«Sia che tu invochi il nome del Budda, che reciti il sutra o semplicemente offra fiori e incenso, tutte le tue azioni virtuose metteranno nella tua vita buone radici e benefici. Pratica la fede con questa convinzione». È questo ciò che Nichiren, nella frase tratta da Il conseguimento della Buddità in questa esistenza – che la mano in copertina sta scrivendo – e in tutta la sua opera, promette ai suoi discepoli: fiori rigogliosi a chi affonda radici nella fertile e benefica terra della gratitudine e dello spirito dell’offerta.
Sviluppare un’esistenza libera non è sinonimo di mancanza di limiti, ma prima di tutto è creare dentro se stessi lo spazio infinito necessario per vivere senza condizionamenti di ogni tipo. Questa è la difficile esperienza di alcuni praticanti reclusi in due carceri italiane che testimoniano i risultati di un duro lavoro su loro stessi per imparare ad apprezzare valori spesso disprezzati e scoprire il rispetto per la dignità della vita.
All’affermazione di Tsunesaburo Makiguchi, «Quando ti trovi in una situazione senza via d’uscita, ritorna al punto di partenza», fa eco Daisaku Ikeda: «Qual è dunque il punto di partenza a cui si dovrebbe tornare? Credo che debba essere individuato nel dialogo. È sicuramente possibile affermare che l’educazione parte dal dialogo e ritorna al dialogo».
E questo vale anche per la lotta al bullismo, tema centrale nel saggio proposto in questo numero.
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