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Lettera a Gijo-bo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:17

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Lettera a Gijo-bo

Gijo-bo Gosho (Koshin Bukkai Sho)
Gosho Zenshu pag. 892
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 5 pag. 3

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Gijo-bo Gosho (Koshin Bukkai Sho)
Gosho Zenshu pag. 892
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 5 pag. 3

Ho letto attentamente la tua domanda sul Buddismo. I benefici del Sutra del Loto possono essere compresi solo dai Budda: è una comprensione a cui giunge a stento persino la saggezza delle emanazioni dei Budda delle dieci direzioni. Per questo motivo, come ben sai, il Gran Maestro T’ien-t’ai disse che la parola myo significa mistico, e mistico significa incomprensibile[ref]Introduzione allo Hokke gengi.[/ref].
Questo sutra espone una gran varietà di pratiche, ma solo T’ien-t’ai, Miao-lo e Dengyo ne compresero l’insegnamento. Fra costoro, il Gran Maestro Dengyo, benché fosse la reincarnazione di T’ien-t’ai, inviò varie volte messaggeri in Cina per poter risolvere i dubbi della gente. L’essenza di questo sutra, la cosa più importante, è il mutuo possesso dei dieci mondi, i cento mondi, i mille fattori, ichinen sanzen: questa dottrina è stata rivelata nel Maka shikan.
Proseguendo, la dottrina del capitolo Juryo riveste un significato speciale per Nichiren. T’ien-t’ai, Dengyo e altri maestri la conoscevano in linea generale, ma non la espressero a parole e così anche Nagarjuna e Vasubandhu. Il Jigage del capitolo Juryo dice: «Con unica mente desiderano vedere il Budda e non risparmiano la propria vita»[ref]Più liberamente si potrebbe tradurre: «Con l’unico ardente desiderio di vedere il Budda…».[/ref]. Grazie a questa frase io, Nichiren, ho fatto apparire la Buddità nella mia vita, cioè ho realizzato le tre grandi leggi segrete, il “reale ichinen sanzen” del capitolo Juryo. Ma questo teniamolo per noi!
Dengyo, il Gran Maestro del monte Hiei, si recò in Cina e gli fu trasmesso il significato profondo di questa frase: “unica” di unica mente indica l’unica pura via[ref]Unica pura via: la vera entità che permea tutti i fenomeni.[/ref], “mente” indica tutti i fenomeni. Il Gran Maestro T’ien-t’ai interpretò così l’ideogramma di mente: «Una luna e tre stelle; la mente dei comuni mortali è fondamentalmente pura»[ref]Fonte sconosciuta.[/ref]. Per Nichiren, “unica” è myo, “mente” è ho, “desiderare” è ren, “vedere” è ge e “il Budda” è kyo. Per propagare queste cinque sillabe “non risparmiano la loro vita”.
Desiderare di vedere il Budda con unica mente è concentrare la mente nel vedere il Budda e se si vede la propria mente, si vede il Budda. Realizzando lo stato di Budda con i suoi tre corpi originali[ref]I tre corpi originali del Budda. Qui significa che Nichiren Daishonin è il Budda originale eternamente dotato dei tre corpi: hosshin, corpo della Legge, la verità della vita del Budda; hoshin, il corpo della retribuzione, cioè la saggezza, ottenuta con le pratiche buddiste di percepire quella verità, e ojin, il corpo della manifestazione con cui il Budda appare per salvare la gente. I tre corpi del Budda originale sono definiti musa, letteralmente non creati, cioè naturali o eterni.[/ref], io senza dubbio ho sorpassato T’ien-t’ai e Dengyo, Nagarjuna e Mahakashyapa. Il Budda afferma che dobbiamo diventare padroni della nostra mente e non lasciare che la mente sia la nostra padrona[ref]Sutra del Nirvana, cap. 11.[/ref]. Per questo ti ho sempre esortato a dedicare il tuo corpo e a non risparmiare la tua vita per il Sutra del Loto. Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.

Nichiren

Il 28 maggio del decimo anno di Bun’ei (1273)

Cenni storici

Il Daishonin scrisse questo Gosho a Gijo-bo, un prete del tempio Seicho-ji, nel 1273, mentre si trovava a Sado, un mese dopo aver completato il trattato Il vero Oggetto di culto per l’osservazione della mente. In questa lettera, conosciuta anche con il sottotitolo Il mondo di Budda si trova nella nostra mente, riassume concisamente gli stessi principi che aveva esposto nel trattato.
Il 28 aprile 1253, Gijo-bo e Joken-bo avevano aiutato il Daishonin a mettersi in salvo dalle ire di Tojo Kagenobu, fervente seguace della setta Nembutsu, che ordinò ai suoi soldati di ucciderlo perché aveva rivelato pubblicamente che l’insegnamento corretto per l’epoca era Nam-myoho-renge-kyo e affermato che le dottrine delle quattro sette allora più influenti erano deleterie per chi le seguiva e per il paese. Gijo-bo, Joken-bo e altri preti si convertirono all’insegnamento di Nichiren, ma rimasero nel tempio.

