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La trasformazione del karma - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:15

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La trasformazione del karma

22. Durante l’esilio a Sado, il Daishonin si occupò di incoraggiare i discepoli che incontravano grosse difficoltà, affrontando il tema fondamentale del cambiamento del karma

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22. Durante l’esilio a Sado, il Daishonin si occupò di incoraggiare i discepoli che incontravano grosse difficoltà, affrontando il tema fondamentale del cambiamento del karma

IKEDA: Sembra che i mesi freddi siano passati e sia in arrivo la primavera. Ai dolci raggi del sole i freschi germogli spuntano più rigogliosi sui rami e il paesaggio assume tinte più brillanti. La natura non sta ferma nemmeno per un istante. Con calma ma con decisione la primavera avanza. Come afferma Nichiren «L’inverno si trasforma sempre in primavera» (SND, 4, 207). E presto i fiori primaverili sbocceranno di nuovo.

MORINAKA: Già all’inizio di febbraio a Okinawa (nella parte più meridionale del Giappone) i ciliegi erano in piena fioritura. E ora un’ondata di fiori sta risalendo l’arcipelago giapponese.

IKEDA: Il mio maestro Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, amava molto i fiori di ciliegio. Una volta, in un periodo in cui i suoi affari versavano in cattive acque, mi disse con profonda emozione: «Hai visto come quei ciliegi sono tornati a fiorire dopo aver sopportato il rigido freddo invernale!». Ricordo ancora perfettamente le sue parole.
I fiori di ciliegio sono così belli perché sono sopravvisuti ai rigori dell’inverno. Lo stesso vale per la vita umana. La vita è un susseguirsi di cambiamenti. È una questione di sopportazione e di impegno in una battaglia incessante – sempre facendo attenzione al tempo, aspettando il momento giusto, creando il momento giusto. È grazie all’accumulo di questi sforzi continui che si può sperimentare la piena fioritura della vittoria nella vita.

SAITO: In altre parole, ogni momento è una lotta. Mi tornano alla mente i versi di una delle sue poesie: «La distruzione è questione di un istante, la costruzione è una lotta fino alla morte». Il Buddismo insegna l’importanza di vivere andando sempre avanti.

IKEDA: Toda soleva dire: «È impossibile svolgere un lavoro perfetto se non ci si sforza duecento o trecento volte più del solito». Ciò vale per ogni aspetto della vita: significa agire con convinzione senza trascurare niente, impegnandosi anima e corpo nel compito che si ha di fronte. La vittoria consiste in questa lotta continua, senza la quale è impossibile costruire una vita veramente grande.
Il Daishonin afferma: «È il cuore che è importante» (WND, 1000 – «Solo la fede è realmente importante» SND, 4, 194) E anche: «Il proprio corpo e la propria mente in un singolo istante pervadono l’intero regno dei fenomeni»(WND, 366 – «La nostra vita pervade l’intero universo sia fisicamente che spiritualmente» SND, 1, 234) e «Anche il regno dell’ambiente ha origine da questa singola legge della vita» (GZ, 563). Questa è l’essenza del Buddismo, perciò è importante cercare sempre di sforzarsi e sfidare se stessi. La vittoria si manifesterà nella stessa misura in cui riusciremo a mantenere questa salda convinzione.

MORINAKA: I giapponesi tendono a considerare la religione come un ambito spirituale isolato che si astiene dall’occuparsi in maniera significativa della realtà. Ma il Buddismo di Nichiren è diverso. È una religione il cui scopo fondamentale è trasformare la realtà.

IKEDA: Tsunesaburo Makiguchi, primo presidente della Soka Gakkai, si domandava: «Qual è la ragion d’essere della religione se non servire alla felicità dell’umanità e fare del mondo un posto migliore?» E Toda affermava: «Dobbiamo batterci per condurre all’Illuminazione chi è immerso in una grande sofferenza».
Cambiare se stessi e la società è il vero cammino della fede, che richiede faticosi e continui sforzi in mezzo alla realtà. La nostra condizione vitale cresce soltanto nella misura in cui cerchiamo davvero di agire così.

SAITO: E così fu la battaglia spirituale condotta da Nichiren Daishonin per superare enormi persecuzioni. Egli dimostrò una condizione vitale di autentica libertà che ci dà un’idea di quanto grandi possono essere gli uomini e di come non esistano catene in grado di imprigionare lo spirito umano che è così infinitamente nobile.

IKEDA: La battaglia del Daishonin a Sado fu anzitutto un battaglia di parole, nella quale scrisse molti trattati e lettere. Scriveva con due scopi: gettare le basi dottrinali del suo insegnamento e ricostruire la comunità dei discepoli. E li perseguì entrambi pensando sempre a kosen-rufu, la diffusione del suo insegnamento nei diecimila anni e più dell’Ultimo giorno della Legge.

MORINAKA: Riguardo al consolidamento della base dottrinale, l’aspetto di maggiore importanza, che abbiamo già discusso in precedenza, fu la spiegazione del significato dell’oggetto di culto nei due trattati L’apertura degi occhi e Il vero oggetto di culto.

