazione mia sorella più piccola. Da quel momento imparai a comprenderla di più e a mostrarle tutto il mio affetto.
Anche con mio padre feci una profonda esperienza: qualche anno prima era stato licenziato da un’azienda per cui lavorava da vent’anni ed era sprofondato in uno stato di chiusura e depressione. Una sera, dopo un’accesa discussione tra noi mi misi a recitare Daimoku con tutta la rabbia che provavo, e mano a mano sentii sciogliersi sempre di più il velo del rancore e farsi sempre più forte e chiara la compassione e l’amore che provavo verso mio padre al di là del suo comportamento.
Fu una prova concreta che mi incoraggiò ancora di più a sperimentare il potere della pratica buddista e aprire il mio cuore.
Parlai a tutte le mie amiche del Buddismo e le invitai a zadankai. Una di loro, che soffriva molto per la relazione con suo padre, decise di iniziare a praticare e poco tempo dopo ricevette il Gohonzon.
Dal punto di vista dello studio continuavo a portare avanti i miei esami senza particolari intoppi. Ciò che invece smosse profondamente la mia coscienza di studentessa fu la mostra Senzatomica, nel 2015, a Roma. Mi permise di chiedermi come avrei contribuito alla società e grazie all’attività di guida alla mostra sperimentai la grande gioia di parlare con le persone e credere nel potere che ognuno ha di agire e influenzare la società.
Non mi aspettavo che quell’esperienza avrebbe influito così tanto sulle mie decisioni future.
Alla fine della triennale, sentivo di non aver per niente chiaro quale fosse il percorso magistrale che avrei voluto intraprendere.
Avevo difficoltà ad ascoltare i sogni che serbavo nel mio cuore, perché probabilmente mi sembravano troppo grandi. Mi sono sfidata per non chiudermi e credere nella libertà delle mie scelte.
Mi sentivo sostenuta moltissimo dagli incoraggiamenti del presidente Ikeda che leggevo nei libri di dialoghi con i giovani. La sua visione piena di fiducia nella mia crescita mi ha permesso di osare e credere in me stessa.
Facendo Daimoku ho sentito che la lotta che stavo vivendo era simile a quella di tanti altri giovani che si sentivano spaesati di fronte al futuro e che avrei potuto incoraggiare molti di loro se avessi trasformato fino in fondo le mie paure. Non a caso, molti miei amici dell’università si sono trovati a fare i conti con quello che avrebbero desiderato veramente realizzare nella loro vita e ho potuto essere al loro fianco, supportandoci a vicenda.
In particolare ho stretto una forte amicizia con una mia compagna di università, anche lei incerta su cosa avrebbe voluto fare dopo la magistrale. Avendo fatto il tirocinio insieme, potei parlarle del Buddismo e nonostante lei fosse cristiana, sentiva il pieno valore della Soka Gakkai e chiese di portare il suo ragazzo a una riunione dei giovani. Col tempo ci siamo continuate a sostenere e poco prima della pandemia lei ha iniziato a praticare e sta continuando.
Ascoltando il mio cuore, ho deciso di iscrivermi a Scienze dell’educazione, ispirata dalla visione di Sensei sul ruolo dell’educazione per trasformare la società e desiderosa di aiutare le persone a far sbocciare il loro potenziale per realizzare legami di solidarietà e contribuire alle proprie comunità.
Quest’ultimo anno è stato particolarmente sfidante.
All’inizio di gennaio 2021 sono stata nominata vice responsabile nazionale degli studenti, e a febbraio sono partita per fare un tirocinio Erasmus a Sofia. In quel periodo un’altra mia amica ha ricevuto il Gohonzon.
L’esperienza in Bulgaria mi ha messo in contatto con tanti lati di me che non si manifestavano da molto tempo, come il senso di inadeguatezza e la tendenza a paragonarmi agli altri, non riconoscendo né in me né in loro una preziosa unicità.
La pandemia ha reso ancora più difficile l’adattamento.
Sensei afferma: «A prescindere dalla nazionalità, dall’ideologia, dai titoli accademici o dalla posizione, siamo esseri umani, e perciò condividiamo un terreno comune. Se volete costruire delle amicizie e creare delle relazioni calorose con gli altri, è vitale partire da questa prospettiva» (NRU, 13, 25).
Giorno per giorno ho imparato ad accettare la mia fragilità e a farmi sostenere, a chiedere aiuto e a fidarmi degli altri. In questo modo ho potuto vivere delle relazioni di amicizia forti e sincere.
Durante quel periodo, inaspettatamente, mi è stato proposto di lavorare nell’ufficio di Senzatomica, a Firenze, a partire da settembre.
Nel frattempo, tornata dall’Erasmus completamente rivitalizzata, a giugno ho sostenuto con slancio mio padre che stava affrontando un momento delicato per la sua salute. Dopo anni di tentativi, preoccupato per l’esito di un esame istologico, ha deciso di fare Daimoku e il risultato dell’esame è stato negativo. Ora che mi sono trasferita a Firenze lui ha deciso di sostenermi recitando Daimoku ogni giorno.
Grazie alle esperienze di quest’anno ho compreso che il tesoro più grande è l’amicizia, è avere persone al nostro fianco. Nessuno può essere felice da solo, abbiamo veramente bisogno gli uni degli altri nei momenti di difficoltà, al di là di qualsiasi altra differenza che possiamo percepire.
La mia promessa a Sensei e la mia determinazione con l’inizio di questa nuova responsabilità nel Gruppo studenti è di sostenere la rivoluzione umana degli studenti e fare in modo che ognuno faccia sbocciare il proprio unico potenziale grazie al legame di non dualità di maestro e discepolo, realizzando una rete di studenti dediti alla costruzione della pace.
Determino inoltre di rendere sempre più solida la convinzione di riconoscere la dignità di ogni persona, compresa me stessa.
Sono felice di aver approfondito questo aspetto anche nella mia tesi di laurea, che è stata un’ulteriore esperienza di perseveranza e di fede, che andrò a discutere il 13 dicembre, il giorno dopo il corso nazionale studenti.
A proposito di questo magnifico corso: la mattina del 12 dicembre circa 350 studenti si collegheranno per approfondire il Buddismo e lo spirito della missione degli studenti, per poi riunirsi nelle rispettive regioni per realizzare degli incontri pomeridiani a cui invitare persone nuove e shakubuku.
Abbiamo il forte desiderio che il corso rappresenti un momento di grande slancio per tutti gli studenti, che faccia percepire a tutti l’onore di essere in prima linea nel proteggere la Soka Gakkai e le persone comuni.
Nessuno di noi potrebbe essere più felice nell’intraprendere questo viaggio di non dualità di maestro e discepolo. Siamo gli apripista di un secolo di umanità!