Spiegazione

Il Buddismo si è sempre occupato delle persone piuttosto che di un’entità trascendente. La preoccupazione è per la vita stessa dell’individuo. La natura essenziale della vita è la Buddità e non c’è un singolo atomo della galassia che non la contenga. Nonostante ciò, la cosa più difficile da immaginare per noi esseri umani è che noi stessi siamo dei Budda.
La Lettera a Gijo-bo è una delle molte lettere che il Daishonin ha scritto per renderci consapevoli di questa realtà.
Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo, la nostra mente può essere attraversata da varie preoccupazioni o desideri, ma l’ultima cosa a cui pensiamo è la nostra natura di Budda. Proprio per questo Nichiren stabilì la pratica di recitare davanti al Gohonzon, affinché potessimo vedere e credere nella nostra Buddità e quindi trasformare le nostre vite.
Anche se restiamo tenacemente attaccati alle nostre paure, alle nostre preoccupazioni e alla nostra autocommiserazione, la natura di Budda si manifesterà immancabilmente nella nostra vita. È ovvio però che quando siamo fermamente decisi a ricercarla mentre recitiamo l’effetto della Buddità sarà ancora più visibile.
Il Buddismo attribuisce una grande attenzione all’istante presente. Questo momento, ora, influenza il momento successivo, quindi il futuro è determinato da quello su cui ci concentriamo adesso. Se ci concentriamo sul Gohonzon, invece che sui nostri problemi, vedremo la nostra vita in una prospettiva completamente diversa. In una delle sue lezioni sul Sutra del Loto, il presidente Ikeda afferma: «Ciò che conta è adesso: l’ichinen, la determinazione di questo momento ci dà la forza interiore per recidere i legami del karma passato, aprendoci il sentiero della felicità» (D. Ikeda, Il capitolo Juryo, ed. Esperia, pag. 73).
La cosa più importante di questo Gosho è che in esso Nichiren Daishonin ci insegna come fare a manifestare concretamente la nostra Buddità, spiegandoci il metodo che lui stesso ha usato.

Ho letto attentamente la tua domanda sul Buddismo … e mistico significa incomprensibile.

Nella storia del Buddismo, la verità fondamentale era considerata “al di là di ogni descrizione e immaginazione”, oltre la portata espressiva e intellettuale dell’essere umano. In tal senso i benefici del Sutra del Loto possono essere identificati con la condizione di Buddità che contiene in sé una potenzialità infinita come quella dell’universo, quell’universo che costituisce un tutto inseparabile dalla vita individuale di ciascuno di noi. Ma il fatto che ogni essere umano sia l’entità della Legge mistica non equivale all’effettivo ottenimento della Buddità. Se così fosse la fede e la pratica buddista non sarebbero necessarie, né ci sarebbe distinzione tra il Budda e l’uomo comune. Il punto è se l’individuo diventa o meno consapevole di essere l’entità della Legge mistica. Quando le persone acquistano questa consapevolezza ottengono l’Illuminazione, altrimenti rimangono comuni mortali. Così spiega il presidente Ikeda nella sua lezione sul Vero oggetto di culto «È proprio questo ciò che intende il Daishonin quando nella Vera entità della vita, spiega: “Tuttavia c’è una differenza tra un Budda e un comune mortale, in quanto un comune mortale è illuso mentre un Budda è illuminato. Il comune mortale non sa di possedere sia l’entità che la funzione dei Tre corpi del Budda”».
E in un altro Gosho, Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, troviamo il seguente brano: «Se vuoi liberarti dalle sofferenze di nascita e morte che sopporti dall’eternità e raggiungere senza alcun dubbio la suprema Illuminazione in questa esistenza, devi risvegliarti alla mistica verità che è sempre esistita nella vita degli esseri umani. Questa verità è Nam-myoho-renge-kyo. Di conseguenza recitare Myoho-renge-kyo ti permetterà di afferrare la mistica verità dentro di te». Quindi “risvegliarsi alla mistica verità che è sempre esistita nella vita degli esseri umani” e comprendere che siamo sempre stati Nam-myoho-renge-kyo, equivale a ottenere la suprema Illuminazione.

Questo sutra espone una gran varietà di pratiche … è stata rivelata nel Maka shikan.

