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La saggezza in pratica - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:45

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La saggezza in pratica

29. Di fronte ai problemi di Shijo Kingo con il suo signore e gli altri samurai, il Daishonin non esitò a offrirgli suggerimenti concreti, ricordandogli di non farsi sviare da nessuno degli otto venti

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29. Di fronte ai problemi di Shijo Kingo con il suo signore e gli altri samurai, il Daishonin non esitò a offrirgli suggerimenti concreti, ricordandogli di non farsi sviare da nessuno degli otto venti

SAITO: Spesso il Daishonin parla del «saggio» o delle «persone sagge». È un concetto molto importante per comprendere il Buddismo di Nichiren.

IKEDA: Se ci si focalizza unicamente sulla Legge, c’è il rischio che il Buddismo diventi solo una teoria. La Legge si deve manifestare nelle azioni concrete, nel «comportamento da essere umano». Per spiegarlo in maniera facilmente comprensibile ai suoi tempi, il Daishonin fa l’esempio del modo di vivere del «saggio». La fede nella natura di Budda si trasforma in saggezza, come spiega il principio di «sostituire la saggezza con la fede»[ref]Sostituire la saggezza con la fede: è il principio secondo il quale anche le persone comuni, dominate dai desideri terreni, pur non comprendendo la Legge mistica possono ottenere la Buddità grazie a una forte fede.[/ref]. Il «saggio» è colui che con tale saggezza continua ad avanzare sul sentiero del bene. L’opposto, cioè l’illusione fondamentale che ci impedisce di credere nella Legge mistica e ci spinge inesorabilmente verso il male, sorge dall’ignoranza. Il Daishonin identifica questa maniera stupida di vivere dominati dall’ignoranza con il comportamento di un animale.

MORINAKA: Alla luce della dottrina dei dieci mondi, il termine «animale» indica il mondo di Animalità, cioè una condizione vitale caratterizzata dalla stupidità. In realtà nel mondo naturale esistono molti animali estremamente intelligenti e c’è chi sostiene che attualmente gli esseri umani siano gli animali più stupidi del pianeta.

IKEDA: «Non essere stupido!», «Sii saggio!»… Sono frasi banali all’apparenza eppure il Daishonin era convinto che fosse la maniera più diretta per far comprendere l’essenza del Buddismo alle persone del suo tempo. In che modo egli insegna a Shijo Kingo come essere saggio? Nichiren gli insegna il comportamento umano attraverso esempi concreti, come per esempio l’importanza di non essere irascibile e di avere grande attenzione per le persone che lo circondano. Per capire meglio il motivo, bisognerebbe considerare la situazione in cui viveva Shijo Kingo.

MORINAKA: Il Daishonin dà questi consigli a Shijo Kingo in quello che, per quanto riguardava la sua professione, fu il periodo più difficile della sua vita. E Shijo Kingo è famoso per essere stato al fianco di Nichiren durante la persecuzione di Tatsunokuchi (1271) rischiando la vita insieme al maestro.

SAITO: Kingo aveva un carattere audace e intrepido, ma nello stesso tempo tendeva ad andare facilmente in collera.

IKEDA: Era un uomo puro e sincero e per questo motivo pare che alle volte non riuscisse a mantenere relazioni armoniose con gli altri.

MORINAKA: I problemi di Kingo ebbero inizio nel settembre 1274, quando cercò tenacemente di convertire il suo signore, Ema, agli insegnamenti del Daishonin.

SAITO: Accadde dopo il ritiro a Minobu di Nichiren Daishonin e quindi possiamo ipotizzare che Kingo agisse in base alla decisione di assumersi la piena responsabilità della propagazione a Kamakura.

MORINAKA: Ma questo non piacque a Ema.

