Chi sono gli dei buddisti? E i demoni? Che significato hanno queste entità che sembrerebbero apparentemente avere un’esistenza propria in una filosofia come quella buddista che afferma, al contrario, che tutto dipende di noi?
«Il Gran Maestro Miao-lo affermò “Più salda è la fede, maggiore la protezione degli dèi”: se uno conserva una fede salda, certamente la protezione degli dèi sarà grande» (La supremazia della Legge, SND, 5, 156).
Spesso negli scritti di Nichiren Daishonin troviamo citata la protezione degli dèi buddisti. Qualcuno potrebbe domandarsi cosa ci fanno nel Buddismo gli dèi.
Occorre considerare che nei principali paesi in cui il Buddismo si è propagato – India, Cina e Giappone – si veneravano tradizionalmente numerose divinità, molte delle quali sono state in un certo senso “adottate” come divinità tutelari buddiste: così, ad esempio, le divinità bramane Bonten (Brahma), Taishaku (Indra) e i quattro Re celesti sono divenute guardiane del Buddismo.
Tuttavia, nel Buddismo, gli dèi non sono entità ultraterrene bensì rappresentano le diverse funzioni positive della Legge mistica. Queste si manifestano concretamente nella forma di persone, cose, circostanze, che intervengono a proteggerci, ci aiutano nel bisogno, o che favoriscono i nostri sforzi verso il conseguimento dell’Illuminazione. In giapponese vengono chiamati shoten zenjin (sho = tutti, ten = cielo, zen = benevolenti, jin = divinità), e sono quelli che ringraziamo nella prima preghiera di Gongyo mattina; alcuni di essi sono anche iscritti nel Gohonzon.
Gli dèi buddisti agiscono in virtù del principio di non dualità di vita e ambiente (esho funi): poiché tutto il nostro ambiente, il sole, la luna e l’intero universo sono manifestazioni della Legge mistica, esattamente come lo è la nostra vita, quando attiviamo la Legge attraverso una pratica corretta, muoviamo le energie protettrici presenti in noi stessi e nell’ambiente; in altre parole, siamo in armonia con l’universo. Queste energie protettrici, dunque, non esistono indipendentemente da noi, ma al contrario sono un riflesso del nostro atteggiamento di fede. «La base di tutto – dice Daisaku Ikeda – è una fede forte e salda. Solo grazie alla fede possiamo attingere all’illimitato potere della Legge mistica e manifestarlo nella nostra vita sotto forma di saggezza, coraggio, forza vitale e protezione da parte delle forze benevole dell’universo. Saggezza, coraggio e forte fede: sono questi gli ingredienti fondamentali della vittoria. Lo stesso Daishonin combatté con cuore di leone una battaglia dopo l’altra e ogni volta ne uscì vincitore. Una determinazione incrollabile stimola anche l’azione delle forze protettrici dell’universo» (MDG, II, 289). Se qualcuno già si è stupito di incontrare gli dèi nella religione buddista, non crederà ai suoi occhi quando scoprirà l’esistenza dei demoni.
I cosiddetti demoni rappresentano le energie negative che ostacolano la ricerca dell’Illuminazione. Tuttavia, nel ventiseiesimo capitolo del Sutra del Loto Dharani si impegnarono anch’essi a proteggere i credenti e possono quindi operare come divinità benevolenti; i demoni sono rappresentati nel Gohonzon da Kishimojin e dalle sue dieci figlie, le Jurasetsu. Sia gli dèi che i demoni sono entità neutre ed esercitano sulle persone un’influenza positiva o negativa a seconda dell’atteggiamento (ichinen) positivo o negativo della persona stessa. Nel Gosho I tre tipi di tesori il Daishonin scrive: «Un importante principio buddista dice che “la fragranza interna otterrà protezione esterna”», volendo significare che quando si fa emergere la propria natura di Budda (fragranza interna), questa risveglierà all’istante la natura di Budda dell’ambiente (protezione esterna). L’azione di rafforzare costantemente la fede avrà il naturale effetto di mantenere attivi dèi e demoni, facendoli lavorare entrambi a nostro beneficio. «Quando recitiamo Gongyo e Daimoku di fronte al Gohonzon – ci incoraggia ancora il presidente Ikeda – le funzioni positive e negative della nostra vita iniziano a muoversi, in quanto forme manifeste della realtà fondamentale. L’esistenza piena di dolore dell’Inferno, quella nello stato di Animalità e quella deformata dallo stato di Collera, anche queste si incamminano verso la creazione della felicità e del valore» (Giorno per giorno, 24 marzo).
