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La scuola della felicità - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:18

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La scuola della felicità

Lo studio buddista è il motore della rivoluzione umana. Il coraggio di aprirsi a nuovi modi di pensare. E il Daimoku ci guida in questo cammino di ricerca e scoperta che ogni volta ci indirizza nuovamente al Gohonzon

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Lo studio buddista è il motore della rivoluzione umana. Il coraggio di aprirsi a nuovi modi di pensare. E il Daimoku ci guida in questo cammino di ricerca e scoperta che ogni volta ci indirizza nuovamente al Gohonzon

Iniziare è facile, continuare è difficile: mamma se è vero!
Ci sono amici e amiche che hanno un cuore così forte che, pur avendo una vita dura e difficile, non hanno mai smesso di praticare il Buddismo, hanno sempre continuato e infine vinto. Io non mi sento così. I dubbi mi assalgono anche dopo anni e vittorie, e non sono simpatiche domande teoriche, ma subdoli nemici che mi impediscono di credere in me stessa, nella mia possibilità di trasformare tutto, e quindi nella mia Buddità. Mi allontanano dal desiderio di recitare, cancellano ogni mio sogno, e mi rinchiudono in me stessa, in una me stessa sola, stanca, lamentosa, che non vuole nessuno vicino. Soprattutto compagni di fede! Ma non a tutti succede così, almeno non nello stesso momento! E questa strana macchina per cui prima tira uno e poi l’altro funziona, in qualche modo. Ho imparato a dare valore a questi momenti di stallo, a questa sottile retrocessione, a non meravigliarmene quando la riconosco in altri e anche ad avere compassione. L’importante è continuare, mi ricordo, non darsi per vinti. Come, mi chiedo? È importante sapere come.
Quando tutto va storto, è scritto, è il momento di raccogliere il potere delle fede. Raccogliere: quando verso una sostanza preziosa per terra, piano piano raccolgo tutto il contenuto sparso, con fatica, un cucchiaio alla volta, elimino lo sporco e mi affanno a riempire di nuovo il contenitore. Mi guardo intorno. Cerco. Ritrovo. Riprendo. Le tracce ci sono, incise nella mia vita. Tutto sta nel saperle raccogliere.
«Dovete raccogliere il coraggio di un leone» è scritto nel Gosho Le persecuzioni che colpiscono il Budda (SND, 4, 188). E Ikeda sottolinea: «Qui la parola chiave è raccogliere» (Il mondo del Gosho, ed. Esperia, pag. 186).
Sono migliaia le frasi di Gosho, le citazioni dagli scritti di sensei, le parole che ascoltiamo a ogni incontro tra amici o compagni, sono migliaia e forse milioni, le immagini che ci frullano in testa quando pratichiamo stando male. Sono tutte lì nella nostra mente. Perché è un po’ come se le parole, ancora appese nella nostra memoria, ci raccontassero di mondi possibili, che non riusciamo a vedere. Parlano al nostro inferno, di luoghi felici, di vittorie, di speranza e di coraggio. Ci ricordano qualcosa, come un’eco lontana parla a chi si è perduto in una selva oscura e non sa davvero dove andare. Suonano, anche quando non le vorremmo ascoltare, continuamente, senza tregua, per quella parte di noi che sta morendo. Ed è musica che sa resuscitare. Come se il suono del nostro Daimoku, sapesse cercare in quella selva le parole che prima o poi ci faranno ritrovare la strada. O ancora meglio, come se le semplici parole indirizzassero il nostro cuore verso la strada del Daimoku. Migliorarsi sempre: è uno dei possibili modi per definire la rivoluzione della vita di una persona. E in questo moto a volte invisibile, leggere, fare domande e saper ascoltare è uno dei motori. Lo studio, così come lo pensiamo dopo lunghe o brevi che siano carriere scolastiche, ci ricorda uno sforzo pesante, che non sa bene dove deve andare. Si studia perché si deve, per il voto, per la laurea, si studia per passione della materia, per curiosità. Ma nel Buddismo studiare assomiglia molto di più ad un’azione fisica: cercare, ritrovare, raccogliere. Un tempo mi dissero che era come leggere le istruzioni per far funzionare una lavatrice, quando la lavatrice è la nostra vita, ed è un desiderio vivo quello di farla andare e bene. Non ci possono essere persone che non vogliono far funzionare la propria lavatrice. Non ci sono attitudini che tengano, tutti sanno cercare il pulsante giusto.
Da allora quando leggo una lettera di Nichiren, un discorso di Ikeda, un libro, o quando ascolto qualcuno che parla, so che lo studio della scuola non è quello che mi può servire. Anzi forse anche a scuola occorrerebbe imparare quel modo, così individuale, di saper afferrare ciò che serve a essere felici.
Se c’è un nome magnifico dato a un bodhisattva nel Sutra del Loto, è Percettore dei Suoni del Mondo. Alla domanda del bodhisattva Volontà Inesauribile sul perché ci fosse un Bodhisattva chiamato Pecettore di Suoni dal Mondo, Shakyamuni risponde: «Uomo devoto immagina che vi siano centinaia, migliaia, decine di migliaia, milioni di esseri viventi di afflitti da varie tribolazioni e sofferenze. Se sentono parlare di questo bodhisattva Percettore dei Suoni del Mondo e invocano il suo nome con tutto il cuore, egli percepirà all’istante la loro voce ed essi saranno liberati dalle tribolazioni» (SdL, 24, 399).
Quel bodhisattva, che si manifesta in mille forme, come acqua in vari recipienti, è il desiderio delle persone di trovare la risposta al proprio dolore, e a quello degli altri. E il suo nome ci ricorda esattamente che una delle sue caratteristiche è la sua capacità di percepire il dolore del mondo e liberarlo. Così quando stiamo in una situazione che pare non avere via d’uscita, raccogliamo il potere della fede, cerchiamo un modo per superare la nostra debolezza, «questo è il modo per scartare il superficiale e rivelare il profondo dalla nostra esistenza» (NRU, 2, 76). Tutti i suoni e le parole che abbiamo percepito fanno a gara per liberarci. A volte rimbalzano, per mesi, come se non fossimo più in grado di capire o di credere, ma in realtà producono minuscole fessure dalle quali prima o poi sgorga acqua limpida e pura.
