Contesto storico
Siamo tra il 1990 e il 1991. Continua il dettagliato racconto degli attacchi alla Soka Gakkai da parte del clero della Nichiren Shoshu, basati su gravi distorsioni degli insegnamenti di Nichiren Daishonin.
Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/
Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[64] La Soka Gakkai aveva inoltre impiegato grandi energie e risorse per migliorare le strutture e i terreni del tempio principale. Ai tempi del presidente Toda la Soka Gakkai aveva costruito e donato alla Nichiren Shoshu la Sala Hoanden e la Grande Sala delle Conferenze. Dopo la nomina di Shin’ichi Yamamoto a presidente, numerosi altri edifici e strutture furono donati al tempio principale, tra questi i Grandi alloggi (il complesso che ospita l’appartamento del patriarca e i dormitori dei preti), la Grande sala, il Grande tempio principale (lo Sho-Hondo), il cancello principale e altre strutture ricettive per i pellegrini.
In seguito alla riforma agricola del dopoguerra il tempio principale era stato ridotto a soli 17 ettari, ma da allora era arrivato a contare circa 387 ettari, circa ventitré volte la dimensione originale. La maggior parte di queste terre era stata donata dalla Soka Gakkai. L’organizzazione laica aveva sostenuto la Nichiren Shoshu con la massima sincerità per tutti quegli anni. I suoi membri avevano fatto donazioni sincere. Molti volontari del Gruppo giovani avevano lavorato giorno e notte, spesso trascurando il sonno, per far sì che i pellegrinaggi dei membri al tempio principale avvenissero in modo sicuro e senza incidenti. Ma ora, senza preamboli o parole di apprezzamento, il clero introduceva all’improvviso un nuovo sistema di pellegrinaggi amministrato dai templi locali.
Nel luglio del 1991, il clero annunciò una nuova politica ufficiale: si richiedeva ai fedeli laici di registrarsi come parrocchiani presso i templi locali della Nichiren Shoshu. Lo scopo era costringere i membri a lasciare la Soka Gakkai e affiliarsi direttamente ai templi.
Uno dei più gravi dei cinque peccati capitali del Buddismo consiste nel causare disunità e scompiglio nella comunità dei credenti. Il clero stava commettendo proprio questa grave offesa lanciandosi a tutto campo nell’impresa di minare l’unità della Soka Gakkai, l’organizzazione che portava avanti l’intento del Budda e la realizzazione di kosen-rufu. Erano azioni premeditate e senza scrupoli. Dopo aver accettato avidamente tutte le donazioni della Soka Gakkai, ora cercavano di smantellare l’organizzazione laica e di sfruttare i suoi membri.
La Nichiren Shoshu propose inoltre la venerazione del patriarca, l’istituzione di un vero e proprio nuovo culto in violazione diretta agli insegnamenti del Daishonin; tutti i credenti laici dovevano essere sotto il controllo diretto dell’autorità clericale, con il patriarca a capo della piramide gerarchica.
I membri della Soka Gakkai, però, avevano ormai compreso perfettamente la natura spregiudicata e anacronistica del clero.
Nel settembre del 1991 fu rivelato che due anni prima, nel luglio del 1989, Nikken aveva eretto una lapide per i suoi antenati e aveva celebrato la funzione funebre nel cimitero di un tempio zen, nella città di Fukushima che si trova nella regione nord-occidentale del Tohoku. Pur accusando di continuo la Soka Gakkai di offendere la Legge, il patriarca non aveva esitato nel commettere un atto che, secondo gli scritti del Daishonin, era davvero un’offesa. I membri della Soka Gakkai erano disgustati dalla sua ipocrisia.
Vennero alla luce, uno dopo l’altro, molti altri episodi di corruzione e di degenerazione tra i preti.
La Nichiren Shoshu non stava più insegnando o praticando il Buddismo di Nichiren. Nella “scuola Fuji” lo spirito di Nikko Shonin che aveva fondato il Taiseki-ji era andato perduto, mentre la pura corrente della fede era diventata torbida, tanto da aver perso la sua vera natura.
