Recitando Daimoku e mettendo in pratica gli incoraggiamenti del presidente Ikeda, Roberto trasforma il suo lavoro in carcere e migliora se stesso sfidandosi nello studio e nel dialogo, riuscendo anche a sciogliere la sofferenza e la rabbia verso i suoi genitori
Quando avevo sedici anni i carabinieri fecero una perquisizione in casa nostra per un’ipotetica appartenenza di mio fratello alle Brigate Rosse. Mio padre, che lavorava nella polizia penitenziaria, per la vergogna ebbe un crollo psicologico e poco dopo andò anticipatamente in pensione. Dopo questo episodio mi obbligò ad arruolarmi volontario nell’esercito e poi, essendomi rifiutato di continuare, a diciannove anni mi spinse ad arruolarmi nella polizia penitenziaria: «Almeno avrai un lavoro».
In quel periodo nel carcere si viveva molta violenza, con il rischio continuo di perdere la vita. Provavo molta rabbia nei confronti dei miei genitori che mi avevano spinto in quell’inferno, oltre ad avermi impedito di continuare a studiare.
Nel 1983 lavoravo nel carcere di Sollicciano, a Firenze, dove dividevo la stanza con un collega che praticava il Buddismo. Ero affamato di speranza e serenità. Cominciai a recitare Nam-myoho-renge-kyo e a frequentare gli zadankai, e sentii nascere la determinazione di uscire da quel tunnel buio. Tenevo a mente una frase di Nichiren Daishonin: «Quelli che credono nel Sutra del Loto sono come l’inverno, che si trasforma sempre in primavera» (RSND, 1, 477). Recitando Daimoku e con l’aiuto dei compagni di fede, giorno dopo giorno cominciai a percepire una grande gioia nel cuore. In seguito venni trasferito nel carcere di Paliano, mio paese natale, e nel 1987 ricevetti il Gohonzon. Determinai di sfidarmi nello studio e di migliorare nel lavoro, e mi impegnai nel dialogo per trasformare delle situazioni di ingiustizia verso alcuni colleghi.
Pur consapevole delle mie lacune scolastiche, partecipai a un concorso interno convinto che nulla è impossibile, che Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito del leone.
Vinsi il concorso, avanzai di ruolo e fui trasferito a Velletri.
La mattina mi alzavo alle 04.00, recitavo Daimoku e Gongyo e leggevo un Gosho ad alta voce perché mi rimanesse inciso nel cuore. In quegli anni iniziai anche l’attività nello staff abbonamenti. Mi ci buttai con tutto il cuore per dare il mio contributo affinché ogni membro potesse ricevere le riviste.
Determinai di aumentare il Daimoku con l’obiettivo di approfondire sempre di più la mia fede e di studiare La nuova rivoluzione umana e le guide di Sensei. Ho avuto la grande fortuna di incontrare il presidente Ikeda durante le sue visite a Firenze e a Milano. Incontrarlo mi ha dato una grande forza e ho approfondito ancora di più il legame con lui condividendo lo scopo di kosen-rufu.
La mia vita stava cambiando e anche il mio punto di vista sulle cose, ma rimaneva da trasformare il rancore che provavo verso i miei genitori.
Nel 1996 tornai a Paliano per studiare ragioneria e diplomarmi, in modo da poter partecipare a un concorso, e anche per stare vicino a mio padre che era nella fase terminale della sua vita.
Lui era sempre stato contrario alla mia fede, ma ora era orgoglioso di me, dei miei risultati lavorativi, e si sentiva finalmente ripagato di tutte le sofferenze passate.
Nel frattempo nel carcere di Velletri molti colleghi cominciarono a praticare e attraverso il dialogo con i dirigenti riuscimmo a risolvere diverse situazioni e a portare a termine dei progetti per il benessere all’interno del carcere che sembravano impossibili. Abbiamo vinto tutti insieme grazie a una forte unità.
In seguito fui trasferito a Rebibbia. Per tre anni fui cancelliere di udienza e appresi l’arte di ascoltare e di esprimermi. Ero pronto ad affrontare nuove sfide, come il concorso per raggiungere il massimo ruolo nel mio campo.
Mi sostenevano un forte Daimoku e gli incoraggiamenti del maestro che ci ricorda continuamente che non esistono obiettivi impossibili. E così ho vinto!
Sono stato nominato responsabile generale di ruolo di tutto il carcere, con i suoi 1800 detenuti.
Decisi davanti al Gohonzon di considerare tutte le situazioni, anche quelle avverse, come occasioni per trasformare la mia vita, e rinnovai il mio voto per kosen-rufu con l’obiettivo di far emergere nuovi Bodhisattva della Terra.
Ho costruito amicizie e legami di sostegno con operatori, colleghi e detenuti, e sono riuscito ad aprire un dialogo anche con altre religioni.
Ad esempio, c’erano molti detenuti di fede musulmana che non riuscivano ad avere un colloquio con i loro familiari nel paese d’origine per via dell’immobilismo delle loro ambasciate.
Fui invitato al Ramadan all’interno del carcere e parlai a lungo con l’Imam di Roma per ottenere dei mediatori culturali.
Il risultato fu che i detenuti riuscirono a parlare coi familiari e la loro gratitudine fu commovente; dopo questa vittoria, la violenza sparì quasi completamente nel carcere.
Il presidente Ikeda scrive: «Attraverso lo specchio del dialogo possiamo conoscere sia gli altri che noi stessi. Il dialogo ci permette di rompere il guscio del piccolo io ed espandere la nostra condizione vitale. Nel dialogo è essenziale ascoltare attentamente. Ascoltare significa imparare. Più ascoltiamo, più i nostri orizzonti si ampliano. Quando interagiamo con gli altri con rispetto e sincerità, nascerà un dialogo naturalmente gioioso e vivace. Il dialogo ci permette di creare legami profondi, cuore a cuore» (NR, 722, 21).
A conclusione di questa grande trasformazione ce n’è stata una ancora più profonda: il rancore nei confronti dei miei genitori si è trasformato in gratitudine. Oggi loro sono presenti nelle mie preghiere e li ringrazio con tutto il cuore.
Quando sono andato in pensione ho determinato di dedicarmi ancora di più allo shakubuku e a sostenere ogni singola persona.
Inoltre, recentemente ho approfondito l’importanza dell’offerta in denaro per sostenere il grande voto di kosen-rufu e la mia stessa vita, e questo mi ha fatto sentire una felicità molto profonda.
Da un paio d’anni ho accettato la responsabilità di gruppo, una grande sfida per aprire sempre di più la mia vita mettendo in pratica gli insegnamenti del nostro maestro. Sono certo che seguendo la sua guida insieme sicuramente realizzeremo kosen rufu!