IKEDA: Inoltre, mentre era in esilio a Sado, il Daishonin espose anche compiutamente le sue idee riguardo alla pratica, cioè a shakubuku (refutare gli attaccamenti delle persone agli insegnamenti errati) e a kosen-rufu (propagare ampiamente la Legge nel futuro).
Nell’intento di ricostruire la comunità dei credenti, il Daishonin scrisse molte lettere di incoraggiamento e diversi discepoli fecero lunghi viaggi per fargli visita a Sado. In questi scambi fra maestro e discepolo il Daishonin cercò di trasmettere loro il suo coraggio, il cuore del re leone. Spiegò che coloro che lo perseguitavano incarnavano il monito del sutra «Demoni malvagi si impossesseranno di altre persone» (SDL, 254)(WND, 303 – «Il demone entra nel loro corpo» SND, 4, 77) e rivelò il significato delle persecuzioni alla luce del Buddismo. Di conseguenza i suoi seguaci riuscirono a diventare persone di forte fede, a trionfare sulle persecuzioni e ancora una volta a rimettere in moto la corrente di kosen-rufu nell’Ultimo giorno.

SAITO: In questa discussione vorremmo che lei ci parlasse del principio della trasformazione del proprio karma che il Daishonin espose dettagliatamente in quell’occasione.

IKEDA: Il principio della trasformazione del karma è uno degli insegnamenti che mettono maggiormente in luce l’umanesimo del Buddismo di Nichiren. Il Daishonin lo espose all’epoca dell’esilio di Sado perché c’erano tantissimi discepoli, sinceri e devoti che stavamo improvvisamente affrontando una dura repressione. E poiché considerava le loro sofferenze come proprie egli spiegò perché, in quanto buddisti, dovevano incontrare simili difficoltà. Così si concentrò sulla spiegazione del karma che è all’origine della sofferenza.
Di fatto, il principio del cambiamento del karma che il Daishonin insegna è sostanzialmente identico ai principi: “gli ostacoli conducono all’Illuminazione” e “le persecuzioni conducono all’ottenimento della Buddità” che abbiamo già discusso in precedenza.

SAITO: “Le persecuzioni conducono all’ottenimento della Buddità” significa che superando persecuzioni e difficoltà, facendo scaturire la condizione vitale interiore della Buddità, noi possiamo rafforzare e temprare la nostra vita e ottenere l’Illuminazione in questa esistenza.

IKEDA: La dottrina del cambiamento del karma del Daishonin è un insegnamento che, ponendo l’accento sulle difficoltà della vita, rivela il principio per realizzare la trasformazione interiore della nostra vita.
Egli comincia spiegando il principio dell’“alleggerimento della retribuzione karmica” che si trova nel Sutra del Nirvana. Esso afferma che si riceve una retribuzione leggera per un karma negativo pesante. Il Daishonin lo espone per la prima volta in Alleggerimento della retribuzione karmica che scrisse mentre era custodito a Echi (ottobre 1271), nemmeno un mese dopo la Persecuzione di Tatsunokuchi. Era indirizzato a Ota Saemon-no-jo[ref]Ota Saemon-no-jo, il prete laico Soya Kyoshin e il Ponte del Dharma Kimbara erano seguaci di Nichiren Daishonin che abitavano nella provincia di Shimosa (parte delle attuali prefetture di Chiba e Ibaraki), situata a nordest di Kamakura. Ota Saemon-no-jo (1222-83), noto anche come Ota Jomyo, viveva nel distretto di Nakayama, nella parte meridionale della provincia. Insieme a Toki Jonin fu una delle figure più importanti fra i discepoli del Daishonin nella regione di Boso. Il prete laico Soya Kyoshin (1224-91) viveva a Soya, nel distretto di Katsushika, e insieme a Toki Jonin e Ota Jomyo era diventato presto seguace del Daishonin. Anche suo figlio Doso si era convertito agli insegnamenti del Daishonin. Il Ponte del Dharma Kimbara o Kanahara era un membro del clan Chiba. “Ponte del Dharma” era un titolo istituito a metà del nono secolo come grado ufficiale nella gerarchia religiosa e in seguito divenne un semplice appellativo onorifico.[/ref], al prete laico Soya Kyoshin e al Ponte del Dharma Kimbara.

MORINAKA: In esso scrive: «Nel Sutra del Nirvana si trova il principio dell’alleggerimento della retribuzione karmica. Se il karma pesante del passato non viene espiato in questa esistenza, si dovranno sopportare le sofferenze dell’inferno nel futuro, tuttavia, incontrando grandi difficoltà in questa vita, le sofferenze dell’inferno svaniranno immediatamente. Alla morte si otterranno i benefici dei mondi umani e divini, dei tre veicoli e del veicolo supremo» (SND, 4, 93).