[65] Con la fine della Guerra Fredda, Shin’ichi Yamamoto aveva cominciato a mettere in atto la sua visione di una nuova era di pace.
Nell’aprile del 1991 visitò l’Università delle Filippine per ampliare gli scambi educativi e culturali. Durante la cerimonia di laurea della facoltà di Economia e commercio tenne una conferenza intitolata Oltre il profitto e fu insignito della laurea honoris causa in Giurisprudenza.
All’inizio di giugno si recò in Europa, e dopo la Germania si recò per la prima volta nel Lussemburgo, prima di andare in Francia e nel Regno Unito. In ogni paese continuava a impegnarsi per rafforzare gli scambi culturali e incontrava leader politici e studiosi o illustri pensatori. Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre viaggiò negli Stati Uniti; il 26 settembre tenne una conferenza all’Università di Harvard intitolata L’epoca del potere morbido.
Quando non era all’estero si muoveva in tutto il Giappone, dedicando ogni sua energia a incoraggiare i compagni di fede.
In quella seconda fase dei problemi con il clero, i membri della Soka Gakkai si erano resi conto, con grande lucidità e obiettività, del tradimento e delle macchinazioni dei preti e assunsero una posizione risoluta e traboccante di passione, decisi a confutare gli errori e a rivelare il vero.
Durante la prima fase della questione con il clero, quando Shin’ichi aveva rassegnato le dimissioni da presidente della Soka Gakkai, aveva concentrato le sue energie sui singoli membri, incontrandoli e incoraggiandoli per costruire – ancora una volta – una Soka Gakkai solida, basata sugli indissolubili legami tra maestro e discepoli dediti alla missione di kosen-rufu. Aveva dato consigli personali, visitato i membri a casa, dialogato in piccoli gruppi e durante discussioni informali, aveva partecipato a ogni tipo di riunione, compiendo sforzi instancabili per incoraggiare i compagni di fede.
Quando era stato possibile, aveva pranzato con i membri, trasformando i pasti in un’opportunità per parlare con loro. Aveva utilizzato ogni momento libero per comporre poesie e scrivere calligrafie o messaggi che potessero servire da ispirazione, su cartoline e all’interno di libri che poi regalava ai membri.
Si era sforzato senza sosta, infondendo tutta la sua energia nella crescita dei membri e per la loro felicità. Aveva cercato di fare tutto il possibile per infondere in loro lo spirito di kosen-rufu, desiderando che ognuno si alzasse da solo diventando una persona coraggiosa e autonoma.
Quegli sforzi venivano ora ripagati, con i giovani successori che mostravano una splendida crescita e la costruzione di una grande fortezza Soka attraverso una rete di legami indissolubili tra il maestro e i discepoli, in grado di resistere anche alle più dure avversità. Lo spirito di maestro e discepolo aveva creato saldi legami anche tra i compagni di fede di tutto il mondo.
Le azioni basate sulla dedizione a una causa risvegliano i cuori delle persone.
[66] Ogni volta che partecipava a una riunione della Gakkai, come quella mensile dei responsabili di centro o ad altre, Shin’ichi parlava dello spirito di Nichiren Daishonin, che non desiderava altro che la felicità di tutte le persone, e del modo in cui i veri praticanti dei suoi insegnamenti sarebbero dovuti vivere.
In un discorso fece riferimento alle parole del grande attore comico Charlie Chaplin e dell’importanza di avere il coraggio di lottare per la libertà. In un altro citò I miserabili, il capolavoro di Victor Hugo, per far comprendere la necessità che i popoli diventassero forti e saggi, e difendessero la verità e la giustizia.
