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La campagna del Kansai / 2 - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:22

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    La campagna del Kansai / 2

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    Josho Kansai

    L’attività che si svolse nel Kansai, diversamente da altre zone del Giappone, fu basata sulla fede e sulla cura e l’incoraggiamento di ogni membro.
    Mentre in altre regioni i responsabili si facevano vincere dall’ansia e moltiplicavano le riunioni per discutere delle strategie elettorali, talvolta a danno delle riunioni di discussione, il presidente Ikeda basò l’attività sulle lezioni di studio, l’incoraggiamento personale e l’unità, soprattutto tra i responsabili. Ogni giorno che trascorreva nel Kansai, si dedicava a lezioni di Gosho, guide personali, riunioni di discussione. A volte, quando partiva in treno da Tokyo, portava con sé una lista dei membri che avevano i problemi più gravi per scrivere delle lettere o fare piccoli regali a quelli che non riusciva a incontrare di persona.
    I primi mesi furono dedicati a rafforzare la fede dei membri. Non si fece alcun cenno alle attività legate alla campagna elettorale e i responsabili di Osaka vennero incoraggiati a dare consigli e guide ai membri della zona. Con il passare delle settimane gli sforzi del presidente Ikeda e la sua sincera attenzione per ogni persona, cominciarono a produrre i loro effetti.
    I membri iniziarono a trarre gioia e benefici dalla loro pratica quotidiana e svilupparono un senso di missione che li induceva ad agire spontaneamente e di loro iniziativa. Mentre la loro pratica si approfondiva, diventavano gradualmente sempre più felici di far conoscere il Gohonzon alle altre persone. I ritmi di propagazione crebbero di pari passo alla fede dei membri: 3913 famiglie a gennaio, 4700 a febbraio, 5760 a marzo, 10110 ad aprile, 12610 a maggio; a quel punto la metà delle persone che iniziavano a praticare in Giappone, erano del Kansai. Si arrivò al punto di celebrare sei cerimonie di consegna Gohonzon ogni giorno, di cui l’ultima finiva a mezzanotte. I preti erano così impegnati dalle cerimonie di consegna che alcuni cominciarono a soffrire di dolori alle braccia…
    Le persone che svolsero attività in quel periodo, ricorderanno per anni la gioia con cui si dedicavano ai loro compiti. Ogni giorno, in ogni momento del giorno, c’erano riunioni e il presidente Ikeda correva da un luogo all’altro per incontrare e incoraggiare più persone possibile.
    La visibilità che si guadagnò la Soka Gakkai in quei mesi, provocò l’allarme di altre scuole buddiste e l’ostilità di alcuni settori della società giapponese. Ciò, unito al fatto che le autorità non riuscivano a credere che dietro una tale mobilitazione di persone non ci fosse un flusso di denaro o comunque qualcosa di poco chiaro, fece in modo che la polizia rivolgesse le sue attenzioni verso le attività dell’organizzazione.
    Il 15 maggio sei membri furono arrestati. I motivi erano legati a fatti di poco conto risalenti a un anno prima e che fino a quel momento non avevano avuto alcun seguito: dopo pochi giorni, infatti, vennero tutti rilasciati. I fatti che portarono ai sei arresti non avevano alcun legame tra di loro e gli interrogatori, invece di riferirsi alle singole vicende che formalmente avevano motivato gli arresti, vertevano sulle attività della Soka Gakkai. L’unica cosa che accomunava i sei arrestati era la loro appartenenza alla Soka Gakkai. Nel giro di un paio di giorni, fu chiaro a tutti che era quella la reale motivazione del loro arresto. Tutto fu reso ancora più pesante dal grande risalto che i giornali di Osaka diedero alle vicenda.
    L’angoscia si diffuse tra i membri del Kansai e i responsabili non riuscivano a dare un incoraggiamento ai membri visto che loro per primi, in quanto figure centrali dell’organizzazione, avevano paura di essere arrestati.
    Il presidente Ikeda era determinato a proteggere a ogni costo i suoi compagni di fede. Nonostante la maggioranza dei membri praticasse da poco tempo, si stavano impegnando tutti al massimo delle loro possibilità ed egli non poteva accettare il pensiero di come si sarebbero sentiti se la campagna si fosse risolta in una sconfitta e gli sforzi di mesi fossero improvvisamente svaniti nel nulla.

