Contesto storico
Inizia il dettagliato racconto delle vicende che culminarono con l’attacco alla Soka Gakkai da parte della Nichiren Shoshu e del suo patriarca Nikken nel 1990.
Potete leggere le puntate del volume 30 pubblicate su www.sgi-italia.org/riviste/nr/
Nella narrazione l’autore, Daisaku Ikeda, rappresenta se stesso con lo pseudonimo Shin’ichi Yamamoto
[49] Shin’ichi Yamamoto avanzava dritto verso l’obiettivo di kosen-rufu in tutto il mondo. Il tempo non aspetta nessuno.
Nel frattempo, in Giappone, proseguiva il processo contro Tomomasa Yamawaki, l’ex consulente legale della Soka Gakkai arrestato nel 1981 con l’accusa di estorsione e tentata estorsione nei confronti della Soka Gakkai. Shin’ichi fu chiamato in tribunale come testimone per l’accusa nell’ottobre del 1982 e poi ancora nel 1983. Il tribunale distrettuale di Tokyo pronunciò la sentenza nel marzo del 1985.
Yamawaki fu condannato a tre anni di reclusione e ai lavori forzati senza condizionale. Nelle motivazioni della sentenza, la corte dichiarò: «Non solo ha estorto grosse somme di denaro, ma Yamawaki ha anche infranto il segreto professionale, un crimine che costituisce una grave violazione della fiducia tra avvocato e suoi assistiti». I giudici descrissero inoltre i metodi sleali di Yamawaki: «Appoggiando gli attacchi alla Soka Gakkai di alcuni preti, è intervenuto per alimentare le critiche dell’opinione pubblica nei confronti della Gakkai tramite i giornali scandalistici»; aveva inoltre minacciato la Soka Gakkai, che desiderava invece creare relazioni armoniose con il clero.
Le motivazioni della sentenza parlavano anche delle tattiche disoneste che Yamawaki aveva adottato nel corso del processo: «L’imputato non solo ha negato le accuse sin dalle prime fasi dell’indagine, ma nel corso del procedimento ha inventato numerose spiegazioni fantasiose e ha presentato prove infondate senza mai pentirsi delle sue azioni. […] Si tratta di un grave reato, e l’imputato ha grosse responsabilità».
Il commento alla sentenza ripeteva in vari passaggi che: «Le deposizioni dell’imputato non sono attendibili», chiarendo che Yamawaki aveva ripetutamente mentito in tribunale.
Yamawaki fece immediatamente appello, ma la sentenza del tribunale distrettuale fu confermata dall’Alta Corte di Tokyo nel 1988. Fece quindi appello alla Corte Suprema, ma nel gennaio del 1991 il suo appello fu respinto, e la sua condanna a tre anni confermata.
La Soka Gakkai lo aveva denunciato alla Questura metropolitana di Tokyo nel giugno del 1980 e Yamawaki era stato arrestato nel gennaio del 1981. Erano trascorsi dieci anni da allora.
Nessun complotto o cospirazione che tenti di ostacolare il cammino di kosen-rufu potrà mai arrestare il progresso della Soka Gakkai. Come afferma Nichiren Daishonin: «Una singola verità dissolve molte forze malvagie» (Diversi corpi stessa mente, RSND, 1, 550).
[50] Shin’ichi Yamamoto non risparmiava le forze per generare in tutto il mondo una corrente inarrestabile basata sull’insegnamento del Buddismo di Nichiren, che avrebbe superato ogni ostacolo sulla strada verso la pace.
Nell’intento di realizzare kosen-rufu, egli si adoperava al massimo delle sue forze per promuovere relazioni armoniose tra la Soka Gakkai e il clero e per sostenere la Nichiren Shoshu.
Nel 1981, terminate le cerimonie per il settecentesimo anniversario della morte di Nichiren Daishonin (avvenuta nel 1282), il clero cominciò a concentrare la sua attenzione sul settecentesimo anniversario della fondazione del Taiseki-ji, il tempio principale; le celebrazioni, previste per l’autunno del 1990, dovevano essere a tutti i costi un grande successo.
All’inizio di gennaio del 1984, il patriarca Nikken fece pressione affinché Shin’ichi fosse nuovamente nominato rappresentante di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu. Shin’ichi si era dimesso da quella posizione nel 1979, in seguito alle richieste di una parte del clero.
