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L’eredità della legge fondamentale della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:54

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L’eredità della legge fondamentale della vita

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Shoji ichidaiji kechimyaku sho
Gosho Zenshu, pag. 1336
Scritto da Sado l’11 febbraio 1272

prima parte

Ho appena letto con grande attenzione la tua lettera. Rispondo che la Legge fondamentale di vita e morte trasmessa dal Budda a tutti gli esseri viventi è Myoho-renge-kyo. Infatti i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo furono trasmessi al bodhisattva Pratiche Superiori dai due Budda Shakyamuni e Molti Tesori seduti nella Torre Preziosa, perpetuando un’eredità ininterrotta sin dall’infinito passato. Myo significa morte, ho vita. Gli esseri viventi che attraversano le due fasi di vita e morte sono le entità dei dieci mondi, o le entità di Myoho-renge-kyo[ref]Lett.: «[…] le entità del Loto (renge)».[/ref].
T’ien-t’ai disse: «Sappiate che tutte le cause e gli effetti degli esseri viventi e dei loro ambienti (esho) manifestano la legge del Loto (renge)»[ref]Significato profondo del Sutra del Loto.[/ref]. In questa spiegazione «esseri viventi e loro ambienti» designano i fenomeni di vita e morte. Dunque dove c’è vita e morte, è chiaro che sussiste anche causa ed effetto, cioè la Legge del Loto.
Il Gran Maestro Dengyo disse: «Le due fasi di vita e morte sono le funzioni mistiche di un’unica mente[ref]Unica mente: isshin che, in senso più generale, significa la vita.[/ref]. Le due modalità dell’esistenza e della non-esistenza sono le vere funzioni dell’Illuminazione intrinseca»[ref]Le dottrine essenziali trasmesse all’interno della Scuola del Loto Tendai.[/ref]. Nessun fenomeno – cielo o terra, yin o yang[ref]Yin e yang: i due princìpi universali dell’antica filosofia cinese. Yin è il principio negativo, scuro, femminile; Yang è il principio positivo, chiaro, maschile. Si riteneva che dalla loro combinazione dipendesse il destino di tutte le cose.[/ref], il Sole o la Luna, i cinque pianeti[ref]Cinque pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Nel tredicesimo secolo i pianeti più esterni non erano ancora stati scoperti e la Terra non era annoverata fra i pianeti.[/ref] o i vari mondi da Inferno a Buddità – è esente dalle due fasi di vita e morte. Vita e morte sono semplicemente le due fasi di Myoho-renge-kyo. T’ien-t’ai scrisse in Grande concentrazione e visione profonda: «L’apparizione è l’apparizione della natura essenziale della Legge e l’estinzione è l’estinzione di tale natura». Anche Shakyamuni e Molti Tesori, i due Budda, sono le due fasi di vita e morte.
Recitare Myoho-renge-kyo con la consapevolezza che non esiste alcuna differenza fra Shakyamuni che ottenne l’Illuminazione nel lontano passato, il Sutra del Loto che è la strada dell’Illuminazione di tutti gli esseri e noi comuni mortali, significa ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è essenziale per i discepoli, preti e laici, di Nichiren: questo è il significato di abbracciare il Sutra del Loto.
Per chi raccoglie la propria fede e recita Nam-myoho-renge-kyo con la profonda consapevolezza che adesso è l’ultimo momento della sua vita il sutra proclama: «[…] quando la loro vita giungerà al termine, esse saranno accolte dalle mani di mille Budda che le libereranno da ogni paura e impediranno loro di cadere nei cattivi sentieri dell’esistenza»[ref]SDL, 28, 433.[/ref].
Che felicità! Come trattenere le lacrime di gioia sapendo che non uno o due, non cento o duecento, ma mille Budda verranno ad accoglierci con le braccia aperte?

Nota dei traduttori

L’attuale versione italiana del Gosho raccolta nei volumi della serie Gli scritti di Nichiren Daishonin (SND) e la nuova edizione inglese revisionata pubblicata nel volume The Writings of Nichiren Daishonin (WND) presentano numerose differenze.
Essendo in lavorazione anche la nuova versione italiana basata sulle ultime edizioni giapponesi e inglesi, abbiamo scelto di presentare in queste pagine la nuova traduzione provvisoria avvisando il lettore che, prima dell’uscita in volume della nuova versione, le traduzioni potranno ancora subire variazioni.

