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L'album della mia vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:12

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    L’album della mia vita

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    Ho ottantotto anni e pratico il Buddismo da diciotto. Prima di conoscere il Buddismo la mia vita è stata interrotta da tantissimi ostacoli. Ho subíto la morte di due figli, una appena nata e l’altro di dodici anni, rimasto sotto a un camion per un incidente stradale. Una cosa indescrivibile. Mio marito non potendo sfogare questo grande dolore si ammalò di cuore e, niente riuscì a curarlo. Mi venne a mancare all’età di sessantacinque anni. Io, essendo di carattere più forte, caddi in una forte depressione e la superai dopo qualche anno. Avevo altri due figli, un maschio e una femmina, che però erano già sposati. Loro volevano che andassi ad abitare con loro, ma io preferii stare da sola per non fargli pesare la mia sofferenza.
    Nel 1986 mia figlia si ammalò, non si trovava una cura e io ero molto preoccupata. Mia nipote Cinzia, che praticava il Buddismo da diverso tempo, mi diceva: «Nonna prova pure te e vedrai che si rimedierà tutto». Il 3 di febbraio 1986 cominciai a recitare Nam-myoho-renge-kyo, ma avendo già settant’anni sembravo troppo anziana per imparare a praticare il Buddismo. Io avevo paura di non farcela, ma volli continuare lo stesso. Allora erano pochi che praticavano il Buddismo e nessuno poteva venire a insegnarmi il libretto. Quando andavo alla riunione stavo attenta a cosa dicevano gli altri e scrivevo tutte le correzioni nel mio libretto; oggi, dopo diciotto anni di pratica, quel librettino tutto scarabocchiato lo tengo ancora. Dopo due mesi di pratica, mia figlia stava bene e io, felice, recitavo con più fede e fiducia. Vedendo i buoni risultati che ottenevo incominciò anche mia figlia a praticare e adesso tutti i miei due figli praticano e anche la moglie di mio figlio.
    I miei compagni di fede mi sono sempre stati vicini e grazie a loro non ho mai mollato in questi diciotto anni di pratica. Quando mi sentii un po’ più sicura di me, cominciai a fare l’abbonamento al giornale, e dopo qualche anno cominciai a recitare di più per prendere il Gohonzon. Dopo tredici mesi di recitazione, il 3 maggio del 1987 ricevetti il mio Gohonzon. Per me fu una gioia immensa. Andavo sempre ai meeting, dove trovavo i miei compagni di studio che mi volevano molto bene. Andai al primo corso estivo a Roma e provai una immensa gioia nel vedere tantissimi giovani e persone di tutte le età. Andai anche a un corso a Trets, fu una bella esperienza e feci nuove amicizie. Poi, nel mese di aprile 1996, all’età di ottant’anni, partecipai a un corso di quattro giorni nella Svizzera tedesca. Da Poggibonsi sono partita solo io e l’autista del pullman, gli altri undici si andò a prenderli a Firenze. In Svizzera c’erano tanti visi gioiosi ad aspettarci. Ero la più anziana e mi rispettavano più degli altri. Io non volevo, perché si doveva essere tutti uguali, però non fu così. Ero la nonna. Ho ricevuto tantissimi baci, mi prendevano in collo per festeggiarmi, una cosa meravigliosa. I membri svizzeri non erano tanto soddisfatti perché erano in pochi a praticare, ma noi li incoraggiavamo. Avevo portato centoventi bigliettini, pieni di frasi buddiste, avevamo due interpreti e così li abbiamo letti tutti. Io vedevo in loro tanta felicità e gioia, immaginate la mia, di gioia?
    Dopo due mesi subii un incidente stradale in cui mi ruppi una gamba e un braccio e così non potei più partecipare alle riunioni lontane da casa mia. Comunque, anche adesso, dopo otto anni che cammino sempre con una stampella, sono felicissima lo stesso. Tutti mi vengono a trovare e facciamo Gongyo insieme, perché la mia casa è sempre a disposizione.
    Ora voglio parlare un po’ del tempo passato. Quando incominciarono a restaurare il nostro Centro culturale di Firenze, ero in piena salute e volevo collaborare anch’io. I membri non volevano che facessi lavori materiali perché ero anziana. Allora stando a casa li aiutavo ugualmente. Sapendo che si dovevano piantare le siepi, pensai che ci volesse terriccio di bosco che sarebbe stato il concime migliore. Così, stando in campagna, tutte le mattine mi alzavo presto e andavo nel bosco a cercare questa terra buona, ne facevo tanti sacchetti e poi mandavo una persona con un’Ape a prenderli per portarmeli a casa dove ripulivo la terra dai legnetti e preparavo dei sacchettini di concime che poi venivano portati al Centro. Ero tutta felice di avere dato il mio contributo e quando andavo al Centro pensavo: «Avrà fatto bene a queste piante? Penso di sì». Poi, a fare i lavori per restaurare il Centro, venivano tanti giovani da tutta Italia e io con altre donne facevo i dolci da mandare a quei ragazzi. Quando poi arrivò l’inverno pensai che mancavano le sottocoperte; avevo tanta lana e feci delle sottocopertine; lavoravo anche la notte e sono arrivata a farne sei, poi mi hanno detto, basta, ora sono sufficienti. Per me fu un’altra grande gioia.
    Io avevo tanta voglia di leggere e scrivere e quando nei giornali buddisti trovavo pensierini che insegnavano come vivere la vita che mi piacevano li copiavo. Alla fine pensai di metterli insieme per formare un quaderno. Lo feci vedere alla riunione e le compagne del mio gruppo l’hanno voluto tutte perché gli è piaciuto molto. Fino a oggi ne ho consegnati ventisette e provo tanta gioia e soddisfazione. Il mio desiderio sarebbe di poterli donare a tante altre persone per fargli vedere quanto è grande il Gohonzon.
    Quando mi resta qualche ora di tempo faccio anche dei bigliettini doppi con il cartoncino, incollo dei disegnini o fiori, farfalle tutto quello che mi capita di trovare e poi dentro scrivo qualche frase buddista da donare a chi vuole. Tutte queste cose sono la salvezza della mia memoria e poi, allo stesso tempo, leggo, scrivo e studio. Il Gohonzon è per me il grande gioiello della mia vita.
    Ho avuto diverse disgrazie ma con la mia forza vitale e il Daimoku me la sono sempre scampata. Nel 1996 percorrendo la strada che conduceva a casa mia, sulle strisce pedonali una macchina mi investì e mi fece molto male, mi ruppe la tibia della gamba destra, il gomito del braccio sinistro (novanta giorni di ingessatura) e dopo ebbi anche problemi di cuore e dovetti ricoverarmi quattro volte in ospedale. Dopo due anni ebbi un altro incidente e mi ruppi il femore. Uscita dall’ospedale, andavo in carrozzina aspettando il turno per fare la terapia a San Gimignano. Volevo tornare a camminare, anche con la stampella ma da sola, e così feci tutti gli esercizi che quelle maestre dicevano. Tutti i miei sforzi valsero a qualcosa e dopo diciotto giorni camminavo con due stampelle. Al controllo me ne levarono un’altra perché il femore era tornato a posto.
    Adesso mi ritrovo a quest’età con quattro bisnipoti bellissimi, birichini e pieni di salute che hanno dai tre ai sei anni e sono la mia gioia. Avrei un grande desiderio prima della mia morte: poter incontrare di nuovo il nostro presidente Daisaku Ikeda. Per questo lo invito a venire al nostro Centro culturale a Firenze per poterlo salutare. Non desidero altro, sarà per me un’immensa felicità.

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