SAITO: I caratteri che compongono il termine giapponese “alleggerimento della retribuzione karmica”, tenju kyoju, letteralmente significano “trasformare il pesante e riceverlo in maniera leggera”. “Pesante” sta per il pesante karma negativo che abbiamo accumulato in infiniti kalpa. Il principio dell’alleggerimento della retribuzione karmica significa che, scontrandoci con una retribuzione karmica relativamente leggera in questa vita, possiamo estinguere il karma pesante che normalmente ci avrebbe influenzato non solo in questa vita ma per numerose esistenze a venire.

IKEDA: «Le sofferenze dell’inferno svaniranno immediatamente» dice il Daishonin e cita anche un altro punto chiave, il beneficio di raggiungere la Buddità. Vale a dire che le sofferenze che proviamo nell’affrontare grandi difficoltà in nome del Buddismo sono sofferenze minori da sopportare per poter rapidamente sradicare la sofferenza infernale che altrimenti sarebbe durata indefinitamente. Perciò incontrare simili difficoltà ci conduce all’ottenimento della Buddità. Questo è il principio della trasformazione del karma secondo il Daishonin.
Nella Soka Gakkai, un’organizzazione che agisce in accordo con la volontà e il mandato del Budda, ci sono centinaia di migliaia, e anzi milioni, di persone che hanno affrontato dolorose difficoltà con forte fede, sperimentando una profonda rivitalizzazione e vedendo le loro sofferenze “svanire immediatamente”. Il potere che il Buddismo di Nichiren ha di cambiare il karma è stato dimostrato dall’esperienza concreta di dieci milioni di persone.

MORINAKA: A volte le persone si chiedono se abbia senso affermare, secondo la legge di causa ed effetto, che il karma “svanisce”, visto che il karma, sia buono che cattivo, è qualcosa che viene continuamente accumulato nella nostra vita.

IKEDA: Un passo alla volta. Cominciamo col ribadire l’esatto signficato della parola karma

SAITO: La parola karma deriva dal sanscrito e significa “atto” o “azione”. Si tratta di un concetto che compare per la prima volta nel pensiero indiano antico. Quando il Buddismo fu trasmesso in Cina la parola venne tradotta con il carattere cinese ye (giapponese go) che significa azioni, intese come acquisizioni o risultati.

MORINAKA: Nell’antica India le persone credevano che le circostanze della rinascita fossero determinate dalle buone o cattive azioni compiute, cioè dal karma.

IKEDA: Il termine karma originariamente comprendeva sia il karma positivo che quello negativo. Ma col passare del tempo ha acquisito il significato primario di karma negativo.

SAITO: Probabilmente a causa di tutti gli eventi dolorosi che le persone difficilmente dimenticano. In ogni caso, quello della trasformazione del karma negativo divenne un argomento religioso di importanza primaria.

IKEDA: Al giorno d’oggi forse le persone comprendono più facilmente questo concetto se al termine karma sostituiamo quello di fato o destino.
Si può cambiare il fato? Si può alterare il destino di un paese, di una persona, dell’umanità? È un tema di estrema importanza non solo per la religione e la filosofia ma anche per l’arte e la letteratura.

MORINAKA: La parola “destino” fa venire in mente la Quinta Sinfonia di Beethoven detta anche la “sinfonia del destino” che, se non sbaglio, lei ascoltavo spesso da giovane.

IKEDA: Seduto nel mio minuscolo appartamento a Omori, Tokyo, ho ascoltato quel disco fino a consumarne i solchi. Ma forse parlare di solchi consumati ha poco senso per i giovani d’oggi che non hanno familiarità con i dischi!
Ogni volta che ascoltavo la Quinta Sinfonia di Beethoven ero sempre intensamente colpito dai toni turbolenti che evocavano un furioso temporale che bussa senza posa alla porta. Questo brano riflette le battaglie di Beethoven con il proprio destino. Mentre era alle prese con il destino di perdere l’udito, sul quale riuscì a trionfare, egli compose molte brillanti opere.
Nella Quinta Sinfonia di Beethoven pulsa lo spirito eroico di guardare in faccia senza paura i propri problemi e di affrontarli direttamente. Lo scrittore russo Leone Tolstoj diceva che ascoltare questa sinfonia gli infondeva coraggio. La mia reazione era la stessa. Potremmo considerare la Quinta di Beethoven come la “sinfonia della trasformazione del karma”. Per contro, la Nona Sinfonia, che include la parte corale dell’Ode alla gioia, potrebbe essere definita l’“inno allo spirito umano”.

SAITO: L’idea del cambiamento del proprio destino è un anelito universale condiviso da tutte le persone. Possiamo considerare tutti i tentativi a livello filosofico e religioso, religioni mondiali comprese, come il risultato degli sforzi per affrontare questo problema.