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    La rivoluzione umana, vol. 10, pagg. 184-189 (estratti)
    di Daisaku Ikeda

    Per i membri del Kansai era la prima volta che capitava che alcuni loro compagni venissero arrestati dopo essersi impegnati in un’attività religiosa. I membri non esternavano le loro preoccupazioni, ma proprio in ragione di questo silenzio sembrava che esse riverberassero ancora di più nei loro cuori.
    Shin’ichi represse le proprie emozioni e si concentrò sul problema di come l’organizzazione potesse rapidamente assumere una posizione di controffensiva. A tarda notte, il 16 maggio, diverse persone lo osservarono seduto davanti al Gohonzon al centro del Kansai, intento a recitare Daimoku come se non si rendesse conto del passare del tempo.
    Fu una delle notti insonni che Shin’ichi trascorse in quel periodo. Il mattino seguente uscì dal centro, fece alcuni passi in strada, poi si fermò e osservò il sorgere del sole. «Non cederò mai!». Il suo grido energico echeggiò nella strada deserta.
    Come ogni mattina, sia i responsabili inviati da Tokyo, sia i responsabili locali si riunirono per la lezione di Gosho. Diversamente dalle mattine precedenti, tuttavia, quel giorno, anche dopo la fine del rito di Gongyo, continuava a regnare un’atmosfera pesante. Shin’ichi percepì istantaneamente la situazione. Era ovvio che l’azione del demone aveva influenzato negativamente anche i responsabili centrali.
    «Allora sentiamo i vostri resoconti» disse Shin’ichi. «Com’era l’atmosfera alle riunioni ieri sera? Qualcuno vuole parlarne?»
    I responsabili erano sul punto di parlare, tutti quanti, ma poi si trattennero. Per un attimo l’atmosfera si fece ancora più pesante.
    «Cominciamo con Ueda» disse Shin’­ichi, ribadendo la sua richiesta.
    «È andato tutto bene» rispose Tojiro Ueda balbettando e biascicando le parole. «Abbiamo finito un po’ prima del solito. Tutti erano a conoscenza dell’incidente, ma nessuno ha osato chiederne commenti. Penso che sia un’indicazione del fatto che sotto sotto tutti hanno un po’ paura. Se solo qualcuno avesse insistito avrei dato una risposta esauriente, ma nessuno…».
    «Non sarai tu il primo ad avere paura?» lo interruppe Shin’ichi con tono duro. Ueda rimase bloccato, incapace di proseguire nel suo discorso. Questo rimprovero, severo e improvviso, colse tutti i responsabili impreparati e li riportò in sé.
    «Ciò che noi stiamo fronteggiando in questo momento può essere a stento chiamato persecuzione, se paragonato con ciò che dovette subire Nichiren Daishonin» proseguì Shin’ichi in tono severo. «Tuttavia, dato che noi siamo persone comuni, imperfette e limitate, siamo costretti a subire l’influenza di questa vicenda. La domanda più importante è: quanto rapidamente possiamo farvi fronte e quanto rapidamente possiamo controbatterla?
    «Non importa quale sia il problema, dobbiamo sempre trovare una soluzione tramite la fede, che è indistruttibile quanto un diamante. C’è una lettera che il Daishonin scrisse a Shijo Kingo quando quest’ultimo stava sopportando enormi difficoltà nel rapporto con i suoi colleghi. In essa egli afferma: “Usa la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra. Allora come afferma il Sutra, tutti i nemici saranno annientati. Queste auree parole non saranno mai contraddette. Abbi fede in esse con tutto il cuore […] un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere”.
    «Fintanto che manterremo una fede sincera saremo in grado di sconfiggere tutti i nemici, non importa quanto fieri possano sembrare. Dobbiamo riflettere profondamente sull’atteggiamento che dovremmo avere verso la fede. Prima di tutto occorre non essere mai codardi, in nessuna circostanza. Se ci lasciamo impaurire anche solo un po’, questo significa che il demone sta avendo il sopravvento. Così il nostro primo compito è liberarci dalla paura, se ve n’è alcuna. È giunto il momento di raccogliere il coraggio che abbiamo accumulato grazie alla fede e di non soccombere davanti a nessuna minaccia. Dal nostro comportamento dipende la felicità o l’infelicità di quarantacinquemila famiglie di membri di Osaka. Quindi, è giunto il momento di sforzarsi al massimo e di distruggere le armate del nemico con la spada della fede».
    Nella sala piombò un silenzio tombale. Tutti i responsabili conoscevano i brani che Shin’ichi aveva citato dal Gosho, ma furono costretti a capire che quelle frasi non erano parte della loro vita. Nel momento in cui quelle parole erano state pronunciate da Shin’ichi, il tono impellente dell’esortazione del Daishonin aveva fatto breccia nei loro cuori.

