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Dove sta la libertà? - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:38

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Dove sta la libertà?

Carla Torregiani, Roma

«Avrei voluto lasciare Marco e fuggire in qualche paese lontano. Ma, se lui era il mio specchio, come insegna il Buddismo, dovevo solo ricominciare da me e tornare davanti al Gohonzon per superare i miei limiti, che non mi permettevano di vedere la realtà

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«Avrei voluto lasciare Marco e fuggire in qualche paese lontano. Ma, se lui era il mio specchio, come insegna il Buddismo, dovevo solo ricominciare da me e tornare davanti al Gohonzon per superare i miei limiti, che non mi permettevano di vedere la realtà

Mi sono sempre considerata uno spirito libero, sostenendo che l’amore eterno non esiste e che gli uomini sono tutti uguali! Forse per l’esempio di mio padre, che pur essendo un buon genitore, non è stato un marito esemplare, avevo sviluppato una visione distorta del maschio, scegliendo il partner con caratteristiche simili alle sue: un gran cuore, ma anche egoista, infedele, collerico. Giovanissima ho provato a sposarmi, ma solo perché esisteva il divorzio! Le mie storie d’amore si sono sempre bruciate in fretta, tanto ho sempre detto che a me una relazione duratura non interessava.
Mi ero creata l’immagine della donna forte e indipendente, che non aveva bisogno di nessuno, ma probabilmente non ammettevo nemmeno a me stessa che desideravo incontrare il grande amore, e ora che recitavo Daimoku mi sentivo ancora più sicura di me, più ottimista. Ho parlato del Buddismo a tante persone e, dopo aver recitato molto Daimoku per la mia famiglia, anche mio fratello e mia sorella hanno iniziato a praticare.
Nel 1996 ho ricevuto il Gohonzon, e anche mia madre, che in quel periodo soffriva di una forte depressione, ha iniziato a recitare. Invece mio padre pur accettando la nostra “nuova” religione e condividendone i principi, non ne voleva sapere. Comunque non era più quel padre che tanto avevo biasimato da bambina, negli anni era diventato il mio paladino, il mio amico del cuore. Genitore sempre presente, era pronto a incoraggiarmi e a sostenermi, anche economicamente, visto che volendo fare l’artista avevo poco tempo per lavorare! Così viaggiavo e giravo il mondo in cerca della “libertà”, ma non riuscendo a trovare ciò che cercavo, ritornavo sempre a casa.
Certo in quel periodo non sono mancate grandi liti con mio padre, perché eravamo entrambi troppo impulsivi; ma la verità è che covavo ancora un bel po’ di rancore nei suoi confronti. Allora pensavo che facendolo praticare, “lui” sarebbe cambiato! In seguito ebbe dei seri problemi economici e ogni volta che si lamentava, lo invitavo a recitare assicurandogli che quello era l’unico modo per cambiare la situazione. Pregai molto per la sua felicità e infine lo convinsi con le parole di Nichiren Daishonin: «Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra. Allora, come afferma il sutra, “tutti i nemici saranno annientati”» (SND, 4, 195). Così un giorno finalmente tutta la mia famiglia si riunì a recitare Daimoku davanti al mio Gohonzon. Fu la gioia più grande della mia vita!
Tutto sembrava andar bene, ma in seguito emersero delle grandi incomprensioni tra i miei genitori che due anni fa volevano addirittura separarsi. I miei fratelli e io siamo sempre stati molto uniti e ora che recitavamo Daimoku, eravamo diventati più consapevoli della fortuna di avere due genitori meravigliosi e volevamo anche vederli felici come marito e moglie. Recitammo insieme con convinzione e gratitudine, decidendo di cancellare i vecchi rancori verso mio padre che in passato aveva fatto soffrire nostra madre e di conseguenza noi. Da quel giorno i nostri genitori cominciarono a costruire un vero e proprio rapporto d’amore.
Intanto io continuavo a viaggiare cercando nuove emozioni, ma nonostante le bellissime esperienze, capii che dovevo lottare, progredire e vincere lì dov’ero, quindi tornai in Italia e, dopo tanti rifiuti, accettai la responsabilità di un gruppo. Subito si realizzò un grande beneficio: trovai l’editore disposto a pubblicare il mio romanzo, sì perché il mio più grande sogno era quello di diventare una scrittrice!
Ancora una volta tutto sembrava andar bene, ma a settembre di due anni fa scoprimmo che mio padre aveva un tumore e che gli rimaneva poco tempo da vivere. È stato un duro colpo, ma la grande fede nel Gohonzon mi ha permesso di sostenere mia madre e soprattutto lui che, appresa la notizia, era caduto nella disperazione. Sono andata avanti incoraggiata dalla frase del Gosho I due tipi di fede: «È vero che nella tua famiglia qualcuno è malato? Se è così, non può essere opera di un demone. Le Jurasetsu stanno cercando di mettere alla prova la tua fede…» (SND, 5, 212). Mio padre, che fino ad allora recitava saltuariamente, prese la decisione di guarire per fare una grande esperienza che avrebbe incoraggiato gli altri. Insieme leggevamo il Gosho e pregavamo molto. Con lui davanti al Gohonzon ho sentito sciogliere ogni dissapore e il nostro legame diventare profondo amore.