MORINAKA: Sempre più persone attualmente trovano difficile accettare l’idea che sia qualche potenza superiore o divinità a controllare il loro destino perché, più si basano su una concezione assoluta della divinità che controlla il fato, più diventano passive e le loro vite sembrano insignificanti.
Nell’antica India, prima dell’avvento del Buddismo, l’idea di karma era vista in questo senso assoluto, al punto da credere che le persone potessero liberarsi dal ciclo della rinascita dovuta al karma soltanto attraverso rituali religiosi eseguiti dal clero.

IKEDA: Questa può essere una ragione importante per l’apparizione successiva del Buddismo che affrancò le persone da questa visione assolutistica del karma o destino, sottolineando il potere del libero arbitrio. Il Buddismo insegnava che, sia la formazione del karma, sia qualsiasi forma di liberazione da esso, erano determinate sostanzialmente dalla volontà e dalle azioni individuali. Anche per questo il Buddismo viene chiamato “via interiore” [in contrapposizione alla “via esteriore”, termine con cui vengono designati gli insegnamenti non buddisti].
Riservandoci di discuterne dettagliatamente in un’altra occasione, basti dire che la progressione sistematica dal superficiale al profondo che vediamo nelle “cinque comparazioni[ref]Cinque comparazioni: cinque livelli successivi di comparazione elaborati da Nichiren Daishonin per dimostrare la superiorità di Nam-myoho-renge-kyo su tutti gli altri insegnamenti buddisti. Essi sono: 1) Buddismo rispetto agli insegnamenti non buddisti 2) Buddismo Mahayana rispetto al Buddismo Hinayana 3) Vero Mahayana rispetto a Mahayana provvisorio 4) Insegnamento essenziale del Sutra del Loto rispetto all’insegnamento teorico del Sutra del Loto 5) Buddismo della semina rispetto al Buddismo del raccolto.[/ref]”, attraverso le quali si spiega il vero principio causale per l’ottenimento della Buddità, consiste in una serie di insegnamenti che permettono una liberazione sempre maggiore dalle pastoie del karma. In conclusione, il Sutra del Loto, che insegna che tutte le persone posseggono la natura di Budda, è un insegnamento che libera a livello fondamentale le persone dalle catene del destino.
Questo è il punto essenziale della discussione di oggi. Quando comprendiamo quanto fosse inadeguata la causalità contenuta nelle dottrine precedenti al Sutra del Loto e comprendiamo ciò che il sutra insegna riguardo al cambiamento del karma, il potere benefico di trasformare il destino umano, proprio del Buddismo del Daishonin, appare chiaramente. Analizziamo dunque ciò che il Sutra del Loto afferma a riguardo.

SAITO: A questo fine vorrei soffermarmi nuovamente sull’Alleggerimento della retribuzione karmica. Dopo aver spiegato il principio che dà il titolo al Gosho, il Daishonin prosegue discutendo la storia del Bodhisattva Mai Sprezzante, che appare nel Sutra del Loto:
«Il bodhisattva Fukyo non fu deriso, insultato e colpito con pietre e bastoni senza motivo: probabilmente aveva calunniato la vera Legge nel passato.
La frase «dopo aver espiato le sue colpe»[ref]«Quando le sue colpe furono espiate» (SDL, 20, 359).[/ref] indica che il bodhisattva Fukyo poté annullare le colpe delle precedenti esistenze grazie alle persecuzioni che incontrò» (SND, 4, 93).

MORINAKA: Il Bodhisattava Mai Sprezzante mise in pratica il principio filosofico fondamentale del Sutra del Loto, cioè che tutte le persone posseggono la natura di Budda. Egli riveriva tutte le persone, salutandole con la recitazione del Sutra del Loto di ventiquattro caratteri che esprime questa verità essenziale. Ma i monaci e le monache malvagie, i laici e le laiche lo attaccavano con pietre e bastoni. Tuttavia egli continuava senza farsi intimorire e il risultato fu che alla fine ottenne il beneficio delle purificazione dei sei organi di senso[ref]Purificazione dei sei organi di senso o dei sei sensi: i sei organi di senso sono: occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Purificarli significa far sì che funzionino correttamente e diventino puri e liberi dall’influenza dei desideri terreni.[/ref], prolungò la sua vita di “duemila miliardi di anni” e continuò a predicare il Sutra del Loto. Shakyamuni afferma che il Bodhisattva Mai Sprezzante non era altri che lui stesso in una precedente esistenza[ref]SDL, 20, 357.[/ref].

SAITO: Il capitolo ventesimo del Sutra del Loto, Bodhisattva Mai Sprezzante spiega che la persona che diffonde la Legge dopo la morte del Budda otterrà il beneficio della purificazione dei sei organi di senso. Questo è il significato della frase del sutra «Quando le sue colpe furono espiate» (SDL, 359).

