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Scritti per ogni persona - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:24

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Scritti per ogni persona

L’importanza di poter basare la propria fede su una conoscenza personale e diretta della dottrina, libera da ogni intermediario

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L’importanza di poter basare la propria fede su una conoscenza personale e diretta della dottrina, libera da ogni intermediario

Per qualche tempo ci siamo dedicati, in una decina di persone, a preparare un indice per argomenti dei volumi del Gosho. In sostanza questo impegno ci ha portati a “dover” leggere più volte e con attenzione gli scritti di Nichiren, a coglierne il significato, a discutere fra noi dei motivi della scelta di un argomento invece che di un altro. Questa attività non ha poi prodotto un risultato tangibile, ma ha comunque arricchito la nostra vita di straordinari benefici. Il più grande di questi è il piacere di leggere il Gosho che ha determinato la rottura di quella distanza che ci separa dalle cose che sappiamo che ci fanno tanto bene, ma non abbiamo sempre il desiderio di fare. In fondo, per un praticante, il Gosho può presentarsi come un obbligo, come la lettura dei Promessi Sposi per gli studenti di quattordici anni: qualcosa che si deve leggere, volenti o nolenti. E leggendolo con il senso di costrizione, la pesantezza si cronicizza e ci preclude ogni piacere. La nostra esperienza però, nonostante si tratti di un caso particolare, ci ha dimostrato che il piacere di leggere il Gosho è emerso proprio dall’autoimposizione dello studio che serviva per facilitare agli altri la lettura degli scritti di Nichiren. Analogamente quando si studia per preparare una riunione o per andare a fare visita a qualcuno e poterlo incoraggiare, superata l’iniziale difficoltà della lettura, le parole di Nichiren Daishonin rimangono per sempre immagazzinate dentro di noi e riemergono quando cerchiamo una soluzione ai nostri o altrui problemi. Il desiderio di aiutare gli altri ci sintonizza, e non è un caso, con le parole che il Daishonin scriveva ai suoi discepoli e le rimotiva. Anche le esperienze sono un solido ponte che ci conduce al cuore del Gosho. Le frasi che hanno aiutato una persona in difficoltà a trasformare le sue sofferenze risuonano alle nostre orecchie come se le ascoltassimo per la prima volta, diventano vive e concrete indicazioni. Quando poi chiediamo un consiglio personale, e solitamente siamo abbastanza confusi e sofferenti, le frasi di Gosho che vengono utilizzate per aiutarci diventano capaci di risvegliarci dal nostro abituale modo di considerare i nostri guai e ci spingono a cambiare prospettiva e poi a vincere.
Il Gosho quindi “funziona” quando lo leggiamo o ascoltiamo animati dal desiderio di risolvere una difficoltà nostra o altrui e dall’intensità della nostra richiesta di trasformare la sofferenza dipende la sua capacità di risposta. D’altronde le lettere di Nichiren ai suoi discepoli rispondevano originariamente proprio a questa finalità: incoraggiarli, sostenerli, aiutarli ad affrontare e risolvere ogni tipo di problema attraverso la fede. Erano scritte con finalità pratiche e concrete, per aiutare le persone a diventare felici sviluppando la propria saggezza e non certo per formare una comunità di eruditi. Come scrive Daisaku Ikeda: «Il Gosho è un insegnamento che parla del cuore» (Il mondo del Gosho, pag.5) e non della mente, della conoscenza teorica. Anche numericamente gli scritti di Nichiren rispecchiano la volontà dominante di incoraggiare le persone comuni. I trattati sono infatti pochissimi rispetto alle lettere che inviava ai suoi discepoli. Inoltre anche i trattati sono scritti per finalità concrete e pressanti, non certo per fare sfoggio della sua conoscenza teorica del Buddismo. Alcuni di essi poi, come ad esempio il Rissho ankoku ron, sono scritti