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Sviluppare tutto il mio potenziale - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:15

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Sviluppare tutto il mio potenziale

Daniela Acquaviva, Vigevano

Grazie alla pratica buddista Daniela riprende in mano la sua vita e trasforma una situazione apparentemente senza via d’uscita

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Grazie alla pratica buddista Daniela riprende in mano la sua vita e trasforma una situazione apparentemente senza via d’uscita

Ho conosciuto il Buddismo a marzo del 2000. Allora vivevo un costante senso di inadeguatezza. Ero rimasta orfana di padre a soli dieci anni e da ciò derivano tutte le mie insicurezze. Nonostante una disfunzione al fegato, infatti, mio padre continuava a bere, e dopo anni passati alternando buoni propositi e ricoveri in ospedale, a soli quarantadue anni ci lasciò. Al dolore della perdita si aggiunse il rapporto conflittuale con mia madre, poiché nel mio cuore attribuivo a lei, senza motivo, la responsabilità della morte di mio padre. Mi consigliarono di stabilire degli obiettivi chiari nella pratica buddista. Daimoku dopo Daimoku, cominciarono ad affiorare i miei desideri. Erano obiettivi semplici: creare la mia famiglia, avere dei figli e trovare un lavoro per kosen-rufu, per agire nel mondo contribuendo al benessere comune. Vidi con chiarezza che la famiglia nella quale per prima cosa dovevo agire era quella di origine.
Fu grazie al Daimoku che realizzai una profonda trasformazione, sciolsi la rabbia che provavo per mia madre, poi quella per mio padre, e poi verso me stessa, la più difficile da vedere. Il rapporto con mia madre rifiorì. Inoltre, dopo l’ennesima storia d’amore finita male determinai davanti al Gohonzon che mai più avrei permesso a un uomo di decidere per la mia felicità, a costo di stare sola per tutta la vita! Tra lacrime e sorrisi, sentii che ero arrivata alla svolta. Non sapevo che a 200 km di distanza, un’altra persona, che avevo già incontrato a uno zadankai, aveva fatto al Gohonzon la stessa promessa.
Sei mesi dopo eravamo marito e moglie. E nel giro di tre anni sono nati Matteo e Gabriele. Quando Gabriele era ancora in pancia gli fu diagnosticata una malformazione al rene. Lì per lì restammo paralizzati dalla paura, ma poi decidemmo di recitare Daimoku per essere pronti a tutto e per trasformare la paura in fiducia e coraggio.
Quando incontrammo il medico che ci prospettava visioni nefaste non avevo più paura, qualsiasi cosa mi avessero detto sentivo dentro di me una certezza granitica.
A sedici mesi Gabriele è stato operato al rene, un intervento complesso durato quattro ore. Andò tutto bene, il rene era salvo e noi avevamo vinto sulle nostre paure. Il giorno dopo Gabriele era già in piedi e i medici ci chiesero di poterlo filmare per un convegno.
Nel frattempo anche il mio lavoro si stava trasformando: ero docente di disegno di moda e da anni facevo la pendolare tra Bologna e Milano. Volendo però seguire al cento per cento i miei figli, decisi di sfidare le mie insicurezze e dare una svolta. Ripresi a partecipare alle riunioni di studio e alle riunioni donne, che avevo sospeso perché troppo impegnata.
Anni prima avevo portato un curriculum in una scuola superiore di formazione di Arti e mestieri senza alcun risultato e così, esattamente dieci anni dopo, decisi di ricontattare la stessa scuola. La mia mail arrivò nel momento esatto in cui la loro docente di disegno stava per trasferirsi. Durante il colloquio parlammo della centralità dello studente e del ruolo dell’educatore, tutto quello che avevo appreso dalla pedagogia di Makiguchi.
Mi dissero che avrei potuto cominciare anche subito, ma proprio nel momento in cui decidevo di aprire la mia vita, il mondo venne chiuso dalla pandemia. Sentii che il Daimoku doveva fare la differenza e decisi di esserci sia per il gruppo di cui sono responsabile sia per la scuola. Ripresi in mano progetti passati e la nostra DAD diventò un esempio per tutti gli altri corsi: laboratori artistici, approfondimenti attraverso conferenze sulla fast fashion, collegamenti all’agenda 2030… Nell’ultimo periodo la scuola mi ha chiesto di aumentare le ore e il prossimo anno vogliono affidarmi altri corsi individuali con i ragazzi disabili.
Il Daishonin scrive: «Il carattere myo significa aprire» (Il Daimoku del Sutra del Loto, RSND, 1, 127), e quindi ognuno di noi può sviluppare tutto il proprio potenziale. Ho compreso che non voglio più lesinare la mia vita perché essere buddisti significa usare ogni situazione, per quanto apparentemente avversa, per crescere come individui e fortificare la nostra esistenza.

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