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Sediamoci e parliamo - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:09

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Sediamoci e parliamo

Come i membri di varie parti d’Italia vedono la “riunione di discussione”, quel piccolo forum aperto a tutti, sul Buddismo e la vita quotidiana, che da sempre è l’attività principale della Soka Gakkai

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Come i membri di varie parti d’Italia vedono la “riunione di discussione”, quel piccolo forum aperto a tutti, sul Buddismo e la vita quotidiana, che da sempre è l’attività principale della Soka Gakkai

Una sera della prima o terza settimana del mese, ore 20,30 circa: in moltissime case italiane si ode il tintinnìo di una campana, poi una melodia all’unisono, la lettura del Sutra del Loto nelle sue parti essenziali; dopo una decina di minuti volti di ogni età, di ogni provenienza sociale e orientamento professionale si incontrano. E si inizia a parlare. Dopo circa un’ora e mezzo, la recitazione in coro di Nam-myoho-renge-kyo conclude l’incontro. In qualche casa ci si saluta dandosi appuntamento alla volta successiva, in qualche altra ci si ferma a parlare davanti a un caffè o un pasticcino.
È la “riunione di discussione” buddista o zadankai: un momento di incontro, di preghiera e di confronto dei membri della Soka Gakkai. Ma come nasce e quale contributo può dare al movimento di kosen-rufu? Il Nuovo Rinascimento ha cercato queste risposte nelle esperienze di uomini e donne di varie parti d’Italia a cui sono state rivolte le domande che seguono in neretto.
Vista l’importanza del tema, questo argomento verrà approfondito nei prossimi numeri. Chi desidera inviare domande e riflessioni può farlo scrivendo a questo indirizzo:
nuovo.rinascimento@sgi-italia.org
Zadankai, e non meeting, all’inglese, perché le parole hanno un significato preciso. In inglese il verbo to meet vuol dire incontrare, e questo è vero per lo zadankai solo in parte. Perché nell’incontro buddista il senso è ben più ampio: “sedersi in cerchio e discutere”, questo significa zadankai. Lo scopo è accogliere gli ospiti che partecipano alla riunione per conoscere meglio il Buddismo, stare insieme e scambiarsi pezzi di vita e di fede per sostenersi a vicenda. Alla prima domanda: Perché si fa lo zadankai?, Leonardo risponde: «Lo zadankai si fa per tanti motivi, creare un’occasione ai partecipanti di aprirsi, scambiarsi opinioni, riflessioni, esperienze e rafforzare le relazioni fra loro». Gli fa eco Silvia: «Lo zadankai si fa per condividere gioie e dolori della pratica buddista». Rita, principiante sarda, ci ricorda che lo zadankai si fa «per diffondere il Buddismo di Nichiren, condividere esperienze di fede e sostenersi a vicenda».
Lo ricorda anche Nichiren Daishonin, a più riprese, in vari suoi scritti: «C’è pochissima carta per scrivere qui nella provincia di Sado, e scrivervi individualmente richiederebbe troppo tempo. Ma se trascuro anche una sola persona, questa potrebbe risentirsi. Perciò vorrei che tutti i credenti sinceri si riunissero e si incoraggiassero leggendo insieme questa lettera» (Lettera da Sado, SND, 4, 83).
Queste parole di Nichiren ci portano a un’altra domanda: Come si prepara lo zadankai? Intanto diciamo che il buon risultato della riunione è lo specchio dell’attività svolta fra una riunione e l’altra. Cinzia aggiunge che «va organizzata in base alle esigenze dei partecipanti, scegliendo ogni volta l’argomento più consono, in modo che tutti possano studiare e riflettere sulle proprie esperienze, dando il proprio contributo personale, mettendosi degli scopi e impegnandosi per realizzarli». Più prosaico ma non meno incisivo Leonardo che dice: «Io paragono la preparazione dello zadankai alla preparazione di una cena tra amici; in quelle occasioni si presta attenzione a ogni particolare, si decide un menù che vada bene a tutti e si scelgono con cura gli ingredienti…».
Alla base delle riunioni c’è lo spirito dell’offerta – offerta del proprio tempo ma anche delle esperienze realizzate fra un incontro e l’altro – il medesimo spirito cui ci riconduce Nichiren quando afferma: «Un brano dal settimo capitolo del Sutra del Loto dice: “Il nostro desiderio è quello di condividere questo beneficio in ugual modo con tutte le persone e così, insieme a loro, raggiungeremo la Buddità”» (Il cancello del drago, SND, 4, 277). Donare e condividere, condividere e donare. Il fulcro è l’esperienza vissuta. Il nucleo di un’esperienza “buddista” è la trasformazione interiore – e concretamente visibile all’esterno – della persona nel suo cammino verso la felicità individuale e collettiva, verso kosen-rufu. In questo senso l’esperienza coincide con la “prova concreta” del Buddismo. Nichiren parla infatti di tre prove per valutare un insegnamento religioso: prova teorica, prova documentaria e prova concreta. Le prime due sono importanti, poiché