Carolina ha iniziato a praticare in pieno lockdown e ha ricevuto il Gohonzon lo scorso aprile. In questi mesi ha affrontato le sue difficoltà con una nuova consapevolezza: che l’ambiente non è che lo specchio del proprio cambiamento interiore
Pratico il Buddismo da febbraio 2020, quando ho deciso di partecipare alla mia prima riunione dei giovani. Avevo cominciato da qualche mese a studiare il Buddismo incuriosita dai racconti di un’amica e avevo scoperto di trovarmi in perfetta sintonia. Era come un richiamo che non potevo trascurare.
Mi ero trasferita dalla Romania da due anni, grazie al fatto di aver ottenuto una migliore posizione nell’azienda in cui lavoro.
Nonostante mi sentissi realizzata, stavo attraversando un periodo complicato: avevo cambiato paese, casa, lavoro, lingua, abitudini…
Per affrontare tutto ciò sentivo il bisogno di una rete di sostegno di persone con cui condividere i miei valori. Quando finalmente mi trovai in quella casa accogliente, circondata da tutte quelle persone che recitavano Nam-myoho-renge-kyo come in un’orchestra, sentii un’energia particolare e pensai: “Credo che le persone che cerco siano qui, sento di averle trovate!”.
Ascoltai le esperienze di alcuni ragazzi e mi colpì il modo in cui si raccontavano senza paura di essere giudicati, mostrandosi in tutta la loro vulnerabilità e splendore.
Dal giorno dopo iniziai a recitare Daimoku con la fiducia di poter migliorare me stessa.
Durante il lockdown iniziai a partecipare a tutte le attività online, ero piena di gioia, di speranza, e riuscivo persino a incoraggiare gli altri.
Poi sono arrivati i primi ostacoli: lavorando in smart working ciò che mi creava più disagio erano i rumori causati dai miei vicini.
La qualità della mia vita cominciò a peggiorare, accumulavo stress ed ero dispiaciuta perché la gente mi sembrava indifferente alle mie richieste. Decisi di non farmi vincere dalla rabbia e, continuando a fare Daimoku, mi sforzai di gestire la situazione con tutta la compassione di cui ero capace. Anziché discutere con i vicini, ho iniziato a scrivere dei bigliettini in cui aprivo il mio cuore, oppure mi presentavo con dei cioccolatini. Il mio desiderio di creare relazioni di valore mi stava spingendo a coltivare semi di pace anche nel condominio. Tuttavia non è stato facile, a volte la situazione tornava a farsi tesa…
In più è arrivata la notizia che le consegne dei Gohonzon di marzo erano rinviate per via della pandemia. Ma il nostro maestro Ikeda dice: «Nella nostra vita è intrinsecamente contenuto il potere dell’universo e la Legge mistica lo fa emergere. Decidete con forza “io posso farlo”. Allora la determinazione delle vostre preghiere e delle vostre azioni spezzerà il muro dei limiti che voi stessi vi imponete» (Una rivoluzione della leadership, pag. 13).
Ho deciso di rafforzare la mia fede più che mai e di sforzarmi di cambiare i miei pensieri: “Io sarò felice assolutamente, qualunque cosa accada”.
Poi, finalmente, lo scorso 18 aprile ho ricevuto il Gohonzon. La cerimonia è stata bellissima, ho sentito tanto sostegno da parte dei compagni di fede e anche al Centro culturale, dove non ero mai stata.
Da quando ho ricevuto il Gohonzon noto tante piccole grandi prove concrete, come l’arrivo di una gattina che risponde al mio desiderio di arricchire di calore la mia vita, mentre al lavoro mi è stata affidata la guida di un progetto speciale dal nome “Accorciamo le distanze”, finalizzato alla cura dei dipendenti dell’azienda, per coinvolgere le persone e farle sentire meno isolate nonostante il protrarsi dello smart working… L’unità di cui faccio parte, tra l’altro, si chiama “Change & Transformation” (Cambiamento e Trasformazione)!
Adesso, anche quando sento tornare la disarmonia, faccio Daimoku con la forza del leone per trasformare il veleno in medicina, consapevole che tra me e l’ambiente non c’è separazione, e determino di andare fino in fondo per capire che cosa devo ancora trasformare di me stessa per essere felice, perché ho deciso di non guardare più ai miei limiti come all’unico specchio della mia vita!