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La forza per poter scegliere liberamente - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:19

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La forza per poter scegliere liberamente

Giorgia Meacci, Milano

Durante la gravidanza, la felicità di Giorgia è oscurata dalla notizia che il suo bambino ha la sindrome di Down e un grave problema cardiaco. Grazie al Daimoku, agli incoraggiamenti del maestro e dei compagni di fede riesce a trasformare la disperazione nel coraggio di affrontare la situazione e vivere fino in fondo con gioia

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Durante la gravidanza, la felicità di Giorgia è oscurata dalla notizia che il suo bambino ha la sindrome di Down e un grave problema cardiaco. Grazie al Daimoku, agli incoraggiamenti del maestro e dei compagni di fede riesce a trasformare la disperazione nel coraggio di affrontare la situazione e vivere fino in fondo con gioia

Giulia, la mia prima figlia, arrivò come un raggio di luce nella tempesta causata dalla perdita di mia madre, e fu una gioia immensa.
In seguito con mio marito avremmo voluto un altro figlio ma avevamo tanti dubbi e con gli anni il nostro rapporto entrò in crisi. Fu proprio in quel difficile momento che rimasi incinta. La notizia mi rese felice, ma anche spaventata.
Al terzo mese, durante i controlli di routine, ci dissero che c’era un’alta probabilità che il bambino avesse la sindrome di Down. La notizia mi terrorizzò. Mentre aspettavo il responso delle analisi sul DNA, feci tantissimo Daimoku e parlai con una persona che mi incoraggiò a non vedere la felicità come assenza di problemi e a determinare la felicità per la mia famiglia a prescindere dalle circostanze.
La nostra crisi coniugale era al culmine quando arrivò la conferma che il bambino aveva la sindrome di Down.
La notizia mi gettò nella disperazione: avevamo tentennato per anni e adesso, quando finalmente il bambino arrivava, non era come ce lo aspettavamo. A quel punto dovevamo decidere se interrompere la gravidanza. Iniziò un periodo di notti insonni e pianti, il mio unico desiderio era svegliarmi da questo incubo. Ogni controllo medico era una pugnalata al cuore, neuropsichiatri, genetisti, ginecologi, tutti ci mostravano gli aspetti problematici dell’avere un figlio con la sindrome di Down.
Ricordo di aver pensato più volte che sarebbe stato meglio morire piuttosto che dover scegliere se continuare una gravidanza di un figlio disabile o interromperla.
Entrambe le scelte mi sembravano terribili. Continuavo a recitare Daimoku più che potevo, sostenuta immancabilmente dai miei amici e compagni di fede che mi erano vicini anche nelle giornate più buie. Non smetterò mai di ringraziarli. I compagni di fede sono dei pilastri che ti impediscono di cadere.
Decisi di andare a parlare con alcuni genitori di bambini con sindrome di Down per avere un’idea di come era la loro vita, incontrai persone sorridenti e serene, per nulla sconfitte o distrutte. Iniziai allora a recitare Daimoku per alzare il mio stato vitale e trasformare i miei pensieri, come mi era stato consigliato.
Nel mio cuore c’era una lotta accanita per capire cosa volevo, al di là di ogni paura o pregiudizio, e pian piano emerse in me il desiderio di non separarmi dal mio bambino che già sentivo muoversi. Sentii che essere diversi in una società in cui si cerca di essere tutti uguali e perfetti poteva essere una grande sfida ma anche un grande insegnamento. Sentivo che anche lui aveva il diritto di vivere, con il suo cromosoma in più, così com’era. Ma soprattutto mi sentivo pronta ad affrontare tutto ciò che comportava avere questo figlio.
Ne parlai con mio marito, che non era sicuro quanto me. Allora recitai Daimoku ancora e ancora, così arrivai a sentire che ero disposta anche a crescerlo da sola nel caso ci fossimo separati. Nel giro di pochi giorni anche mio marito decise di andare avanti, ora eravamo pronti, avremmo fatto nascere questo bambino. E finalmente tornò la gioia. Era come se il rubinetto della disperazione si fosse chiuso all’improvviso: mi sentii felice di accogliere il nostro secondo figlio.
Durante un successivo controllo, però, ci venne comunicato il sospetto di una grave malformazione cardiaca che poteva mettere a rischio la vita del bambino. Mi chiesi se il nostro destino fosse quello di dover perdere per forza nostro figlio, e in quell’occasione mio marito mi incoraggiò e mi sostenne come non accadeva da anni.
Aveva iniziato a recitare due ore di Daimoku al giorno svegliandosi alle 5.30 del mattino: stava cambiando e io riacquistai fiducia e stima nei suoi confronti.
Avevo davanti a me una settimana prima del controllo ecografico, durante la quale mi concentrai solo sul Daimoku. Buddismo e società pubblicò in quei giorni la lezione di Sensei sulla terza linea guida della Soka Gakkai: “Fede per affrontare le avversità”, che sembrava scritta apposta per me. Incisi queste parole del maestro Ikeda nel mio cuore: «Andrà tutto bene. Chi si sforza sinceramente nella fede non sarà mai infelice. Non agitarti e non farti turbare dalle situazioni, affrontale con coraggio e superale.  È tuo figlio quello che sta soffrendo di più e la sua sofferenza ti fa recitare Daimoku. In un certo senso, le preoccupazioni che ci arrecano i figli sono una forma di compassione, ci spingono a impegnarci assiduamente nella pratica buddista e a trasformare il nostro karma. La gioia interiore e la vera felicità sorgono dal costante impegno per il superamento delle avversità» (BS, 179, 31).
Il giorno prima del controllo specialistico avevo una riunione, non mi sentivo molto bene ma decisi di fare uno sforzo ulteriore perché l’attività per gli altri non doveva venire dopo tutto il resto. Provai una grande gioia a trovarmi insieme ai compagni di fede!
Il giorno dei controlli io e mio marito arrivammo in ospedale a testa alta, con la determinazione di affrontare il nostro karma e vincere. Durante l’ecografia la dottoressa ci disse che c’era solo una lieve malformazione in un ventricolo, il bambino poteva nascere senza rischi. Usciti dall’ospedale ci abbracciammo piangendo, come accadeva spesso in quel periodo, ma per la prima volta erano lacrime di gioia.
La gravidanza è andata avanti benissimo, Ludovico è nato il 21 marzo, nella giornata mondiale della sindrome di Down. Per me lui è semplicemente mio figlio. Quando lo guardo non vedo la sua sindrome ma solo un piccolo, gioioso Bodhisattva pronto a crescere.
Sono molto grata a questo bambino per tutto ciò che mi ha insegnato e mi insegnerà.
Ludovico significa “guerriero valoroso”, e io voglio essere la sua mamma coraggiosa. Oggi ha tre anni e grazie all’intervento al cuore fatto quando aveva otto mesi, non è più un bambino cardiopatico.
I medici che lo visitano fanno sempre bilanci estremamente positivi, la sua salute è incredibilmente forte e all’asilo è amato da tutti, compagni e maestre.
Lui e Giulia hanno reso la mia vita gioiosa e profonda. Sono infinitamente grata per l’allenamento nella famiglia Soka che mi ha permesso di sviluppare la forza per poter scegliere liberamente.

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