Per anni la parola “sconfitta” è stata una prerogativa della sua vita. Finalmente Sharan inizia a praticare il Buddismo e trasforma completamente l’atteggiamento verso se stesso e verso gli altri manifestando il suo pieno potenziale
Ho iniziato a praticare il Buddismo nel febbraio 2017, a ventotto anni, e ho ricevuto il Gohonzon esattamente un anno dopo. Mi trovavo in un momento molto difficile della mia vita: non avevo idea di chi fossi ed ero incapace di misurarmi con la realtà; senza la minima idea di come affrontare il futuro, ero immerso nella paura, con crisi di panico e ansia molto forti. Mi sentivo talmente solo che non volevo più vivere e ho avuto più volte il pensiero di farla finita.
Sono nato a Genova da genitori originari dello Sri Lanka e sono cresciuto in casa della signora dove lavorava mio papà, che naturalmente è diventata la mia “nonna speciale”.
Sia i miei genitori che mia nonna mi hanno sempre accudito come un piccolo principe, ma all’età di dieci anni ho iniziato a vivere un forte conflitto interiore per via del colore della mia pelle.
Volevo dimostrare al mondo di essere “italiano”, perciò decisi di rifiutare ogni tipo di relazione con la cultura, il cibo e la lingua del mio paese di origine. Di conseguenza ebbi un totale rifiuto nei confronti dei miei genitori, di cui mi vergognavo. In realtà erano il mio specchio, e io mi vergognavo di me stesso. Come scrive Nichiren Daishonin nel Gosho di Capodanno «L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» (RSND, 1, 1008).
A peggiorare le cose nel 2007, durante una vacanza a Londra, fui vittima di un episodio di violenza: per un probabile scambio di persona, fui assalito a bottigliate da una gang di ragazzi indiani e srilankesi, senza motivo.
Essere stato aggredito da questi ragazzi originari del mio paese acuì ancora di più la mia sofferenza. Inoltre, i miei genitori non credettero alla mia storia e mi sentii davvero solo.
La mia rabbia nei confronti del mondo sfociò nell’uso abbondante di alcol e stupefacenti e in una fuga da Genova: andai a cercare fortuna in Australia, per fuggire dai miei pensieri ma, come si legge ne La rivoluzione umana: «Sarebbe meraviglioso se uno potesse cambiare il suo karma semplicemente trasferendosi in una nuova città. La verità, tuttavia, è che il tuo karma verrà sempre con te, ovunque tu vada» (RU, 9, 235).
Infatti, dopo tre mesi tornai a casa sentendomi sconfitto da questa esperienza. La parola sconfitta è stata per anni una prerogativa della mia vita: mi sentivo sempre non all’altezza di potermi realizzare sul lavoro, nella relazione con una donna, con i miei genitori, con gli amici.
Altri episodi di razzismo mi colpirono facendomi soffrire finché, nel 2017, una persona mi introdusse alla pratica di Nichiren Daishonin. Accettai di partecipare a una riunione buddista anche se ero molto critico.
Ovviamente dopo trenta secondi volevo scappare, ma stranamente decisi di restare, nonostante fossi assalito da una crisi di panico che non lasciai trapelare. Riuscii a calmarmi e cominciai ad ascoltare le esperienze delle persone che erano a quella riunione. Fra queste, una con estrema semplicità mi disse: «Non hai nulla da perdere, prova a recitare Nam-myoho-renge-kyo la mattina e la sera».
Ho deciso di provare, e recitando Daimoku ho cominciato gradualmente a sentire fiducia in me stesso.
Fino a quel momento non avevo mai lavorato perché non avevo stimoli. Ma il Daishonin insegna che uno dei significati di myo è “rivitalizzare”: così, rivitalizzato dal Daimoku, iniziai a inviare curriculum e trovai lavori di ogni tipo…
Incoraggiato da questo cambiamento, continuai a recitare con più determinazione per trovare un lavoro adatto a me.
Siccome mi piace stare a contatto con le persone e aiutarle, ho colto al volo l’opportunità di fare un corso per diventare operatore socio sanitario.
Il presidente Toda disse: «Quando colpite una campana otterrete un suono enormemente differente a seconda che usiate uno stuzzicadenti, un bastoncino o un batacchio. […] Lo stesso vale per il Gohonzon. Il beneficio che riceviamo dipende interamente dal potere della nostra fede e della nostra pratica» (Preghiera e azione, Esperia, pag. 39).
Grazie a un Daimoku determinato, grazie alle guide del maestro Ikeda e alle attività con i giovani uomini della Soka Gakkai, ho superato il mio senso di inadeguatezza e in pieno lockdown ho iniziato a lavorare come operatore in una struttura psichiatrica. Grazie a questo lavoro ho avuto la possibilità di andare a vivere da solo, un’esperienza che mi sta formando tanto.
Non è finita: nel 2020 avevo lo scopo di trovare un lavoro a tempo indeterminato. Feci quindi richiesta di partecipare a un concorso per entrare nel Palazzo di giustizia come operatore giudiziario.
Dopo aver recitato tanto Daimoku, sono stato inserito in graduatoria tra coloro che possono essere chiamati per iniziare questo lavoro: un’altra grande prova concreta che deriva dalla forza che ho sentito crescere in me recitando Daimoku e dalla comprensione che il corso della mia vita e la possibilità di creare valore con le mie azioni dipendono solo da me.
Il cambiamento del mio atteggiamento sul lavoro e nelle relazioni con la mia famiglia sono state di ispirazione per le persone che mi circondano. Infatti una mia amica ha ricevuto il Gohonzon poche settimane fa, con mia grandissima gioia, e anche un altro mio amico che ho introdotto alla pratica buddista ha deciso di ricevere il Gohonzon.
Ho tanti obiettivi per il futuro: scrivere al presidente Ikeda per raccontargli la mia esperienza ed esprimergli tutta la mia gratitudine; creare una relazione di valore e comprarmi casa; condividere la pratica buddista con almeno dieci persone, con l’obiettivo che cinque di loro ricevano il Gohonzon entro la fine dell’anno.