La stessa mente del Budda
Dal giorno della sua scarcerazione, Toda si era gettato a capofitto nell’opera di ricostruzione della Soka Gakkai impegnandosi senza sosta tanto nelle attività religiose, quanto in quelle lavorative, con l’obiettivo di garantire all’organizzazione non solo delle solide basi di fede, ma anche una certa stabilità economica. Nonostante tutti i suoi sforzi però, i risultati furono molto distanti dalle aspettative e, nel 1950, rischiava di finire in carcere a causa del secondo fallimento consecutivo delle sue attività imprenditoriali. In seguito a queste vicende fu oggetto di critiche che lo portarono a dimettersi dalla carica di direttore generale di una Soka Gakkai che, in quel momento, contava solo poche migliaia di membri ed era ben lontana dall’aver consolidato la sue fondamenta.
Una sera d’autunno Toda, addolorato dalla situazione e incapace di darsi una spiegazione, si recò al Taiseki-ji e inginocchiatosi di fronte al Dai-Gohonzon, iniziò a recitare Daimoku cercando di capire perché i suoi sforzi non producessero gli effetti sperati.
Comprese che, nel tentativo di spiegare il Buddismo in modo più comprensibile, aveva impartito insegnamenti troppo legati alla tradizione, non permettendo ai suoi discepoli di apprendere correttamente gli insegnamenti del Daishonin.
Si rese conto che anche rimandare l’assunzione della carica di presidente era stato un errore. Fino a quel momento non aveva ancora accettato soprattutto perché, prima di pensare a come sviluppare la Gakkai, avrebbe voluto assicurare all’organizzazione la stabilità economica. Quella notte capì che ciò significava anteporre la soluzione dei problemi economici allo sviluppo della fede che, invece, era il primo presupposto per la costruzione di un’organizzazione forte.
Dopo aver recitato per tutta la notte, sentì di aver compreso i suoi errori e decise di ripartire da capo. Alle prime luci dell’alba, Toda lasciò il tempio armato di una nuova determinazione che non tardò a produrre i suoi effetti.
A partire dal febbraio del ’51, la sua situazione economica iniziò a migliorare e nei mesi seguenti si risolse completamente con il pagamento dei debiti e la fondazione di una nuova società.
Il 3 maggio 1951 divenne secondo presidente della Soka Gakkai dichiarando che nel corso della sua vita avrebbe convertito settecentocinquantamila famiglie. Aggiunse che, nel caso in cui non fosse riuscito a realizzare l’obiettivo che si era prefissato, i suoi discepoli, oltre a non celebrare il suo funerale, avrebbero dovuto gettare le sue ceneri in mare. In quel momento la Soka Gakkai contava cinquemila membri e le reazioni al discorso di Toda andarono dallo scetticismo all’indifferenza: mentre qualcuno pensò di aver udito male e che in realtà la cifra pronunciata da Toda fosse settantacinquemila, altri ritennero che il nuovo presidente volesse prendersi gioco di loro. Altri ancora, semplicemente non riuscivano ad accettare il pensiero che un giorno avrebbero dovuto gettare le ceneri del loro maestro in mare…
Perfino il Seikyo Shimbun (giornale ufficiale dell’associazione), nel resoconto della cerimonia del 3 maggio, non fece alcun cenno alle settecentocinquantamila famiglie.
L’obiettivo fu raggiunto in meno di sette anni.
Tuttavia nel ’51 la crescita non fu assolutamente in linea con le attese di Toda. Nell’inaugurare le attività del ’52 disse ai responsabili che, se la Soka Gakkai avesse continuato ad avanzare così lentamente, non sarebbero mai riusciti a raggiungere lo scopo di garantire delle fondamenta al movimento di kosen-rufu. Daisaku Ikeda, che allora faceva attività nel capitolo Kamata, prese molto seriamente il rimprovero di Toda.
Allora la conversione di cento famiglie in un mese era ritenuto il massimo obiettivo cui un capitolo potesse puntare ma, nel febbraio ’52, Kamata convertì duecentouno famiglie. Nell’apprendere questo incredibile risultato, molti si convinsero che la realizzazione dell’obiettivo di Toda non era impossibile. L’opera dell’allora ventiquattrenne Ikeda, aprì la strada al compimento della determinazione di Toda.
Il brano che segue è estratto dal discorso che Toda tenne in occasione della sua elezione a secondo presidente.
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La rivoluzione umana, vol. 5, pagg. 34-46 (estratti)
di Daisaku Ikeda
«Se la nostra mente è la stessa di quella del Budda e noi desideriamo dedicarci sinceramente alla causa di kosen-rufu, spinti da un amore sincero per gli esseri umani, dobbiamo necessariamente sviluppare l’azione di shakubuku.
«Dato che lo shakubuku è dedicato alla felicità di tutti gli esseri umani e rappresenta il concetto buddista della salvezza, manifesta la condizione vitale del Budda. Shakubuku non equivale a sostenere un dibattito religioso, né mira ad accrescere il numero dei seguaci in modo strumentale. Coloro che si dedicano a questa attività non dovrebbero mai dimenticare che la loro azione è un atto di compassione. Sulla base di questa convinzione ho deciso di promuovere una grande campagna di shakubuku.
