Maria Celeste ha deciso da bambina di diventare una ginecologa per aiutare tutte le donne ad avere cura della propria salute. Durante la pandemia, recitando Daimoku trova il coraggio di realizzare un suo progetto per la cura dell’endometriosi che si rivelerà vincente
Cosa significa per te essere una donna buddista che si prende cura delle donne come ginecologa?
Prendermi cura della salute delle donne è stato da sempre il mio obiettivo: avevo otto anni quando mia nonna materna morì per un carcinoma vulvare.
Ero soltanto una bambina ma mi colpì una frase che avevo sentito: se avesse fatto, per tempo, una visita ginecologica, la tragedia poteva essere evitata. Quel giorno ho scelto, anche se in maniera non ancora consapevole, di aiutare le donne. Doveva esserci un modo per garantire a tutte l’accesso alla diagnosi precoce.
Così mi sono impegnata nello studio e sono riuscita a specializzarmi in ginecologia.
A quarantacinque anni incontro il Buddismo e sento che grazie alla pratica riuscirò a potenziare il mio sogno di diritto alla salute e alla libertà per tutte le donne. La pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin nel mio lavoro quotidiano ha migliorato tantissimo la mia capacità di ascolto e di dialogo con le donne.
Dopo venti anni di lavoro nel reparto di ginecologia ti sei trovata a un bivio e hai dovuto lasciare l’ospedale per motivi personali. Ciò ha significato la fine di alcune certezze a cui eri abituata. Come sei riuscita a risollevare la tua condizione?
Nonostante non fossi più giovanissima, capii che dovevo reinventarmi professionalmente e che potevo contare solo sulle mie forze. Avevo molta sofferenza e temevo di non farcela: ho dovuto cambiare tutti i punti di riferimento del mio lavoro a quasi cinquant’anni. Grazie alla mia preghiera sincera, agli incoraggiamenti del nostro maestro e di tutti i miei compagni, ho rafforzato la mia fede giorno dopo giorno con l’obiettivo di creare valore attraverso il mio lavoro, mettendo la mia conoscenza al servizio del benessere di tutte le donne. Ho sempre fatto volontariato per far conoscere una malattia molto frequente, l’endometriosi, per la quale grazie allo studio, alla passione e alla pratica, ho individuato una cura efficace, in grado di evitare interventi chirurgici devastanti a molte donne. “Vinci su te stessa e sii felice” recitava lo slogan del meeting donne di tre anni fa. Grazie a questo incoraggiamento e ai consigli di una cara compagna di fede, ho vinto sulla mia tendenza a non dare valore a un progetto che coltivavo da più di vent’anni, ma che non riuscivo a rendere pubblico a causa della mia insicurezza.
La mia nuova determinazione mi ha portato a scrivere un articolo, immediatamente pubblicato su una importante rivista scientifica e sul web, che è stato visualizzato da più di 15.000 donne da tutta Italia.
Un riscontro considerevole! Come hai risposto a una tale richiesta di aiuto?
In pieno lockdown, spaventata da quello che stava accadendo nel mondo, ho deciso di creare a Firenze un’associazione per la cura multidisciplinare dell’endometriosi, a titolo gratuito.
È un progetto molto ambizioso, che coinvolge altre figure professionali: una nutrizionista, una psicologa, un’agopuntrice e un’osteopata. Il primo in Europa in cui un team multi-disciplinare si prende cura della donna affetta da questa malattia. Ho sviluppato il progetto con lo spirito che mi ha trasmesso Sensei: «Quando la determinazione cambia, tutto inizia a muoversi nella direzione che desiderate. Nell’istante in cui decidete di vincere, ogni nervo e fibra del vostro essere si orienteranno verso quella realizzazione. D’altra parte se pensate che non funzionerà mai, proprio in quel momento ogni cellula del vostro essere si indebolirà, smettendo di lottare e tutto volgerà verso il fallimento» (Giorno per giorno, Esperia, 20 settembre).
In che modo la pratica buddista si è rivelata importante per sviluppare il tuo sogno?
Parallelamente al progetto Endo-care ho portato avanti un progetto buddista per la trasmissione della pratica corretta proponendo alle donne dell’hombu, di cui sono responsabile, la raccolta delle proprie esperienze da regalare a Sensei in occasione del 18 novembre 2020.
“Raccontala a Sensei” ha raccolto sessantuno esperienze di fede.
La recitazione di Daimoku in contemporanea, dalle 7 alle 9 del mattino iniziata a luglio, fatta di una preghiera combattiva e risoluta è riuscita a elevare lo stato vitale di tutte. La lettura delle esperienze ci ha incoraggiato così tanto che abbiamo deciso di condividerle negli zadankai certe che, come dice il nostro maestro, «raccontare un’esperienza è un’espressione della compassione che emerge dalla speranza che altre persone con problemi simili possano superare le proprie difficoltà e diventare felici il più rapidamente possibile» (NRU, 2, 268).
Quindi ritieni che dedicarsi agli altri abbia accelerato la realizzazione del tuo progetto per la cura dell’endometriosi?
Non c’è dubbio: Endo-care è stato presentato a settembre 2020 ed è diventato una realtà per aiutare tutte le donne che lo desiderano.
Ma la mia vittoria vale doppio per due motivi: il primo è che entrambi i miei figli collaborano con me; il secondo è che alla presentazione ufficiale del progetto ha partecipato il primario dello stesso ospedale in cui avevo lavorato e che ha mostrato grande entusiasmo per il nostro lavoro e per tutte le persone coinvolte.
Il giorno in cui ho lasciato l’ospedale non avrei mai immaginato che quel grande dolore potesse diventare la causa della mia re- alizzazione personale e professionale. Proprio come il concetto buddista di “trasformare il veleno in medicina”.
La gratitudine per la vita nuova realizzata grazie alla pratica buddista mi ha portato a decidere che l’offerta per kosen-rufu dovesse essere proporzionale al benessere ritrovato!