Demoni e divinità sono quindi parte integrante della vita. La loro protezione (chiamata in altri termini circostanze favorevoli o fortuna) costituisce, insieme alla saggezza e a una forte condizione vitale, uno dei tre grandi benefici della pratica buddista. La base per attivare tali benefici è la recitazione di un Daimoku determinato, come sottolinea ancora Daisaku Ikeda: «Recitare Daimoku è alla base del Buddismo del Daishonin. Quando recitiamo un forte Daimoku il sole sorge nei nostri cuori. Forza e compassione emergono e la nostra vita risplende di gioia e saggezza. Tutti i Budda e le divinità buddiste dell’universo ci vengono in aiuto. La vita diventa divertente» (Giorno per giorno, 14 giugno). Questa felice condizione di armonia con l’ambiente possiamo sperimentarla ogni giorno, sia nella vita personale che nelle attività che svolgiamo nella nostra organizzazione per la diffusione del Buddismo.
In effetti, le attività della Soka Gakkai hanno proprio lo scopo di migliorare il carattere e sviluppare l’umanità degli individui, in modo che i progressi di ognuno si manifestino in ogni aspetto della loro vita. «Quando ci battiamo coraggiosamente per proteggere la Legge – scrive Daisaku Ikeda – il potere del nostro coraggio disperde la bruma dell’illusione fondamentale che avvolge i nostri cuori, permettendo così all’illimitato potere della Legge di fluire nelle nostre vite» (MDG, I, 164). Coloro che operano negli staff di protezione della Soka Gakkai (byakuren per le giovani donne, soka-han per i giovani uomini, corallo per le donne e prometeo per gli uomini) si rendono conto ben presto di quanto questo tipo di attività influisca positivamente anche nella loro vita privata. Infatti, allenandosi costantemente a sostenere le attività per kosen-rufu e a pregare per l’incolumità e la felicità dei membri, essi sono portati a sviluppare lo stesso spirito anche in famiglia, nel lavoro, con gli amici, ottenendo come risultato di proteggere e rafforzare la propria vita.
Protezione naturalmente non vuol dire assenza di problemi, e nemmeno immortalità. Se il Buddismo è la vita stessa, anche le difficoltà e la morte ne sono parti necessarie. «Il Buddismo – spiega Daisaku Ikeda – rivela la Legge eterna che permea ogni essere vivente e ogni fenomeno nell’intero universo. La nascita e la morte degli esseri viventi, l’apparizione e la scomparsa dei fenomeni non viventi e il flusso costante dell’intero universo non sono altro che manifestazioni di questa Legge. È grazie alla Legge che possiamo vivere eternamente da un’esistenza alla successiva»; e ancora: «Lo scopo fondamentale della morte è dunque quello di metterci in grado di rinascere, proseguendo il nostro eterno ciclo vitale» (I misteri di nascita e morte, Esperia, 2000, pag. 114). La funzione protettiva del Gohonzon ci permette di elevare la nostra condizione vitale per affrontare le sofferenze con coraggio e, al tempo stesso, attenua gli effetti del nostro karma negativo, come insegna il principio dell’alleggerimento della retribuzione karmica. Per questo motivo Daisaku Ikeda ci incoraggia assicurandoci che non arriveremo mai a un punto morto.
Nutrire dubbi sul Gohonzon per il solo fatto di incontrare le sofferenze derivanti dal nostro karma è in realtà un atteggiamento piuttosto superficiale, esattamente come lo è pensare che solo perché si recita Gongyo e Daimoku non ci può succedere nulla! Il Buddismo del Daishonin non è una pratica di forma ma di sostanza, tendente ad un concreto miglioramento personale: non è quindi ragionevole pretendere di avere benefici significativi da una pratica formale o egoista. Inoltre per realizzare i propri desideri, dopo aver recitato Daimoku occorre agire in modo coerente con la preghiera, altrimenti non si raccoglierà nulla di buono. Il Daishonin, conoscendo il carattere collerico di Shijo Kingo, così lo ammonisce: «Il tuo volto porta i segni di un temperamento focoso. Ma sappi che gli dèi non proteggono una persona irascibile, anche se la ritengono importante» (I tre tipi di tesori, SND, 4, 173).