Nel mese di marzo, in occasione di una riunione di programmazione degli eventi del settecentesimo anniversario del tempio principale, Shin’ichi annunciò l’obiettivo della Soka Gakkai di costruire duecento nuovi templi della Nichiren Shoshu entro il decennio successivo: «In accordo con la dichiarazione del Daishonin secondo cui “Il ‘grande voto’ si riferisce alla propagazione del Sutra del Loto” (cfr. BS, 113, 48), sottopongo umilmente la proposta di costruire nuovi templi per assicurare l’eterna trasmissione della Legge e realizzare kosen-rufu».
La donazione di quei templi era un’espressione del sincero desiderio della Soka Gakkai di creare relazioni armoniose tra i preti e i laici.
Nell’ottobre del 1985, il patriarca Nikken nominò Shin’ichi presidente del Comitato delle celebrazioni del settecentesimo anniversario del tempio principale. Shin’ichi si impegnò con tutto il cuore nei preparativi, deciso a rendere l’evento un successo senza precedenti.
La Soka Gakkai stava spendendo enormi risorse nella costruzione dei duecento templi promessi e aveva già compiuto progressi significativi, completando centoundici templi entro il dicembre del 1990.
Shin’ichi nutriva la speranza che i preti apprezzassero sinceramente il loro gesto e prendessero a cuore i membri della Soka Gakkai, i quali si sforzavano per kosen-rufu quotidianamente.
Nel Vero aspetto di tutti i fenomeni il Daishonin scrive: «Se hai la stessa mente di Nichiren, devi essere un Bodhisattva della Terra» (RSND, 1, 341). I membri della Soka Gakkai che si sforzano instancabilmente di diffondere la Legge mistica propagata da Nichiren Daishonin sono i Bodhisattva della Terra e i figli del Budda. Il passo del Sutra del Loto ripreso da Nichiren nel suo scritto Le quattordici offese: «Se vedrai una persona che accetta e sostiene questo sutra, dovrai alzarti e salutarla da lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda» (RSND, 1, 670 – cfr. SDL, 440) è l’essenza dello spirito del Daishonin.
Elogiare, sostenere e incoraggiare i figli del Budda sono azioni essenziali per lo sviluppo di kosen-rufu.
[51] Nell’estate del 1990 i giovani della Soka Gakkai erano impegnati presso il tempio principale nei preparativi di un festival culturale che si sarebbe tenuto il 2 settembre e che avrebbe segnato l’avvio delle celebrazioni del settecentesimo anniversario della fondazione del Taiseki-ji, tra cui alcuni grandi eventi commemorativi in programma nel mese di ottobre. Il festival si svolse la sera del 2 settembre nel grande spazio aperto di fronte alla Grande sala dei ricevimenti (Daikyakuden) e aveva come tema “Possano i cieli splendere con la luce della felicità”.
In rappresentanza del clero erano presenti il patriarca Nikken, l’amministratore generale della Nichiren Shoshu, alcuni altri alti prelati e numerosi preti, mentre per la Soka Gakkai, oltre al presidente onorario Shin’ichi Yamamoto, c’erano il presidente Eisuke Akizuki, il direttore generale Kazumasa Morikawa e i vicepresidenti.
Durante il festival furono presentate le esibizioni gioiose del Gruppo artisti e dei giovani, che includevano spettacoli di musica e danza tradizionale giapponese.
I membri provenienti da sessantasette paesi e territori sfilarono nei costumi tradizionali delle loro nazioni e furono applauditi calorosamente dal pubblico.
Anche Shin’ichi applaudiva con tutte le sue forze, in risposta allo spirito sincero di quei membri che, intenti a realizzare il voto di kosen-rufu nel mondo, esprimevano la loro gioia sorridendo e salutando gli spettatori.
Nikken era seduto accanto a lui, e osservava le esibizioni sorridendo.
Guardando quella scena, nessuno avrebbe potuto immaginare che nel dicembre di quello stesso anno il clero avrebbe messo in atto un complotto per dividere Shin’ichi e i membri e distruggere la Soka Gakkai.
Subito dopo il festival culturale che celebrava il settecentesimo anniversario del Taiseki-ji Shin’ichi aveva davanti a sé una serie di impegni, che prevedevano l’incontro con una delegazione cinese che si era recata in Giappone per partecipare a una conferenza sino-giapponese non governativa; la dodicesima riunione generale della SGI; i colloqui con il direttore del Museo d’arte di San Paolo, con il sottosegretario generale delle pubbliche relazioni delle Nazioni Unite, con il fondatore dell’Organizzazione allo Sviluppo Culturale Internazionale dell’India (ICDO) e con altri.