Shin’ichi sottolineava inoltre che gli attacchi e gli ostacoli che la Soka Gakkai incontrava corrispondevano esattamente a quelli descritti dal Daishonin, dimostrando così che i loro sforzi per kosen-rufu erano corretti. Osservava spesso che, alla luce dei princìpi fondamentali del Buddismo, tutti coloro che si dedicavano a kosen-rufu, avevano fede nel Gohonzon e perseveravano nella pratica buddista erano Budda, e che perseguire una riforma religiosa incentrata sulle persone comuni corrispondeva alla via corretta. Tutto ciò confermava che il Buddismo del Sole del Daishonin, che desiderava la felicità degli individui, era un insegnamento universale ed egualitario, e che il grande sentiero di kosen-rufu nel mondo doveva essere imperniato sul Gohonzon e sugli scritti del Daishonin.
Le trasmissioni via satellite delle riunioni della Soka Gakkai, inaugurate con la prima riunione generale di Tokyo del 24 agosto 1989, ricoprirono un ruolo importante nell’unire i membri e dare un grande impulso per superare l’oppressione di Nikken e della Nichiren Shoshu. In precedenza, i membri del Giappone avevano potuto ascoltare gli audio di tali riunioni, ma da quel momento in poi poterono assistere in tempo reale alle trasmissioni video su schermi di grandi dimensioni presso i principali Centri della Soka Gakkai di tutto il Giappone.
Durante quegli incontri, Shin’ichi parlava pensando idealmente di coinvolgere tutti i membri in un dialogo. Ritornando ai princìpi del Buddismo e ai consigli di Nichiren Daishonin, chiariva ciò che era giusto e ciò che era sbagliato secondo varie prospettive; discuteva della natura essenziale degli attuali problemi con il clero e del modo corretto di vivere per un essere umano.
Una presa di coscienza comune può dare origine a una solida unità.
Grazie alle trasmissioni satellitari i membri acquisirono una profonda e accurata comprensione della vera natura dei problemi con il clero e riuscirono a cogliere la dedizione di Shin’ichi a kosen-rufu, nonché la determinazione a vivere fino in fondo per realizzare la sua missione. L’unità tra i compagni di fede si rafforzò e ognuno di loro decise di non essere sconfitto dalle macchinazioni dei preti corrotti o da qualsiasi altro ostacolo, e di continuare a lottare insieme per kosen-rufu.
[67] L’8 novembre 1991 giunse alla sede centrale un documento dalla Nichiren Shoshu intitolato Intimazione di scioglimento della Soka Gakkai. Datato 7 novembre, era stato inviato a nome dell’amministratore capo e patriarca Nikken Abe e dell’amministratore generale Nichijun Fujimoto, ed era indirizzato al presidente onorario della Soka Gakkai e presidente della SGI Shin’ichi Yamamoto, al presidente della Soka Gakkai e direttore generale della SGI Eisuke Akizuki, e al direttore generale della Soka Gakkai Kazumasa Morikawa.
Il documento riportava che tra i preti e i laici della Nichiren Shoshu esisteva una chiara distinzione in termini di ruoli, poiché i primi sono i maestri e i secondi sono i discepoli. La missiva sottolineava che, ciò nonostante, la Soka Gakkai non considerava il patriarca o gli altri membri del clero come maestri, e sosteneva invece che fossero sullo stesso piano dei laici. Tale pretesa di eguaglianza era «una visione erronea che distrugge la relazione tra maestro e discepolo che dovrebbe esistere tra clero e laici»; a causa di questa e di altre ragioni, il documento invitava la Soka Gakkai e tutte le organizzazioni affiliate alla SGI a sciogliersi.
La Soka Gakkai tuttavia era un ente religioso indipendente e separato dalla Nichiren Shoshu già dal 1952. Questo era stato deciso grazie alla lungimiranza del secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda e alla sua determinazione a portare avanti la missione di kosen-rufu. A livello legale, dunque, la Nichiren Shoshu non poteva costringere la Soka Gakkai a sciogliersi. Anzi, non aveva alcuna autorità sull’organizzazione.
Toda aveva già previsto che questo sarebbe successo, intuendo che, una volta che la Nichiren Shoshu avesse acquisito l’indipendenza economica, avrebbe cercato di eliminare la Soka Gakkai. Egli mise in atto le misure appropriate per prevenire tale eventualità. La sua saggezza e il suo discernimento protessero la Soka Gakkai, l’organizzazione che sosteneva il corretto insegnamento e la pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin.