«Nel corso della mia esistenza convertirò settecentocinquantamila famiglie. Se alla fine della mia vita non sarò stato in grado di raggiungere lo scopo che oggi ho dichiarato davanti a voi, non celebrate il mio funerale, ma gettate semplicemente le mie ceneri nella baia di Shinagawa, avete capito?»
Ciascuno dei presenti accolse la dichiarazione di Toda a modo suo, ma la maggioranza dei partecipanti pensò che un numero come settecentocinquantamila non fosse altro che un sogno. Quasi tutti erano preoccupati essenzialmente delle proprie condizioni di vita, della miseria, delle malattie e del destino avverso.
Eppure i discepoli di Toda sentivano con il proprio intuito quanto fosse importante seguire il loro maestro nel viaggio di kosen-rufu e aiutarlo a realizzare il suo obiettivo impossibile, perché così facendo sarebbero riusciti a risolvere in modo definitivo le loro difficoltà personali. L’ichinen di Toda aveva loro trasmesso questa sicurezza.
A quel punto la riunione stava per giungere al termine e Toda si accinse a pronunciare alcune parole conclusive.
«Per dirvi la verità, sono contento di aver assunto questa carica. Già dai tempi del presidente Makiguchi, quando ero direttore generale, avevo intuito di essere destinato alla presidenza, ma rifiutavo l’idea con tutto il mio essere. In realtà conoscevo il signor Makiguchi abbastanza bene da sapere di non essere all’altezza della carica di presidente.
«Makiguchi era un uomo severo e deciso quanto mai, aveva un carattere completamente diverso dal mio. Lui guidava l’attività di shakubuku fino a notte inoltrata e i suoi discepoli si dannavano l’anima per cercare di seguirlo».
L’intera assemblea scoppiò in un’allegra risata.
«Nel Buddismo, la condizione in cui si è in grado di comprendere i benefici del Gohonzon è chiamata kukyo soku. Nello stadio successivo, bunshin soku, si pratica shakubuku. Questa azione porta incalcolabili benefici e quindi vi incoraggio caldamente a realizzare kosen-rufu.
«Non dovete essere pigri per quanto riguarda la fede, né pregare davanti al Gohonzon per questo o quel beneficio particolare legato alla vita quotidiana. Dovreste dedicarvi allo shakubuku. Se sarete in grado di abbracciare il Gohonzon con una convinzione profonda, potrete ottenere benefici incredibili. Il Gohonzon non vi ha mai chiesto di pregare, siamo noi che lo abbiamo cercato e rivolgiamo ad esso le nostre preghiere. Da oggi in poi vi chiederò di fare molte cose difficili, ma spero che voi le realizzerete tutte.»
Toda avrebbe desiderato che il suo maestro potesse prendere parte alla cerimonia e, pensando alla felicità che ne avrebbe provato, sentiva crescere in sé il dispiacere.
Il coro cantò diverse canzoni, poi alcuni giovani si raccolsero intorno a Toda e uno di loro, all’improvviso, disse: «Ora!» Con un grido all’unisono cominciarono a lanciare Toda in aria.
Shin’ichi, preoccupato per la sorte del suo maestro, si fece largo tra le persone e si precipitò al centro del gruppo, proprio sotto al corpo di Toda. Ogni volta che Toda ricadeva dopo essere stato lanciato in aria, Shin’ichi lo afferrava di peso. Tutti i presenti erano euforici.
In seguito Toda inviò ad alcuni dei suoi discepoli le foto della cerimonia. Shin’ichi Yamamoto ne ricevette una con questa dedica:
Che mistico legame!
Dividere con te gioie e dolori,
nel presente e nel futuro.
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invito alla lettura
Il Sutra del Loto
Cap. II, Espedienti, pagg. 32-33
Se dei bodhisattva che hanno da poco intrapreso il cammino
porgessero offerte a innumerevoli Budda,
fossero completamente padroni del significato delle varie dottrine,
in grado anche di predicare la Legge con efficacia,
e, come piante di riso e di canapa, di bambù o di canna,
riempissero le terre nelle dieci direzioni;
se con la stessa mente, con la loro meravigliosa conoscenza,
per un numero di kalpa pari alle sabbie del Gange,
riunissero tutti quanti i loro pensieri e le loro facoltà,
non riuscirebbero a comprendere la saggezza del Budda.
Se dei bodhisattva nello stadio di non regressione,
numerosi come le sabbie del Gange,
si riunissero con unica mente in riflessione e ricerca,
ancora non riuscirebbero a comprenderla.
Inoltre, Shariputra, ti annuncio
che questa profonda, sottile e meravigliosa Legge,
priva di falle, al di là della comprensione,
ora io l’ho pienamente realizzata.
Io solo comprendo le sue caratteristiche,
e così i Budda delle dieci direzioni.
Sappi, Shariputra,
che le parole dei vari Budda non differiscono mai.
Verso la Legge esposta dai Budda,
devi coltivare il grande potere della fede.
L’Onorato dal Mondo ha esposto a lungo le sue dottrine
e adesso deve rivelare la verità.
Io annunzio questo a tutti gli ascoltatori della voce
e a coloro che cercano il veicolo dei pratyekabuddha:
li ho messi in condizione di liberarsi dai legami della sofferenza
e di raggiungere il nirvana.
Il Budda, con il potere degli espedienti,
ha mostrato loro l’insegnamento dei tre veicoli
distogliendo gli esseri viventi da questo o quell’attaccamento
e permettendo loro di ottenere la liberazione.