Michele, hai un tuo modo per parlare alle persone di Buddismo?
Ho parlato a un mio collega ed è stata una grande sfida perché per instaurare un dialogo con lui ho cercato di aprirmi ai suoi interessi. Dato che lui è insegnante di inglese, gli ho regalato i dialoghi fra il presidente Ikeda e Toynbee in inglese. Ha cominciato a leggere questo libro e mi ha chiesto del Buddismo. Ha creato subito un legame forte con il presidente Ikeda. Nello shakubuku bisogna essere crea-tivi.
L’ultima volta che ti sei sentito sconfitto come hai reagito?
In realtà più che l’ultima volta si tratta di una situazione specifica che si ripete nella mia vita e riguarda il mio rapporto sentimentale. Quando litigo con la mia fidanzata non lascio più spazio al dialogo e mi chiudo nel silenzio. Quando poi, recitando Daimoku e partecipando alle attività – magari subito dopo – cambio prospettiva, mi rendo conto di aver perso un’occasione, di aver perso del tempo in cui potevo stare con lei. Con senso di colpa mi chiedo come posso incoraggiare gli altri se non riesco a cambiare questa mia tendenza, ma in un secondo momento più profondamente mi rendo conto che la mia missione è proprio quella di cambiare questo aspetto per sostenere chi vive situazioni simili. Grazie alla pratica buddista riesco però sempre più velocemente a rendermi conto di quando ciò accade, a porvi rimedio e a decidere di cambiare. Ogni volta.
Vuoi parlarci del tuo legame con il maestro?
Vicino al butsudan ho una foto di sensei, ogni mattina quando recito Gongyo e Daimoku ho la sensazione che lui sia lì, al mio fianco. Anch’io voglio fargli sentire che ci sono e che può contare su di me.
Il mio legame con lui al momento è prezioso, soprattutto quando faccio shakubuku: racconto che cosa ha fatto lui, che tipo di persona è. Inoltre il suo esempio mi accompagna sempre, mi chiedo in ogni situazione come si comporterebbe lui. E così per esempio sul posto di lavoro ho fatto una bella esperienza. Nel mio gruppo di lavoro non veniva riconosciuto il potenziale di ciascuno di noi e questo mi creava una grande sofferenza. Così ho recitato Daimoku con il desiderio di sentirmi libero di poter dire al mio capo quello che sentivo profondamente fosse giusto, come insegna Daisaku Ikeda. E ci sono riuscito, non sono sceso a compromessi e alla fine ho ottenuto un beneficio doppio: non solo io ma tutto il mio gruppo ha ottenuto condizioni migliori di lavoro!
Quando ti senti felice?
Quando riesco a fare tutto ciò che desidero senza sentire pesantezza e lamentarmi, con un senso di soddisfazione per aver dato il cento per cento. Inoltre sono felice di poter condividere i miei dubbi e problemi con i miei familiari che praticano e con i miei compagni di fede: parlare con gli altri delle proprie difficoltà e praticare assieme mi aiuta a cambiare immediatamente lo stato vitale.