Chi di noi non ha pensato, almeno una volta nella vita, che “l’inverno si trasforma sempre in primavera”, come insegna il Gosho, o che “più scura è la notte, più è vicina è l’alba” (come recita una poesia di Ikeda)? Quante volte qualcuno mi ha detto qualcosa per incoraggiarmi, e per un attimo ho pensato che valesse per tutti ma non per me, come se quelle parole scivolassero nel pozzo oscuro di tutti i miei guai, e non ho fatto altro che ascoltare, senza crederci davvero? Ho recitato Daimoku per arrivare a sentire esattamente così e con precisione e sembrava impossibile? O addirittura ho continuato a disperare davanti al Gohonzon, pensando sinceramente “sarà sempre così” e “non ce la posso fare”?
È magnifico, invece, come questo modo invisibile di orientare la propria vita, produca sempre risultati fantastici. Basta continuare. Studiare, nel Buddismo è semplicemente questo, continuare a cercare risposte. Ricominciare. Non arrendersi mai. Prendere in mano le istruzioni e provare, riprovare. Anche quando sono veramente complicate. Impossibili per una come me. Recitare, pigiare qualche tasto, riprendere in mano le istruzioni, spingere ancora. Non si finisce mai di imparare, e si dimentica sempre. Proprio quando si crede di aver preso “la mano” quando ci si sente “ferrati” e ci si può permettere anche di dare qualche consiglio a chi ha un problema, la lavatrice fa nuovi capricci. Magari non così tremendi da metterci in allarme, ma prima o poi la mia si ferma. Allora mi pare di non sapere più niente. Ritorno principiante. In realtà lo si è sempre.
Quando non sai come andare avanti, torna al punto di partenza, diceva il presidente Toda. Da capo, e non è facile, occorre ritrovare quella sana umiltà, che ci permette di rivedere tutto come se non lo avessimo mai capito. Perché la vita è davvero impossibile da contenere in qualche schema che abbiamo già appreso. Studiare serve a questo, a non dimenticare questo piccolo segreto. Quando non sai come andare avanti torna al punto di partenza. Riprendo in mano un Gosho, lo rileggo e riscopro milioni di cose che non ho mai sperimentato. Provo da lì. E qualcosa risuona profondo, nel cuore.
Nell’inferno della sofferenza incessante, nella noia, nell’estasi, nella rabbia, quando vorresti solo un posto tranquillo per te e per i tuoi, quando le idee intelligenti ti riempiono la testa, e persino quando lotti per aiutare chi soffre, studiare olia il motore, lo fa girare meglio, lo fa andare per il verso giusto. E deposita nel cuore quelle famose parole che suoneranno quando non avrai altro che quelle.
Indiana Jones andava per il mondo a scoprire cose. Ci sono molte occasioni per rinnovare questo desiderio di avventura, tutti i giorni. A volte qualcuno fa domande difficili, a volte leggiamo qualcosa che ci colpisce, a volte non riusciamo a venire a capo di un problema nell’attività, in famiglia, al lavoro, ogni mattina leggiamo una frase e non sempre le capiamo… E studiamo.
Recitiamo Daimoku, leggiamo, raccontiamo una cosa che abbiamo scoperto. Come siamo incredibili noi esseri umani: sappiamo essere anche cercatori fantastici, mai sazi, fantasiosi, creativi, studiosi dell’arte di vivere. Essere donne e uomini della Soka Gakkai significa aiutarci l’un l’altro nello sviluppare proprio questi aspetti, soprattutto nei momenti più difficili, quando le cose non sono quelle che avevamo sognato, quando anche tra di noi si fatica a capirsi, abbiamo sempre in mano la chiave per uscirne migliori. A volte un po’ dispersivi se vogliamo, prima di pigiare il tasto giusto sappiamo sperimentare milioni di teorie provvisorie, ma indomabili studiosi dell’arte di vivere! Per ciascuna delle cose che scopriamo in tutte le nostre pubblicazioni e riunioni, ci facciamo sopra esperimenti, prove concrete.
A guardarla da fuori, è una grande università, viva, brillante, che produce costantemente risultati. Lì, seduti davanti al Gohonzon, noi, umanissimi, attingiamo alla parte più irrequieta della nostra umanità, quella che non ci fa mai fermare. «Fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza» (Inferno, XXVI, 119-120) diceva Dante, cantando di Ulisse e dello spirito di ricerca dell’essere umano. E noi, sulla nostra personalissima nave attraversiamo il mare della sofferenza, e continuiamo a desiderare di percepire tutti suoni del mondo. Non ci sono punti d’arrivo.
La prima volta che provai un esame di studio, grazie a chi mi stava accanto, non pensai neppure un attimo ai voti e agli esami di scuola. Era solo un’opportunità, una sfida per rimettersi in moto. Una ripartenza. E studiare, anche solo le date importanti della vita di Nichiren Daishonin, mi fece ritrovare il cuore profondo e umano di un uomo incredibile. Così giovane pensai, così deciso, così curioso e anticonformista. Il suo modo di lottare per la giustizia, così raro oggi, mi fece ricordare la fatica di continuare, in un ambiente dove essere trascinati come un banco di pesci verso soluzioni irreversibili pare l’unico modo naturale. E riconobbi la lotta e la fatica, di chi è deciso a guardare sotto la superficie. E la sofferenza di chi continua a guardare sotto, anche quando in molti non lo fanno. E la felicità e il potere di chi scopre come trasformare quella fatica in una gioia assoluta.
E ancora faremo esami, molto più difficili di quelli che l’istituto organizza. Saremo costretti a rivedere mille volte gli stessi principi, per ritrovare nella tempesta la radice di una fede forte e le armi giuste contro ogni oscurità. Studiare è raccogliere, conservare, capire, sperimentare, vivere. Svelare l’inganno delle nostre illusioni, e mantenere un cuore fermo.
Come è fantastico tutto ciò. Un motore invisibile, fatto da persone, continua a produrre motivi per ripartire, sempre e sempre più profondamente. Esageratamente felici, riusciamo ad essere, molto di più che felici. Abbastanza lucidi da sapere cosa raccontare a chi fa domande, oppure per tacere, per fare Daimoku e basta. Spesso è davvero questo il risultato di tanti sforzi. Imparare a tacere, ascoltare e stare accanto. Combattere insieme, perchè «la Legge mistica si trova soltanto in questa battaglia incessante» (Il mondo del Gosho, ed. Esperia, pag. 178). Abbastanza lucidi per continuare a farne a noi stessi, di domande, anche le più scomode: sto migliorando? Sto accumulando i tesori del cuore? Sto usando la determinazione giusta? Sto diventando un vero successore del mio maestro? Domande che a me fanno sempre un po’ male, alle quali rispondo quasi sempre di no. Ma che mi fanno ripartire, anche se in modo diverso ogni volta.

