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Imparare dai bambini a gioire della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:05

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Imparare dai bambini a gioire della vita

Renzo Pini, Rimini

Renzo sogna di fare il pediatra da quando era bambino. Si impegna per sostenere i bambini e le famiglie nella lotta alla malattia e nella costruzione di una vita sana e felice

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Renzo sogna di fare il pediatra da quando era bambino. Si impegna per sostenere i bambini e le famiglie nella lotta alla malattia e nella costruzione di una vita sana e felice

Perché hai scelto questa professione?

Da piccolo quando mi ammalavo veniva a visitarmi un dottore molto simpatico e gentile. Alla classica domanda: “Cosa vuoi fare da grande?”, io rispondevo “Il dottore dei bambini, come lui”. Questa cosa mi ha sempre accompagnato nella mia carriera.

In che modo la pratica buddista influenza il tuo lavoro?

Sono stato responsabile del Pronto soccorso pediatrico di Rimini per molti anni e, oltre alle urgenze, mi prendevo cura di bambini con patologie croniche molto serie. Qualunque fosse la situazione, la cosa più importante per me era percepire prima di tutto la loro Buddità. Questo l’ho imparato dal Buddismo e mi permette ogni volta di entrare in empatia anche con la famiglia e capire se la malattia viene vissuta come un “demone“ che sta distruggendo tutta la loro vita oppure se viene considerata come una sofferenza che devono affrontare. La mia sfida è sempre stata quella di riuscire a creare con i genitori una sorta di alleanza per far sentire al bambino il bisogno di vincere, di gioire, di continuare a essere bambino.

Qual è la più grande gioia del tuo lavoro?

Le risposte che nascono dai bambini. Quando superano una difficoltà acquisiscono una grande fiducia nella loro energia positiva profonda e questo è molto più tangibile in loro che negli adulti. È come se in un bambino tu potessi vedere che la lotta tra bene e male volge sempre verso il bene. Le malattie croniche, in particolare, benché creino delle grandi sofferenze nella famiglia, possono anche rappresentare una fonte di crescita spirituale tale da far entrare tutti in una dimensione della vita davvero molto più profonda e umana.

I bambini, quando hanno un obiettivo, non contemplano il piano B per perseguirlo.

Se loro vogliono divertirsi e giocare per loro c’è solo quello. Invece per l’adulto a causa delle esperienze negative accumulate è più facile fare subito un piano B, smettere di lottare e rinunciare. Ci insegnano che si può trovare sempre un motivo per gioire e andare avanti.

C‘è un’esperienza che ricordi in particolare?

A trentaquattro anni vinsi una borsa di studio e andai a Madrid per uno stage. In quell’occasione conobbi un collega brasiliano con cui strinsi una bella amicizia e a cui parlai del Buddismo. Una volta tornato in Italia ci sentivamo con molta difficoltà non essendoci tutti i mezzi tecnologici che ci sono ora. Seppi in seguito che aveva iniziato a praticare e aveva ricevuto il Gohonzon. Poi per un lungo periodo non lo sentii più. Dopo anni scoprii che aveva avuto un brutto incidente e che era stato in coma sei mesi. Quando si riprese non riuscendo più a fare il lavoro di prima, decise di dedicarsi alla carriera accademica. Divenne coordinatore del corso di Medicina dell’Università Paso Fundo a Porto Alegre. Tra le sue cose dopo il coma ritrovò il libretto di Gongyo che gli avevo regalato con una dedica e la mia firma. Mi cercò all’ordine dei medici di Roma. Quando mi chiamarono non ci potevo credere. Ci rivedemmo a Madrid dove avevamo fatto il corso insieme e decidemmo di costruire qualcosa di bello per i giovani. Dal nostro comune desiderio di sostenere i giovani è nata una convenzione tra la sua università e quella di Rimini dove studenti brasiliani vengono a fare uno stage in ospedale pediatrico.
Per me è importante trasmettere ai giovani qual è realmente il ruolo del medico. È un grande orgoglio e anche una grande responsabilità. Grazie a questo progetto mi sono recato più volte in Brasile. In queste occasioni ho stretto amicizia anche con uno dei suoi figli a cui ho fatto shakubuku e che in seguito ha ricevuto il Gohonzon.

Quant’è importante per te il legame con il maestro Ikeda?

Quando ho iniziato a praticare il materiale di studio era poco. Un giorno lessi delle cose molto incoraggianti da un report di un corso dello staff sanità svoltosi negli Stati Uniti e decisi di studiare di più. Nel 1994 ci fu un ulteriore scatto quando nell’Aula Magna di Bologna mi ritrovai di fronte a lui. Ho avuto la gioia di ascoltare quella famosa lectio magistralis su Leonardo Da Vinci in cui parlò della trasformazione continua e della padronanza di sé. Compresi che Sensei era la persona capace di esprimere in una maniera cosmopolita, universale e comprensibile a tutti, concetti che sentivo già miei. Da lì ho iniziato a leggere tutta La nuova rivoluzione umana. Studio e approfondisco tutti gli episodi in cui Sensei incontra i bambini e come li tratta cercando a mia volta di fare lo stesso. Dai video inoltre vediamo che quando li incontra cerca sempre di mettersi alla loro altezza. Li considera delle persone alla pari e questo fa sentire ai bambini che sono dei Budda e che possono tirare fuori il massimo dalla loro vita.

Come hai vissuto il momento della diffusione del Coronavirus?

Ricevo tante telefonate in cui devo riuscire a gestire l’ansia dei genitori prima di tutto.
Mi rendo conto che come responsabile della salute dei bambini divento responsabile della salute anche delle loro famiglie. Dal punto di vista di sanità nazionale, sono felice di come la comunità italiana abbia messo come priorità assoluta la preziosità di ogni singola vita.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Nel mio studio lavorano anche una psicologa dell’età evolutiva e uno psicologo dell’adolescenza. Vorrei sviluppare quindi un servizio che integri sempre più anche queste figure per il benessere dei bambini. Per il futuro inoltre vorrei dedicare un’attenzione particolare all’educazione sanitaria, molto carente in Italia.
Per salute, così com’è stato dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1975, si intende uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solamente un’assenza di malattia. In quanto deputato a tutelare la salute dei miei pazienti vorrei perseguire questo.
Nella sala d’attesa del mio studio ad esempio ho una biblioteca da cui i bambini possono prendere libri e riportarli una volta finiti. La lettura, lo stare all’aria aperta, la socializzazione positiva sono attività che favoriscono un miglioramento globale della propria vita e quindi della propria salute. Si tratta di rieducarci e rieducare a tutto questo. Tirare fuori il meglio di noi è fondamentale per poi ispirare e aiutare i bambini a fare altrettanto. Ognuno di noi può fare qualcosa per rendere ciò possibile e assicurarci un futuro migliore.

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