IKEDA: Dopo la Persecuzione di Tatsunokuchi il Daishonin, sia durante la sua detenzione a Echi che nel successivo esilio a Sado, citò ripetutamente gli ostacoli affrontati dal Bodhisattva Mai Sprezzante. In Lettera da Teradomari, scritta durante la sua permanenza presso il piccolo porto di Teradomari, da dove una barca l’avrebbe condotto sull’isola di Sado, si legge:
«Il Sutra del Loto è la cerimonia della predicazione della Legge dei Budda delle tre esistenze. Il passato del capitolo Fukyo corrisponde al presente come è predetto nel capitolo Kanji; il presente predetto nel capitolo Kanji corrisponde al passato del capitolo Fukyo. Il capitolo Kanji di oggi, nel futuro sarà il capitolo Fukyo e a quel tempo Nichiren sarà il Bodhisattva Fukyo» (SND, 6, 83-84).
È un brano molto importante. Il Sutra del Loto afferma che la propagazione della Legge buddista ha luogo attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro e rivela il principio universale secondo il quale coloro che propagano la Legge buddista sono certi di incontrare grandi persecuzioni. Così possiamo leggere il brano suddetto.
Il Daishonin afferma inoltre che, quando la cerimonia del Sutra del Loto del passato viene trasposta nel presente, il protagonista non è altri che Nichiren Daishonin stesso.

SAITO: Gli eventi passati descritti nel capitolo Il Bodhisattva Mai Sprezzante (Fukyo) si riferiscono alla pratica di Shakyamuni in una precedente esistenza in cui era il Bodhisattva Mai Sprezzante, mentre il capitolo Esortazione alla devozione (Kanji) del presente indica le battaglie personali del Daishonin con i tre potenti nemici nell’Ultimo giorno della Legge.
Queste parole trasmettono il magnifico spirito di Nichiren Daishonin. Egli in realtà sta dicendo: «Sono io che ho fatto emergere i tre potenti nemici descritti nella strofa di venti righe del capitolo Esortazione alla devozione. E questa azione equivale a portare avanti nel presente la battaglia per riverire le persone che il Bodhisattva Mai Sprezzante intraprese nel passato. Le persone delle epoche future comprenderanno che io sono uguale al Bodhisattva Mai Sprezzante».

IKEDA: Il Daishonin considera inseparabili la pratica del Bodhisattva Mai Sprezzante descritta e la sua stessa pratica. In questa maniera insegna ai suoi seguaci che, incontrando grandi persecuzioni, possono espiare le offese commesse nelle passate esistenze.
Poiché il Daishonin lesse l’intero Sutra del Loto di ventotto capitoli con la sua vita, egli afferma di essere «più fiducioso che mai» (Alleggerimento della retribuzione karmica, WND 200 – La frase manca nella traduzione italiana, n.d.t.) di ottenere la Buddità. Non c’è dubbio che chi incontra le grandi persecuzioni descritte nel sutra otterrà la Buddità. Le parole «sono più fiducioso che mai» sono indirizzate ai discepoli che lo seguivano e per questo venivano perseguitati. Col suo stesso esempio e affrontando personalmente gravi persecuzioni, il Daishonin incoraggiò i suoi seguaci, garantendo loro l’ottenimento della Buddità.

MORINAKA: Di fronte a persecuzioni incessanti, si potrebbe supporre che una persona cercasse di consolare i suoi compagni. Invece è meraviglioso che il Daishonin affermi con coraggio di essere «più fiducioso che mai».

IKEDA: Il punto di vista del Sutra del Loto sull’espiazione delle offese è sostanzialmente diverso da quello degli insegnamenti che lo precedono.
Abbiamo già ribadito che il riconoscimento del ruolo del libero arbitrio è una caratteristica propria solo della visione buddista del karma. Non si può negare però che, nell’evoluzione del pensiero buddista successiva alla morte di Shakyamuni, le basi dottrinali originali furono dimenticate e l’idea di un karma che vincola la vita delle persone divenne dominante. Alle persone veniva detto che, dalle vite precedenti fino a quella presente, avevano accumulato un numero incalcolabile di offese. Ciò le faceva sentire impotenti e senza speranza di sradicare una mole così imponente di karma.

SAITO: Si supponeva che fosse impossibile in una sola esistenza espiare e cancellare tutte le azioni negative accumulate in infiniti kalpa e che, al massimo, si poteva sperare di ridurre, anche in minima parte, questo saldo negativo nelle profondità della vita. Nel frattempo però noi continuiamo ad accumulare karma negativo e, finché saremo bloccati in questo ciclo, finiremo solo con l’essere afflitti da una sensazione di impotenza.

IKEDA: La vera essenza del Buddismo, la via interiore, è considerare il karma come una propria responsabilità. Ma gli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra del Loto l’avevano interpretato nel modo sbagliato.

MORINAKA: Mi chiedo se ciò non fosse dovuto in parte all’intervento di preti dalle opinioni distorte. Affermando che le persone erano prigioniere del proprio karma e che solo il clero aveva il potere di cancellare le loro offese passate, essi sfruttavano la propria autorità religiosa a scopo intimidatorio. Senza dubbio quei preti calcavano la mano sul fatto che le persone erano piene di peccati ma in realtà erano loro che si rendevano colpevoli delle più gravi offese.