IKEDA: Shijo Kingo era sicuramente una persona in cui il signore di Ema aveva grande fiducia. Egli aveva servito la famiglia Ema, un ramo del clan reggente Hojo, per molto tempo, sin dall’epoca in cui era guidata dal padre di Ema. E nei momenti difficili aveva rischiato la vita per proteggere il suo signore. Proprio per questa grande fiducia che nutriva nei suoi confronti, Ema non rimproverò particolarmente Kingo all’epoca della persecuzione di Tatsunokuchi né lo punì per aver fatto visita al Daishonin sull’isola di Sado. Sembrerebbe che le macchinazioni di Ryokan abbiano giocato un ruolo determinante nel far sì che Shijo Kingo perdesse i favori del suo signore.

SAITO: Dopo che Nichiren Daishonin si stabilì a Minobu, Ryokan cercò di ostacolare i suoi principali discepoli. In quello stesso periodo anche i fratelli Ikegami, a causa della loro fede, furono avversati dal padre che diseredò il maggiore; si ipotizza che sia Ema sia Yasumitsu, il padre dei fratelli Ikegami, fossero accesi sostenitori di Ryokan.

IKEDA: Da parte sua, Kingo attendeva da tempo un’occasione di far conoscere al suo signore gli insegnamenti del Daishonin e si accinse a farlo con grande impegno. Ma quando Nichiren Daishonin lo venne a sapere scrisse a Kingo: «[Così facendo] tu hai evitato la colpa di complicità [nell’offesa alla Legge]. Da ora in poi devi stare attento a ciò che dici» (SND, 8, 60).
Forse qualcosa che Kingo gli aveva riferito aveva dato motivo di preoccupazione al Daishonin che sembra consigliargli di non essere troppo insistente nel cercare di convertire il suo signore e sforzarsi invece di conquistarne ancor più la fiducia. Il Daishonin gli consiglia: «Adotta ogni possibile precauzione. Adesso quelli che ti odiano saranno più che mai all’erta per trovare un’occasione di nuocerti. Non partecipare assolutamente a banchetti notturni» (SND, 8, 60).
E la preoccupazione del Daishonin si dimostrò fondata perché Kingo si ritrovò emarginato dal suo signore e insultato dagli altri samurai che diffondevano calunnie nei suoi confronti.

SAITO: La situazione degenerò al punto che sei mesi dopo non poté fare a meno di lamentarsi: «Sono stato sommerso dalle difficoltà» (SND, 4, 153). In quell’occasione, Nichiren Daishonin gli spiegò che il Sutra del Loto è «difficile da sostenere» (SDL, 11, 234) e che «la Buddità si trova nel mantenere la fede» (SND, 4, 153).

IKEDA: Nel giugno dell’anno seguente, il 1276, il Daishonin diede a Shijo Kingo un’ulteriore indicazione di fede nel famoso Gosho Felicità in questo mondo: «Non permettere mai che le avversità della vita ti preoccupino» (SND, 4, 157). Le critiche dei suoi colleghi, aperte o dietro le sue spalle che fossero, aumentavano sempre di più. Senza dubbio l’intransigenza di Kingo nel distinguere ciò che era giusto da ciò che era sbagliato lo portò ad avere cattive relazioni con gli altri samurai i quali, approfittando del fatto che il suo signore era in collera con lui, cercarono di osteggiarlo in vari modi.

SAITO: La situazione si fece così grave da mettere in pericolo la vita stessa di Shijo Kingo. In una lettera del mese successivo, luglio, il Daishonin raccomandava a Kingo la massima cautela: «Non uscire sconsideratamente di notte con i tuoi compagni, ma bevi sakè a casa tua. Se il tuo signore […] ti chiama di notte, per le prime tre volte scusati con il pretesto di un improvviso malessere» (SND, 8, 72). Inoltre correva voce che il suo signore avesse deciso di togliergli il feudo e assegnargli altre terre in una provincia lontana.

IKEDA: A questo proposito il Daishonin diede al suo discepolo un preciso suggerimento su come rispondere al suo signore: «Se dovesse esserci una crisi improvvisa non è sicuro che possa raggiungervi in tempo dalla lontana provincia di Echigo. Perciò, anche a rischio di perdere la mia proprietà, quest’anno io non vi lascerò» (SND, 4, 162).