La dottrina di ichinen sanzen, esposta da T’ien-t’ai, rappresenta la verità della vita di ognuno nella molteplicità delle sue forme e nella possibilità di manifestarsi in ogni istante in un modo differente. Seppur fondamentale nell’insegnamento buddista, l’insegnamento di ichinen sanzen esposto da T’ien-t’ai resta però confinato nel regno della teoria. Infatti, le difficili pratiche di meditazione intraprese dal grande maestro cinese o dal suo successore Dengyo erano fuori dalla portata delle gente comune. E dunque questa dottrina, pur mettendo in evidenza la dinamicità della vita in ogni suo aspetto, non permetteva a tutte le persone di liberarsi dalle sofferenze di nascita e morte, facendo affiorare dalla loro vita la condizione di Budda, cioè la felicità assoluta.
Per questo motivo, Nichiren Daishonin puntualizza che Nam-myoho-renge-kyo è l’entità concreta di ichinen sanzen, iscrivendo nel Gohonzon questa verità non solo come una rappresentazione effettiva della Legge mistica, ma come materializzazione sia della Persona che della Legge. Infatti, i suoi contemporanei, vivendo vicini a lui, conoscevano la grandezza del Budda originale ma il Daishonin iscrisse il Gohonzon per assicurare la salvezza di tutti i posteri che pur non avendo condiviso la sua stessa esistenza, recitando di fronte al supremo oggetto di culto da lui stabilito, potevano sperimentare la sua stessa condizione vitale.

Proseguendo, la dottrina del capitolo Juryo … Ma questo teniamolo per noi!

Qui Nichiren Daishonin fa la sorprendente rivelazione di come ha ottenuto la Buddità. Egli spiega che ha vissuto la frase “Desiderano con tutto il cuore vedere il Budda anche a costo della vita”, intendendo che non soltanto egli ha letto questa frase ma l’ha messa in pratica.
Quando Nichiren Daishonin dice che ha «realizzato le tre grandi Leggi segrete», vuol dire che ha fatto apparire la Buddità nella sua vita. Ritornando a ichinen sanzen, ichinen indica la direzione della mente in ogni singolo istante e sanzen si riferisce ai vari aspetti che la mente può assumere, cioè tutti i fenomeni.
Quando Nichiren Daishonin si riferisce a ichinen sanzen, egli non si riferisce alla teoria sviluppata da T’ien-t’ai sulla base del Buddismo di Shakyamuni, quanto alla realtà essenziale della vita, o Buddità, che si trova in tutti i fenomeni.
A questo proposito, è particolarmente significativa la spiegazione del presidente Ikeda su ichinen sanzen teorico e reale nella sua analisi del trattato Il vero oggetto di culto: «Il ventiseiesimo patriarca Nichikan Shonin sottolineò che il Gohonzon è “l’Oggetto di culto ‘per’ osservare la propria mente”, non “l’Oggetto di culto come verità teorica”. Questa ultima definizione si riferisce alla rivelazione teorica di ichinen sanzen, ovvero a quella comprensione superficiale, ricavata qua e là dal Sutra del Loto, che corrisponde al “Buddismo del raccolto”. Per “Buddismo del raccolto” di Shakyamuni si intende che egli espose la propria Illuminazione come un effetto, mentre la filosofia del Daishonin, il “Buddismo della semina”, insegna la causa dell’Illuminazione e guida il comune mortale nella ricerca della Buddità. Mentre l’Oggetto di culto di Shakyamuni risiede nell’interpretazione letterale del Sutra del Loto, “l’Oggetto di culto per osservare la propria mente” è la concretizzazione della teoria di ichinen sanzen, o “Buddismo della semina”, ed è contenuto nelle profondità del Sutra del Loto. Occorre soffermarsi su questo punto fondamentale: l’Oggetto di culto iscritto da Nichiren Daishonin, cioè il Gohonzon, è la concretizzazione di ichinen sanzen e, come lo stesso Nichiren rivelò, fu realizzato al fine di propagare i semi dell’Illuminazione.»
Questo perché l’insegnamento più importante di Shakyamuni, cioè che la Buddità è presente in ogni vita, si perse con la sua morte. Solo con l’avvento di Nichiren Daishonin che, unico fra tutti i maestri buddisti realizzò il significato chiave del capitolo Juryo, questo concetto fu nuovamente considerato il principale insegnamento del Buddismo. Il Daishonin, infatti, non solo ribadì la teoria che la Buddità esiste in tutti i fenomeni ma fornì anche il mezzo per concretizzarla.
Il secondo insegnamento cruciale di Shakyamuni, che si trova solo nel Sutra del Loto, è che la vita è eterna. Insieme al concetto chiave che la Buddità si trova universalmente in tutti i fenomeni, esso costituisce l’essenza degli insegnamenti di Shakyamuni e del Daishonin. È importante che ne comprendiamo il significato, perché insieme ci danno la vera prospettiva di quello che è la Buddità.
Se la vita non fosse eterna, l’Illuminazione di Shakyamuni potrebbe essere considerata come qualcosa di separato dalla sua vita quotidiana prima di quel momento. In altre parole, i nove mondi, separati temporalmente, sarebbero totalmente differenti dalla Buddità. Introducendo il concetto di vita eterna, Shakyamuni ci assicura che la realtà dei nove mondi non precede lo stato di Buddità ma che tutti e dieci i mondi coesistono nella vita umana e vi hanno dimorato eternamente. Nichiren Daishonin spiega chiaramente questo concetto ne L’apertura degli occhi dove afferma che «i nove mondi sono presenti nella Buddità senza inizio e la Buddità è presente nei nove mondi senza inizio». Con questa affermazione Nichiren ci vuole far comprendere che le nostre vite sono sempre esistite, contenendo non solo i nove mondi ma anche la Buddità. I nove mondi non sono un percorso che conduce alla Buddità: questa è sempre esistita nelle nostre vite. Nichiren ci esorta a “desiderare con tutto il cuore di vedere il Budda” spiegandoci nell’ultimo paragrafo del Gosho che ciò significa «concentrare la mente nel vedere il Budda, e se si vede la propria mente, si vede il Budda», cioè a renderci profondamente conto della Buddità che è dentro di noi.
Citando la frase del Jigage del capitolo sedicesimo del Sutra del Loto, Durata della vita del Tathagata, quello che leggiamo nella seconda parte del Gongyo, che dice «desiderano con tutto il cuore vedere il Budda anche a costo della vita», il Daishonin chiarisce ulteriormente l’essenza del suo Buddismo. Nell’ultima frase del capitolo sedicesimo del Sutra del Loto che va da mai ji sa ze nen a so ku joju busshin («Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Budda?») spiega l’atteggiamento che dovrebbe contraddistinguere un discepolo di Nichiren Daishonin, cioè compiere costantemente azioni compassionevoli nei confronti delle altre persone, agire incessantemente a costo della propria vita per consentire a tutti gli esseri umani di ottenere la Buddità. Nelle sue lezioni sul Mondo del Gosho, infatti, Daisaku Ikeda chiarisce che sebbene ognuno pensi che lo scopo della pratica buddista sia quello di ottenere la Buddità, più profondamente il vero scopo è quello di utilizzare la nostra Buddità come strumento per la felicità altrui.
La compassione verso gli altri, quindi, è ciò che il Daishonin indica come la causa per far apparire la Buddità nella nostra vita, e non un’egoistica ricerca di autoperfezionamento che ci porterebbe solo a prendere le distanze dagli altri. Il Buddismo di T’ien-t’ai basato sul Buddismo del raccolto di Shakyamuni che considera l’Illuminazione come un effetto, finì per fare presa soltanto sugli imperatori, sui nobili e sui privilegiati, in quanto gli illuminati venivano considerati come esseri ideali e speciali, lontani dalla vita della gente comune, dalla quale l’insegnamento finì per allontanarsi.