I membri della Soka Gakkai non poterono che ridere dell’assurdità degli argomenti contenuti nell’intimazione del clero.
«Dicono che i fedeli laici devono seguire ciecamente il patriarca, che i preti sono i maestri dei laici e qualsiasi altra cosa passi loro per la testa, ma ciò che conta veramente sono le azioni! Quasi nessun prete si è mai sforzato di far avvicinare alla pratica del Buddismo del Daishonin le persone che ancora non la conoscono o è mai andato a visitare a casa i fedeli laici per offrire un consiglio personale e per ispirarli nella fede. Non pensano ad altro che a divertirsi, come possono credere di essere delle guide per i membri della Soka Gakkai che si dedicano con tutto il cuore a kosen-rufu?». Erano solo alcune delle considerazioni che i membri condividevano tra loro.
L’8 novembre, il Gruppo donne di Tokyo organizzò la “riunione del Rinascimento”. Alcune donne della Soka Gakkai che avevano lavorato nei templi della Nichiren Shoshu condivisero testimonianze di prima mano sullo stile di vita corrotto dei preti e delle loro famiglie, sul loro comportamento arrogante e la completa mancanza di fede. Tutte le presenti alla riunione rafforzarono la loro convinzione che fosse finalmente giunta l’epoca della rinascita del genere umano e che fosse arrivato il momento di spezzare l’oppressione dell’autorità clericale.
Il momento era maturo per tornare al punto di partenza del Buddismo, quello di una religione umanistica.
[68] Quell’8 novembre 1991, dopo aver ricevuto l’Intimazione di scioglimento della Soka Gakkai, il presidente Eisuke Akizuki e gli altri responsabili organizzarono una conferenza stampa.
Spiegando che le richieste del documento erano inconsistenti e prive di senso, illustrarono ai giornalisti come la Nichiren Shoshu si fosse seriamente allontanata dagli insegnamenti e dallo spirito del Buddismo del Daishonin.
Sottolinearono il profondo disprezzo per i fedeli laici che trapelava dal comportamento dei preti, il loro rifiuto di ogni forma di dialogo e la loro visione ristretta e intollerante, che era sfociata nella critica alla Soka Gakkai per aver rappresentato nei suoi festival l’Inno alla gioia di Beethoven in tedesco. Ribadirono che la Soka Gakkai stava cercando di risvegliare le coscienze dei preti della Nichiren Shoshu per farli uscire da quel cieco autoritarismo e incoraggiarli a portare avanti una riforma religiosa, ora che il Buddismo di Nichiren Daishonin si stava diffondendo e assurgendo al ruolo di religione universale.
I responsabili della Soka Gakkai informarono i giornalisti che l’indignazione per le azioni della Nichiren Shoshu aveva spinto i membri a iniziare una raccolta di firme per chiedere le dimissioni del patriarca.
La corruzione e i comportamenti dissoluti dilagavano tra i preti. Le offerte per i funerali e per le tavolette commemorative dedicate ai defunti venivano sfruttate dai preti come strumenti per fare soldi. Furono rese note le reiterate minacce del clero ai membri della Soka Gakkai; nel tentativo di asservirli e dominarli, i preti dicevano ai fedeli laici che offendevano la Legge e rischiavano di cadere nell’inferno.
I membri della Soka Gakkai si erano ormai convinti che un simile comportamento fosse inaccettabile e che compromettesse la corretta trasmissione e la pratica del Buddismo del Daishonin. Era uno stato di cose deplorevole simile a quello che si era creato nel clero cristiano in Europa al termine del Medioevo.
I fedeli laici cominciarono a chiedersi quale fosse lo scopo ultimo del Buddismo e per chi fossero realmente intesi i suoi insegnamenti.