SAITO: Sembra che in seguito Kingo avesse persino considerato la possibilità di intentare una causa contro il suo signore. Forse la situazione era diventata insostenibile ed egli si sentiva in un vicolo cieco. Anche se le cause legali da parte dei samurai per questioni inerenti ai loro feudi erano relativamente comuni all’epoca dello shogunato di Kamakura, doveva essere successo qualcosa di grave per indurre Shijo Kingo a prendere in considerazione una simile ipotesi. Probabilmente Ema era stato parzialmente influenzato dalle false accuse che gli altri samurai avevano seminato nei confronti di Kingo.

IKEDA: Per parte sua, il Daishonin incoraggiava Shijo Kingo a comportarsi con prudenza, ricordandogli che, nonostante tutto, aveva dei debiti di gratitudine nei confronti del suo signore. E gli insegna a non farsi influenzare dagli «otto venti»[ref]«L’uomo saggio non si lascia sviare dagli otto venti: prosperità, declino, onore, disonore, lode, biasimo, sofferenza e piacere. Non si esalterà nella prosperità né si lamenterà nel declino. Il cielo sicuramente proteggerà chi non si piega di fronte agli otto venti, ma se tu nutri un irragionevole rancore per il tuo signore, per quanto possa pregarlo, il cielo non ti proteggerà» (SND, 4, 166).[/ref]: prosperità, declino, onore, disonore, lode, biasimo, sofferenza e piacere.

SAITO: È una cosa veramente difficile. Le persone si lasciano facilmente sviare dal declino, dal biasimo o dalla sofferenza e forse ancor di più dalla prosperità o dal piacere.

IKEDA: Se ci basiamo sulla natura del Dharma, allora, sia che ci lodino sia che ci biasimino, sapremo usare ogni occasione in maniera positiva. Invece, se siamo dominati dall’ignoranza, saranno occasioni per cadere nei cattivi sentieri. È il cuore la cosa più importante.
Il Daishonin scrive a Shijo Kingo: «Soffri per quello che c’è da soffrire e gioisci per quello che c’è da gioire. Considera entrambe, sofferenza e gioia, come fatti della vita e continua a recitare Nam-myoho-renge-kyo qualunque cosa accada» (SND, 4, 157). Sono parole molto significative; sia nei momenti felici sia nel dolore dobbiamo continuare a recitare Nam-myoho-renge-kyo e sforzarci di andare avanti. Così agisce un maestro dell’arte di vivere, così è possibile dissolvere qualsiasi sofferenza.

SAITO: Il Daishonin dà costantemente indicazioni a Shijo Kingo su come dovrebbe comportarsi, insegnandogli come vive un «saggio».

IKEDA: Nei nostri termini fa pensare a un padre amorevole che dice ai figli di vivere con saggezza. Per coloro che abbracciano la Legge mistica, il vero saggio è chi crede fino in fondo nella propria natura di Budda. Il Daishonin incoraggia all’unità e alla perseveranza i fratelli Ikegami, ammonisce il prete laico Matsuno Rokuro Saemon per la sua gelosia e consiglia il giovane Nanjo Tokimitsu sulla sua crescita come essere umano. Il contenuto dei suoi consigli ovviamente varia rispetto al carattere e al problema dell’interessato, ma in tutti i casi il Daishonin insegna sempre «il comportamento da essere umano».

MORINAKA: Shijo Kingo aveva un carattere deciso e non era incline ai compromessi. Inoltre pare che di fronte a qualcosa di ingiusto o irragionevole non avesse molta pazienza e diventasse irascibile.

IKEDA: Però si preoccupava sinceramente del benessere dei propri compagni di fede anche se non era molto bravo a dimostrarlo. Immagino che anche nella nostra organizzazione ci siano tante persone che potremmo definire «lo Shijo Kingo del nostro capitolo».

SAITO: Si, potremmo vedere Shijo Kingo come un predecessore dei membri della Divisione uomini!