Cenni storici

Il Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita fu scritto da Nichiren Daishonin all’età di cinquantuno anni, l’11 febbraio del 1272 a Tsukahara nell’isola di Sado, dove si trovava in esilio. Il destinatario è Sairen-bo, anch’egli in esilio a Sado, non si sa per quali motivi. Sairen-bo era un prete della setta Tendai che si convertì dopo aver assistito al cosiddetto “dibattito di Tsukahara” ove il Daishonin affrontò e vinse il confronto con i rappresentanti della setta Nembutsu, convincendo così molti dei presenti a convertirsi. Sairen-bo approfondì subito la relazione maestro-discepolo, rivolgendo a Nichiren Daishonin domande per chiarire i suoi dubbi sulla dottrina buddista.
Il Daishonin, nonostante dovesse lottare quotidianamente contro indescrivibili difficoltà durante l’esilio, dedicava anima e corpo a incoraggiare e consigliare i suoi discepoli, con indomabile vitalità e passione. In questa breve lettera risponde a quesiti molto complicati dal punto di vista della dottrina, indicando la Legge fondamentale da porre al centro, Myoho-renge-kyo e il modo pratico per ottenere la Buddità.
Sairen-bo in seguito poté tornare a Kyoto e fu oggetto di persecuzioni a causa della conversione al Buddismo di Nichiren Daishonin. Continuò a mantenere la sua fede e a ricercare la guida del suo maestro. Ricevette altre lettere importanti come Il vero aspetto di tutti i fenomeni, Sulla preghiera, L’Illuminazione delle piante.

Spiegazione
a cura del dipartimento di studio

L’importanza della domanda di Sairen-bo

Non conosciamo esattamente la domanda che Sairen-bo rivolse a Nichiren Daishonin, ma dalla risposta possiamo capire che riguardava il vero significato di una dottrina sviluppata dalla scuola Tendai, “la trasmissione della Legge fondamentale di vita e morte”, oggetto di dibattito tra i monaci di diverse scuole buddiste dell’epoca. A quell’epoca infatti le varie scuole Tendai praticavano una “trasmissione orale” degli insegnamenti dal maestro al discepolo. Il contenuto di questi insegnamenti però erano scritti e custoditi in scatole o plichi speciali e venivano affidati, attraverso cerimonie esoteriche e misteriose, solo ad alcuni discepoli privilegiati. Questa tradizione degenerò anche in forme di vera e propria compravendita di questi scritti o di trasmissione esclusiva ai propri consanguinei, con il conseguente veloce deteriorarsi delle dottrine stesse.
Nichiren Daishonin chiarisce, prima di tutto, che la Legge fondamentale che deve essere trasmessa nell’Ultimo giorno della Legge è Myoho-renge-kyo. Il Sutra del Loto, nei capitoli che descrivono la Cerimonia nell’aria, prevede che la trasmissione di questa Legge, sempre esistita nelle vite degli esseri umani, sia affidata dai due Budda Shakyamuni e Molti Tesori (Taho, in giapponese) al bodhisattva Pratiche Superiori (Jogyo, in giapponese), come rappresentante di tutti i Bodhisattva della Terra, a beneficio di tutti gli esseri umani. Per Nichiren Daishonin, quindi, la “trasmissione della Legge fondamentale della vita” non poteva assolutamente essere concepita come esclusiva tra consanguinei o tra monaci privilegiati, ma come una trasmissione tra maestro e discepolo, aperta a tutti, senza discriminazioni.