Quell’immagine dell’uomo forte era sparita. Ora avevo davanti a me un uomo indifeso e tanto bisognoso d’affetto. In quel periodo facevo attività nel coro adulti per la riunione del 18 novembre e mio padre, pur essendo molto debole per una difficile operazione che aveva subito invano, riuscì a parteciparvi, tornando a casa felice e rinvigorito. Purtroppo i giorni seguenti le sue condizioni di salute peggiorarono. Non sapevo quanto tempo gli rimaneva da vivere ma sapevo che «un giorno di vita è molto più prezioso di tutti i tesori dell’universo» (SND, 4, 90). Alla fine pur essendo costretto a letto, forte dell’amore di mia madre e del nostro affetto, ha goduto delle cose che gli sono sempre piaciute e non si è mai lamentato della sua condizione d’invalido, lui che era sempre stato un uomo atletico e pieno di gioia di vivere.
Nonostante la difficile situazione, la mia famiglia ha ricevuto tanti benefici: il prezioso aiuto dei parenti, il sostegno dei compagni nella fede, la degenza gratuita in una clinica privata dove abbiamo fatto conoscere il Buddismo a medici e infermieri, che si meravigliavano di come mio padre reagisse senza dolore a un tumore alle ossa in fase terminale. La sua malattia mi ha permesso di capire le sofferenze degli altri e aprire di più la mia vita. Il 22 marzo del 2002 i miei fratelli e io abbiamo recitato Daimoku accanto a nostro padre che, con un ultimo sforzo, ci ha salutato stringendoci le mani. Per noi figli e anche per mia madre era stato un pilastro e, con la sua morte iniziava una nuova fase.
Ho capito che fino a quel momento ero stata cullata dalla vita, come una bambina. Ora dovevo contare solo su me stessa, non c’era più mio padre a proteggermi e, senza di lui anche il rapporto con i miei fratelli sembrava compromesso. Dopo tanti benefici in me rimaneva solo un grande senso di vuoto e di solitudine. A piccoli passi e con grande sforzo ho iniziato a lottare contro i miei limiti, rendendomi conto che la sofferenza non permetteva alla mia vita di apprezzare quello che avevo intorno.
Nel frattempo ho incontrato Marco, che mi è stato molto vicino e mi ha sostenuto fino in fondo. Cercando di approfondire il legame col Gohonzon sono riuscita a non dipendere da lui come avevo fatto con mio padre e, quando ho deciso di aprirmi all’amore senza più paura di perdere la mia libertà, ho accettato la nostra relazione cercando di superare tutti i miei pregiudizi sugli uomini. Ma ogni volta che decidevo di sposarlo, emergeva qualche aspetto del suo carattere che mi faceva soffrire e, quando si è manifestata la sua collera, mi è sembrato di morire, soprattutto perché riconoscevo un aspetto a me tanto familiare che avevo rimosso.
Volevo correre da mio padre e chiedergli aiuto, ma lui non c’era più. Rivolgendomi a mia madre, non avevo fatto altro che ricordarle la sofferenza dei suoi primi anni di matrimonio. Avrei voluto lasciare Marco e fuggire in qualche paese lontano. Ma, se lui era il mio specchio, come insegna il Buddismo, dovevo solo ricominciare da me e tornare davanti al Gohonzon per superare i miei limiti, che non mi permettevano di vedere la realtà delle cose.
Recitando Daimoku ho compreso che tutto ciò che non mi piaceva di lui, era già dentro di me e così la collera, l’arroganza e l’egoismo hanno lasciato il posto alla compassione. Con umiltà verso me stessa, ho cominciato a capire la mia vita e, abbandonando tutte le idee e i preconcetti che mi ero costruita, a capire e apprezzare la sua. Affrontando i problemi davanti al Gohonzon, il nostro rapporto si è rivelato una grande occasione di crescita.
Con coraggio e amore abbiamo combattuto le nostre tendenze negative. Cadendo e rialzandoci senza mai scoraggiarci, Marco e io abbiamo avuto la possibilità di migliorare e mettere finalmente le basi per realizzare il nostro scopo comune: costruire una famiglia. Dopo aver superato tante difficoltà lo scorso 1 febbraio finalmente ci siamo sposati. Siamo felici e con rinnovata gratitudine ogni giorno lottiamo fianco a fianco per creare valore nelle nostre vite ed essere d’esempio agli altri.
Sono felice che in questo percorso anche i miei fratelli siano maturati e migliorati e, che mia madre si sia rivelata una donna più forte di quello che sembrava. Ora collaboro con due riviste e il mio desiderio è quello di affermarmi come scrittrice. Mentre scrivevo quest’esperienza ho partecipato ad un importante concorso letterario con l’obiettivo di vincere e, non solo ho vinto il primo premio, ma anche una cospicua somma di denaro! Dopo tutte queste vittorie, ora più che mai il mio punto fermo rimane il Gohonzon ed ho deciso che la sfida delle sfide sarà quella di vincere sempre, qualunque cosa accada!

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