    La crisi fu superata e l’episodio non riuscì a minare l’unità tra i membri. Il 9 luglio furono annunciati i risultai delle elezioni: il candidato nella prefettura di Osaka fu eletto con duecentodiciannovemila voti; i membri del Kansai erano al settimo cielo. Per gli osservatori politici giapponesi era semplicemente inspiegabile come uno sconosciuto, senza denaro, senza mezzi e senza l’appoggio di un partito, fosse riuscito a vincere le elezioni nella seconda città del Giappone. Degli altri cinque candidati della Soka Gakkai, tutti partiti in condizioni estremamente più favorevoli, ne furono eletti due, di cui uno per un pugno di voti.
    La cura per i membri e le fondamenta di fede che il presidente Ikeda pose nel corso di quei mesi si sarebbero rivelate particolarmente profonde negli anni a venire. A partire da quella campagna, il Kansai ha costruito una tradizione che lo ha portato a essere conosciuto, tra i membri della Soka Gakkai giapponese, con il nome di Josho Kansai: l’invincibile Kansai.

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    Il Sutra del Loto

    Cap. III, Parabola, pag. 67

    «Shariputra, quando questo Budda farà il suo avvento, sebbene non si tratti di un’epoca malvagia, a causa del suo voto originale predicherà la Legge per mezzo dei tre veicoli. Il suo kalpa si chiamerà Ornato di Grandi Tesori. Perché si chiamerà Ornato di Grandi Tesori? Perché in quella terra i bodhisattva saranno considerati un grande tesoro. Questi bodhisattva saranno in numero infinito, illimitato, inconcepibile, al di là di ogni capacità di immaginazione o di parabole e similitudini. Senza il potere della saggezza del Budda è impossibile calcolare quanti saranno. Ogni volta che questi bodhisattva muoveranno un passo in qualche direzione, i loro piedi poggeranno su un tappeto di fiori preziosi.
    «Non saranno bodhisattva che hanno appena concepito il desiderio dell’illuminazione, ma si saranno tutti dedicati da lungo tempo a piantare radici di virtù. Sotto innumerevoli centinaia, migliaia, decine di migliaia, milioni di Budda avranno svolto diligentemente le pratiche di Brahma e saranno stati lodati in eterno dai Budda. Avranno coltivato con costanza la saggezza del Budda, avranno acquisito i poteri sovrannaturali e compreso la via di accesso di tutte le dottrine. Avranno una personalità integra, priva di doppiezza, risoluta nel pensiero e nelle intenzioni. I bodhisattva di questo genere abbonderanno in quella terra.

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