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3 luglio. Il sole della giustizia - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:36

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3 luglio. Il sole della giustizia

In questo saggio il maestro Ikeda racconta lo spirito del 3 luglio, giorno di maestro e discepolo e scrive: «I tempi cambiano inevitabilmente. C’è il tempo in cui i fiori sbocciano a profusione. Possiate voi, miei giovani discepoli, costruire una strada dorata! Mettetevi in viaggio e fate il primo passo sulla strada del bene supremo!»

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In questo saggio il maestro Ikeda racconta lo spirito del 3 luglio, giorno di maestro e discepolo e scrive: «I tempi cambiano inevitabilmente. C’è il tempo in cui i fiori sbocciano a profusione. Possiate voi, miei giovani discepoli, costruire una strada dorata! Mettetevi in viaggio e fate il primo passo sulla strada del bene supremo!»

Il Buddismo esiste per realizzare gli scopi più ambiziosi dell’umanità. La fede esiste per elevare e indirizzare le nostre vite verso una totale realizzazione, libera da ogni rimpianto.
Per conseguire questi scopi dobbiamo combattere duramente e a lungo per kosen-rufu. Nella nostra opera di trasformazione del tragico destino dell’umanità non possiamo mai arretrare, nemmeno di un passo.

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Il 3 luglio, giorno luminoso e splendente che irrompe attraverso l’oscurità dell’epoca!
In quel giorno del 1945 Josei Toda fu rilasciato dalla prigione in cui era stato detenuto dalle autorità militari giapponesi del periodo bellico. Fu il giorno in cui decise di alzarsi da solo e dare inizio alla sua battaglia per kosen-rufu. Il 3 luglio 1957, dodici anni dopo, io, suo discepolo, seguii con orgoglio le sue orme e fui imprigionato per un crimine che non avevo commesso, una persecuzione incontrata a causa dei miei sforzi di propagare la Legge mistica.
Mi trovavo nell’isola di Hokkaido, nel Giappone settentrionale, quando mi giunse un mandato di comparizione dalla polizia di Osaka. Provenendo dall’aeroporto di Chitose nello Hokkaido, per raggiungere Osaka dovevo fare una sosta a Tokyo per cambiare aereo. Quando giunsi all’aeroporto Haneda di Tokyo, in una sala d’attesa c’era il signor Toda che era venuto a salutarmi.
Debole com’era in quel periodo, aveva percorso tutta quella strada per vedermi prima che fossi interrogato al commissariato di Osaka. Per via della sua esperienza in prigione durante la guerra, sapeva bene a cosa potevo andare incontro ed era preoccupato per la mia salute cagionevole. Mi strinse le spalle con forza: «Tu – disse – non devi morire. Daisaku, se la morte dovesse coglierti, mi precipiterò al tuo fianco e mi getterò su di te, così moriremo insieme». Sentendo quanto profondo fosse l’amore del mio nobile maestro provai un’incontenibile emozione.

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Quella sera mi presentai al commissariato di Osaka con la ferma determinazione di chiarire la verità e dissipare tutte le falsità. Alle sette di sera venni arrestato e imprigionato. Era chiaro che questa era l’intenzione della polizia sin dall’inizio.
La mia carcerazione ebbe luogo alla stessa ora e nello stesso giorno del rilascio di Toda dalla prigione, avvenuto dodici anni prima. Come sono misteriose le funzioni della Legge mistica! A questo pensiero tutta la tristezza e la preoccupazione svanirono e si trasformarono in gioia. Allora avevo solo ventinove anni.
Le accuse contro di me erano completamente false. La polizia sosteneva che essendo io il responsabile della campagna elettorale per il candidato sostenuto dalla Soka Gakkai alla Camera Alta nella circoscrizione di Osaka, avevo dato indicazione ai membri di comprare voti e commettere altre violazioni delle leggi sulle elezioni. Mi dispiaceva molto per quei membri che, per un eccesso di entusiasmo, avevano preso l’iniziativa personale di recarsi porta a porta a sollecitare voti e per questo erano stati arrestati [la propaganda elettorale porta a porta è proibita dalle leggi giapponesi, n.d.r.], ma non ero in alcun modo coinvolto in quei tentativi di procacciare suffragi.
I quotidiani riportavano in prima pagina titoli a caratteri cubitali: «Arresto del capo delle pubbliche relazioni lkeda» e nei vari articoli scrivevano che ero stato arrestato «con il sospetto di aver giocato un ruolo importante nelle violazioni delle leggi elettorali che caratterizzano le “tattiche d’attacco” della Soka Gakkai». I mass media di allora erano i portavoce delle autorità e miravano a raffigurare la Gakkai come un’organizzazione antisociale che aveva violato la legge in maniera premeditata e organizzata.

