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Vincere per me e per gli altri - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:17

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Vincere per me e per gli altri

Adamo Marinelli, Aprilia (LT)

Ero seduto davanti al Gohonzon pensando che se quelli erano gli ultimi istanti in cui potevo utilizzare la vista, avrei voluto guardare e ricordare solamente il Gohonzon

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Ero seduto davanti al Gohonzon pensando che se quelli erano gli ultimi istanti in cui potevo utilizzare la vista, avrei voluto guardare e ricordare solamente il Gohonzon

Ho cominciato a recitare Daimoku nel 2006 e ho subito compreso l’importanza di praticare per se stessi e per gli altri. Al mio primo zadankai mi consigliarono di pormi un obiettivo e, tornato a casa, pensai che il mio desiderio fosse di diventare ricco. Recitando Nam-myoho-renge-kyo compresi che ciò per me significava vedere le persone felici, realizzate e vittoriose, e sentii che impegnandomi in questa direzione avrei potuto superare ogni difficoltà e vivere una vita infinitamente gioiosa. Il Buddismo parla di “vittoria o sconfitta”, e mi ha permesso di affrontare le mie sfide quotidiane col desiderio di uscirne sempre vittorioso.
Sono diabetico da tanti anni e nel 2013 ho eseguito una serie di controlli obbligatori, tra cui una visita oculistica. Dopo aver osservato il mio fondo oculare, il dottore mi chiese: «Ma lei riesce a vedere bene?». «Sì, devo solo cambiare le lenti agli occhiali perché sembrano graffiate».
«Lei non ha graffi sugli occhiali – mi rispose – ma gravi problemi visivi. In breve, purtroppo, perderà la vista all’occhio sinistro. Faremo di tutto per non perdere anche il destro». La diagnosi: sospetta retinopatia proliferante. In pochi secondi tutto cambiò. Tornai a casa e mi misi davanti al Gohonzon: “Come può esserci una vittoria in questa situazione?”. Riuscii a stento, tra i singhiozzi, a fare Daimoku e a prenotare subito dopo una fluorangiografia retinica che confermò la diagnosi: retinopatia preproliferante.
Iniziai così un percorso di laserterapia ma dopo quattro sedute non si vedeva alcun miglioramento. Mentre pregavo davanti al Gohonzon c’era ormai soltanto la mia paura di perdere la vista. In seguito a un esame ancora più approfondito la diagnosi si precisò come maculopatia diabetica, la peggior evoluzione della retinopatia.
Una mattina, mentre passeggiavo con mia moglie, improvvisamente accadde il peggio. Una vena troppo fragile all’interno dell’occhio sinistro si ruppe inondandolo internamente di sangue. La mia paura divenne realtà: non vedevo più da un occhio.
In quel momento sentii che dovevo aprire la mia vita e non chiuderla così chiesi a mia moglie di accompagnarmi all’ufficio postale, avevo un solo desiderio: fare un’offerta per kosen-rufu. Poco dopo ero seduto davanti al Gohonzon pensando che se quelli erano gli ultimi istanti in cui potevo utilizzare la vista, avrei voluto guardare e ricordare solamente il Gohonzon. Dopo aver recitato Daimoku mi resi conto che ero tutto concentrato su me stesso. «La mia vita – pensai – il mio tempo prezioso non può limitarsi alle sole cure e alla malattia». Mi resi conto che stavo limitando la mia pratica e l’immenso potere del Gohonzon e decisi di rimettere kosen-rufu al centro della mia vita.
Quel pomeriggio stesso il primario, d’urgenza, preparò un programma di tre interventi per l’occhio sinistro e tre per il destro. Mi informò sulle possibilità di guarigione, molto basse, e che avrei comunque potuto raggiungere alcuni risultati solo dopo almeno sette interventi, data la situazione di circa 0.40 decimi a un occhio e 4 all’altro. Affrontai i primi interventi ricominciando a fare attività, chiedendo agli altri responsabili di accompagnarmi, dato che non potevo guidare, tornando a frequentare lo zadankai e a incontrarmi durante la settimana con i compagni di fede. Pregavo per me e per loro, per le nostre lotte condivise e per la nostra vittoria assoluta, mentre continuavo a curarmi. Sentivo che se noi avessimo vinto, avrebbe vinto anche la Soka Gakkai.
Nel frattempo anche l’occhio destro ebbe un episodio di rottura dei capillari con perdita di sangue, ma questa volta fu completamente diverso: il mio cuore non vacillò.
Dopo il terzo intervento il medico mi disse che a dispetto di tutte le previsioni il mio occhio sinistro aveva riacquistato sei decimi e inspiegabilmente il destro aveva recuperato le stesse diottrie, senza alcun intervento.
La decisione del medico fu di sospendere gli interventi per osservare altri eventuali progressi. In effetti recuperai ancora fino a otto decimi globali, e non fu più necessario alcun intervento. A un anno esatto dall’ultimo controllo, nel dicembre 2015, la diagnosi diceva: retinopatia non proliferante, vista globale 10 decimi.
Grazie a questa esperienza ho potuto approfondire la mia fede nel Gohonzon e sperimentare le parole di Nichiren Daishonin quando dice che la malattia è il “volere del Budda” perché «stimola lo spirito di ricerca della via» (La buona medicina per tutti i mali, RSND 1, 833). Ora sento che la mia vittoria è la vittoria di tutti e la mia guarigione riguarda anche le persone intorno a me.

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