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Bello e impossibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:13

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Bello e impossibile

Sandra Poli, Roma

Compresi in qualche modo oscuro che la mancanza di un compagno per me era stata la legna da ardere, il famoso espediente: nessun’altra cosa avrebbe potuto spingermi davanti al Gohonzon e grazie a questo rivoluzionare la mia vita

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Compresi in qualche modo oscuro che la mancanza di un compagno per me era stata la legna da ardere, il famoso espediente: nessun’altra cosa avrebbe potuto spingermi davanti al Gohonzon e grazie a questo rivoluzionare la mia vita

Ho iniziato a praticare il Buddismo nel 1988: lavoravo in un istituto di estetica a Empoli, guadagnavo abbastanza, non avevo malattie e neanche problemi particolari: ma ero totalmente, assolutamente infelice. Attribuivo questo malessere alla mancanza di un compagno e così, quando una ragazza mi propose di partecipare a una riunione buddista, pensando: «Magari incontro qualcuno!» decisi di iniziare a praticare. Mi dicevo: «Soldi non me ne chiedono, cosa ci rimetto? Al massimo un po’ di tempo!». Il mio desiderio, il grande scopo che subito mi prefissi, è quasi inutile dirlo, era trovare un uomo, fidanzarmi. Iniziai subito a recitare un’ora e mezzo di Daimoku al giorno. Mi dicevano: «Recita per kosen-rufu, in questo grande scopo c’è anche il tuo desiderio». Ma io vedevo più possibile, più realizzabile la pace mondiale piuttosto che trovare un fidanzato.
Poco dopo aver iniziato a praticare, decisi di licenziarmi da un lavoro che trovavo bello e gratificante, ma che in qualche modo non mi soddisfaceva più; mi venne, impellente, il desiderio di ricominciare a studiare. Volevo fare l’università!
E tutti mi dicevano: «Che bello! Che bello! Il presidente Ikeda spinge sempre i giovani a studiare.» Il mio unico pensiero in realtà era: «Una donna laureata è più affascinante…» Eppure niente, non “acchiappavo” nessuno! Tutti mi dicevano: «Ma com’è possibile? Sei tanto carina…». «Sì,» rispondevo io «però tutti fuggono appena si avvicinano». «Devi avere gratitudine per quello che hai, non ti lamentare!» mi ripetevano. Ma io continuavo: «Recito Daimoku, dedico moltissimo del mio tempo agli altri, sono responsabile di gruppo, offro la mia casa per tante attività, però non trovo un uomo. Perché? Com’è possibile? Il Gohonzon funziona per tutti tranne che per me. Persino un mio amico che è abbastanza bruttino e non tanto profumato ha trovato moglie!» Insomma: mi lamentavo sempre.
«Forse devo diventare più attraente» mi dicevo «devo dimagrire». Così seguii una dieta macrobiotica, dimagrii moltissimo, imparai la cucina alternativa, che fa sempre una bella impressione, ma ancora e sempre: niente! «Beh» mi dissi «il corpo non deve essere solo snello ma anche agile, morbido, sinuoso…» E mi iscrissi a un corso di danza del ventre. «Cosa c’è di più sensuale di una donna che sa fare questa danza?» pensavo. Imparai a danzare muovendo tutto il bacino, feci pure uno spettacolino ma non successe nulla.
Nel bel mezzo di questi tentativi, mia sorella, che per vari problemi era ingrassata trenta chili nel giro di tre mesi e non si curava più del suo aspetto, improvvisamente trovò un bel fidanzato che l’adorava. Non mi capacitavo; la sofferenza era arrivata al limite della sopportazione «Mi schianto in un muro o di fronte al Gohonzon?» mi chiedevo. E finivo sempre di fronte al mobiletto, per fortuna. Quanto Daimoku! Arrivai a recitare sei ore di fila senza interruzione.
Continuando comunque a perseverare nelle attività buddiste e nella pratica, nonostante i dubbi, arrivai a un ennesimo corso estivo. Ero veramente “fuori di testa” e per la prima volta in vita mia mi affidai totalmente al Gohonzon. All’improvviso sentii come uno squarcio dentro, come se in una stanza chiusa da tanto tempo una folata di vento avesse spalancato la finestra e il sole fosse entrato tutt’a un tratto a illuminare ogni angolo. La gioia era incontenibile: provavo una sensazione che non derivava da nessun evento esterno, che veniva dall’interno della mia vita e alla quale avevo finalmente avevo permesso di uscire!
Sette anni di dura lotta con me stessa, e il Daimoku, l’attività, l’incoraggiamento ai membri del mio gruppo, a mio modo sempre pensando di non esserne all’altezza, erano stati come la goccia che spacca la roccia e avevano fatto a pezzi la mia corazza. Il mio viso era più radioso, i miei lineamenti più distesi, e qualcuno (uomo) cominciava timidamente a avvicinarsi, ma il mio modo di fare rispecchiava sempre l’illusione. «Sandra» mi dicevo «non vai bene così come sei. Devi scegliere le parole giuste, l’abbigliamento giusto, l’atteggiamento giusto, tutto quello che non sei insomma, per apparire, all’occasione, più misteriosa, più intellettuale, più vamp, più qualcosa. Tutto meno che te stessa!». Continuavo quindi a pensare che la mia felicità dipendesse da fattori esterni.
