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«Scava sotto i tuoi piedi e troverai la sorgente» - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:20

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«Scava sotto i tuoi piedi e troverai la sorgente»

Fortunata Lubrano Lobianco, Procida

Mentre rincorre i suoi sogni, Fortunata incontra il Buddismo e da lì a poco nasce il primo gruppo a Procida. Anche il suo lavoro come stilista comincia a decollare e le prime collezioni riscuotono un grande successo

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Mentre rincorre i suoi sogni, Fortunata incontra il Buddismo e da lì a poco nasce il primo gruppo a Procida. Anche il suo lavoro come stilista comincia a decollare e le prime collezioni riscuotono un grande successo

Sono nata a Procida trentanove anni fa e, come tutti gli isolani, per finire gli studi sono andata via.
Sono diventata una stilista e come tale non avevo mai nemmeno immaginato di poter lavorare nella mia isola. Ho incontrato il Buddismo nel 2009, a Roma, dove mi ero trasferita con un contratto con una prestigiosa azienda.
La mia coinquilina recitava Daimoku e mi invitò a uno zadankai. Durante la riunione provai ammirazione per quelle persone che raccontavano le loro esperienze come avvincenti film, ricchi di effetti speciali. Un mese e mezzo dopo ho ricevuto il Gohonzon.
Avevo un lavoro fantastico, una casetta tutta mia e tanti amici, ma desideravo creare una famiglia Soka. Dopo poco arrivò Pietro. Alla fermata di un tram, a Napoli, due procidani che non si erano mai visti prima, in partenza per due fiere diverse – nautica e moda – a Düesseldorf. Casualità? Iniziammo a scriverci, volevo quella relazione ma ero incalzata dalla sfiducia.
La pratica buddista mi ha aiutato a guardare in faccia i limiti che ho sempre posto alla mia vita. Il Gosho Felicità in questo mondo mi incoraggiò: «Non permettere mai che le avversità della vita ti preoccupino: nemmeno i santi e i saggi possono evitarle. Considera allo stesso modo sofferenza e gioia e continua a recitare Nam-myoho-renghe-kyo» (RSND, 1, 607).
Dopo poco Pietro mi chiese di sposarlo e io accettai. Durante una vacanza in barca assieme a lui, ebbi un incidente che mi costrinse a una lunga degenza che trascorsi a Procida. Sull’isola non c’era ancora un gruppo buddista; c’era solo un membro, Nella, e due simpatizzanti. Decisi di aprire casa per loro ogni giorno.
Fu un successo: iniziammo per la prima volta gli zadankai sull’isola e ci ritrovammo in venti partecipanti, grazie anche ai turisti membri che si aggiungevano a noi. Si respirava un’aria nuova! Kosen-rufu a Procida non era più un sogno. Io però ero senza lavoro.
Mi affidai ancora una volta alla fede. Tanto Daimoku ogni giorno e una data per il mio obiettivo. Un po’ prima di quella scadenza arrivò una telefonata dall’azienda alla quale mi proponevo da tempo senza successo. Lavorai lì due anni.
Intanto una gravidanza molto desiderata tardava ad arrivare e Pietro scoprì di avere un prolasso alla valvola mitralica.
Ci fissarono un intervento dopo troppo tempo. Scrissi a Sensei e sentii parlare di un corso nazionale per responsabili. Non avevo nessun requisito: non ero responsabile e non c’erano posti. Niente desideri personali stavolta, solo kosenrufu a Procida.
Si liberò un posto per me. Prima di partire mi comunicarono la nascita del gruppo Procida!
La responsabilità venne affidata a me e Nella. L’attività iniziò con grande fermento, il nostro spirito allegro rendeva gli zadankai “luoghi” in cui la gente voleva tornare.
Arrivò tutto, la dolce attesa e la data dell’operazione di Pietro preceduta dalla risposta di Sensei.
Festeggiammo la riuscita dell’intervento con la nascita di Chiara e un viaggio in Australia durante il quale con gratitudine visitammo la SGI di Sidney e di Perth: fu un itinerario che trasformò completamente la vita di mio marito.
Al rientro in Italia, infatti, decise di diventare buddista.
Ora avevo una famiglia Soka ed ero designer per un’importante etichetta di Firenze. Viaggiavo con mia figlia Chiara e la tata, ma durò poco: attacchi e pettegolezzi aziendali mi fecero vacillare.
La paura di non riuscire a stupire l’Art director con la mia creatività fu la “chela di granchio” che può rovinare mille vasi. Il mio progetto, infatti, non fu approvato e il contratto si interruppe.
Ero di nuovo incinta, ma l’autostima sotto i piedi rischiava di mettere in crisi le mie relazioni. Intanto sul mondo si abbatte la pandemia che mi pone di fronte a tutte le mie paure.
Mentre organizzavo l’attività su piattaforma online, cercavo a fondo la causa della mia sofferenza. Il Daimoku illumina la necessità di sciogliere con gioia le complicate dinamiche con le famiglie di origine. Mentre mettevo al mondo Gaia tutti i nodi si sciolsero.
Rimaneva l’insoddisfazione professionale: desideravo un lavoro che si coniugasse con il mio ruolo di madre.
Senza dare troppa importanza alla cosa, qualche anno prima, con alcuni amici, avevamo deciso di ripartire dalla nostra storia isolana che ha avuto nel carcere di Terra Murata – chiuso dagli anni ottanta – un importante fulcro. Tra le tante attività dei detenuti c’era la Sartoria Casa di Reclusione Procida: ne avevamo registrato il marchio per farne un’etichetta da rilanciare, anche per valorizzare un sapere artigiano che veniva da un passato così doloroso.
In pieno lockdown abbiamo creato una SRL. In pochi mesi le prime collezioni presentate online hanno avuto grande successo.
Al gruppo Procida, anche su piattaforma online si aggiungono persone nuove.
Oggi immagino il mio studio tra le piante di limoni vista mare, mentre le bimbe giocano in giardino io progetto collezioni.
Come dice il proverbio: «Scava sotto i tuoi piedi e troverai la sorgente».

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