IKEDA: Il Buddismo di Nichiren corregge questi insegnamenti buddisti errati. Esso insegna che si può, senza alcun dubbio, cambiare il proprio karma. Per questa precisa ragione il Daishonin affronta l’argomento del karma.

SAITO: Esatto. Porre l’accento sul karma senza spiegare con chiarezza che può essere espiato significherebbe non lasciare alle persone altra scelta che rimanere muti e inermi di fronte alle insondabili profondità del proprio karma.

IKEDA: È la rivelazione del principio di trasformazione del karma che può liberare le persone dal proprio destino. Il Buddismo parla del karma per spiegare come trasformarlo. In altri termini, esporre alle persone la teoria del karma, senza spiegare fino in fondo i mezzi per cambiarlo, significa interpretare erroneamente il Buddismo. Simili insegnamenti fanno soltanto sì che le persone rimangano prigioniere delle pastoie del fato.
Un’altra caratteristica distintiva del concetto di karma del Daishonin è la severa attenzione che riserva all’analisi di se stessi. Ci insegna a riflettere più attentamente sul nostro karma e sulle nostre azioni per cambiarlo, usando il potere della Legge che la nostra vita possiede.

MORINAKA: Dunque per cambiare il karma dobbiamo guardare bene in faccia la nostra vita.

IKEDA: Esatto. Fronteggiando direttamente il nostro karma così com’è, affrontandolo a testa alta possiamo far sgorgare lo stato vitale di Buddità. Immergendoci nelle profondità della nostra vita costruiamo il «palazzo della nona coscienza[ref]La nona coscienza o coscienza amala è la natura di Budda, l’energia purificatrice fondamentale, libera da ogni impedimento karmico.[/ref], l’immutabile realtà che regna su tutte le funzioni della vita» (SND, 4, 204). Solo così si realizza la purificazione dei sei organi di senso e la propria rivoluzione umana, cioè si affina la propria umanità.
Inoltre non dobbiamo limitarci a riflettere sul nostro karma personale. Una volta che ci siamo liberati dalle catene del karma dobbiamo adoperarci anche per liberare le altre persone che soffrono per lo stesso motivo. Questa è la strada per il raggiungimento della Buddità propria e degli altri.
Mentre lottiamo per cambiare il nostro karma, ci sforziamo di aiutare gli amici a cambiare il loro. Questo è il significato di tutte le attività della SGI, la strada della pratica buddista corretta.

SAITO: È impressionante constatare come il Daishonin riflettesse sempre profondamente sul suo karma.

MORINAKA: È una cosa completamente diversa da quel tipo di pretenziosa riflessione su di sé alla quale sono inclini gli pseudointellettuali, che la adottano soltanto come una posa per dare l’impressione di essere persone profonde e riflessive.

IKEDA: Naturalmente è importante riflettere sui nostri problemi e fare un attento esame di coscienza. Ma, se nel far questo ci isoliamo dagli altri oppure affrontiamo il problema a metà, i nostri tentativi di autoriflessione saranno soltanto vani esercizi intellettuali.
Il Daishonin nutriva il grande desiderio di salvare tutte le persone. Per questo riuscì a guardare la sua vita in maniera così totale e completa e a manifestare dentro di sé la suprema condizione vitale. Egli cercava di insegnare a tutti i suoi seguaci – anzi, a tutta l’umanità, il modo sicuro per cambiare il proprio karma.

MORINAKA: Fino a che punto Nichiren Daishonin rifletté sul proprio karma? Un resoconto di quella impresa spirituale è Lettera da Sado che scrisse un mese dopo L’apertura degli occhi.

SAITO: Se L’apertura degli occhi è un invito a riconoscere l’immenso stato vitale del Daishonin, Lettera da Sado in un certo senso esorta i discepoli stessi ad aprire gli occhi alla grandezza della loro vita.

MORINAKA: In Lettera da Sado il Daishonin esamina onestamente la propria vita, domandandosi perché dovesse incontrare persecuzioni e sofferenze, e giunge alla conclusione che era a causa del suo karma.

IKEDA: Lo fece per i suoi seguaci che stavano provando una grande sofferenza a causa delle persecuzioni. Voleva far crescere persone veramente forti e di carattere.
I nostri tempi sono caratterizzati da una spiritualità superficiale, priva di radici. Questa superficialità è tipica dell’Ultimo giorno della Legge e, secondo molti osservatori, è particolarmente acuta nel Giappone odierno.
Il messaggio del Daishonin era di considerare difficoltà e persecuzioni come un’opportunità per crescere e diventare una persona più profonda. Più difficoltà si incontrano, più possiamo migliorarci come esseri umani. Così dovrebbe vivere chi pratica il Buddismo del Daishonin.

SAITO: Questo non vale soltanto per le difficoltà e le persecuzioni che si incontrano per amore del Buddismo, ma anche per qualsiasi difficoltà si incontri nella vita. In genere ci sono due modi di affrontare i problemi della vita. C’è chi di fronte alla difficoltà prova risentimento e rabbia nei confronti del mondo che lo circonda e chi invece usa la situazione per elevarsi spiritualmente.