Nichiren Daishonin scrisse: «Il sole sorge a est, un segno propizio di come il Buddismo del Giappone è destinato a ritornare nel Paese della Luna» (Sul rimproverare Hachiman, RSND, 2, 882). Esprimeva così la convinzione che kosen-rufu si sarebbe diffuso in tutto il mondo, assicurando la pace a livello globale.
Per realizzare questo obiettivo Shin’ichi perseverava nei suoi sforzi. Per lui, ogni giorno segnava un importante passo avanti nella costruzione della pace.
[52] Il 21 settembre del 1990 Shin’ichi Yamamoto visitò la Corea del Sud per la prima volta. La mostra Capolavori della pittura occidentale, con opere provenienti dalla collezione del Museo Fuji di Tokyo, doveva essere esposta alla Galleria Ho-Am del Palazzo Joong Ang Ilbo di Seoul, sede del Joong Ang Ilbo (“Tempi centrali”), uno dei principali quotidiani del Paese. Shin’ichi sarebbe intervenuto all’inaugurazione di quell’evento come fondatore del museo Fuji.
Shin’ichi era persuaso che il Giappone avesse un grande debito di gratitudine verso la Corea in ambito culturale e credeva che esibire per la prima volta in Corea la collezione dei dipinti occidentali del Museo Fuji fosse un modo di ripagare tale debito almeno in parte.
Era inoltre animato dalla convinzione che questi scambi culturali mirati a condividere i grandi tesori dell’umanità avrebbero favorito una migliore comprensione tra Giappone e Corea del Sud e rafforzato le relazioni amichevoli tra i due paesi. Era sicuro che queste azioni sarebbero servite anche per far conoscere al pubblico coreano la Soka Gakkai, un’organizzazione che si impegnava nel promuovere la pace, la cultura e l’educazione sulla base degli ideali umanistici del Buddismo di Nichiren; non solo, sarebbero state inoltre una fonte di incoraggiamento per i membri di quel paese.
Dopo essere tornato da Seul il 22 settembre, Shin’ichi si recò nelle prefetture di Fukuoka, Saga, Kumamoto e Kagoshima nel Kyushu, la più meridionale delle quattro isole principali del Giappone. Tornò a Tokyo il 2 ottobre.
Il 6 e il 7 ottobre partecipò all’apertura delle cerimonie di commemorazione del settecentesimo anniversario della fondazione del Taiseki-ji. Fino a quel momento, la Soka Gakkai aveva coperto le spese dell’opera di restauro dello Sho Hondo, il Grande tempio principale, e aveva contribuito alla costruzione di due nuovi edifici per alloggiare i pellegrini nel tempio.
Il 7 ottobre, il secondo giorno delle celebrazioni inaugurali, si svolse la cerimonia di accensione del lampadario sospeso davanti all’altare nella Grande sala dei ricevimenti. L’enorme lampadario, che la Soka Gakkai aveva donato al tempio principale per iniziativa di Shin’ichi, aveva la forma di un loto a otto petali, un diametro di 5,4 metri e una lunghezza di 3,45 metri. Quando Shin’ichi premette il pulsante di accensione, una calda luce dorata filtrò attraverso i trafori e i vetri lavorati del lampadario.
Nella sua veste di presidente del Comitato delle celebrazioni, Shin’ichi prese la parola esprimendosi in modo risoluto: «A Nanjo Tokimitsu, il suo eminente discepolo laico che donò la terra per costruire il tempio principale, Nichiren Daishonin rivolse queste parole: “Solo quando uno incontra grandi persecuzioni, si può dire che conosca veramente il Sutra del Loto” (RSND, 1, 709). Finché vivremo, abbracceremo la stessa irremovibile convinzione espressa dal Daishonin, senza temere le grandi persecuzioni che ci colpiranno nel corso della propagazione del corretto insegnamento; anzi, le accoglieremo come il massimo onore».
Di fatto, una grande persecuzione stava per colpire la Soka Gakkai.
[53] Nel sermone pronunciato il primo giorno delle celebrazioni del settecentesimo anniversario della fondazione di Taiseki-ji, e nel suo discorso di congratulazioni del secondo giorno, il patriarca Nikken elogiò la Soka Gakkai e i risultati che questa aveva ottenuto. Il sermone, in particolare, elogiava l’associazione dicendo: «L’ascesa dell’organizzazione laica della Soka Gakkai negli ultimi anni ha portato alla diffusione dell’insegnamento corretto in tutto il Giappone e nel mondo».