IKEDA: Il Daishonin conosceva bene questi aspetti del carattere del suo discepolo. A suo favore va detto che era estremamente leale e devoto, infatti fu al fianco del Daishonin a Tatsunokuchi, pronto a dare la vita per il suo maestro se fosse stato necessario. Ma probabilmente non amava granché le complicazioni nei rapporti umani e tutte le sfumature che essi richiedono. Forse non era un modello di buone maniere in società e non aveva abbastanza diplomazia nel trattare con gli altri. Quindi può darsi che avesse problemi o delusioni derivanti dall’eccessiva franchezza o rudezza dei modi.

MORINAKA: Il Daishonin conosceva molto bene i suoi discepoli. Leggendo i suoi scritti si ha l’impressione che egli cogliesse con grande acume le particolarità di ogni situazione e che capisse quali discepoli andassero d’accordo e quali nutrissero invidie o risentimenti.

IKEDA: Un’organizzazione è fatta di individui. In particolare nel caso della SGI, che si dedica a kosen-rufu, la forza motrice non è il desiderio di celebrità o il profitto ma l’unità basata sulla fede. Perciò è essenziale che i responsabili conoscano profondamente le persone. Un atteggiamento superficiale a questo riguardo è indice di scarso senso di responsabilità.

SAITO: Immagino che il Daishonin ricevesse spesso dai discepoli notizie dettagliate sulle loro circostanze e attività, anzi, forse era lui stesso a chiederle. Soltanto grazie a questa precisa conoscenza del modo di pensare e delle circostanze del destinatario avrebbe potuto scrivere così tante lettere nelle quali affronta in maniera così esauriente lo specifico problema di ognuno.

IKEDA: Le lettere di Nichiren Daishonin contengono principi e intuizioni fondamentali sulla natura e l’esistenza umana. Sono un’espressione del suo «comportamento da essere umano». Alla base di un comportamento davvero umano c’è la compassione. La saggezza per far emergere le qualità positive negli altri origina da una sincera preoccupazione per ogni persona. Per far crescere una persona, a volte basta semplicemente vegliarla mentre manifesta i suoi aspetti positivi, altre volte bisogna ammonirla con forza, per aiutarla a rimuovere gli ostacoli che le impediscono di manifestare le proprie virtù. Entrambi sono atti di compassione.
Il Daishonin non dubitava della determinazione nella fede di Shijo Kingo, ma lo consigliava su come vivere saggiamente per poter conseguire grandi realizzazioni come essere umano ed evitare i fallimenti. Shijo Kingo sarà stato immensamente grato di ciò al suo maestro.

MORINAKA: Nel frattempo la crisi giunse al culmine. Nel giugno 1277 Kingo era sul punto di vedersi confiscare il feudo. La causa scatenante fu il dibattito di Kuwagayatsu. Un prete molto influente di Kamakura, Ryuzo-bo, legato a Ryokan del tempio Gokuraku fu sfidato in un pubblico dibattito dal discepolo del Daishonin, Sammi-bo, intenzionato a smascherarne la falsità. Ryuzo-bo fu sconfitto così vergognosamente che scomparve dalla circolazione.
Ma a Kamakura circolò la voce, probabilmente diffusa da Ryokan e dai suoi accoliti, che un gruppo di persone guidate da Shijo Kingo aveva disturbato il dibattito, facendo un’irruzione armata mentre Ryuzo-bo stava parlando.

SAITO: La verità era che Shijo Kingo aveva semplicemente assistito al dibattito, invitato da Sammi-bo. Il resto fu un’invenzione, dettata dal desiderio di vendetta o di salvare la faccia, che però indusse il signore di Ema a confiscare il feudo di Shijo Kingo. Ema disse a Kingo che l’avrebbe perdonato solo se avesse giurato per iscritto di abiurare la propria fede nel Sutra del Loto.