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Mentre ero in prigione, gli amici del Kansai erano molto preoccupati per le mie condizioni. Ci furono membri che rimasero un giorno intero sotto il sole cocente sperando di scorgermi almeno per un istante. Non ho parole per esprimere quanto sia grato del loro sostegno.
La polizia aveva costruito le false imputazioni nei miei confronti minacciando i membri della Gakkai che aveva arrestato e costringendoli a firmare confessioni in cui affermavano che io ero il mandante delle loro attività illegali.
Il mio interrogatorio fu estremamente duro. Un giorno mi tartassarono fino a tarda notte lasciandomi anche senza cena. ln un’altra occasione mi condussero all’aperto in manette per umiliarmi pubblicamente.
In prigione leggevo gli scritti di Nichiren Daishonin e altri libri.
Victor Hugo mi stimolava a combattere, a non farmi sconfiggere, faceva sorgere in me il coraggio di cui avevo bisogno per affrontare quella persecuzione.
Hugo aveva vissuto in esilio per diciannove anni. Anche Jawaharlal Nehru [seguace di Gandhi, uno dei padri dell’indipendenza indiana, n.d.t.] era stato in prigione nove volte, per un totale di nove anni di vita trascorsi dietro le sbarre. E che dire di coloro che avevano subito dure persecuzioni per amore della Legge mistica? Ripetevo a me stesso: «Pensa al Daishonin. Pensa a Makiguchi. Pensa a Toda». Ero deciso a non cedere. Ero fiero di essere un membro della Soka Gakkai.

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Infine i miei accusatori dissero che se non mi fossi dichiarato colpevole avrebbero fatto un’incursione nella sede della Soka Gakkai e arrestato Josei Toda. Era un vero e proprio ricatto. Non ero preoccupato per me, avrei potuto affrontare qualsiasi persecuzione mi avessero inflitto. Ma la salute di Toda era molto fragile e il carcere per lui poteva significare la morte. Così ebbe inizio la mia vera agonia. Non capivo perché avrei dovuto confessare un crimine che non avevo commesso, e allo stesso tempo non potevo in alcun modo permettere che il mio maestro venisse arrestato e imprigionato sotto false accuse, finendo probabilmente col morire in carcere.
Passai una notte insonne riflettendo su questa esperienza diretta di quanto siano temibili e insidiose le manovre della natura demoniaca dell’autorità. Poi giunsi a una decisione. Mi sarei dichiarato provvisoriamente colpevole, ma durante il processo avrei dimostrato la mia innocenza e rivelato la verità in modo che tutti potessero vederla chiaramente.
Quel giorno ebbe inizio la mia battaglia per i diritti umani che si sarebbe conclusa con il trionfo della verità e della giustizia, nonostante tutte le circostanze giocassero a mio sfavore.

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Il 12 luglio Toda tenne un’adunata generale presso quella che una volta era l’Arena nazionale degli sport di Tokyo, a Kuramae, durante la quale lanciò un appello per il mio immediato rilascio. Si recò anche al commissariato di Osaka per denunciare il comportamento delle autorità, sebbene fosse sofferente e malfermo sulle gambe. Dovette letteralmente aggrapparsi al corrimano per trascinarsi su per le scale. Quando in seguito lo venni a sapere piansi lacrime di gratitudine.
Kosen-rufu è un’accanita lotta contro la natura demoniaca del potere. Non è un melodramma basato sul sentimentalismo a buon mercato. Al culmine della sua stessa persecuzione Nichiren Daishonin scrisse: «Ero certo fin dall’inizio che questo sarebbe accaduto» (Lettera da Echi, RSND, 1, 169).
Io sono un discepolo del mio maestro, Josei Toda. Sin dall’inizio sapevo che dovevo essere preparato anche a morire per la nostra causa. Kosen-rufu è il nobile compito che può essere realizzato solo dagli eroi della SGI che, se occorre, non lesinano la propria vita per la Legge.
Giovani, alzatevi come leoni per il trionfo delle persone! Mettetevi al servizio dei vostri amici e compagni! Non temete nulla! Venite avanti, miei discepoli, in decine e centinaia di migliaia!
I tempi cambiano inevitabilmente. C’è il tempo in cui i fiori sbocciano a profusione. E c’è il tempo della follia, in cui le funzioni negative tentano di sopprimere la verità e la giustizia. Ma possiate voi, miei giovani discepoli, costruire una strada dorata! Mettetevi in viaggio e fate il primo passo sulla strada del bene supremo!

(Seikyo Shimbun, 3 luglio 1999)

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