Shin’ichi Yamamoto indicava costantemente la corretta via della fede ai membri, sottolineando l’importanza di ritornare sempre al Gohonzon, allo spirito del Daishonin e agli insegnamenti originali contenuti nel Gosho.
Di fronte all’atteggiamento autoritario e coercitivo della Nichiren Shoshu che diventava sempre più evidente, i membri compresero più profondamente la necessità di far rivivere lo spirito originale di Nichiren Daishonin, realizzando una rivoluzione religiosa per la felicità delle persone comuni e ampliando kosen-rufu nel mondo.
La forza delle persone che si risvegliavano diede nuovo impulso a una riforma religiosa che, rifacendosi allo spirito del Daishonin, riesaminò i riti e le pratiche tradizionali come i funerali e l’assegnazione dei nomi postumi.
[69] Per quanto riguardava i funerali, dopo aver studiato i riti funebri buddisti, le loro osservanze e come si erano evoluti, la Soka Gakkai decise di tornare agli insegnamenti originali di Nichiren Daishonin e cominciò a condurre delle cerimonie funebri tra familiari e compagni di fede, senza la presenza dei preti. Nichiren Daishonin scrive: «Perciò, poiché il tuo amato padre ha recitato Nam-myoho-renge-kyo mentre era in vita, ha conseguito la Buddità nella sua forma presente nello stesso modo in cui le pietre si trasformano in gioielli» (Cavalli bianchi e cigni bianchi RSND, 1, 944); e «Poiché il tuo defunto marito era un devoto di questo sutra, egli ha senza dubbio conseguito la Buddità così com’era» (L’inferno è la terra della luce tranquilla RSND, 1, 405).
Secondo questi passi del Gosho, il conseguimento della Buddità si basa sulla propria fede e sul Daimoku recitato durante la propria vita. L’idea che non sia possibile conseguire la Buddità a meno che i nostri funerali non siano officiati dai preti non si trova in alcun passo degli scritti del Daishonin.
Nel Buddismo giapponese l’usanza di conferire speciali nomi postumi al defunto deriva dalla tradizione di conferire un nome buddista a chi prendeva i voti e accettava i precetti, ovvero mentre era ancora in vita. I nomi postumi buddisti non erano in uso al tempo del Daishonin; tale pratica si evolvette solo in un’epoca successiva e fu adottata dalla Nichiren Shoshu. Ricevere un nome postumo buddista non ha alcun legame con il conseguimento della Buddità.
A differenza degli altri insegnamenti buddisti che si sono diffusi in Giappone, il Buddismo del Daishonin non si concentra sui riti funebri; è invece un insegnamento che consente a tutte le persone di condurre una vita felice nelle tre esistenze di passato, presente e futuro.
Proprio perché basati su questa visione buddista della vita e della morte, i cimiteri della Soka Gakkai in tutto il Giappone sono luoghi pieni di luce, vivaci e dall’architettura semplice, per sottolineare l’eguaglianza tra tutte le persone. Questo tipo di cerimonie funebri adottate dalla Soka Gakkai ha ottenuto molti apprezzamenti e commenti favorevoli non solo tra i membri, ma anche tra gli amici che non praticano il Buddismo di Nichiren Daishonin. Alcuni di questi hanno commentato: «I funerali di solito sono tristi e deprimenti, ma quelli officiati dalla Soka Gakkai sono gioiosi e rivitalizzanti, trasmettono un sentimento di speranza nei confronti del nuovo viaggio del defunto che lascia questo mondo. Sono un’espressione dell’atteggiamento positivo della Soka Gakkai nei confronti della vita e della morte. Oggi si tende a delegare quasi tutto a intermediari. Lasciare che un prete reciti i sutra a un funerale costituisce un esempio di questo atteggiamento. Ma ai funerali della Soka Gakkai, sono la famiglia e gli amici a recitare il sutra e a recitare Nam-myoho-renge-kyo per l’eterna felicità del defunto. Sono rimasto colpito dalla loro profonda sincerità. Questo è il modo in cui, credo, dovremmo salutare tutti quelli che ci lasciano».
(continua)