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Lo studio di ogni giorno

Pubblichiamo un estratto di un articolo di Daisaku Ikeda apparso sul Seikyo Shimbun (quotidiano giapponese della Soka Gakkai) in vista della sessione di esami che è tenuta in Giappone a settembre.

Fra gli esaminandi ci sono anche persone di una certa età che non avrebbero mai pensato di dover ancora sostenere un esame. Ci sarà probabilmente anche chi non ama gli esami e non ha ancora deciso se sostenerli o meno. Lo spirito di ricerca che si manifesta nello studio del Buddismo è sinonimo di fede e pratica della vittoria. Tutti sono ugualmente “professori di felicità e di pace”, e “professori della filosofia basata sull’umanesimo”. Anch’io in gioventù mentre lottavo al punto da non distinguere se era giorno o notte, studiavo utilizzando tutti i ritagli di tempo. Nella mia borsa c’erano sempre il Gosho e il Dai-bya-ku-renge (mensile di studio della Soka Gakkai giapponese, n.d.t.) che studiavo spesso in treno.
È sempre stata mia abitudine “studiare in mezzo alla lotta” e sono convinto che questo vale anche per molti compagni di fede. Ogni giorno cercavo di leggere anche una sola frase del Gosho e questo toccare con mano il magnifico spirito di Nichiren Daishonin divenne l’energia vitale per vincere in gioventù.

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