IKEDA: Perciò sia l’idea che la ricerca concreta della rivoluzione umana, o trasformazione interiore, sono estremamente importanti. Se non cerchiamo di sviluppare un’umanità più profonda, quando incontreremo qualche grande ostacolo tenderemo a compatirci, ad arrabbiarci, a provare rancore per coloro che abbiamo intorno. È nella natura umana reagire così ma, per impedire che accada, dobbiamo riflettere a fondo su noi stessi e lottare continuamente per la nostra crescita personale.
In che modo il Daishonin rifletté su di sé? Consideriamo un altro brano di Lettera da Sado.

MORINAKA: «Anche le persecuzioni che Nichiren sta subendo non sono che un effetto del karma passato. Il capitolo Fukyo afferma: “…dopo aver espiato le sue colpe”, intendendo che il bodhisattva Fukyo fu insultato e percosso da innumerevoli persone che disprezzavano la Legge, a causa del suo karma passato. A maggior ragione questo è il caso di Nichiren che in questa esistenza è nato povero e umile in una famiglia chandala[ref]Chandala: la classe più bassa, quella dei cosiddetti “fuoricasta”, composta da coloro il cui mestiere richiedeva di uccidere creature viventi. Il Daishonin era nato in una famiglia di pescatori.[/ref]. Benché il mio cuore possa avere un po’ di fede nel Sutra del Loto, il mio corpo ha l’aspetto di un uomo, ma è un corpo animale che si è nutrito di pesce e pollo e fu concepito dai fluidi maschile e femminile. In questo corpo risiede il mio spirito, come la luna riflessa sull’acqua fangosa o l’oro contenuto in una borsa lurida. Poiché il mio cuore crede nel Sutra del Loto, non temo né Bonten né Taishaku[ref]Bonten e Taishaku (sanscrito: Brahma e Shakra). Due divinità dell’antica mitologia indiana. Nel Buddismo hanno la funzione di guardiani del mondo in quanto capi degli dèi celesti che sono le forze protettrici dell’universo.[/ref], ma il mio corpo è quello di un animale. A causa della disparità fra corpo e spirito, è naturale che gli stolti mi deridano. Il mio spirito, di fronte al corpo, è paragonabile alla luna e all’oro» (SND, 4, 73-74).

SAITO: Qui il Daishonin dice che la causa delle gravi persecuzioni che stava incontrando era il suo karma passato. E, citando la frase del capitolo Il Bodhisattva Mai Sprezzante che discutevamo in precedenza «…dopo aver espiato le sue colpe» il Daishonin si spinge fino ad affrontare la questione della propria nascita e della propria posizione sociale.

IKEDA: Egli analizzò la sua vita senza compromessi.
Ovviamente il Daishonin aveva letto l’intero sutra, ognuno dei ventotto capitoli che lo compongono, con la sua stessa vita, anima e corpo. Eppure afferma solo di nutrire «un po’ di fede nel Sutra del Loto».
Alla fine egli afferma: «Il mio spirito, di fronte al corpo, è paragonabile alla luna e all’oro». E fa questo paragone per via del contrasto netto fra il suo corpo che «è quello di un animale» e il suo cuore o la sua mente che brillano «come la luna o l’oro».
Tuttavia egli riconosce la fragilità del cuore umano che fa cadere le persone preda dell’illusione e soccombere alle insidie della natura demoniaca. Il sentiero per cambiare il karma sta nel superare questa debolezza interiore. Il cuore ha due aspetti: uno debole e uno forte.
La fede ci consente di sviluppare uno spirito forte che si identifica con la Legge mistica e attinge al potenziale illimitato della nostra Buddità intrinseca. Perciò il Daishonin afferma: «Poiché il mio cuore crede nel Sutra del Loto, non temo né Bonten né Taishaku». Proseguendo il suo autoesame, passa poi a parlare delle sue vite precedenti. E qui infine si giunge all’argomento del karma.