riguardano la coerenza interna al sistema religioso (o filosofico), ma senza la prova concreta rimarrebbero lettera morta, pura teoria. Ne coglie benissimo il senso Leonardo quando risponde alla domanda Perché si raccontano le esperienze, e come si raccontano?, dicendo che «si raccontano le esperienze per incoraggiare gli altri, ma sono anche un’occasione per fare il punto sulla nostra pratica individuale; si parte da come eravamo prima, dando risalto al percorso fatto e sottolineando quanto ci è servita la pratica per maturare questo cambiamento». Silvia dice che le esperienze «si raccontano per dimostrare che la pratica buddista funziona e sono importantissime per andare avanti». «Dovrebbero essere sintetiche, dovrebbero avere al centro il Gohonzon e il Daimoku e comunque essere raccontate sempre con il cuore», le fa eco Cinzia. Walter ricorda che «…va lasciato spazio anche alle domande dei principianti e degli ospiti; una cosa fondamentale è che ogni intervento non si dilunghi troppo».
Già, perché non va dimenticato che lo zadankai è il fronte del porto del Buddismo di Nichiren Daishonin, la prima linea della fede nella vita quotidiana: se desidero che un amico conosca meglio il Buddismo, dove lo porto? Sicuramente alla riunione di discussione.
Alla domanda Cosa fare quando c’è un ospite? Rita risponde che la cosa più importante è metterlo «a proprio agio», mentre Alessandro aggiunge che «quando ci sono persone nuove è importante spiegare le basi della pratica – ad esempio il significato di Nam-myoho-renge-kyo e il Gohonzon – raccontando esperienze personali, piuttosto che fossilizzarsi sull’argomento originario che potrebbe anche risultare ostico per le persone nuove». In fondo è quanto ci ricorda Nichiren Daishonin quando dice: «Devi non solo perserverare tu, ma insegnare anche agli altri. Sia la pratica che lo studio devono sorgere dalla fede. Insegna agli altri al meglio che puoi, anche solo una frase o una sola parola. Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo» (La vera entità della vita, SND, 4, 235). Sono importanti l’eloquenza e una vasta conoscenza per incoraggiare le persone? In senso strettamente buddista no, o almeno non da sole, poiché «Solo la fede è realmente importante» (La strategia del Sutra del Loto, SND, 4, 194).
Chi fa cosa allo zadankai? E perché? A questo proposito abbiamo chiesto ai nostri intervistati: Cosa fa il coordinatore della riunione? Cinzia ci dice che secondo lei il coordinatore è «una figura importante che ha il compito di far sì che tutti abbiano tempo per esprimersi, fermando con tatto chi si dilunga troppo, e incoraggiando con sensibilità chi invece tende a starsene in un angolino»; Rita, per esperienza diretta, ricorda che «ho moderato gli interventi e spiegato alcuni termini tecnici». In un certo senso il coordinatore ha anche la funzione di stimolare domande, poiché come scrisse Nichiren: «Se non fai domande e non risolvi i tuoi dubbi, non puoi disperdere le oscure nuvole dell’illusione, così come non potresti percorrere mille miglia senza gambe. Fatti leggere questa lettera più e più volte e poni qualunque domanda desideri» (Lettera a Niike, SND, 4, 253). In ultimo ha il compito di far chiudere la riunione in orario, segno di rispetto nei confronti dei partecipanti e di chi ha messo a disposizione la propria casa.
Sarebbe ideale che ci fosse sempre qualcuno che si occupa della protezione delle attività, dal recitare Daimoku per il successo della riunione, ad aprire la porta o a far sì che tutti siano a loro agio; curarsi anche di evitare che la riunione possa arrecare disturbo ai vicini, per esempio ricordando di evitare parcheggi selvaggi, o rumorose discese per le scale. Proprio perché preghiamo per la pace nel mondo, non possiamo non cominciare a crearla nel nostro vicinato.
Vi possono infine essere persone che hanno difficoltà a partecipare alle riunioni. Uno dei motivi principali è in genere l’orario di lavoro; per questo esistono riunioni in orari alternativi, per esempio al pomeriggio o alla mattina, che vengono organizzate laddove vi siano persone che ne hanno necessità, e quindi è utile informarsi presso i referenti di ogni zona.
La riunione di discussione è dunque l’attività principale nella Soka Gakkai, il fiume cui tutti gli affluenti contribuiscono, alla quale è fondamentale cercare sempre di partecipare, anche quando il tempo da dedicare all’attività buddista scarseggia, perché ha come scopo la rivitalizzazione di ognuno tramite lo scambio cuore a cuore.
Tsunesaburo Makiguchi ai tempi pionieristici dell’attività buddista in Giappone faceva anche lunghi viaggi per raggiungere una riunione con una o due persone, avendo chiara l’importanza di creare profonde relazioni umane per la pace. «Le riunioni di discussione della SGI sono davvero i luoghi in cui i Bodhisattva della Terra si incontrano per rafforzare e approfondire il proprio voto per kosen-rufu» (MDG, 2, 316).