Al termine del primo giorno delle celebrazioni Shin’ichi Yamamoto lasciò il tempio principale e si diresse immediatamente ad Aichi per incoraggiare i membri locali. Il 12 e il 13 ottobre tornò al tempio per partecipare ai festeggiamenti che erano ormai arrivati al culmine.
Durante l’ultima di quelle giornate Nikken consegnò a Shin’ichi un certificato di encomio e una lista di doni in riconoscimento del suo impegno e del suo contributo come presidente del Comitato delle celebrazioni.
Eppure, di lì a poco Nikken e i suoi sostenitori avrebbero messo in moto le loro macchinazioni per distruggere la Soka Gakkai.
Dopo aver partecipato alle celebrazioni per il tempio, Shin’ichi tornò a impegnarsi nei dialoghi con personalità provenienti da tutto il mondo, e con esperti in vari campi. Incontrò il rettore dell’Università di Ankara Necdet Serin e la moglie Semiramis; lo studioso di pace Johan Galtung; il direttore del Centro internazionale di fotografia di New York Cornell Capa e sua moglie Edie; il rettore Fabio Roversi Monaco dell’Università di Bologna, la più antica università d’Europa.
Ora che la Guerra Fredda era giunta al termine, Shin’ichi dedicava tutte le sue giornate alla costruzione di nuovi ponti di pace verso il ventunesimo secolo.
Il 13 dicembre incontrò presso la sede del Seikyo Shimbun Sverre Lodgaard, direttore dell’Istituto di Ricerca sulla Pace di Oslo (PRIO). Il loro colloquio si concentrò sulle proposte di Lodgaard riguardanti la sicurezza ambientale, abbracciando l’idea che la protezione dell’ambiente e il disarmo siano due componenti essenziali della pace e della sicurezza.
Presentando l’insegnamento buddista della non dualità della vita e del suo ambiente, Shin’ichi sottolineò che la causa fondamentale della distruzione ambientale, delle carestie, delle epidemie e della guerra è l’inquinamento – ovvero l’impurità della vita – che avvelena l’innata bontà delle persone. Disse: «La pace può essere di certo realizzata se trasformiamo e purifichiamo la nostra vita. Mettere in pratica questa “rivoluzione umana” basata sugli insegnamenti e sui princìpi del Buddismo di Nichiren costituisce il nucleo del movimento della SGI per la pace, la cultura e l’educazione».
[54] Il 13 dicembre, mentre Shin’ichi Yamamoto incontrava Sverre Lodgaard dell’Istituto di Ricerca sulla Pace di Oslo, si svolgeva una riunione del comitato di collegamento tra la Soka Gakkai e il clero della Nichiren Shoshu, nel quartiere di Sumida, a Tokyo. Erano presenti il presidente Eisuke Akizuki e altri responsabili della Soka Gakkai, l’amministratore generale della Nichiren Shoshu Nichijun Fujimoto e altri rappresentanti del clero.
Proprio quando la riunione stava per finire, l’amministratore generale consegnò una busta al presidente Akizuki che conteneva un questionario al quale i preti volevano che la Soka Gakkai rispondesse per iscritto. Le domande riguardavano un nastro registrato durante la riunione dei responsabili della Gakkai del 16 novembre precedente, in celebrazione del sessantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai. Si trattava del discorso di Shin’ichi.
Era una richiesta del tutto inaspettata. I responsabili al vertice della Soka Gakkai non riuscivano a capire quali fossero le intenzioni del clero.
Akizuki rispose che sarebbe stato preferibile discutere di eventuali dubbi o chiarimenti durante una riunione congiunta piuttosto che scambiarsi domande e risposte scritte. L’amministratore generale promise di riconsiderare la questione e si riprese la busta.
Ciò nonostante, in data 16 dicembre il clero inviò una lettera alla Soka Gakkai, chiedendo di rispondere «per iscritto e in modo responsabile alle domande contenute nel questionario e di inviarle all’ufficio amministrativo della Nichiren Shoshu entro sette giorni dal ricevimento del presente avviso».
Nel suo discorso, Shin’ichi aveva accennato al modo di diffondere gli insegnamenti e di promuovere le attività per diventare un movimento religioso mondiale. Le domande del clero, tuttavia, ignoravano del tutto l’intento principale del discorso e si concentravano in modo cavilloso su questioni minori.