Dengyo, il Gran Maestro del monte Hiei … Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo.

Rispetto alla domanda posta al Daishonin sul significato della “realtà di tutti i fenomeni” il presidente Ikeda, nella sua spiegazione de La vera entità della vita, scrive: «Nichiren risponde offrendo una spiegazione estremamente precisa della “realtà di tutti i fenomeni”, dicendo che “tutti i fenomeni” non sono in alcun modo diversi dalla realtà della vita». Per questo motivo, T’ien-t’ai nell’interpretare l’ideogramma di “mente” pose l’accento sulla natura di Budda intrinseca alla vita umana e quindi sulla fondamentale purezza di quest’ultima. In altre parole, le innumerevoli forme e gli aspetti dell’universo sono tutti manifestazioni di Myoho-renge-kyo, e sia l’ambiente del mondo di Inferno che le persone che soffrono in esso, sono in definitiva Myoho-renge-kyo. Lo stesso vale per ognuno dei dieci mondi, compresi quelli di Bodhisattva e Buddità.
Infine il Daishonin cita la famosa frase del Sutra del Nirvana: «Il Budda afferma che dobbiamo diventare padroni della nostra mente e non lasciare che la mente sia la nostra padrona». La nostra pratica ci permette di passare dalla condizione in cui siamo schiavi delle circostanze passate e delle credenze errate a quella di una vita libera e realizzata, che ruota attorno alle nostre qualità invece che alla nostra condizione più bassa. Talvolta, mancando di fiducia in noi stessi, pensiamo che se meritiamo dei benefici questi ci proverranno da qualche situazione esterna alla nostra vita. Ma facendo così, collocando cioè la sorgente dei benefici al di fuori della nostra stessa vita, ci impediamo di sperimentarli sul serio. Il punto più importante quindi è «diventare padroni della nostra mente», in modo tale da creare delle vite piene di benefici e da poter dare agli altri la possibilità di fare altrettanto.

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