sotto forma di dialogo, perché comunque la volontà di Nichiren era sempre quella di accogliere ogni dubbio, resistenza e critica e chiarire accuratamente ogni cosa, con paziente precisione perché il suo interlocutore, reale o ideale che fosse, potesse adottare un nuovo punto di vista e vincere l’ oscurità, sia individualmente che collettivamente. Il suo desiderio di fornire gli strumenti per diventare felici attraverso la fede è talmente potente e privo di giudizi da colpirci a volte anche quando siamo distratti, anche quando la nostra ricerca è debole e confusa. Nichiren Daishonin ci ha lasciato il Gohonzon e le “istruzioni per l’uso”, cioè tutte le indicazioni necessarie per utilizzarlo al meglio nel corso delle difficoltà che la vita inevitabilmente ci pone, spiegandoci chiaramente che: «Coloro che si definiscono miei discepoli e praticano il Sutra del Loto devono tutti praticare come me» (I quattro bodhisattva nell’oggetto di culto, SND, 5, 62).
Per poterlo fare è dunque necessario ricorrere al Gosho, che possiamo utilizzare grazie all’impegno decisivo di Josei Toda. Subito dopo la nomina a secondo presidente della Soka Gakkai, decise infatti di pubblicare l’intera raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin perché era convinto che l’abbandono della fede di fronte alle persecuzioni delle autorità da parte di molti responsabili fosse stato motivato dalla mancanza di conoscenza degli insegnamenti del Daishonin. Perché ogni persona potesse creare una sua personale conoscenza della dottrina, in grado di alimentarne e sostenerne la fede in ogni circostanza, era necessario che il testo dei Gosho fosse disponibile a tutti. All’epoca neanche la Nichiren Shoshu aveva una raccolta completa degli scritti di Nichiren Daishonin e chi desiderava studiare il Gosho era costretto a ricorrere ai testi di altre scuole Nichiren, nei quali mancavano comunque i Gosho affidati direttamente da Nichiren a Nikko. Tuttavia, quando Toda propose alla Nichiren Shoshu di pubblicare il testo completo di tutti i Gosho, l’idea fu rifiutata. La Nichiren Shoshu “concesse il permesso” alla Soka Gakkai di intraprendere quest’opera editoriale, ma non fornì alcun aiuto. Racconta Daisaku Ikeda che Toda affermò: «Sapevo che cercare di pubblicare l’opera completa di Nichiren Daishonin era un’impresa enorme, eppure quando il clero annunciò che non ci avrebbe prestato alcuna assistenza, provai un incontenibile moto di collera…» (Il Nuovo Rinascimento, n. 216, pagg. 16-17).
Questo passo mi ha profondamente colpito, perché gli abusi del clero non erano certo una novità – la Nichiren Shoshu aveva accettato il talismano shintoista e offerto la campana del tempio principale alle autorità militari perché la fondessero per ricavarne munizioni, per citare solo alcuni eclatanti errori di cui Toda era stato testimone – ma lo sdegno provato da un discepolo laico e la volontà di mettere tutti in condizione di fare ricorso all’unica autorità credibile, quella di Nichiren Daishonin, erano del tutto nuovi nel mondo del Buddismo. Inoltre Toda non giudicò negativamente l’intero clero, ma individuò al suo interno l’anziano ex patriarca Nichiko Hori, che aveva dedicato la vita allo studio della filosofia buddista, e andò a informarlo del suo progetto, ricevendo da lui un contributo decisivo (DuemilaUno, n. 50, pag. 30). Da editore qual era, non si scoraggiò neanche di fronte alle difficoltà tecniche ed economiche che la pubblicazione dei Gosho sollevava e il 28 aprile 1952 la pubblicazione era pronta, così come Toda aveva stabilito. Anche se i pionieri della Soka Gakkai erano a quei tempi meno di cinquemila, vennero stampate seimila copie e nel novembre del 1953 si procedette alla prima ristampa, perché lo studio del Gosho avvicinò moltissime persone agli insegnamenti di Nichiren Daishonin. Daisaku Ikeda, che partecipò attivamente a quest’impresa, scrive: «Volevamo produrre un’edizione perfetta per le generazioni future ed eravamo decisi a non lasciare neanche un solo errore o refuso in tutto il libro» (Il Nuovo Rinascimento, n. 216, pag. 17). Anche questa affermazione mi sembra veramente significativa, perché rispecchia la volontà di dotare ogni persona di uno strumento indispensabile per il raggiungimento della felicità personale e della pace, e quindi l’assunzione di responsabilità nel far sì che le parole di Nichiren Daishonin fossero perfettamente rispondenti alla forma originaria.