MORINAKA: «Chi può conoscere quali offese alla Legge ho commesso in passato? Forse ho lo spirito del prete Shoi[ref]Shoi: appare nell’ultimo giorno del Budda Shishionno. Si dice che sia caduto vivo nell’inferno per aver calunniato il bodhisattva Kikon che insegnava la dottrina corretta.[/ref] o l’anima di Mahadeva[ref]Mahadeva: un bramano nato circa cento anni dopo Shakyamuni. Commise tre peccati cardinali uccidendo il padre, la madre e un arhat. Si pentì ed entrò nel clero, ma ruppe l’unità dei credenti corrompendo gli insegnamenti ortodossi.[/ref]. Forse discendo da coloro che perseguitarono Fukyo. Ero fra quelli che persero la fede[ref]Quelli che persero la fede: persone che a causa delle loro offese alla Legge non ricordano di aver ricevuto dal Budda il seme dell’Illuminazione nel lontano passato di gohyaku-jintengo.[/ref]? O uno dei cinquemila arroganti[ref]Cinquemila arroganti: persone (monaci, monache, laici e laiche) che, convinte di aver ormai compreso il Buddismo, abbandonarono l’assemblea quando Shakyamuni cominciò a esporre il Sutra del Loto.[/ref]? Oppure ho fatto parte del terzo gruppo dei discepoli del Budda Daitsu[ref]Budda Daitsu o Budda Grande Saggezza Universale: appare nel settimo capitolo del Sutra del Loto. Vissuto «un incommensurabile, illimitato, inconcepibile numero di asamkhya kalpa or sono» (SDL, 7, 152) cioè in un passato estremamente remoto, egli predicò il Sutra del Loto ai suoi sedici figli. Questi a loro volta lo predicarono alle persone e alcune di queste si converitrono e ottennero l’Illuminazione. Il terzo gruppo sono coloro che udirono il Sutra del Loto a quel tempo ma non si convertirono. E pur essendo rinati durante la vita di Shakyamuni furono egualmente incapaci di credere nel Sutra del Loto.[/ref]? È impossibile valutare il proprio karma» (SND, 4, 78).

SAITO: È sorprendente che egli si collochi fra coloro che nel passato hanno offeso il devoto del Sutra del Loto. Questo ci fa comprendere che il Daishonin non ha una visione dualistica del bene e del male. Bene e male sono inseparabili; l’ignoranza fondamentale è una cosa sola con la natura fondamentale dell’Illuminazione. Per questo credo che abbia potuto scrivere una frase simile.

IKEDA: Il Daishonin dice che «è impossibile valutare il proprio karma» È indice di quanto fosse sempre concentrato sull’aspetto interiore della vita umana con l’intento di condurre tutte le persone all’Illuminazione. Non v’è compassione maggiore nei confronti degli esseri umani. Credo che alla base del suo esame della natura della vita vi fosse una profonda fiducia nel potenziale interiore della gente e una grande empatia per la debolezza umana. Tutto il suo essere era pervaso dall’immensa compassione di salvare, nel senso più profondo, i suoi discepoli di Kamakura che affrontavano con coraggio la repressione.
Ne abbiamo già accennato: se il Daishonin si fosse limitato a offrire ai suoi discepoli tiepide parole di consolazione mentre erano colpiti dalle persecuzioni probabilmente non li avrebbe ispirati a resistere con fermezza e a impegnarsi in una battaglia spirituale per capovolgere la situazione.
Nel corso della nostra pratica buddista è normale che a volte sorgano dei dubbi. Il Buddismo del Daishonin insegna a porsi domande con sincerità e a ricercare la vera essenza dei fenomeni e degli eventi. Una persona dalla fede autentica è quella che, anche quando esternamente viene spogliata di tutto, continua a possedere una indistruttibile condizione interiore.

SAITO: La natura demoniaca opera in ogni maniera possibile per sviare il cuore delle persone. Per esempio, un senso di realizzazione superficiale può condurre all’arroganza.

IKEDA: Esatto. Quest’arroganza offre una breccia dalla quale le funzioni demoniache possono penetrare nella vita. Spesso le persone più vulnerabili sono quelle che stanno affrontando qualche grande difficoltà e affermano baldanzose che va tutto benissimo. A volte esse possono essere estremamente deboli spiritualmente. Spesso le persone umili sono le più solide e quelle che si fanno meno sviare.
In ogni caso, vedendo come il Daishonin abbia esaminato spietatamente la propria vita, non possiamo fare a meno di riflettere severamente su noi stessi. Le funzioni demoniache non riescono mai a penetrare nella vita di chi ha uno spirito forte e che ogni giorno si forza di crescere.

MORINAKA: Il Daishonin era esattamente l’opposto di un maestro religioso che predica agli altri come se fosse un essere speciale.

IKEDA: Condividere le sofferenze degli altri in quanto esseri umani come noi è il punto essenziale. Come il Daishonin dovremmo riconoscere che potremmo benissimo esser stati fra quelli che nel passato hanno perseguitato il praticante del Sutra del Loto. Solo allora possiamo cominciare a lavorare per cambiare radicalmente il karma di tutta l’umanità.

SAITO: Se qualcuno dicesse: «State soffrendo a causa del vostro karma. E poiché io non ho alcun karma, vi salverò», le persone si sentirebbero offese.

IKEDA: La grandezza della Soka Gakkai risiede nel fatto che i suoi membri condividono le sofferenze degli altri. Sono persone alle prese con i propri problemi, che stanno onestamente cercando di cambiare il proprio karma e si prendono carico di aiutare anche gli altri a cambiare il loro. È questo che rende così nobili le loro azioni.
Sono persone comuni che salvano altre persone comuni, gente comune che conduce altra gente comune all’Illuminazione. Perciò niente potrà mai spezzare i legami che uniscono i membri della Soka Gakkai.

(continua)

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