Francesco, come esprimeresti il tuo legame con il maestro?
Quando ero più giovane sentivo che nessuno credeva in me. In quel periodo ciò che mi spingeva ad andare avanti erano le parole e l’esempio del presidente Ikeda. Sentivo la grande fiducia che ha sempre nutrito nei giovani e questo per me era fonte d’immenso incoraggiamento. Leggendo le sue parole mi sentivo spinto a migliorare e guardare molto più in là di quello che vedevo, a mirare ai prossimi venti o trent’anni.
Ikeda è stata la presenza fondamentale della mia gioventù. In tante situazioni, grandi o piccole, immaginavo che sensei fosse vicino a me e che mi incoraggiasse ad andare avanti, a fare sempre un passo avanti. Ho iniziato a leggere La rivoluzione umana per capire come Ikeda praticasse da giovane, ma la cosa più importante che mi ha dato quella lettura è stato scoprire lo straordinario legame che univa il giovane Ikeda al suo maestro Toda. Da quel momento mi sono sforzato per cercare di diventare un buon discepolo.
Ci sono molte persone che mi possono incoraggiare e tanti grandi uomini e grandi donne del presente e del passato da cui ho imparato molto, ma il maestro è come la mamma: ce n’è uno solo.
Come incoraggi una persona che sta attraversando un momento di sofferenza?
L’ascolto, cerco di capire perché sta male. L’azione di ascoltare attentamente una persona è già una forma d’incoraggiamento. Cerco un modo per farla sentire meglio, per esempio, proponendole un’altra prospettiva rispetto alla difficoltà del momento. Poi recitiamo Daimoku insieme, leggiamo uno scritto del Daishonin o un discorso del presidente Ikeda; oppure racconto le mie esperienze personali o di altre persone. Se posso recito Daimoku appositamente per quella persona anche prima di incontrarla. L’incoraggiamento personale richiede una certa creatività perché si deve adattare al singolo individuo e alla singola circostanza ma, parlando in generale e sulla base della mia esperienza, è fondamentale basare l’incoraggiamento sul Daimoku e parlare con sincerità. Inoltre, come spesso scrive sensei nelle pagine della Nuova rivoluzione umana, per incoraggiare qualcuno bisogna essere determinati.
Lo scorso anno con il mio corresponsabile abbiamo fatto circa cento visite a casa in quattro mesi. Con questa esperienza ho avuto modo di sperimentare che questi incontri andrebbero fatti, quando possibile, non da soli. In coppia è completamente diverso: dove non arriva il cuore di uno, arriva l’altro, e s’impara l’uno dall’altro. Inoltre, andare a trovare qualcuno in coppia, è molto più leggero e incoraggiante e si creano davvero legami incredibili.
Infine, quando cerchi di incoraggiare una persona, se sei sincero non puoi fare a meno di trasmettergli la tua vita interiore, quindi se tu per primo non ti sforzi di lottare cosa trasmetti agli altri? Questo mi ha aiutato a fare delle grandi esperienze.
Con tutti gli impegni che comporta la tua responsabilità, riesci a fare shakubuku?
Da quando sono diventato responsabile nazionale l’attività è molto aumentata e piano piano non mi capitava più. Apparentemente la cosa poteva sembrare normale visto che trascorrevo molto tempo con gli altri praticanti e quindi diminuivano le occasioni di incontrare persone che non conoscessero già il Buddismo. Anche se ci ho messo un po’ per ammetterlo a me stesso, in realtà fare shakubuku non dipendeva dal mio tempo a disposizione o dallo stile di vita. Ho compreso che la pratica di shakubuku è motivata dalla compassione che riusciamo a sentire per le altre persone e si realizza grazie al Daimoku.
Sulla base di questo ho espresso al Gohonzon la preghiera che, anche se avessi incontrato poche persone alle quali poter parlare della pratica e non avessi avuto il tempo per seguirle, un giovane uomo avrebbe ricevuto il Gohonzon entro l’anno. Con questo desiderio ho parlato del Buddismo a un mio caro amico che ha iniziato subito. Anche se l’ho potuto incontrare poche volte ha praticato regolarmente grazie a un bravissimo giovane della sua zona, fino a quando non ha ricevuto il Gohonzon. Penso che lo shakubuku sia legato al desiderio che abbiamo di farlo, che a sua volta dipende dalla compassione che si è sviluppata davanti al Gohonzon.