Il significato del titolo

Il Gosho, come abbiamo detto, è una risposta personale a Sairen-bo; il titolo gli fu dato in seguito utilizzando la frase iniziale della lettera, Shoji ichidaiji kechimyaku, nella quale è racchiuso il concetto rivoluzionario (rispetto alle altre scuole buddiste) di “eredità” o “trasmissione” della Legge, secondo il punto di vista di Nichiren Daishonin. In italiano il titolo è: L’eredità della Legge fondamentale della vita, tuttavia l’analisi del significato dei termini giapponesi ci è utile per allargare il significato della traduzione italiana.
Shoji letteralmente significa “vita e morte” e indica le due fasi della vita che si ripetono eternamente. Commenta Daisaku Ikeda: «Secondo il Buddismo, vita e morte sono un’unica cosa. Infatti è proprio l’energia “mistica” accumulata durante lo stato di latenza ciò che permette alla vita, stimolata da un’influenza esterna, di manifestarsi nuovamente, dando piena espressione alla sua individualità […]. A ben guardare, nascita e morte si verificano dentro di noi in ogni istante: vite più piccole nascono e muoiono per assicurare la continuazione di una vita più grande». La maggior parte delle cellule del nostro corpo nasce e muore continuamente e questo processo, chiamato metabolismo, consente agli esseri umani di avere una forza vitale sempre fresca per continuare a vivere.
Ichidaiji, che in italiano si traduce in “entità fondamentale”, è composto da tre ideogrammi: ichi che significa “l’unico, il solo” e indica la cosa più importante (riferita al ciclo di vita e morte); dai che significa “grande” o “vasto come l’universo”, cioè include e pervade tutto; ji che significa “fatto”, indica che la Legge fondamentale è sempre operante negli esseri umani e nell’universo, non è cioè una semplice teoria. In definitiva, l’espressione shoji ichidaiji si riferisce alla Legge di vita e morte, che permea tutto l’universo ed è identificata dal Daishonin nei cinque caratteri di Myoho-renge-kyo.
Kechimyaku, tradotto in italiano con il termine “eredità” o “trasmissione”, in lingua originale letteralmente indica il “vaso sanguigno” o l’arteria, dove scorre il sangue. In questa accezione si riferisce sia al pulsare ritmico della vita che, come abbiamo visto prima, comprende le fasi di vita e morte, sia al modo in cui si deve trasmettere la Legge, cioè attraverso un fluire ininterrotto e vasto tra gli esseri viventi.
Per riassumere, Shoji ichidaiji kechimyaku indica il modo in cui il Budda comunica la Legge fondamentale agli esseri umani, che sono soggetti all’interminabile ciclo di nascita e morte, affinché ognuno la possa manifestare nella sua vita», dice Ikeda. Questo significa che il Buddismo è una filosofia concreta, non una semplice rappresentazione intellettuale della vita; è un modo di produrre un cambiamento fondamentale nell’esistenza degli individui.
Perché è così importante l’ampia e duratura trasmissione della Legge fondamentale di vita e morte, cioè di Myoho-renge-kyo, in questa epoca piena di conflitti e di impurità? Perché quando la vita individuale non è in armonia con il ritmo fondamentale, attraversa questo ciclo di vita e morte creando un karma negativo e quindi di sofferenza, che si manifesta puntualmente anche nell’ambiente. Gli esseri umani difficilmente riescono a percepire la realtà fondamentale e immutabile nei fenomeni che li circondano e si lasciano condizionare dal loro aspetto più superficiale; ancor più raramente riescono a percepire e a manifestare questa realtà fondamentale nella loro vita. Stabilire la fede in Myoho-renge-kyo come base della propria vita, vuol dire ricreare l’armonia con il ritmo fondamentale e universale e poter vivere un’esistenza di valore grandissimo per sé e per gli altri esseri viventi, piena di felicità.
La Legge buddista non è distaccata dalla nostra vita: attraverso la fede, ci risvegliamo a qualcosa di cui siamo già dotati. Nella profondità della nostra vita, credere nella Legge fondamentale (Myoho-renge-kyo), concretizzata nel Gohonzon, che agisce come causa esterna, è la causa interna che attiva simultaneamente l’effetto della condizione di Buddità. Questa condizione vitale permette alla nostra vita di utilizzare a pieno il potere della Legge di vita e morte. «Se proveremo gioia nello scoprire la realtà essenziale della vita e della morte – dice Daisaku Ikeda – potremo usare a nostro vantaggio la Legge della vita, potremo vivere liberamente e felicemente, come farfalle che volano di fiore in fiore. L’Ongi kuden afferma: “Noi ripetiamo il ciclo di nascita e morte, muovendoci sicuri sulla terra della nostra intrinseca natura illuminata”». Perciò “ereditare la Legge”, a livello individuale, significa “far emergere la Buddità nella nostra vita”.
Riassumendo: conoscere, manifestare nella propria vita e propagare la Legge fondamentale di vita e morte è il concetto che sta dietro il termine “ereditare”, secondo il punto di vista e l’esempio di Nichiren Daishonin. Il Daishonin non si limita a fornire ai suoi discepoli una soddisfacente spiegazione teorica del fatto che noi e gli altri siamo entità della Legge mistica, egli con grande calore spiega a Sairen-bo, e a tutti noi, in tre punti, come debba essere la fede per continuare a manifestare la Buddità, cioè ereditare correttamente la Legge fondamentale di vita e morte in noi e propagarla agli altri.
I tre punti in sintesi sono: 1) perseverare nella pratica con la convinzione che non esiste alcuna differenza fra il Budda, la Legge e tutti gli esseri umani, dato che tutti e tre sono espressioni di Myoho-renge-kyo; 2) non allontanarsi da Myoho-renge-kyo attraverso i tre tempi di passato, presente e futuro, cioè non smettere di praticare; 3) mantenere con gli altri discepoli l’unità di itai doshin (diversi corpi, stessa mente) con l’obiettivo di realizzare kosen-rufu.