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Un saggio di Daisaku Ikeda

Le riunioni di discussione

Sebbene le attività della SGI assumano modalità diverse in ogni paese a seconda della cultura e delle caratteristiche locali, alcune attività possono essere considerate standard. La principale occasione per i membri della SGI di incoraggiarsi e imparare gli uni dagli altri è la riunione di discussione, dove si incontrano regolarmente insieme ai loro amici e vicini di casa. Non si tratta di una relazione a senso unico dove un prete fa la predica ai laici, e neanche di un’anonima riunione di massa; è invece un ambiente intimo dove ogni partecipante può sentirsi al centro dell’attenzione. Lo scopo fondamentale della riunione di discussione è fare in modo che i partecipanti si stimolino gli uni con gli altri verso la crescita e la trasformazione.
La riunione di discussione è stata l’attività centrale della Soka Gakkai fin dalla sua fondazione nel 1930. Gli incontri sono tenuti dai gruppi locali e il loro nucleo centrale sono le esperienze di fede dei membri, pur essendovi anche la presentazione dei princìpi fondamentali del Buddismo del Daishonin. Lo studio, più formale, delle dottrine buddiste viene portato avanti in riunioni separate. Al tempo del presidente Tsunesaburo Makiguchi, fondatore della Soka Gakkai, la riunione di discussione veniva definita come «un incontro per mostrare la prova concreta del valore di una vita dedicata al bene supremo».
La prima caratteristica della riunione di discussione è che, basandosi sulle esperienze dei partecipanti, stabilisce un legame tra le motivazioni interiori e ciò che è condiviso. Chi racconta la propria esperienza di fede non sta esponendo una conoscenza acquisita da altri, ma un’esperienza concreta che proviene dall’interno, il risultato di uno sforzo di autotrasformazione motivato interiormente. Attraverso una successione di testimonianze di questo tipo le persone arrivano ad apprezzarsi e a incoraggiarsi reciprocamente, sviluppando un senso condiviso di fiducia e autorealizzazione. Grazie a questa esperienza, sia chi parla sia chi ascolta può approfondire la propria convinzione nella fede.
La seconda caratteristica della riunione di discussione è il suo spirito egualitario. Concetti come lo status sociale, la posizione o la situazione economica personale sono irrilevanti: la riunione di discussione è l’incarnazione della cooperazione tra singoli esseri umani con una base comune. In questo senso è il trionfo della democrazia, un’oasi per il cuore dove i partecipanti possono ricaricare la loro forza vitale e soddisfare la loro sete spirituale. La potente natura di Budda che emerge dalla combinazione della recitazione del Daimoku e della mutua ispirazione ottenuta frequentando le riunioni di discussione permette a ogni individuo di creare valore nelle forme di bellezza, bene e guadagno. Effettivamente la parola “soka” di Soka Gakkai significa “creazione di valore”.
Nel Profondo significato del Sutra del Loto T’ien-t’ai afferma: «Nessuna cosa che riguardi la vita o il lavoro è in qualche modo diversa dalla realtà fondamentale». Ogni aspetto della vita umana – le sfide nel lavoro, la famiglia, lo studio, la salute, l’aspetto finanziario, le relazioni ecc. – manifestando la natura di Budda, fornisce un’occasione per la creazione di valore e l’opportunità di sperimentare la prova concreta della pratica nella forma del miglioramento materiale e spirituale. La riunione di discussione, fondata sul dialogo e sull’uguaglianza, è quindi un’eccellente opportunità per creare una cultura di pace.
Daisaku Ikeda
(da “Costruttori di pace”, in DuemilaUno n. 82, pagg. 53-54)

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