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Testimonianze e ricordi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:46

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Testimonianze e ricordi

Alberto Forni, Milano; Luigi Finocchiaro, Firenze

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Nel numero di maggio 1986 del Nuovo Rinascimento la foto di un’imponente villa circondata da alberi ed erbacce. E il grande annuncio dell’allora direttore generale Mitsuhiro Kaneda: abbiamo il nostro primo Centro culturale. Quello destinato a diventare il cuore e il polmone del movimento di kosen-rufu in Italia! Non sembrava in cattive condizioni, la villa, anzi. E invece…! È vero, l’origine dell’edificio è antica, sembra risalga al II secolo d.C. addirittura. Prima torre di avvistamento sulla vecchia via Cassia, poi pian piano trasformata in dimora signorile, proprietà di nobili famiglie fiorentine. Sotto la loggia del primo piano e nei saloni al pianterreno si trova lo stemma di Cosimo il Vecchio de’ Medici. E fra i proprietari della villa fu anche Giovanni Tornabuoni zio materno del Magnifico Lorenzo. Nel 1571 fu la seconda moglie del Granduca Cosimo primo, Camilla Martelli, ad acquistare la villa e trasformarla con successivi abbellimenti nell’imponente complesso che ancor oggi si può ammirare. Ma nel 1986 la situazione era molto cambiata. L’aspetto interno si rivelò ben differente da quello esterno. Accogliendo l’invito a partecipare in prima persona alla costruzione del “castello di kosen-rufu” molti, moltissimi, dedicarono tempo ed energie ai necessari lavori di ripristino e già l’anno dopo, si poteva inaugurare il “primo stadio” del Centro. Passarono altri anni, e finalmente, nel 1992, fu proprio il presidente Ikeda a inaugurare ufficialmente il primo Centro culturale italiano. La grande villa era tornata ai suoi fasti originari… ma quanta fatica per arrivare a quel giorno! I racconti di quelli che allora ci lavorarono, e che qui cominciamo a pubblicare, ne sono la testimonianza.

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Mi ricordo i lavori del kaikan di Firenze
di Alberto Forni, Milano

Mi ricordo il giorno preciso che è stato acquistato il kaikan di Firenze perché ero a un corso a Trets.
Mi ricordo che i responsabili ci facevano dei gran disegni per spiegarci com’era fatto.
Mi ricordo la cancellata di ferro interna, una delle prime cose ad andare giù.
Mi ricordo gli ulivi morti per la gelata dell’85.
Mi ricordo il caterpillar.
Mi ricordo che i sassi nel prato non finivano mai: più ne levavi, più ce n’erano.
Mi ricordo che nel prato avevo trovato una chiave antica che conservo ancora.
Mi ricordo la vasca di pietra al piano soppalcato dove adesso ci sono le cucine.
Mi ricordo che dentro alla vasca di pietra avevo trovato un piatto con sopra disegnato un viso di donna in stile Modigliani.
Mi ricordo che per anni ci ho pensato di frequente. Se magari era Modigliani per davvero.
Mi ricordo i giganteschi personaggi a fumetti disegnati sui muri di questo piano soppalcato, uno diceva “Hey Bleki, ti piacciono i fiori?”.
Mi ricordo le pennichelle nella torre durante la pausa pranzo.
Mi ricordo che avevo girato dei filmini in vhs e oggi rimpiango il fatto di averli buttati via qualche anno dopo in un impeto di non so che.
Mi ricordo che una volta d’inverno ho avuto una specie di principio d’assideramento alle mani.
Mi ricordo i responsabili dei lavori.
Mi ricordo che a volte pensavo fossero molto fortunati, a volte no.
Mi ricordo quelli di Livorno, quelli fissi.
Mi ricordo quando tiravamo fuori le carrettate di fango dalle cantine.
Mi ricordo che in realtà le cantine non esistevano, erano una pura ipotesi legata alla prospettiva di tirare fuori abbastanza carrettate di fango.
Mi ricordo che una volta sono salito sul ponteggio per scrostare il soffitto del butsuma grande.
Mi ricordo che soffrivo di vertigini.
Mi ricordo che qualche tempo dopo sono finito sul tetto a mettere a posto delle tegole e le vertigini me le sono fatte passare per forza.
Mi ricordo la stufa.
Mi ricordo le ronde.
Mi ricordo che mi aspettavo sempre un attacco da parte dei Nembutsu o qualcosa del genere.
Mi ricordo quant’era triste la serra diroccata.
Mi ricordo le prime stanze agibili.
Mi ricordo che si entrava dove adesso ci sono le macchinette del caffè.
Mi ricordo che una volta ho prestato la mia giacca a una ragazza che aveva freddo. È stato un bel gesto ma poi il freddo è venuto a me.
Mi ricordo Capitan Shin’ichi.
Mi ricordo che quando sentivo fatica pensavo sempre a una frase di sensei che definiva le attività buddiste come golden memories, “ricordi dorati”.