La portata della rivoluzione religiosa messa in atto da Toda è apparsa chiaramente al momento della crisi che ha condotto alla rottura di ogni relazione fra la Nichiren Shoshu e la Soka Gakkai. In quella circostanza è stata svelata l’impressionante distanza fra l’insegnamento originario e il proliferare di cerimonie, riti, intermediari e obblighi inseriti dalla Nichiren Shoshu. Ciò non sarebbe stato possibile senza una consolidata capacità di fare riferimento al Gosho, la cui approfondita conoscenza si è rivelata essenziale per decidere chi stesse veramente mettendo in pratica gli insegnamenti di Nichiren Daishonin.
La visione umanistica che muoveva Toda a voler pubblicare la raccolta del Gosho, cioè l’idea che ognuno dovesse esser messo in condizioni di elaborare una propria personale conoscenza e convinzione in relazione alla fede, senza ricorrere a intermediari, libera dall’ignoranza e dunque indipendente nelle proprie valutazioni e scelte, ha maturato, a soli quarant’anni di distanza, un notevole effetto sociale. Noi siamo gli ultimi beneficiari, in senso cronologico, di una rivoluzione religiosa di straordinaria portata, resa possibile anche grazie a un’azione apparentemente ininfluente come la pubblicazione di un libro. Da questo punto di vista la mancata collaborazione della Nichiren Shoshu all’edizione del Gosho voluta da Toda appare assolutamente coerente con un’idea di religione basata sulla completa dipendenza, sottomissione e inferiorità del fedele al clero.
Nel settecentesimo anniversario della fondazione del Buddismo, Toda ha posto le basi perché ognuno di noi potesse praticare come Nichiren Daishonin ha insegnato e propagare il suo insegnamento. Grazie al costante impegno di Daisaku Ikeda, il desiderio di Toda :«Che questo prezioso testo si diffonda in tutta l’Asia e nel mondo intero» (Il Nuovo Rinascimento, n. 216, pag. 17) si va realizzando. Oltre alla diffusione del testo dei Gosho, Ikeda si è sempre impegnato a divulgarne il contenuto, a diffondere e rafforzare quella visione umanistica della religione che parte da Nichiren per arrivare a noi attraverso Toda. Nel Mondo del Gosho, analizzando l’opera di Nichiren, Ikeda sottolinea sempre non l’eccezionalità e la distanza fra noi,persone comuni, e il fondatore di questo Buddismo, bensì tutto ciò che ci accomuna come identici esseri umani. Scrive infatti: «Il Daishonin si comportò sempre da persona comune e come tale lottò contro le avversità, rivelando così la strada per raggiungere la Buddità. Il suo esempio nel riuscire a superare innumerevoli difficoltà non è altro che la prova della grandezza dell’essere umano» (Il Mondo del Gosho, pag. 221) Lo studio del Gosho non ci serve a fare l’inventario di tutto ciò che non siamo o non sappiamo fare e a innalzare Nichiren al ruolo di super-uomo. Al contrario, studiando l’esperienza di Nichiren, cercando di agire così come consigliava ai suoi discepoli, possiamo manifestare tutto lo straordinario patrimonio di risorse che ogni essere umano possiede intrinsecamente. Il Gosho ci parla di noi stessi, di come funziona la nostra vita e di come possiamo sempre migliorarla. Inoltre, anche per ripagare i debiti di gratitudine, è indispensabile studiare e approfondire gli insegnamenti buddisti. Chi non lo fa, scrive Nichiren «Sarà simile a un uomo che cerca di guidare per ponti e fiumi una comitiva di ciechi, mentre egli stesso è privo della vista» (SND, 2, 116).

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