Il primo punto

Il primo punto è essere convinti che non esiste alcuna differenza fra il Budda, la Legge e tutti gli esseri umani.

«Recitare Myoho-renge-kyo con la consapevolezza che non esiste alcuna differenza […] questo è il significato di abbracciare il Sutra del Loto».

Questo è il primo dei tre punti fondamentali che indicano il tipo di fede che gli esseri umani dovrebbero sviluppare per ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Nelle scuole buddiste dell’epoca si era perso l’insegnamento centrale del Sutra del Loto e cioè che tutti gli esseri umani sono dotati della Buddità: si pensava che il Budda Shakyamuni e gli altri Budda che seguirono fossero superiori agli esseri umani. Da una religione di progresso umano illimitato era divenuta una religione di rituali, in cui si delegava la propria salvezza ai preti e monaci, oppure si pensava che il Sutra del Loto parlasse di qualcosa riservato a pochi privilegiati ed estraneo alla vita quotidiana.
Anche nella nostra epoca l’idea che gli esseri umani siano inferiori alla divinità e che non siano in grado di manifestare una condizione elevata o che abbiano bisogno di intermediari per ottenere la salvezza è comune a molte dottrine religiose. Questo è un aspetto particolarmente delicato per l’essere umano, perché se da un lato quasi tutte le religioni monoteistiche percepiscono la grandiosità della vita, dall’altra la identificano non nella vita stessa ma in una trascendenza. Inoltre è effettivamente difficile credere nel potenziale illimitato della propria vita quando si è soverchiati dalle difficoltà e dalle sofferenze dell’esistenza e si è più inclini ad affidarsi a qualcuno o qualcosa, superiore a noi.
Come possiamo quindi stabilire dentro di noi la convinzione che noi e la Legge universale non siamo in alcun modo separati, come dice Nichiren Daishonin? Dice il presidente Ikeda: «Naturalmente è difficile per i comuni mortali “comprendere” che Nichiren Daishonin, il Gohonzon ed essi stessi sono un’unica cosa. Ma “comprendere” vuol dire “avere una profonda fede”. Il Buddismo spiega infatti che la “Buddità si raggiunge attraverso la fede”, e che “fede equivale a saggezza”». Il principio di isshin taie, significa sostituire la fede che siamo Budda alla saggezza di percepirlo.
Nel Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza Nichiren afferma: «Tuttavia se reciti e credi in Myoho-renge-kyo, ma pensi che la Legge sia al di fuori di te, stai abbracciando non la Legge mistica ma un insegnamento imperfetto» (SND, 4, 4). Nel Mondo del Gosho (vol. 1, p. 129) Daisaku Ikeda ci aiuta ad avere un’idea più chiara della Buddità: «La parola sanscrita Budda significa “Colui che è risvegliato (alla verità)”. In origine era un termine ampiamente utilizzato da varie scuole dell’epoca, ma in seguito venne usato esclusivamente riferendosi a Shakyamuni. Allo stesso tempo, la parola Budda significa anche “sbocciare”. Dunque Budda è una persona che fa sbocciare i fiori di un nobile spirito, portatrice di copiosi frutti di fortuna e benefici. È una persona che manifesta i benefici della Legge e la cui personalità trabocca di benefici». La Buddità quindi non è una condizione separata dalla vita dei comuni mortali e il Budda non indica un essere speciale. In termini moderni la Buddità indica una trasformazione interiore, un cambiamento del nostro cuore in cui l’aspetto fondamentale è credere nella realtà della Legge mistica nella nostra vita e in quella degli altri.
Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo, Nam è la parola chiave perché rappresenta la decisione del cuore e della mente di credere profondamente in Myoho-renge-kyo, il potere della vita, in quanto tale. In un certo senso la parola Nam ci permette di fendere l’oscurità fondamentale, il dubbio nella nostra e altrui Buddità e di sentirci tutt’uno con la Legge mistica. Questa trasformazione ci mette in grado di utilizzare naturalmente il potere della Legge della vita, e lo manifestiamo in termini di capacità e qualità propriamente umane. In ciò consiste l’ottenimento della Buddità nella nostra forma presente, cioè di comuni mortali. I Budda che compaiono negli scritti buddisti sono invece rappresentazioni allegoriche dei singoli aspetti di questo potere della vita.
Spesso ci interroghiamo su come possiamo renderci conto del potere di Myoho-renge-kyo. Facciamo alcuni esempi: siamo a un punto morto, il potere di Myoho-renge-kyo si manifesta come saggezza per capire cosa dobbiamo fare; oppure quando ci troviamo a essere intimoriti davanti alle difficoltà risvegliamo il coraggio di lottare e la fiducia nelle nostre capacità. Un altro aspetto è quando nonostante le circostanze avverse, riusciamo a sentire gioia per il semplice fatto di essere in vita, o quando cambiando la nostra condizione vitale si manifesta la protezione dell’ambiente che ci aiuta a superare le difficoltà o a realizzare qualcosa. Anche l’attivazione della compassione e dell’empatia verso gli altri, nel nostro cuore, sono manifestazioni del potere di Myoho-renge-kyo.

