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Una cupola con tante porte - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:13

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Una cupola con tante porte

Dialogo fra donne appartenenti a varie confessioni religiose. Un’occasione per scoprire dietro alle parole diverse gli stessi ideali di pace, rispetto per la vita e incontro con l’altro

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Dialogo fra donne appartenenti a varie confessioni religiose. Un’occasione per scoprire dietro alle parole diverse gli stessi ideali di pace, rispetto per la vita e incontro con l’altro

Il 5 giugno le donne del capitolo Corticella di Bologna hanno incontrato donne musulmane, ebree, cattoliche. Donne. Come ci insegna Daisaku Ikeda, la forza morbida che sarà determinante per guidare la società verso un’era di pace. Per il futuro, ma cominciando da adesso.
Come sottolinea M. Jeanne nell’introdurre il dibattito: «Siamo qui per mettere in comune le rispettive esperienze di pace, nei rispettivi ambiti e sulla base delle diverse religioni».
La prima a parlare è Ayisha, greca di nascita e da alcuni anni convertita alla religione musulmana, che ci spiega con parole chiare, sintetiche che cos’è, cosa vuol dire pace secondo il Corano.
Nella sua religione ciò che distingue veramente un essere umano, non è il suo status sociale, o la sua ricchezza, ma il bene che fa. Secondo il Corano il principale obiettivo di ogni persona è il raggiungimento della pace interiore, come base della pace sociale. Questa pace, pazienza, dolcezza, equilibrio, armonia, in arabo è chiamata sakina, ed è raggiunta attraverso un continuo allenamento con la preghiera, il periodo di digiuno e altre regole stabilite nel Corano. Queste qualità non sono perseguite per un motivo recondito, o perché è bene fare così, ma perché è proprio il mezzo che serve per compiere la volontà di Hallah, che vuole che i popoli si incontrino. I popoli sono diversi perchè è vitale che ci sia il confronto, base della vita. Questa vita, hamane, è un dono prezioso, da salvaguardare a tutti i costi. Per questo è necessario lavorare per la giustizia e la pace.
Dopo Ayisha è il turno di Caroline, moglie del presidente della comunità ebraica di Bologna, donna molto carismatica, di affascinarci con il racconto della propria esperienza diretta: nata e cresciuta in Egitto ha assistito alla trasformazione di un posto armonioso, un ambiente dove religioni e culture diverse convivevano in armonia, in un inferno scatenato dalla guerra per il Canale di Suez, tra Egitto e Israele. Di tutto il suo avventuroso racconto, il filo portante è stata la memoria dei gesti di solidarietà di cui ricorda, con grande gratitudine essere stata oggetto. Non una parola di sdegno o di rancore per le fatiche e le sofferenze che inevitabilmente ha dovuto affrontare, ma tanta gratitudine per ciò che gli altri hanno fatto per lei.
Man mano che vanno avanti gli interventi, mi rendo conto che al di là della diversa terminologia utilizzata, la “traduzione” è molto semplice: non mi ci vuole molto ad andare con la mente a concetti (ed esperienze dirette) di gratitudine, compassione, bodhisattva, e via discorrendo. Mi sento arricchita di nuove riflessioni, di prospettive inedite di vedere le cose.
L’intervento di Caroline termina con una metafora molto efficace: «Tutte le religioni sono come una cupola, con tante porte: ognuno può entrare dall’ingresso che desidera, ma poi ci si ritrova tutti lì, uno accanto all’altro».
Rossella, cattolica è una focolarina, movimento nato a Trento in piena Seconda guerra mondiale: una ricerca umana di Dio in risposta al crollo dei propri progetti e dei propri beni materiali, a cui inevitabilmente assistevano le persone in quel periodo. Anche questa visione del mondo mette l’incontro con l’altro al centro della ricerca umana, in quanto concretizzazione del volere divino.
Infine Ivana, buddista, sottolinea la presenza di tanti punti in comune. E quindi passa a presentare agli ospiti la nostra organizzazione, che tramite il suo presidente, Daisaku Ikeda, ogni anno presenta alle Nazioni Unite una Proposta di Pace, che si basa sulla lettura degli eventi mondiali in una chiave buddista. Secondo il Buddismo infatti, spiega, ognuno ha il diritto e la possibilità di far emergere le proprie potenzialità, come obiettivo della pace, in quanto tutela dei diritti di ognuno, ma anche come mezzo per lottare ogni giorno nel proprio ambiente di vita, dalla famiglia che il nucleo di base per costruire relazioni armoniose, alla sfera più pubblica, in quanto non ci può essere pace se le persone comuni non partecipano alle decisioni che riguardano la società.
La figura simbolica della pace con l’altro nella letteratura buddista è il bodhisattva Fukyo, che si inchinava per rispetto di fronte a ogni essere umano, esprimendo con questo la fiducia che in qualsiasi modo si presenti un individuo, dentro di sé nasconde il più prezioso dei doni: la Buddità.
E questa fiducia non può mai mancare nelle nostre relazioni, perché è da lì che nasce la speranza per il futuro, e la costanza di attendere che ogni relazione sviluppi il suo più alto e inaspettato potenziale. Ed è da lì che ogni essere umano può emanciparsi dalla spinta a uccidere, intendendo con uccidere qualsiasi desiderio a sopprimere chi si trova, indesiderato, sulla nostra strada.
Con queste parole piene di significato la, purtroppo breve ma intensa discussione, ha lasciato il posto alla distribuzione dei regalini, e al buffet, dove sono continuate in forma più individuale le presentazioni, gli scambi di opinioni, le promesse di non lasciar cadere nel vuoto questa iniziativa, e l’impegno a svilupparla nel prossimo futuro con altri scambi, altre iniziative, altre occasioni di incontro.
Quindi, arrivederci a presto, Uda, giovanissima amica siriana conosciuta al Centro buddista di Bologna il 5 giugno 2004.

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