In quella circostanza Shin’ichi aveva proposto che i cori dell’associazione cantassero l’Inno alla gioia di Beethoven. Nel suo questionario il clero sosteneva che «cantare l’Inno alla gioia in tedesco significava onorare il dio cristiano, violando il sacro mandato del Daishonin».
Il 16 dicembre Shin’ichi partecipò alla riunione dei responsabili di centro, che si svolse in concomitanza con la prima riunione generale della Divisione uomini. Poiché quel giorno era il duecentoventesimo anniversario della nascita di Beethoven, Shin’ichi menzionò lo stoico stile di vita del compositore tedesco, che rifletteva la convinzione che il suo spirito fosse in grado di abbracciare l’universo.
Secondo Shin’ichi, Beethoven era stato in grado di continuare a comporre nonostante tutte le sue sofferenze personali perché desiderava trasmettere ai posteri lo stato vitale e gioioso che aveva conseguito, condividendolo con le persone povere e infelici. Shin’ichi percepiva che lo spirito di questo grande compositore aveva molto in comune con quello della Soka Gakkai.
[55] In risposta al questionario del clero, la Soka Gakkai inviò una lettera il 23 dicembre, riaffermando il desiderio di «dialogare insieme per approfondire la comprensione reciproca». L’organizzazione cercò altresì di ottenere dei chiarimenti franchi sui dubbi e sulle questioni riguardanti il clero che erano fonte di preoccupazione per la Soka Gakkai, nell’intento di mantenere rapporti armoniosi tra preti e laici. Erano stati elencati nove punti al riguardo, che comprendevano le esternazioni del patriarca di fronte a Eisuke Akizuki e a Shin’ichi Yamamoto in occasione di alcuni loro incontri, così come i comportamenti privi di buon senso di molti preti.
Il clero rispose con una lettera datata 26 dicembre, che accusava: «La vostra richiesta di chiarimenti basata su nove questioni infondate e irragionevoli è oltraggiosa. […] La consideriamo un’indicazione del fatto che non avete intenzione di rispondere in modo sincero alle nostre domande sul discorso del 16 novembre».
Il 27 dicembre il clero convocò una riunione speciale del Consiglio della Nichiren Shoshu, per emendarne lo statuto. Introdusse una regola che riguardava il termine del mandato del rappresentante di tutte le organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu a cinque anni, una carica che fino a quel momento era stata considerata a tempo indeterminato, e a tre anni per gli altri incarichi (inclusi quelli dei rappresentanti “anziani” delle organizzazioni laiche). Furono aggiunte disposizioni disciplinari da applicare nei confronti dei fedeli laici in caso di «critiche, calunnie o diffamazioni, orali o scritte, rivolte all’amministratore capo [il patriarca] della Nichiren Shoshu».
Queste nuove regole entrarono in vigore immediatamente, stabilendo «la revoca degli incarichi a tutti coloro che finora hanno detenuto posizioni di rappresentanza nell’associazione delle organizzazioni laiche della Nichiren Shoshu». In altre parole, Shin’ichi, quale rappresentante capo dei laici, Akizuki, Morikawa e molti altri responsabili della Soka Gakkai, che facevano parte dei rappresentanti dei laici, furono destituiti dai loro incarichi.
Lo scopo della Nichiren Shoshu era chiaro. Utilizzando gli emendamenti ai propri regolamenti come pretesto, intendeva destituire la figura di Shin’ichi e distruggere la Soka Gakkai, subordinando tutti i suoi membri all’autorità del clero.
La Nichiren Shoshu annunciò ai media il cambiamento delle qualifiche che riguardavano il rappresentante capo e gli altri rappresentanti dei laici il 28 dicembre, ancor prima che la notifica ufficiale raggiungesse le persone coinvolte.
L’anno si stava per chiudere. Quel giorno Shin’ichi era impegnato con Duan Wenjie, direttore dell’Accademia cinese di ricerca di Dunhuang, presso la sede del Seikyo Shimbun; con lui discusse a fondo dello spirito buddista, che mette sempre al primo posto la felicità delle persone.
Mentre tutti intorno a lui erano sconvolti e arrabbiati per le azioni del clero, Shin’ichi perseverava nei dialoghi con i principali pensatori del mondo per diffondere la pace e la cultura. Pensando al futuro dell’umanità, procedeva senza deviare dal sentiero che aveva intrapreso, fedele alle proprie convinzioni.
(continua)