«Per chi raccoglie la propria fede e recita Nam-myoho-renge-kyo […] mille Budda verranno ad accoglierci con le braccia aperte?».

Cosa significa la consapevolezza che questo è l’ultimo momento della vita? Non significa unicamente che nessuno ci può garantire quanto ancora abbiamo da vivere; questo pensiero di per sé ci spingerebbe alla rassegnazione e al pessimismo. Piuttosto significa comprendere profondamente la natura della nostra vita dal punto di vista dell’impermanenza e sentire l’importanza di ogni attimo della nostra vita, apprezzare la continua possibilità di cambiamento e di arricchimento.
La fortuna di conoscere un insegnamento così grande come il Buddismo di Nichiren Daishonin, dice il presidente Ikeda, ci permette di dare un grande valore a ogni aspetto della nostra vita sia privata che sociale, nella prospettiva del nobile scopo di kosen-rufu. L’effetto di una vita vissuta con questa missione non è solo che godremo di uno stato vitale sempre più libero e felice, ma anche che moriremo con un alto stato vitale e rinasceremo in circostanze fortunate.
A proposito dei “mille Budda” che accorreranno dopo la morte, Ikeda dice: «[…] le loro mani protettrici risiedono in realtà nei nostri cuori. “Più salda è la propria fede, più forte è la protezione degli déi” insegna il Daishonin. Proprio così. La fede è il veicolo che prima e dopo la morte condurrà la nostra esistenza nella giusta direzione, verso una felicità che non si esaurisce con il tempo. […] Se viviamo in accordo con la Legge, le funzioni dell’universo, attivate dalla nostra stessa forza vitale, opereranno per proteggerci».

(fine della prima parte)

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A novembre gli esami del dipartimento di studio

Il 19 novembre si terranno gli esami del primo livello, ovvero per chi partecipa per la prima volta a un esame di studio.

Programma:

  1. Gosho di Capodanno;
  2. Gosho Itai doshin;
  3. Gosho Risposta a Kyo’o;
  4. Cenni sulla vita di Nichiren Daishonin;
  5. Breve storia della Soka Gakkai;
  6. Sulla base del testo dei Gosho si tratteranno i seguenti principi fondamentali: i dieci mondi e il mutuo possesso, non dualità di vita e ambiente (esho funi), spirito dell’offerta (kimyo), la pratica per sé e per gli altri (shin gyo gaku), l’unità di “diversi corpi, stessa mente” (itai-doshin), kosen-rufu, tre ostacoli e quattro demoni (sansho shima).

Il materiale completo sarà pubblicato nel numero di marzo aprile di Buddismo e società.

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