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Il mio tempo speso bene
di Luigi Finocchiaro, Firenze

Una delle primissime attività per il Centro culturale di Firenze fu ancor prima dell’acquisto. Kaneda era di partenza per il Giappone con tutte le varie proposte da presentare al presidente della Sgi Ikeda.
Con un paio di foto istantanee e la pianta approssimativa ci chiese di preparare una presentazione di come il centro sarebbe diventato. Era il 1985 e non si usavano ancora i PC con tutti i meravigliosi software che esistono adesso. Con due amici grafici ci chiudemmo in casa per molte ore armati di matite e aereografo e producemmo un progetto di quello che era il grande sogno del kaikan di Firenze, consegnato ovviamente la notte tardi a poche ore dalla partenza come voleva la tradizione dell’epoca.
Quando cominciò la ristrutturazione tutti i fine settimana ero al Centro a fare lavori di qualunque tipo. Non ero un operaio specializzato come tanti e quindi non guidavo nessun gruppo in particolare, anzi – nonostante mi si spingesse a fare il “responsabile dei lavori” – io preferii in questo frangente imparare un poco di umiltà e fare sempre i lavori più faticosi, in ombra e parecchio uggiosi. Ricordo che una volta d’inverno stavo fuori a fare le tracce per i cavi elettrici nel muro esterno. Le pietre erano talmente dure che non si scalfivano neanche a pesanti martellate e faceva un gran freddo. Ogni colpo di martello pensavo “una bomba atomica in meno” e questo mi dava forza e coraggio.
Entravo al centro il venerdì sera e ne uscivo il lunedì mattina. Ancora non c’erano i letti e si dormiva in mezzo ai cartoni. Era bello però fare il turno di notte con altri ragazzi in questa villa immensa. Era una grande occasione per approfondire parecchi discorsi e conoscere le persone da un’altra angolazione. Il vedere membri provenienti da tutta Italia impegnati in questo sforzo mastodontico è stato bellissimo e la coronazione della mia vita di ventenne. Una grande impresa senza dubbio, per una gioventù ben spesa. Gli episodi belli ovviamente sono talmente tanti che è impossibile elencarli tutti. Dai gruppi delle Mamme che venivano a cucinare per noi, alle ragazze che con santa pazienza levavano ogni sassolino dalla terra del giardino per farne un bel prato, allo spatolare tutto il soffitto del butsuma grande con una spatolina e spazzola di ferro. Quando arrivò il primo grande mobile per il Gohonzon. Sono stati anni bellissimi. Via via che i lavori stavano per finire, pian piano in me nacque la consapevolezza che non potevo star rinchiuso nei muri dorati del centro troppo a lungo: la donazione del proprio tempo è tale se si ha una vita privata. La religione non deve mai esser fine a se stessa, ma migliorare l’esistenza di chi la pratica, altrimenti si alimenta solo il bigottismo e il fanatismo cieco che ben si sa quanto siano pericolosi oltre che assolutamente inutili all’umanità.
Decisi che, non appena inaugurato, avrei lasciato posto a coloro per i quali il Centro serviva: tutte le nuove generazioni di membri. Ogni volta che vedo la schiera di bimbi sorridenti che scorrazzano felici per i prati, oltre a ricordarmi bene perché ho fatto quella attività, il cuore mi si riempie di immensa gioia.

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