IKEDA: Nonostante ciò, Kingo tenne duro e riferì immediatamente la sua decisione al Daishonin. Il Daishonin rispose allegandogli una petizione, scritta a nome di Kingo, Lettera di petizione di Yorimoto (SND, 6, 139), da presentare a Ema in caso di emergenza. Nella petizione viene descritta dettagliatamente la malvagità di Ryokan e dei suoi seguaci e si afferma chiaramente l’integrità e la correttezza dell’insegnamento di Nichiren Daishonin. Leggendola, qualsiasi persona di buon senso può rendersi conto da che parte stesse la verità. Sembra che poi Kingo non abbia avuto occasione di presentarla e tuttavia in essa il Daishonin sferra un attacco verbale ribadendo energicamente la verità.
Comunque il Daishonin loda con forza la grande determinazione dimostrata in quell’occasione da Shijo Kingo di non abbandonare mai la fede nel Sutra del Loto e gli ricorda: «La vita è come un sogno, nessuno può sapere se sopravvivrà fino a domani. Anche se tu dovessi diventare il più misero dei mendicanti, non disonorare il Sutra del Loto» (SND, 6, 172).
Per un buddista la massima «padronanza di sé» consiste nell’impegnarsi a non disonorare mai il Sutra del Loto. Screditare questa scrittura che si è abbracciato e che può condurre tutti all’Illuminazione equivale a disprezzare la propria natura di Budda. È la fede nel Sutra del Loto che determina il confine tra un’esistenza dominata dall’ignoranza e una condotta secondo la natura del Dharma.

SAITO: Non disonorare il Sutra del Loto, rispettare al massimo la Legge che attribuisce pari dignità a ogni essere umano deve essere sempre il proprio modello di condotta.

IKEDA: È ovvio. Disonorare il Sutra del Loto significa sostituire il dubbio alla fede e finire con l’offendere la Legge. Il Daishonin parla di «disonore» perché niente potrebbe essere più stupido e vergognoso di mutare la propria determinazione interiore dal bene al male, dalla natura del Dharma all’ignoranza a causa dell’attaccamento, nel caso di Shijo Kingo, ai propri possedimenti. Shijo Kingo seguì senza dubbio questo consiglio fondamentale. Il Daishonin non aveva bisogno di dilungarsi per correggere il suo discepolo in materia di fede ma si limitava a offrirgli suggerimenti concreti su come cautelarsi in quella situazione. E i suoi consigli erano veramente dettagliati e mettevano in luce gli aspetti cui doveva prestare particolare attenzione. Quando il cuore di una persona è saldamente rivolto al bene, non gli occorre altro che andare avanti fino in fondo per ottenere la vittoria.

MORINAKA: Il Daishonin consiglia a Kingo, per esempio, di evitare i banchetti, di essere particolarmente cauto la notte e di mantenere buoni rapporti con i guardiani notturni[ref]«Non partecipare ad alcuna riunione, per nessuna ragione. Sii particolarmente prudente di notte, mantieni stretti rapporti con i guardiani notturni e chiedi il loro aiuto. Dovresti sempre farti accompagnare da loro. Se non sei stato ancora scacciato, ci sono nove probabilità su dieci che i samurai tuoi nemici attentino alla tua vita. Non morire in modo disonorevole, per nessuna ragione» (SND, 6, 174).[/ref].

IKEDA: Con i numerosi avvertimenti che scrive a Shijo Kingo, il Daishonin spiega con chiarezza che il Buddismo si occupa principalmente della vittoria o della sconfitta. Nella società, invece, la cosa importante è la reputazione. Vincendo contro la nostra negatività interiore possiamo dimostrare la validità del Buddismo e d’altro canto è importante anche dimostrare la prova concreta nella società e acquistarne la fiducia. Subito dopo, Shijo Kingo, che si era comportato esattamente come gli aveva spiegato il Daishonin, mettendo in pratica il principio di inseparabilità fra maestro e discepolo, ribaltò completamente la sua situazione.

MORINAKA: In quel periodo a Kamakura infuriava un’epidemia e anche il signore di Ema fu contagiato. Shijo Kingo, in qualità di medico, lo curò con successo, riconquistando così la sua fiducia. Molti fra coloro che avevano diffuso false accuse sul suo conto contrassero lo stesso morbo; in ogni modo, riconquistando la fiducia di Ema, Kingo vide trasformarsi completamente la sua situazione, come possiamo leggere nei Tre tipi di tesori (vedi SND, 4, 171).

(continua)

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