Tuttavia la forza che avevo sentito dentro me, una forza indipendente da qualsiasi situazione, mi portò a prendere grosse decisioni come quella di cambiare città e così, con la scusa di finire l’università, andai a Roma, città che ho sempre amato fin da piccola. Potrebbe sembrare una cosa non esageratamente difficile da realizzare ma per me voleva dire staccarsi da una cittadina di provincia, forse noiosa, ma sicura e funzionale, e soprattutto da quel nido protettivo che era la mia famiglia. Sentii che ora potevo farlo, ora che finalmente i rancori atavici verso mio padre e in particolar modo verso mia madre sembravano dissipati.
Nuova città, molto più grande, nuove amicizie, uno spirito più leggero. «Può essere che trovo pure il fidanzato». E invece niente!
Vado a chiedere un consiglio personale a Dadina (a Firenze mi mancava solo Kaneda, poi avevo chiesto consiglio a tutti). Dadina mi disse molte cose ma una in particolare mi è sempre rimasta in mente. Disse: «È inutile stare a sfruculiare tanto la psiche, sforzati di sviluppare un ichinen verso la gioia, cerca di vedere il lato positivo di ogni cosa. Tu non hai nessuno ma c’è il lato positivo, non stai soffrendo, non stai sopportando umiliazioni, non stai concedendoti a qualcuno che non ti merita. Nella vita sii spontanea e naturale, mettiti davanti al Gohonzon e ringrazia per tutto quello che hai, elimina le lamentele, che fanno molto male, ma non diventare un’altra, non farti condizionare da modelli fuori di te». Ancora una volta venivo incoraggiata a tirar fuori la felicità da dentro di me. E proprio quell’incoraggiamento fu una bella spinta ad alleggerire la mia vita e migliorare la mia pratica.
Mi dedicai con un impegno mai avuto prima allo studio, tanto che sostenni dieci esami con buoni risultati in meno di due anni. In contemporanea decisi di frequentare un laboratorio teatrale. Lo confesso, non ero poi così interessata al teatro, volevo fare la psicologa, ma mi piaceva il conduttore del laboratorio. Naturalmente, ahimé, non mi si filava di pezza, in altre parole non mi vedeva nemmeno. In compenso scoprii che il teatro e l’espressione corporea stavano diventando sempre più importanti per me. Dopo il primo spettacolo, al quale non volevo partecipare essendo assolutamente terrorizzata dal pubblico, decisi di iscrivermi a una scuola professionale di recitazione, non senza fatiche anche di natura economica, ma questa volta solo perché desideravo diventare una brava attrice. Dopo tanto tempo veniva fuori la voglia di esprimermi senza gabbie e, più ero naturale più andava bene, più ero Sandra più andava bene!
Portai a termine gli studi universitari laureandomi in psicologia con una tesi sperimentale sulla danza del ventre. Alla vigilia della discussione riemersero le mie insicurezze. Aiutata da un’amica responsabile mi ricordai le parole di Dadina: «Sandra alza la testa e sii orgogliosa di essere Sandra; non cambiarti a forza». «Sii te stessa sii te stessa sii te stessa…» mi ripetevo. Conquistai la commissione e sette punti.
Compresi in qualche modo oscuro che la mancanza di un compagno per me era stata la legna da ardere, il famoso espediente: nessun’altra cosa avrebbe potuto spingermi davanti al Gohonzon e grazie a questo rivoluzionare la mia vita, capire i miei veri desideri, comprendere, sentire profondamente che vado bene così come sono, perché anche io sono un Budda. Sì! Anche io!
Nel 2002 il primo dei miei scopi nella famosa lista di Capodanno non era più «Voglio un uomo» scritto a caratteri cubitali. L’uomo era addirittura in quarta posizione! Anche le caratteristiche allegate erano un po’ diverse; forse avevo capito cosa realmente volevo trovare in un compagno. Fatto sta che non avendo più quell’ansia ossessiva ma concentrandomi per migliorare la mia vita, senza più paragonarmi agli altri, ho incontrato un ragazzo carino che mi vuole un gran bene. Nonostante io abbia fatto di tutto per non abbandonare le mie tendenze da zitella incallita, lui ha eroicamente resistito e da subito tutto in questo rapporto è stato fluido e naturale.
Ho saputo che alcuni amici e conoscenti di Empoli, appresa la notizia del mio fidanzamento, hanno ricominciato a praticare con rinnovato vigore pensando: «L’IMPOSSIBILE diventa POSSIBILE!»

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