“Basare ogni attività sul Gohonzon”: spesso abbiamo udito questo consiglio, ma cosa vuol dire esattamente? Se Nam-myoho-renge-kyo ha davvero un potere infinito, sarebbe contraddittorio da parte nostra non usarlo per proteggere proprio l’attività di propagazione della Legge mistica. L’azione di diffondere il Buddismo non è paragonabile, quanto a difficoltà, a nient’altro. Essa scatena una profonda battaglia contro la parte oscura della vita, la quale, sentendosi minacciata, reagisce con pari intensità facendo emergere ostacoli e difficoltà di ogni tipo. «Il devoto del Sutra del Loto è il Budda della vita eterna: non c’è da stupirsi che la sua pratica sia ostacolata, proprio come i rami del pino sono piegati o spezzati» (La difficoltà di mantenere la fede, SND, 4, 154). È pertanto indispensabile attivare la massima protezione possibile, sia per evitare incidenti sia per rendere più efficaci gli incoraggiamenti di fede. Il successo di una riunione di discussione, ad esempio, dipende in buona parte dalla preghiera sincera delle persone del gruppo: in realtà, questa è la parte essenziale della preparazione del meeting. «Prepararsi in anticipo – dice Daisaku Ikeda – è molto importante. Sia che vi stiate recando a una riunione di discussione per far conoscere il Buddismo agli altri o che stiate andando a lavorare, avrete successo se vi siete preparati in precedenza. La preparazione più importante è Gongyo e Daimoku. Recitare al Gohonzon con la forte determinazione di avere successo è la preparazione migliore di tutte. Per quanto possiate essere abili a improvvisare non potrete essere certi di vincere se andate a casaccio, senza alcuna preghiera o preparazione preventiva» (Il Nuovo Rinascimento, n. 280, pag. 6).
Occorre in ogni caso ricordare sempre che le potenti forze protettive dell’universo rispondono solo alla nostra “fragranza interna”, alla lotta che quotidianamente conduciamo contro i nostri demoni. Non è possibile cambiare il proprio ambiente senza cambiare se stessi. Solo attraverso una sfida continua ai propri limiti è possibile condurre quella rivoluzione personale che si rifletterà immediatamente anche all’esterno. Molti ancora ricordano un articolo particolarmente incoraggiante di Greg Martin (vice direttore generale SGI-USA), pubblicato diversi anni orsono, sul modo corretto di praticare. Riguardo alla capacità di influenzare l’ambiente, egli sosteneva: «Se si cerca solo il risultato senza il processo interiore alla fine non succederà nulla. Il Gohonzon non ha il potere di trasformare l’ambiente, ma quello di trasformare l’essere umano. Quando si usa il Gohonzon per migliorarsi, anche l’ambiente migliorerà. C’è una grande differenza» (Il Nuovo Rinascimento, n. 198, pag. 6).
Portando ad esempio un mio problema, se io non riesco a provare compassione per le altre persone, e davanti al Gohonzon riconosco con sofferenza che la causa interna sta nella mia incapacità di voler bene e di credere in me stesso, l’unica cosa che posso fare per cambiare questo limite è recitare Daimoku esprimendo amore per la mia vita, cercando di sentire che io stesso sono Nam-myoho-renge-kyo. Dal momento in cui riuscirò a percepire il mio valore di Bodhisattva della Terra e mi sforzerò di manifestarlo tutti i giorni offrendo in ogni istante il meglio di me stesso, questa causa interna inizierà a trasformarsi e io comincerò a “sentire”, oltre alla mia, anche la vita delle persone intorno a me.
Risulta quindi evidente che il termine protezione, a differenza di quanto la parola potrebbe far pensare, non ha un significato conservatore e passivo, ma assolutamente attivo: significa in realtà praticare il Buddismo con pensieri, parole, azioni. Questo è il sentiero che conduce direttamente al duplice scopo dell’esistenza: la propria felicità e la pace e l’armonia fra gli uomini.
«Proteggere – afferma Daisaku Ikeda – vuol dire mantenere la fede nel Gohonzon dall’inizio alla fine. Così facendo noi salvaguardiamo la suprema condizione della Buddità dentro di noi. Quindi proteggere il Gohonzon equivale a proteggere la nostra stessa vita, come ci insegna il Daishonin nel Gosho La torre preziosa: “Potresti pensare di aver fatto offerte alla Torre Preziosa del Budda Taho, ma non è così. Le hai offerte a te stesso”».
«Proteggere voi stessi – prosegue Ikeda – e la vostra organizzazione buddista, dedita all’affermazione della giustizia, equivale a proteggere il futuro di tutta l’umanità» (La vera entità della vita – Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, pagg. 218-220). La Soka Gakkai Internazionale è oggi una rete protettiva che avvolge il nostro pianeta toccando 190 paesi, ognuno di noi ha quindi una missione di importanza fondamentale. «Ci sono persone – scrive ancora il presidente Ikeda – che godono di fama e celebrità, ma se non creano niente che abbia valore o contribuisca alla società e alla felicità degli altri, in realtà non sono minimamente da ammirare. D’altro canto ci sono persone che lavorano silenziosamente e invisibilmente per il benessere degli altri e il miglioramento della società. Sono queste persone che brillano di vera grandezza umana» (Il Nuovo Rinascimento, n. 330, pag. 5).