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La scarcerazione di Toda - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:15

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    La scarcerazione di Toda

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    L’alba di kosen-rufu

    La sera del 3 luglio 1945, dopo due anni di prigionia, Josei Toda fu rilasciato dal carcere di Toyotama dove era stato detenuto per essersi rifiutato di adattare gli insegnamenti buddisti alle dottrine militariste e nazionaliste del regime giapponese. Era stato arrestato insieme al suo maestro Tsunesaburo Makiguchi il quale, già anziano, non sopravvisse al duro regime carcerario.
    Lo spettacolo che si offrì agli occhi di Toda fu quello di un paese stremato dalla guerra e dai bombardamenti: tre milioni di case distrutte, seicentomila tra morti e feriti, dieci milioni di senzatetto.
    Una delle prime persone che Toda volle rivedere dopo la scarcerazione, fu il reverendo Horigome. Quest’ultimo, durante il periodo della guerra, era stato il caposaldo del tempio principale e aveva lottato strenuamente per difendere il Taisekiji e il Buddismo dalla repressione del regime. La gioia che Toda provò rincontrando Horigome, fu accompagnata dalla tristezza nel constatare le misere condizioni in cui era il tempio: edifici requisiti e distrutti, debiti, saccheggi da parte delle truppe.
    Nonostante lo stato di guerra e i gravi problemi di salute causati dalla detenzione, la mente di Toda era occupata da un solo pensiero: ricostruire la Soka Gakkai.
    Dai tempi di Makiguchi, si era sempre fatto carico delle spese dell’associazione e così, sin dal giorno successivo alla scarcerazione, si mise all’opera per risollevare le sue attività. Verificando lo stato delle diciassette società di cui era titolare al momento dell’arresto scoprì che, in sua assenza, delle imprese non era rimasto che un mare di debiti; le uniche cose che avrebbero potuto essergli utili erano le polizze assicurative contro l’incendio (alcune sedi delle società erano state distrutte dagli incendi dovuti ai bombardamenti).
    Offrendo a garanzia le polizze e vendendo alcuni beni personali, riuscì a raccogliere il denaro sufficiente a iniziare una nuova attività imprenditoriale. Nacque così la Nihon Shogakkan, una società che offriva corsi per corrispondenza a studenti delle scuole superiori.
    In quei giorni, le due atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, ponevano fine alla resistenza giapponese e la guerra finiva con tre milioni di morti.
    Al Giappone sconfitto fu imposto un processo di democratizzazione. La transizione post-bellica fu affidata al generale americano Douglas MacArthur e le riforme iniziarono a susseguirsi rapidamente. In particolare, nell’ottobre del 1945, fu ordinata la revoca di tutte le limitazioni della libertà, compresa quella di religione: Toda apprese con gioia che sarebbe stato finalmente libero di praticare e diffondere il Buddismo di Nichiren Daishonin.
    Nel brano che segue c’è il racconto della prima notte che Toda passò a casa dopo la scarcerazione.

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    La rivoluzione umana, vol. 1, pagg. 22-24
    di Daisaku Ikeda

    Adesso finalmente era libero. Da quando era stato rilasciato, alcune ore prima, aveva parlato senza interruzione, come se desiderasse essere certo che la sua fosse vera libertà. Non aveva ancora finito di raccontare la sua storia, ma si era fatto tardi. Ikue era preoccupata che il marito si stancasse troppo. Kazuo [nipote di Toda, n.d.r.], in una stanza vicina, si era addormentato. Anche Seiji Matsui [suocero di Toda, n.d.r.] e la sorella di Toda ormai dormivano.
    La notte era tranquilla e silenziosa.
    All’improvviso, però, il suono lacerante delle sirene di allarme ruppe la quiete. Era da poco passata la mezzanotte e alcuni tirarono le tende da oscuramento. La radio informò che centoventi cacciabombardieri P51 si stavano avvicinando dalla penisola di Boso insieme a tre B29.
    Presto il suono delle sirene si alzò nel cielo notturno. La famiglia cercò riparo nel rifugio antiaereo, mentre Toda salì da solo al piano superiore.
    […] Le tende per l’oscuramento coprivano le finestre delle stanze al piano superiore. Josei Toda si inchinò davanti al Gohonzon, la casa avvolta nel silenzio minaccioso che precedeva l’attacco aereo.
    Mise tra le labbra una foglia di sempreverde e staccò il Joju Gohonzon dal gancio a cui era appeso. Si tolse gli occhiali e osservò attentamente i singoli ideogrammi, tenendo il rotolo così vicino che quasi lo sfiorava con la faccia.
    «Era proprio così. Nulla di sbagliato. Esattamente come lo vidi allora…»
    Mormorando con un filo di voce, provò una profonda soddisfazione nel verificare che la Cerimonia nell’aria che aveva visualizzato interiormente durante la prigionia era rappresentata nel Gohonzon. Si sentì appagato e le lacrime iniziarono a scendergli lungo le guance. Le sue mani ebbero un fremito; con tutta la sua energia gridò:
    «Gohonzon! Daishonin! Io, Toda, realizzerò kosen-rufu!»
    Sentì che questa sua determinazione ardeva nell’anima come un oggetto incandescente. Bruciava suo malgrado, una fiamma che niente poteva estinguere, il sole eternamente sorgente di kosen rufu.
    Dopo qualche istante ripose il Gohonzon nell’altare e si guardò intorno. Sapeva bene che nessun’altra persona poteva condividere con lui queste sensazioni e fu preso da un senso di profonda solitudine. Parlò silenziosamente a se stesso.
    «Aspetta. Non essere impaziente. Devi procedere con calma ma a ogni costo, qualunque cosa questo comporti.»
    Nella notte fonda, sentì il suono di una campana che annunciava l’alba nel suo cuore. Nessun altro poteva udirla. Sarebbero passati anni prima che le vibrazioni di quel suono cominciassero a farsi sentire dalle altre persone. Eppure l’alba del Giappone venne in quel momento. La storia futura rivelerà questa verità.
    Era ancora buio. L’intero paese appariva nero e tutto intorno a lui era ugualmente nero. Solo nel suo cuore stava sorgendo la luce del giorno.
    «Più la notte è oscura, più vicina è l’alba» pensò.
    Una voce acuta dalla radio comunicò che, dopo aver bombardato alcune città di Chiba e Ibaraki, la squadriglia di P51 si stava allontanando verso sud sul mare di Kashima. Si udì la sirena del cessato allarme.

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